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UNA CONVERSAZIONE AMICHEVOLE

Ultimo Aggiornamento: 29/01/2016 18:54
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29/01/2016 18:54
 
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Perché commemorare la morte di Gesù?

Quella che segue è una conversazione che un testimone di Geova potrebbe avere con un possibile interlocutore. Supponiamo che una Testimone, che chiameremo Miriam, bussi alla porta di una donna di nome Sandra.

“CONTINUATE A FAR QUESTO IN RICORDO DI ME”

Miriam: Salve, Sandra. Mi ha fatto davvero piacere vederla alla Commemorazione della morte di Gesù Cristo la scorsa settimana. Come le è sembrata questa adunanza?

Sandra: Mi è piaciuta, anche se devo ammettere che non ho capito tutto quello che è stato detto. Sapevo che si celebra la nascita di Gesù a Natale e la sua risurrezione a Pasqua, ma non avevo mai sentito di nessuno che celebrasse la sua morte.
Miriam: È vero, Natale e Pasqua sono celebrazioni popolari in tutto il mondo. Ma i Testimoni di Geova ritengono che sia importante ricordare la morte di Gesù. Se ha qualche minuto, mi piacerebbe esaminarne le ragioni.

Sandra: Va bene, ho un po’ di tempo.

Miriam: Fondamentalmente i Testimoni di Geova commemorano la morte di Gesù perché lui stesso comandò ai suoi seguaci di farlo. Pensi a cosa accadde la sera prima che lui morisse. Si ricorda che Gesù consumò un pasto speciale con i suoi discepoli?

Sandra: Intende l’Ultima Cena?

Miriam: Esatto. È anche chiamata Pasto Serale del Signore. Nel corso di questa cena Gesù diede ai suoi seguaci chiare istruzioni. Le farebbe piacere leggere le sue parole riportate qui in Luca 22:19?
Sandra: Sì. “E, preso un pane, rese grazie, lo spezzò, e lo diede loro, dicendo: ‘Questo significa il mio corpo che dev’essere dato in vostro favore. Continuate a far questo in ricordo di me’”.

Miriam: Grazie. Noti le indicazioni di Gesù nella frase finale di questo versetto: “Continuate a far questo in ricordo di me”. E subito prima di comandare ai suoi discepoli di ricordarlo, Gesù indicò chiaramente cosa avrebbero dovuto ricordare di lui. Disse che la sua vita sarebbe stata data a favore dei suoi discepoli. Gesù espresse questo pensiero con parole simili, come si legge in Matteo 20:28. Il versetto dice: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua anima come riscatto in cambio di molti”. In poche parole questo è il motivo per cui ogni anno i Testimoni di Geova si riuniscono in occasione dell’anniversario della morte di Gesù: ricordare il suo sacrificio di riscatto. La sua morte può significare vita per tutti gli esseri umani ubbidienti.

PERCHÉ ERA NECESSARIO UN RISCATTO?

Sandra: Ho sentito dire che Gesù è morto affinché potessimo avere la vita. Ma a essere sincera non ho mai capito come questo sia possibile.

Miriam: Non è la sola, Sandra. Il tema del sacrificio di riscatto di Gesù è profondo. Ma è anche una delle verità più belle contenute nella Parola di Dio. A proposito, ha ancora un po’ di tempo?

Sandra: Ho ancora qualche minuto.

Miriam: Bene. Ho appena fatto qualche ricerca sull’argomento del riscatto e proverò a spiegarglielo in un modo semplice.

Sandra: Va bene.

Miriam: Per capire il riscatto dobbiamo prima comprendere la situazione che Adamo ed Eva crearono con il loro peccato nel giardino di Eden. Per aiutarci ad afferrare la questione implicata, leggiamo insieme Romani 6:23. Vuole leggerlo lei?

Sandra: Certo. “Il salario che il peccato paga è la morte, ma il dono che dà Dio è la vita eterna mediante Cristo Gesù nostro Signore”.

Miriam: Grazie. Analizziamo questo versetto. Innanzitutto noti le prime parole: “Il salario che il peccato paga è la morte”. Questa è una semplice norma che Dio fissò all’inizio della storia umana: il salario, o pena, per il peccato è la morte. Certo all’inizio nessuno era peccatore. Adamo ed Eva erano stati creati perfetti e tutti i loro figli sarebbero nati perfetti. Quindi non ci sarebbe stato nessun motivo per morire. Adamo ed Eva, e tutti i loro discendenti, avevano la prospettiva di vivere felicemente per sempre. Ma, come sappiamo, le cose non andarono esattamente così.

Sandra: È vero, Adamo ed Eva mangiarono il frutto proibito.
Miriam: Esatto. E quando lo fecero, cioè quando Adamo ed Eva scelsero di disubbidire a Dio, peccarono. Infatti scelsero di diventare imperfetti, di diventare peccatori. Questa scelta avrebbe avuto conseguenze disastrose non solo per Adamo ed Eva, ma anche per i loro discendenti.

Sandra: Cioè?

Miriam: Ecco, forse potrei usare un esempio. Le piace fare dolci?

Sandra: Sì, mi piace molto.


Miriam: Immagini di avere un nuovo stampo per dolci che però, ancor prima di essere utilizzato anche solo una volta, cade per terra ammaccandosi. Ora, come verranno tutte le torte cotte usando quello stampo? Sicuramente avranno un’ammaccatura, non è così?

Sandra: Sì, certo.

Miriam: In modo simile, quando scelsero di disubbidire a Dio, Adamo ed Eva ricevettero l’“ammaccatura”, o difetto, del peccato e dell’imperfezione. E dal momento che divennero peccatori prima di avere figli, tutti i loro futuri discendenti sarebbero nati con la stessa “ammaccatura”. Sarebbero nati tutti nel peccato. Nella Bibbia la parola “peccato” si riferisce non solo a un’azione, ma anche alla condizione che abbiamo ereditato. Quindi anche se né io né lei abbiamo fatto nulla di sbagliato — all’epoca non eravamo neppure nate — Adamo ed Eva condannarono tutti i loro futuri discendenti, compresi noi e i nostri figli, a una vita di imperfezione e peccato che sarebbe terminata con la morte. Come leggiamo in Romani 6:23, la punizione per il peccato è la morte.

Sandra:
Ma questo non è giusto. Perché per colpa di Adamo ed Eva dovrebbero soffrire per sempre tutti gli esseri umani?

Miriam: Ha ragione, potrebbe sembrare così. Ma vi è implicato dell’altro. Nella sua giustizia perfetta Dio ha stabilito che Adamo ed Eva dovessero morire per i loro peccati, ma non ha lasciato noi, che discendiamo da loro, senza speranza. Dio ci ha fatto una via d’uscita da questa triste realtà. Ed è qui che entra in gioco il sacrificio di riscatto di Gesù. Diamo ancora un’occhiata a Romani 6:23. Dopo aver menzionato che “il salario che il peccato paga è la morte”, il versetto continua dicendo: “ma il dono che dà Dio è la vita eterna mediante Cristo Gesù nostro Signore”. Quindi è la morte di Gesù che apre la via per sfuggire al peccato e alla morte.

IL RISCATTO: IL PIÙ GRANDE DONO DI DIO

Miriam: Ma c’è un altro particolare di questo versetto che vorrei portare alla sua attenzione.

Sandra: Di cosa si tratta?

Miriam: Noti che il versetto dice: “Il dono che dà Dio è la vita eterna mediante Cristo Gesù nostro Signore”. Ora, se è vero che è stato Gesù a soffrire e a morire, cedendo la sua vita in nostro favore, perché il versetto parla del riscatto come del “dono che dà Dio”? Perché non dice “il dono che dà Gesù”?

Sandra: Mmh, non saprei.

Miriam: Dato che fu Dio a creare Adamo ed Eva, quando loro disubbidirono nel giardino di Eden in realtà peccarono contro di lui. Geova si sarà sentito profondamente addolorato quando i suoi due primi figli umani si ribellarono contro di Lui. Eppure stabilì immediatamente una soluzione. Dispose che una delle sue creature spirituali venisse sulla terra, vivesse come essere umano perfetto, e alla fine offrisse la sua vita come sacrificio di riscatto. In realtà quindi l’intero provvedimento del riscatto fu un dono di Dio. Ma c’è ancora un altro motivo per considerare il riscatto un dono di Dio. Ha mai pensato a cosa avrà provato Dio quando Gesù fu messo a morte?

Sandra: No, direi di no.

Miriam: Vedo che qui davanti all’entrata ci sono alcuni giocattoli. Sicuramente ha figli.

Sandra: È proprio così, ne ho due: un bimbo e una bimba.

Miriam: Allora, come genitore, le sarà più facile capire i sentimenti di Geova Dio, il Padre celeste di Gesù. Si soffermi un momento a pensare a come si sarà sentito il giorno in cui suo figlio morì. Voglio dire, come si è sentito osservando dal cielo che il suo amato Figlio veniva arrestato, schernito e preso a pugni? E come si è sentito il Padre mentre suo Figlio veniva inchiodato a un palo di legno e lasciato a morire lì, in un’agonia lenta e straziante?
Sandra: Dev’essere stato terribile. Non ci avevo mai pensato prima!
Miriam: Anche se non possiamo sapere esattamente come si è sentito Dio quel giorno, sappiamo che Dio ha sentimenti. Sappiamo anche perché ha permesso che tutto questo accadesse. È spiegato con parole toccanti in una nota scrittura, quella di Giovanni 3:16. Le piacerebbe leggerla?

Sandra: Sì. Dice: “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque esercita fede in lui non sia distrutto ma abbia vita eterna”.

Miriam: Grazie. Guardi di nuovo l’inizio del versetto. Dice: “Dio ha tanto amato il mondo”. Ecco il punto: l’amore. È stato l’amore a spingere Dio a mandare suo Figlio sulla terra a morire per noi. In realtà il sacrificio di riscatto è la più grande espressione di amore di tutti i tempi. Ecco perché i Testimoni di Geova ogni anno si radunano per commemorare la morte di Gesù. Spero che questo ripasso le sia stato utile.

Sandra: Sì, lo è stato. Grazie per aver dedicato del tempo ad esaminare con me queste informazioni.

Fonte:w 1/4/15
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