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Il Papa in Sicilia: combattere le “piaghe” di usura e disoccupazione

Ultimo Aggiornamento: 15/09/2018 19:07
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15/09/2018 10:38
 
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Prima tappa di Francesco a Piazza Armerina per il bicentenario della diocesi: «La vita non è un’oscura maledizione da sopportare». Ai giovani: «Dite ai preti perché non vi fidate di loro». «Le omelie non durino più di 8 minuti»


«Sottosviluppo sociale e culturale; sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani; migrazione di interi nuclei familiari; usura; alcolismo e altre dipendenze; gioco d’azzardo; sfilacciamento dei legami familiari». La Piazza Armerina che Papa Francesco visita questa mattina, prima tappa del suo viaggio lampo in Sicilia, si presenta come un mosaico complesso. Un territorio che sorge proprio al centro dell’Isola ma che, paradossalmente, rappresenta il prototipo di «periferia esistenziale» di cui parla da sempre il Papa, come dice lo stesso vescovo Rosario Gisana.



Bergoglio vi arriva in elicottero, atterrando intorno alle 8.35 del mattino. È la prima volta che un Papa visita questa diocesi poverissima che compie oggi il suo bicentenario. Dal campo sportivo subito il Papa si dirige in jeep scoperta verso la Piazza Falcone e Borsellino dove ad attenderlo ci sono 40mila persone, assiepate lì dalle prime ore del mattino. Tra loro anche alcuni malati e detenuti.



Nel suo discorso, pronunciato su un piccolo palco bianco e arancione dove è posta una icona della Madonna delle Vittore, patrona della città, Francesco, dopo aver esclamato: «È bello il sole della Sicilia!», rivolge lo sguardo alle «piaghe» che affliggono gli abitanti di Piazza Armerina. «Non sono poche» dice, elencandole. «Di fronte a tanta sofferenza, la comunità ecclesiale può apparire, a volte, spaesata e stanca; a volte invece, grazie a Dio, è vivace e profetica, mentre ricerca nuovi modi di annunciare e offrire misericordia soprattutto ai fratelli caduti nella disaffezione, nella diffidenza, nella crisi della fede». «Non è facile portare avanti la fede in mezzo a tante problematiche, lo capisco, non è facile», dice a braccio il Pontefice.



Invita perciò a «considerare le piaghe della società e della Chiesa» che «non è un’azione denigratoria e pessimistica». «Se vogliamo dare concretezza alla nostra fede, dobbiamo imparare a riconoscere in queste sofferenze umane le stesse piaghe del Signore. Guardarle, toccarle…».



L’invito è quindi ad impegnarsi per «la nuova evangelizzazione» di questo territorio centro-siculo, proprio a partire dalle sue «croci» e delle sue «sofferenze». La prospettiva indicata da Papa Bergoglio è quella duplice di «una Chiesa sinodale» e della «Parola»: entrambe «sono la mano tesa a quanti vivono tra speranze e delusioni e invocano una Chiesa misericordiosa, sempre più fedele al Vangelo e aperta all’accoglienza di quanti si sentono sconfitti nel corpo e nello spirito, o sono relegati ai margini».



Sacerdoti, diaconi, consacrati e fedeli laici sono chiamati in questo senso «a sentire compassione evangelica per i tanti mali della gente, diventando apostoli itineranti di misericordia nel territorio». «Con semplicità - esorta Francesco - andate per i vicoli, i crocicchi, le piazze e i luoghi di vita feriale, e portate a tutti la buona notizia che è possibile una convivenza giusta, piacevole e amabile, e che la vita non è un’oscura maledizione da sopportare fatalisticamente, ma fiducia nella bontà di Dio e nella carità dei fratelli».



In particolare nelle parrocchie è importante favorire «la carità evangelica, la solidarietà e la sollecitudine fraterna, rifuggendo la tentazione mondana del quieto vivere, del “passarla bene”, senza preoccuparsi dei bisogni altri». È un servizio che si esprime in opere concrete: «centri di ascolto Caritas, mense e rifugi per i fratelli più sfortunati, strutture per ospitare Gesù profugo e spaesato e case d’amore per gli anziani spesso soli e scoraggiati». «Non lasciate soli i vostri nonni - aggiunge a braccio Francesco - sono le nostre radici e non vogliamo essere un popolo sradicato! Curare i vecchi, curare i nonni, e i giovani parlino con i nonni!».


«Non dimenticate che la carità cristiana non si accontenta di assistere; non scade in filantropia, ma spinge il discepolo e l’intera comunità ad andare alle cause dei disagi e tentare di rimuoverle, per quanto è possibile, insieme con gli stessi fratelli bisognosi», sottolinea il Pontefice riprendendo il suo discorso.



Da qui un appello ai giovani «ad essere gioiosi artefici del vostro destino». «Sappiate che Gesù vi ama: Egli è un amico sincero e fedele, che non vi abbandonerà mai; di Lui potete fidarvi! Nei momenti del dubbio e delle difficoltà, potete contare sul suo aiuto, soprattutto per alimentare i vostri grandi ideali. Nella misura in cui ognuno può, è buono che vi fidiate anche della Chiesa, chiamata a intercettare i vostri bisogni di autenticità e ad offrirvi un ambiente alternativo a quello che vi affatica ogni giorno». «Tante volte - prosegue a braccio il Papa - ho sentito qualche giovane dire: “Di Dio mi fido ma della Chiesa no”. Ma perché? “Perché sono mangiapreti, ma... avvicinati al prete e digli: io di te non mi fido per questo, per questo e per questo. Avvicinati! Avvicinati anche al vescovo e diglielo in faccia. Se c'è la voglia di ascoltare la risposta, forse quel giorno il prete avrà mal di fegato e ti caccerà via, ma sarà solo la prima volta. Sempre ti dirà qualcosa... Ascoltare, ascoltare».



Ai preti, invece, il Papa chiede di «avere pazienza», una pazienza «costruttiva per ascoltare i giovani perché nei giovani ci sono i semi del futuro e tu li devi prendere per andare avanti. Dialogo!». Quindi li esorta a «non essere ossessionati» dai numeri in parrocchia e alle messe. A tal proposito, sempre a braccio, Bergoglio dice: «Qualcuno può dire: “io prego ma non vado a messa”. Ma perché? “Perché la predica mi annoia, dura 40 minuti!”. No, 40 minuti deve durare la messa tutta! Ma la predica più di otto minuti non va», raccomanda il Papa.



Che sempre ai preti, «bravi fratelli», chiede di vivere il loro ministero in mezzo al popolo superando «gli steccati, i pregiudizi che dividono». «Consolati da Dio, potrete essere consolatori, asciugare lacrime, guarite ferite, ricostruire vite infrante che si consegnano fiduciosamente al vostro ministero». «Mi permetto di darvi una ricetta, non so se servirà - aggiunge -: come finisco la giornata? Per dormire ho bisogno di prendere pastiglie? qualcosa non è andata bene, ma se finisco la giornata stanco, stanchissimo, vuol dire che è andata bene».





Non manca nel primo discorso di Papa Francesco in Sicilia un pensiero per padre Pino Puglisi, il sacerdote beato ucciso venticinque anni fa per mano della mafia a cui il Pontefice è venuto a rendere omaggio. «Sarebbe bello stare insieme ancora un po’!» dice, accolto da un fragoroso applauso della folla. «Sento il calore della vostra fede e le speranze che portate nel cuore, ma sono atteso a Palermo, dove faremo memoria grata del sacerdote martire Pino Puglisi. Ho saputo che, venticinque anni fa, appena un mese prima della sua uccisione, egli trascorse alcuni giorni qui, a Piazza Armerina. Era venuto per incontrare i seminaristi, suoi alunni al Seminario maggiore di Palermo. Un passaggio profetico, io credo! Una consegna, non solo ai sacerdoti, ma a tutti i fedeli di questa diocesi: per amore di Gesù, servire i fratelli fino alla fine!».

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15/09/2018 12:00
 
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peccato per la Sicilia, terra di gente generosa...
purtroppo l'appello del papa non basta
[SM=g7556]
15/09/2018 19:07
 
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Scheda Utente
 
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Re:
Giandujotta.50, 15/09/2018 12.00:

peccato per la Sicilia, terra di gente generosa...
purtroppo l'appello del papa non basta
[SM=g7556]




terra in cui la corruzione attinge a piene mani....
depredando i più deboli

[SM=g1876480] meravigliosa sicilia

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...le tue proprie consolazioni vezzeggiavano la mia anima
salmo 94:19
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