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[G]"I testimoni di Geova hanno la stessa mortalità dei pazienti che accettano il sangue"[/G]

Ultimo Aggiornamento: 24/07/2016 12:07
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18/07/2016 11:11
 
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Isusnavin, 18/07/2016 10.10:

Una richiesta, non abbiamo anche una casistica riguardo l'intervento su pazienti in condizioni critiche? Esempio Nizza a Andria, ecco in una situazione come quella a parità di condizioni avrebbero le stesse probabilità di sopravvivere sia un paziente che non prende sangue che uno sottoposto a trasfusioni? Molti detrattori diranno che in casi come questi è necessaria la trasfusione. Però riflettevo sul fatto che il metodo di intervento iniziale è il medesimo, quando il paziente arriva in ospedale se scende sotto un certo livello di emoglobina muore in qualsiasi caso, quindi l'unica cosa da fare e non farlo scendere sotto quel livello. Quindi arrivato in ospedale va immediatamente fermata l'emorragia perchè anche in caso di trasfusione non si possono mettere sacche su sacche di sangue al paziente che lui nel frattempo perde da chissà dove, il paziente morirebbe comunque. Allora mi chiedo da non medico dov'è la differenza, poniamo come limite minimo di emoglobina un simbolico 4, mi arriva il paziente con un 5 e io so che se non fermo l'emorragia sotto il 4 muore. Ora per far si che il sangue circoli devo riportare il volume del sangue a un livello accettabile e posso decidere di farlo o con trasfusione o con emodiluizione, nel primo caso oltre a ristabilire il volume aumento anche l'emoglobina, nel secondo caso ristabilisco solo il volume. Il fatto è che in entrambi i casi l'emorragia va bloccata per non perdere il paziente, a emorragia in corso la differenza che vedo io tra i due metodi è forse nell'ordine di qualche minuto di sopravvivenza in più, fermata l'emorragia la differenza sta nel fatto che il paziente trasfuso avrà un emoglobina più alta mentre il secondo decisamente più bassa, ma studi dimostrano che non essendo trasfuso il secondo paziente riporterà i sui livelli di emoglobina a livelli normali molto più velocemente. Quindi mi chiedo in questi casi qual'è la reale differenza?




Nessuno di noi (salvo sorprese) è chirurgo. Da profano, il tuo ragionamento mi pare sensatissimo. In effetti i due principi fondamentali applicati nella chirurgia programmata, trovano applicazione analoga in quella d'urgenza.

Il primo principio è la riduzione del sanguinamento. Esso contempla un'infinità di metodiche, che vanno dalla banale posizione del paziente - la pressione sull'addome fa aumentare il sanguinamento - alla riduzione della pressione venosa e arteriosa, dall'emoduilizione da te citata alla normotermia (l'abbassamento della temperatura corporea favorisce le coagulazioni), passando per l'emostasi (elettrocauterio, colle / spugne) etc..

Il secondo è il recupero del sangue, effettuato attraverso i macchinari che ben conosciamo e sempre più diffusi.

Le emotrasfusioni hanno un unico vantaggio rispetto alle alternative alle medesime: il loro impiego è più rapido e maneggevole, e quindi più pratico. Tuttavia, molti chirurghi eseguono interventi d'emergenza (dovuti a incidenti e conseguenti traumi, come nel caso del disastro ferroviario di Andria) ricorrendo appunto alle alternative. Ecco qualche testimonianza (dal documentario Transfusion-Alternative Strategies—Simple, Safe, Effective; link diretto):


Dr. Aryeh Shander, Englewood Hospital and Medical Centre, New Jersey – Considerando i principi e i pazienti con traumi o improvvisa perdita massiva di sangue, la prima cosa da fare in assoluto è intervenire subito. Il criterio fondamentale è fermare l’emorragia, chirurgicamente o con altri mezzi. La seconda è l’impiego di queste metodiche, come il recupero del sangue in determinate circostanze in modo da recuperare il sangue del paziente stesso.

Prof. Donat R.Spahn (University Hospital, Zurich) - Sotto il profilo anestesiologico il concetto è di tollerare entro certi limiti una pressione relativamente bassa, e di evitare se possibile di trasfondere enormi quantità di liquidi per espandere il volume prima di aver verificato chirurgicamente l’origine del sanguinamento, cioè prima di aver identificato da dove esce il sangue e aver bloccato l’emorragia. Nella gestione dei traumi, il riscaldamento è molto importante, perché nell’ipotermia avanzata la coagulazione del sangue non funziona a dovere, e quindi si ha una perdita ematica maggiore.

Prof. Ernest E. Moore (Denver Health Medical Center, Colorado) - Forse uno dei maggiori progressi in fatto di risparmio di sangue nei traumi è il concetto di controllo chirurgico del danno. In altre parole, una volta aperto l’addome o il torace, e visto che il sanguinamento non si ferma, concentrarsi sui principali vasi che sanguinano; poi applicare dei tamponi sulla superficie e richiudere temporaneamente il paziente, che così può essere trasportato nel reparto di terapia intensiva, dove si prosegue la rianimazione e si cerca specificamente di risolvere i problemi di coagulazione, ad esempio quelli causati dall’ipotermia. Una volta trasferito il paziente traumatizzato in terapia intensiva, se i problemi sono più complessi ritengo che l’uso dell’eritropoietina diventi ancora più impellente. Nei pazienti testimoni di Geova non indugiamo a somministrare eritropoietina e ferro subito dopo l’arrivo in ospedale. A volte eseguiamo a scopo preventivo una valutazione radiologica interventistica degli organi solidi e provvediamo all’occlusione di arterie che ancora non sanguinano, ma che rischiano di farlo in seguito.

[Modificato da EverLastingLife 19/07/2016 09:42]
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