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REGOLA DI SHARP IN Tito 2:13

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2015 13:15
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03/05/2015 15:30
 
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Andiamo ad analizzare nel dettaglio le regole grammaticali che sono sottese in Tito 2:13, partendo dalle evidenze di fondo che troviamo nelle costruzioni grammaticali espresse in tutti gli autori delle Scritture Greche.

Prendiamo come paradigma il momento in cui Gesù scaccia dal tempio i mercanti di colombe, e analizziamo tutti e quattro i punti di vista degli evangelisti: Matteo 21:12; Marco 11:15; Luca 19:45-46; Giovanni 2:15-16.

In Matteo c’è scritto che Gesù scacciò quelli che compravano e quelli che vendevano, in Marco c’è scritto la stessa cosa, in Luca c’è scritto che scacciò quelli che vendevano, ed in Giovanni c’è scritto che scacciò quelli che “vendevano colombe”.

La situazione nel Tempio era dunque questa: da una parte c’erano i venditori di colombe, e dell’altra quelli che le compravano per fare l’offerta. E’ ovvio che colui il quale vendeva le colombe non era al contempo l’acquirente delle stesse. Venditori e compratori erano soggetti del tutto diversi.

Concentriamoci ora sulle costruzioni grammaticali di Matteo 21:12 e di Marco 11:15 della locuzione “… quelli che vendevano e compravano …” tradotta analogamente da tutte le versioni bibliche disponibili:

Matteo 21:12 --> "τους" πωλουντας και *** αγοραζοντας

Marco 11:15 --> "τους" πωλουντας και "τους" αγοραζοντας

Vediamo com'è costruita invece la locuzione di Tito 2:13:

Tito 2:13 --> "του" μεγαλου θεου και *** σωτηρος ημων Ιησού χριστού

Ora abbiamo un sistema di equazioni molto semplice da risolvere.

Matteo 21:12 e Marco 11:15 esprimono concetti del tutto equivalenti e da tutti tradotti allo stesso modo, ma tra di loro c’è una “piccola” differenza. Mentre in Marco l’articolo determinativo viene riportato sia prima del termine “compratori” e sia prima del termine “venditori”, in Matteo l’articolo determinativo appare solo per i primi mentre è omesso per i secondi.

La frase di Paolo, quindi, si avvale della stessa costruzione grammaticale di Matteo, visto che per il lettore è chiaro come quell'articolo determinativo sia stato omesso.

Nessuno può arrivare a pensare che i venditori di colombe, poi, fossero gli stessi che compravano le loro stesse colombe
Questa non è solo una contraddizione grammaticale, ma è anche una doppia contraddizione logica ed analogica.

Così come nella costruzione grammaticale di Matteo e Marco i venditori di colombe non sono gli stessi che comprano le loro medesime colombe, così i soggetti chiamati “Grande Dio” e “Salvatore Gesù” da Paolo in Tito non sono la stessa medesima persona.

D'altronde in Neemia 9:27 troviamo lo stesso termine "σωτήρ" presente in Tito 2:13 riferito ai "giudici" suscitati da Dio quando il proprio popolo si riversava nelle avversità. Dio salva tramite salvatori; il salvatore dell'umanità intera è dunque quel Gesù Cristo da lui suscitato. Altrimenti arriveremmo alla conclusione che anche Sansone e Gedeone, essendo dei "soter", equivalgano a Dio stesso

Nella stessa Lettera a Tito c’è poi la rivelazione definitiva delle intenzioni del redattore della stessa, ovvero di Paolo, quando in Tito 1:4 distingue i due soggetti in maniera netta tanto che sarà poi lasciata alla INTELLIGENZA del lettore comprendere la costruzione grammaticale di Tito 2:13 che si trova nel capitolo successivo. E’ quindi Tito 1:4 a fare da giurisprudenza a quanto si troverà poi scritto successivamente, e non viceversa.

Il tutto, poi, va sempre analizzato nella completezza integerrima delle Sacre Scritture … Gesù Cristo si distingue dal Padre per potere (Giovanni 14:28) e per conoscenza (Matteo 24:36), e Paolo di Tarso chiude la questione una volta per tutte: “… quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, E’ CHIARO che si deve ECCETTUARE Colui che gli ha sottomesso ogni cosa”. Paolo di Tarso dice proprio così, dice che quando si afferma che tutto è stato sottoposto a Gesù Cristo, bisogna ricordare che OVVIAMENTE il Padre è ECCETTUATO da questo discorso, in quanto “… il capo di ogni uomo è Cristo, e capo della donna è l'uomo, e capo di Cristo è Dio” (1Corinti 11:3).

La gerarchia è chiara, e sia la struttura narrativa che quella grammaticale confermano senza ombra di dubbio la giusta conclusione di tutto questo discorso.
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