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La Chiesa Primitiva Insegnava la Trinità?

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2017 16:57
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30/10/2007 17:34
 
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La Chiesa primitiva insegnava la Trinità?

Parte I: Gesù e i suoi discepoli insegnarono la dottrina della Trinità?

Gesù e i suoi discepoli insegnarono la dottrina della Trinità? Gli esponenti più rappresentativi della Chiesa dei primi secoli la insegnarono? Come ebbe origine questa dottrina? E perché è importante conoscere la verità riguardo ad essa? A iniziare da questo numero, La Torre di Guardia dedicherà a questi argomenti una serie di articoli che compariranno periodicamente in numeri successivi.

CHI accetta la Bibbia quale Parola di Dio riconosce di avere la responsabilità di far conoscere agli altri il Creatore. Si rende anche conto che ciò che insegna riguardo a Dio deve essere vero.

Dio rimproverò i "confortatori" di Giobbe perché non avevano fatto questo. "Geova diceva a Elifaz il temanita: ‘La mia ira si è accesa contro di te e i tuoi due compagni, poiché non avete pronunciato riguardo a me ciò che è veritiero come ha fatto il mio servitore Giobbe’". — Giobbe 42:7.

L’apostolo Paolo, trattando l’argomento della risurrezione, disse che se insegnassimo qualcosa di non vero riguardo alle attività di Dio saremmo "trovati falsi testimoni di Dio". (1 Corinti 15:15) E se questo vale per la dottrina della risurrezione, quanto più dovremmo stare attenti a ciò che insegniamo in merito all’identità di Dio!

La dottrina della Trinità

Quasi tutte le chiese della cristianità insegnano che Dio è una Trinità. The Catholic Encyclopedia definisce la Trinità "la dottrina centrale della religione cristiana", e la spiega così:

"Nell’unità della Divinità ci sono Tre Persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e queste Tre Persone sono veramente distinte l’una dall’altra. Quindi, per dirla con le parole del Simbolo Atanasiano: ‘Dio è il Padre, Dio è il Figlio e Dio è lo Spirito Santo. Ma non ci sono tre dèi, bensì un solo Dio’. . . . Le Persone sono coeterne e coeguali: sono tutte ugualmente increate e onnipotenti".1

The Baptist Encyclopædia dà una definizione simile:

"[Gesù] è . . . l’eterno Geova . . . Lo Spirito Santo è Geova . . . Il Figlio e lo Spirito sono posti in esatta uguaglianza con il Padre. Se egli è Geova, lo sono anch’essi".2

Anatemi lanciati contro gli oppositori

Nel 325 E.V. un concilio di vescovi tenuto a Nicea, in Asia Minore, formulò un credo che dichiarava il Figlio di Dio "Dio vero" proprio come il Padre era "Dio vero". Tale credo affermava in parte:

"Ma come per coloro che dicono: c’era [un tempo] quando [il Figlio] non era, e prima di essere nato Egli non era, e che Egli venne alla vita dal nulla, o che asseriscono che il Figlio di Dio è di una diversa ipostasi o sostanza, o è soggetto ad alterazione o a cambiamento — a questo la Chiesa cattolica e apostolica lancia anatema".3

In questo modo, chiunque credeva che il Figlio di Dio non era coeterno al Padre o che era stato creato veniva consegnato alla dannazione eterna. Si può facilmente immaginare quale pressione psicologica questo esercitasse sulla massa dei credenti.

Nel 381 E.V. un altro concilio tenuto a Costantinopoli dichiarò che lo spirito santo doveva essere adorato e glorificato proprio come lo erano il Padre e il Figlio. Un anno dopo, nel 382 E.V., un altro sinodo si riunì a Costantinopoli e affermò la piena divinità dello spirito santo.4 Quello stesso anno, davanti a un concilio tenuto a Roma, papa Damaso presentò un elenco di insegnamenti che la Chiesa doveva condannare. Il documento, noto come Tomus Damasi, includeva le seguenti affermazioni:

"Se qualcuno nega che il Padre è eterno, che il Figlio è eterno e che lo Spirito Santo è eterno: è un eretico".

"Se qualcuno nega che il Figlio di Dio è vero Dio, proprio come il Padre è vero Dio, e tutto può, e tutto sa ed è uguale al Padre: è un eretico".

"Se qualcuno nega che lo Spirito Santo . . . è vero Dio . . . e tutto può e tutto sa, . . . è un eretico".

"Se qualcuno nega che le tre persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sono persone vere, uguali, eterne, contenenti tutte le cose visibili e invisibili, onnipotenti, . . . è un eretico".

"Se qualcuno dice che [il Figlio che fu] fatto carne non era in cielo con il Padre mentre era sulla terra: è un eretico".

"Se qualcuno, nel dire che il Padre è Dio e il Figlio è Dio e lo Spirito Santo è Dio, . . . non dice che sono un solo Dio, . . . è un eretico".5

Gli studiosi gesuiti che hanno tradotto dal latino in inglese il brano precedente hanno aggiunto questo commento: "A quanto pare Papa S. Celestino I (422-32) considerava questi canoni leggi; essi si possono considerare definizioni di fede".6 E lo studioso Edmund J. Fortman asserisce che il Tomus rappresenta una "dottrina trinitaria valida e chiara".7

Se appartenete a una chiesa che accetta l’insegnamento della Trinità, queste affermazioni rispecchiano quello in cui credete? E vi rendevate conto che per credere nella dottrina della Trinità com’è insegnata dalle chiese dovete credere che Gesù era in cielo mentre era sulla terra? Questo insegnamento è simile a ciò che l’ecclesiastico del IV secolo Atanasio asserì nella sua opera De incarnatione verbi:

"[Gesù] non era chiuso in un corpo, né era in un corpo senza essere altrove; né dava il movimento ad esso lasciando l’universo privo della sua azione e provvidenza. . . . Vivificava ugualmente tutti gli esseri ed era in tutti ed era al di fuori dell’universo".8

Cosa significa la dottrina della Trinità

Alcuni hanno concluso che la dottrina della Trinità significhi semplicemente ascrivere a Gesù la divinità. Per altri, credere nella Trinità significa semplicemente credere nel Padre, nel Figlio e nello spirito santo.

Tuttavia, esaminando con attenzione le credenze della cristianità si scopre che alla luce dell’effettiva dottrina queste idee sono irrimediabilmente inadeguate. Dalle definizioni ufficiali emerge chiaramente che la dottrina della Trinità non è un concetto semplice. È invece un insieme complesso di concetti separati che sono stati raccolti e collegati insieme durante un lungo periodo di tempo.

Da ciò che è emerso dal concilio di Costantinopoli del 381 E.V., dal Tomus Damasi del 382 E.V., dal Simbolo Atanasiano, che risale a un periodo successivo, e da altri documenti, possiamo determinare chiaramente ciò che la cristianità intende per dottrina della Trinità. Essa include chiaramente i seguenti concetti:

1. Nella Divinità esistono tre persone divine: il Padre, il Figlio e lo spirito santo.

2. Ciascuna di queste persone distinte è eterna, e nessuna viene prima o dopo l’altra nel tempo.

3. Ciascuna è onnipotente, e nessuna è maggiore o minore dell’altra.

4. Ciascuna è onnisciente, in quanto conosce tutte le cose.

5. Ciascuna è vero Dio.

6. Nondimeno, non ci sono tre dèi, ma un solo Dio.

È evidente che la dottrina della Trinità è un complesso insieme di concetti che include perlomeno gli elementi essenziali elencati sopra e che implica molto di più, come si nota quando la si esamina nei particolari. Ma limitandoci ai concetti fondamentali riportati sopra, è evidente che se qualcuno di essi viene a mancare, quello che rimane non è più la Trinità della cristianità. Per avere il quadro completo, tutti questi elementi devono essere presenti.

Dopo aver capito meglio cosa si intende per "Trinità", possiamo chiederci: La insegnavano Gesù e i suoi discepoli? In tal caso, questa dottrina avrebbe dovuto comparire pienamente formulata nel I secolo dell’era volgare. E visto che gli insegnamenti di Gesù e dei suoi discepoli si trovano nella Bibbia, quello che bisogna stabilire è se la dottrina della Trinità è un insegnamento biblico oppure no. Se lo è, deve essere insegnata chiaramente nella Bibbia.

Non è ragionevole pensare che Gesù e i suoi discepoli insegnassero alla gente riguardo a Dio e tuttavia non dicessero chi è Dio, specialmente dal momento che alcuni credenti sarebbero stati chiamati a cedere persino la vita per Dio. Pertanto, Gesù e i suoi discepoli avrebbero dovuto dare priorità assoluta all’insegnamento di questa dottrina fondamentale.

Esaminate le Scritture

In Atti capitolo 17, versetto 11, alcune persone sono definite ‘di mente nobile’ perché quando l’apostolo Paolo insegnò loro alcune cose essi si diedero da fare "esaminando attentamente le Scritture ogni giorno per vedere se queste cose stavano così". Costoro furono incoraggiati a usare le Scritture per controllare tali insegnamenti, anche se provenivano da un apostolo. Voi dovreste fare la stessa cosa.

Ricordate che le Scritture sono ‘ispirate da Dio’ e che vanno usate "per correggere, per disciplinare nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia pienamente competente, del tutto preparato per ogni opera buona". (2 Timoteo 3:16, 17) La Bibbia è dunque completa per quanto riguarda le questioni dottrinali. Se la dottrina della Trinità fosse vera, dovrebbe esservi contenuta.

Vi invitiamo a cercare nella Bibbia, specialmente nei 27 libri delle Scritture Greche Cristiane, per vedere da voi stessi se Gesù e i suoi discepoli insegnarono una Trinità. Nel fare questa ricerca, chiedetevi:

1. C’è qualche versetto che menzioni la parola Trinità?

2. C’è qualche versetto che dica che Dio è composto da tre persone distinte, Padre, Figlio e spirito santo, ma che i tre sono un solo Dio?

3. C’è qualche versetto che dica che il Padre, il Figlio e lo spirito santo sono uguali sotto ogni aspetto, ad esempio in quanto a eternità, potenza, posizione e sapienza?

Per quanto cerchiate, non troverete nemmeno un versetto che usi la parola Trinità o che dica che Padre, Figlio e spirito santo siano uguali sotto ogni aspetto, ad esempio in quanto a eternità, potenza, posizione e sapienza. Non c’è nemmeno un versetto che dica che il Figlio sia uguale al Padre sotto questi aspetti; e anche se un versetto del genere esistesse, non sosterrebbe una Trinità, ma al massimo una "dualità". La Bibbia non afferma in nessun luogo che lo spirito santo sia uguale al Padre.

Il parere di molti studiosi

Molti studiosi, anche trinitari, ammettono che la Bibbia non contiene una vera e propria dottrina della Trinità. Ad esempio, The Encyclopedia of Religion afferma:

"Gli esegeti e i teologi oggi convengono che la Bibbia ebraica non contiene una dottrina della Trinità . . . Anche se la Bibbia ebraica raffigura Dio come Padre di Israele e personifica Dio come Parola (davar), Spirito (ruah), Sapienza (hokhmah) e Presenza (shekhinah), collegare questi concetti alla dottrina trinitaria posteriore significherebbe andare oltre l’intento e lo spirito dell’Antico Testamento.

"Inoltre, gli esegeti e i teologi convengono che nemmeno il Nuovo Testamento contiene un’esplicita dottrina della Trinità. Dio Padre è fonte di tutto ciò che è (Pantokrator) ed è anche padre di Gesù Cristo; ‘Padre’ non è un titolo conferito alla prima persona della Trinità bensì un sinonimo di Dio. . . .

"Nel Nuovo Testamento non c’è alcuna riflessiva consapevolezza della natura metafisica di Dio (‘Trinità immanente’), né il Nuovo Testamento contiene il linguaggio tecnico della dottrina posteriore (hupostasis, ousia, substantia, subsistentia, prosōpon, persona). . . . È innegabile che la dottrina non può essere dimostrata solo in base a prove scritturali".9

Circa gli aspetti storici, The New Encyclopædia Britannica afferma:

"Né la parola Trinità né l’esplicita dottrina compare nel Nuovo Testamento . . .

"La dottrina si sviluppò a poco a poco nel corso di diversi secoli e attraverso molte dispute. . . .

"Fu solo nel IV secolo che la distinzione fra i tre e la loro unità furono condensate in un’unica dottrina ortodossa di una sola essenza in tre persone".10

La New Catholic Encyclopedia fa un’osservazione analoga riguardo all’origine della Trinità:

"Esegeti e teologi biblici, incluso un numero sempre crescente di cattolici, riconoscono che non si dovrebbe parlare di trinitarismo nel Nuovo Testamento senza serie riserve. Da parte degli storici dogmatici e dei teologi sistematici si riconosce inoltre in modo strettamente parallelo che, quando si fa riferimento a un’esplicita dottrina trinitaria, vuol dire che ci si è spostati dalle origini del cristianesimo all’ultimo venticinquennio circa del IV secolo. Fu solo allora che quello che si può definire il definitivo dogma trinitario ‘un Dio in tre persone’ fu completamente assimilato nella vita e nel pensiero cristiano. . . .

"La formula stessa non riflette l’immediata consapevolezza del periodo delle origini; è il prodotto di 3 secoli di evoluzione dottrinale".11

È forse "implicita"?

I trinitari potrebbero dire che nella Bibbia l’idea della Trinità è implicita. Ma questa asserzione viene fatta molto tempo dopo la stesura della Bibbia. È un tentativo di leggere fra le righe della Bibbia ciò che ecclesiastici posteriori decisero arbitrariamente che si dovesse insegnare come dottrina.

Chiedetevi: Perché mai la Bibbia dovrebbe contenere solo in forma implicita il suo insegnamento più importante, l’identità di Dio? La Bibbia è molto chiara su altri insegnamenti fondamentali; perché mai non dovrebbe esserlo su questo, che è il più importante? Se il Creatore dell’universo fosse una Trinità, non avrebbe fatto scrivere un libro da cui questo fatto risultasse chiaramente?

Il motivo per cui nella Bibbia la dottrina della Trinità non è insegnata in maniera esplicita è semplice: non è un insegnamento biblico. Se Dio fosse stato una Trinità, l’avrebbe senz’altro spiegato chiaramente, in modo che Gesù e i suoi discepoli lo potessero insegnare ad altri. Tale informazione essenziale sarebbe stata inclusa nell’ispirata Parola di Dio, senza costringere uomini imperfetti a scervellarsi secoli dopo per risolvere il problema.

Quando esaminiamo i versetti biblici che i trinitari presentano come prove per dimostrare che la Bibbia insegnerebbe "implicitamente" la Trinità, cosa riscontriamo? Un esame onesto rivela che i passi biblici presentati non parlano della Trinità insegnata dalla cristianità. Sono invece i teologi a forzare i passi biblici per adattarli alle loro idee preconcette sulla Trinità. Ma i passi biblici non contengono tali idee trinitarie. Anzi, queste idee sono in contrasto con la chiara testimonianza che si ricava dalla Bibbia nella sua totalità.

Un esempio di tali passi biblici è quello di Matteo 28:19, 20, che menziona insieme il Padre, il Figlio e lo spirito santo. Alcuni sostengono che questo implichi una Trinità. Ma leggete voi stessi questi versetti. Vi è qualcosa che indichi che i tre siano un solo Dio e siano uguali in eternità, potenza, posizione e sapienza? No, non c’è nulla del genere. E questo vale anche per altri brani biblici in cui i tre vengono menzionati insieme.

Quanto a quelli che vedono implicazioni trinitarie in Matteo 28:19, 20 per il fatto che la parola "nome" è singolare pur riferendosi sia al Padre che al Figlio che allo spirito santo, confrontate l’uso di "nome", al singolare, sia per Abraamo che per Isacco in Genesi 48:16. — CEI; Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture.

I trinitari indicano anche Giovanni 1:1 in alcune traduzioni, dove si dice che "la Parola" era "con Dio" ed era "Dio". Altre traduzioni bibliche, invece, dicono che la Parola era "un dio", o che era "divina", cioè non necessariamente Dio, ma solo un essere potente. Oltretutto, questo versetto biblico dice che "la Parola" era "con" Dio. Ragionevolmente, questo escluderebbe che "la Parola" fosse quello stesso Dio. E indipendentemente dalla conclusione che si trae in merito alla "Parola", resta il fatto che in Giovanni 1:1 sono menzionate solo due persone, non tre. Uno dopo l’altro, tutti i versetti usati per cercare di sostenere la dottrina della Trinità si dimostrano totalmente inadeguati di fronte ad un onesto esame.

Un altro fattore da considerare è il seguente: Se Gesù e i suoi discepoli avessero insegnato la dottrina della Trinità, senz’altro eminenti personaggi della Chiesa che vissero subito dopo di loro l’avrebbero insegnata anch’essi. Ma tali uomini, oggi chiamati Padri Apostolici, insegnarono forse la dottrina della Trinità? Questo argomento sarà preso in esame in un numero successivo della Torre di Guardia, nella Parte II di questa serie di articoli.

Riferimenti bibliografici

1. The Catholic Encyclopedia, 1912, volume XV, pagina 47.

2. The Baptist Encyclopædia, a cura di William Cathcart, 1883, pagine 1168-9.

3. John Norman D. Kelly, I simboli di fede della Chiesa antica, traduzione di B. Maresca, Napoli, Edizioni Dehoniane, 1987, pagine 213-4.

4. Bernhard Lohse, A Short History of Christian Doctrine, edizione del 1980, pagine 64-5.

5. The Church Teaches, traduzione inglese e note a cura dei gesuiti John F. Clarkson, John H. Edwards, William J. Kelly e John J. Welch, 1955, pagine 125-7; confronta J. P. Migne, Patrologia latina, volume 13, colonne 361-4.

6. The Church Teaches, cit., pagina 125.

7. Edmund J. Fortman, The Triune God, edizione del 1982, pagina 126.

8. L’incarnazione del Verbo, traduzione di E. Bellini, Roma, Città Nuova Editrice, 2a edizione, 1987, pagina 67.

9. Mircea Eliade, The Encyclopedia of Religion, 1987, volume 15, pagina 54.

10. The New Encyclopædia Britannica, 15a edizione, 1985, Micropædia, volume 11, pagina 928.

11. New Catholic Encyclopedia, 1967, volume XIV, pagina 295.

30/10/2007 17:35
 
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La Chiesa primitiva insegnava la Trinità?

Parte II: I Padri Apostolici insegnarono la dottrina della Trinità?

Nella Parte I di questa serie, apparsa nella Torre di Guardia del 1° novembre 1991, si è visto se Gesù e i suoi discepoli insegnarono o no la dottrina della Trinità, cioè l’idea che il Padre, il Figlio e lo spirito santo siano tre persone uguali che formano un solo Dio. Secondo la chiara testimonianza della Bibbia, degli storici e persino di vari teologi, essi non insegnarono una dottrina del genere. Ma che dire degli uomini di chiesa, che vennero subito dopo? Insegnarono la Trinità?

CON la designazione "Padri Apostolici" si intendono generalmente quegli uomini di chiesa che scrissero in merito al cristianesimo verso la fine del I e l’inizio del II secolo dell’era volgare. Fra loro ci furono Clemente Romano, Ignazio, Policarpo, Erma e Papia.

Si dice che fossero contemporanei di alcuni apostoli. C’è quindi da ritenere che conoscessero bene gli insegnamenti apostolici. Riguardo ai loro scritti un’enciclopedia dice:

"Nell’insieme, da un punto di vista storico, gli scritti dei Padri Apostolici hanno più valore di tutta l’altra letteratura cristiana al di fuori del Nuovo Testamento".1

Se gli apostoli avessero insegnato la Trinità, l’avrebbero dovuta insegnare anche i Padri Apostolici. Essa avrebbe dovuto costituire un aspetto fondamentale del loro insegnamento, dato che nulla era più importante che definire l’identità di Dio. Insegnarono dunque la dottrina della Trinità?

Un’antica professione di fede

Una delle più antiche professioni extrabibliche della fede cristiana si trova in un libro di 16 brevi capitoli, la Didachè, o Dottrina dei dodici apostoli. Alcuni storici la datano attorno al 100 E.V. o a qualche anno prima. L’autore è ignoto.2

La Didachè tratta ciò che bisogna sapere per diventare cristiani. Nel capitolo VII prescrive il battesimo "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", la stessa espressione usata da Gesù in Matteo 28:19.3 Ma non dice nulla che faccia pensare che i tre siano uguali in eternità, potenza, posizione e sapienza. Nel capitolo X la Didachè include la seguente professione di fede in forma di preghiera:

"Ti rendiamo grazie, Padre santo, per il tuo santo Nome che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l’immortalità che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo. A te gloria nei secoli. Tu, Signore onnipotente, hai creato ogni cosa a gloria del tuo Nome . . . ma a noi hai donato un cibo e una bevanda spirituali, e la vita eterna per mezzo del tuo servo".4

Nessun accenno alla Trinità. In un suo libro Edwin Hatch cita questo brano e poi dice:

"Nell’originale sfera d’influenza del cristianesimo non sembra ci sia stata nessuna sensibile elaborazione di questi semplici concetti. La dottrina a cui veniva dato risalto era che Dio esiste, che è uno, che è onnipotente ed eterno, che ha fatto il mondo, che la sua misericordia è su tutte le sue opere. Non c’era nessuna propensione per le discussioni metafisiche".5

Clemente Romano

Clemente Romano, ritenuto un "vescovo" di Roma, è un’altra antica fonte di informazioni scritte sul cristianesimo. Si pensa che sia morto verso il 100 E.V. Negli scritti che gli vengono attribuiti non c’è nessuna menzione, né diretta né indiretta, della Trinità. Nella Prima di Clemente ai Corinti si legge:

"Siano abbondanti in voi la grazia e la pace di Dio onnipotente mediante Gesú Cristo".

"Gli apostoli predicarono il vangelo da parte del Signore Gesú Cristo che fu mandato da Dio. Cristo da Dio e gli apostoli da Cristo".

"Dio che tutto vede ed è padrone degli spiriti e signore di ogni carne, che ha scelto il Signore Gesú Cristo e noi mediante Lui ad essere suo popolo, conceda ad ogni anima che implora il suo mirabile e santo nome, fede, timore, pace, pazienza e magnanimità".6

Clemente non dice che Gesù o lo spirito santo siano uguali a Dio. Presenta l’Iddio Onnipotente (non semplicemente il "Padre") come un essere distinto dal Figlio. Dio viene considerato superiore, dal momento che Cristo è "mandato" da Dio e Dio "ha scelto" Cristo. Indicando che Dio e Cristo sono due esseri diversi e distinti, Clemente dice:

"Chiederemo, con preghiera assidua e supplica, che il creatore dell’universo conservi intatto il numero dei suoi eletti che si conta in tutto il mondo per mezzo dell’amatissimo suo figlio Gesú Cristo Signore nostro . . . perché conoscessimo te [Dio] il solo altissimo nell’altissimo dei cieli . . . il solo benefattore degli spiriti e Dio di ogni carne".

"Conoscano tutte le genti che tu sei l’unico Dio e che Gesú Cristo è tuo figlio".7

Clemente chiama Dio (non semplicemente il "Padre") l’"altissimo", mentre si riferisce a Gesù come al "figlio" di Dio. Riguardo a Gesù dice pure: "Egli, splendore della maestà divina, di tanto è superiore agli angeli di quanto il nome che ebbe in eredità è piú eccellente".8 Gesù riflette lo splendore di Dio, ma non l’uguaglia, come la luna riflette la luce del sole ma non è uguale alla fonte di tale luce, il sole.

Se il Figlio di Dio fosse uguale a Dio, che è il Padre celeste, sarebbe stato superfluo che Clemente dicesse che Gesù era superiore agli angeli, poiché ciò sarebbe stato ovvio. E il modo in cui si esprime Clemente mostra che egli riconosceva che il Figlio di Dio, pur essendo superiore agli angeli, è inferiore all’Iddio Onnipotente.

Il pensiero di Clemente è abbastanza chiaro: Il Figlio è inferiore al Padre e subordinato a lui. Clemente non pensò mai che Gesù fosse una stessa divinità col Padre. Egli mostra che il Figlio dipende dal Padre, cioè da Dio, e dice chiaramente che il Padre è ‘il solo Dio’, il quale non divide con nessuno la propria posizione. E in nessun luogo Clemente dice che lo spirito santo sia uguale a Dio. Perciò negli scritti di Clemente non c’è nessun accenno alla Trinità.

Ignazio

Ignazio, vescovo di Antiochia, visse circa tra la metà del I secolo e gli inizi del II. Anche ipotizzando che tutti gli scritti attribuiti a lui siano autentici, nessuno d’essi parla di uguaglianza fra Padre, Figlio e spirito santo.

Anche se Ignazio avesse detto che il Figlio era uguale al Padre in eternità, potenza, posizione e sapienza, questa non sarebbe stata ancora un’ammissione trinitaria, perché in nessun luogo egli dice che lo spirito santo sia uguale a Dio sotto questi aspetti. Ma Ignazio non disse nemmeno che il Figlio fosse uguale a Dio Padre né sotto questi né sotto altri aspetti. Al contrario, indicò che il Figlio è sottomesso all’Iddio Onnipotente, il Supremo.

Ignazio chiama l’Iddio Onnipotente "il solo vero Dio, l’ingenerato e inaccessibile, il Signore di tutti, il Padre e Generatore dell’unigenito Figlio", mostrando la distinzione fra Dio e Suo Figlio.9 Egli menziona ‘Dio Padre e il Signore Gesù Cristo’.10 E dichiara: "Vi è un solo Dio, che si rivelò nel Figlio suo Gesú Cristo".11

Ignazio mostra che il Figlio come persona non era eterno, ma che fu creato, perché fa dire al Figlio: "Il Signore [Iddio Onnipotente] Mi creò, il principio delle Sue vie".12 Similmente Ignazio disse: "C’è un solo Dio dell’universo, il Padre di Cristo, ‘dal quale sono tutte le cose’; e un solo Signore Gesù Cristo, nostro Signore, ‘mediante il quale sono tutte le cose’".13 Egli scrive pure:

"Lo Spirito Santo non dice cose proprie, ma quelle di Cristo, . . . così come anche il Signore ci annunciò le cose che aveva ricevute dal Padre. Poiché, dice [il Figlio], ‘la parola che udite non è Mia, ma del Padre, che Mi ha mandato’".14

"C’è un solo Dio che si è manifestato per mezzo di Gesú Cristo suo Figlio, che è il suo Verbo uscito dal silenzio e che in ogni cosa è stato di compiacimento a Lui [Dio] che lo ha mandato".15

È vero che Ignazio chiama il Figlio ‘Dio il Verbo’. Ma chiamare "Dio" il Figlio non significa necessariamente farne l’Iddio Onnipotente. Anche la Bibbia in Isaia 9:6 chiama il Figlio "Dio". Giovanni 1:18 chiama il Figlio "l’unigenito dio". Essendo stato investito di potenza e autorità dal Padre, Geova Dio, il Figlio si può correttamente definire un "potente", che è il significato basilare della parola "dio". — Matteo 28:18; 1 Corinti 8:6; Ebrei 1:2.

Comunque, sono tutte e 15 le lettere attribuite a Ignazio riconosciute autentiche? Alexander Roberts e James Donaldson, curatori di un testo di patristica (The Ante-Nicene Fathers), affermano:

"È ora opinione universalmente accettata dai critici che le prime otto di queste presunte lettere ignaziane siano spurie. Esse contengono elementi i quali dimostrano inequivocabilmente che furono scritte in epoca posteriore . . . e oggi per generale consenso sono scartate come falsificazioni".

"Delle sette Epistole riconosciute da Eusebio . . . possediamo due recensioni greche, una breve e una lunga. . . . Sebbene la breve . . . fosse stata generalmente accettata a preferenza della lunga, fra gli studiosi era ancora notevolmente diffusa l’opinione che anch’essa non potesse considerarsi del tutto esente da interpolazioni o sicuramente autentica".16

Se accettiamo come autentica la versione più breve dei suoi scritti, si eliminano alcuni passi (presenti nella versione più lunga) che mostrano che Cristo è sottomesso a Dio, ma anche in questo modo ciò che resta nella versione più breve non sostiene la Trinità. E indipendentemente da quali suoi scritti siano autentici, nella migliore delle ipotesi essi dimostrerebbero che Ignazio credeva in una dualità: Dio e il Figlio. Sicuramente non era una dualità fra uguali, perché il Figlio è sempre presentato come inferiore a Dio e a Lui subordinato. Perciò, a prescindere da ciò che si pensa degli scritti di Ignazio, non vi si trova una dottrina trinitaria.

Policarpo

Policarpo di Smirne nacque nell’ultimo terzo del I secolo e morì verso la metà del II. Si dice che abbia avuto contatti con l’apostolo Giovanni e che abbia scritto ai Filippesi.

Negli scritti di Policarpo troviamo forse qualcosa che sostenga la Trinità? No, affatto. Ciò che egli dice è in armonia con l’insegnamento di Gesù e dei suoi discepoli e apostoli. Per esempio, nella sua Epistola Policarpo scrive:

"Dio Padre di nostro Signore Gesú Cristo . . . e Gesú Cristo Figlio di Dio vi edifichino nella fede, nella verità".17

Si noti che, come Clemente, Policarpo non parla di una relazione trinitaria fra "Padre" e "Figlio", quali persone coeguali di una stessa divinità. Parla invece di "Dio Padre di nostro Signore Gesú", non semplicemente del ‘Padre di Gesú’. Pertanto egli distingue Dio da Gesù, cosa che gli scrittori biblici fanno ripetutamente. In 2 Corinti 1:3 Paolo dice: "Benedetto sia l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo". Non dice soltanto ‘Benedetto sia il Padre di Gesù’, ma "Benedetto sia l’Iddio e Padre" di Gesù.

Inoltre Policarpo usa l’espressione: "La misericordia e la pace di Dio onnipotente e di Gesú Cristo salvatore".18 Ancora una volta Gesù viene distinto dall’Iddio Onnipotente e non presentato come una delle tre persone coeguali di un Dio trino.

Erma e Papia

Un altro dei Padri Apostolici è Erma, che scrisse nella prima parte del II secolo. La sua opera Il Pastore contiene forse qualche elemento che ci induca a ritenere che egli credesse in un Dio trino? Notate alcune sue espressioni:

"Lo Spirito Santo non parla quando l’uomo vuole, ma solo quando Dio vuole che parli. . . . Dio piantò la vigna, cioè creò il popolo e lo diede al figlio suo e il figlio stabilí gli angeli su di loro per custodire ognuno".19

"Il figlio di Dio è generato prima di ogni creatura, per essere consigliere del Padre nella creazione".20

Qui Erma dice che quando Dio (non semplicemente il Padre) desidera che lo spirito parli, esso parla, e ciò mostra la superiorità di Dio rispetto allo spirito. E dice che Dio diede la vigna al Figlio, il che mostra la superiorità di Dio rispetto al Figlio. Dice pure che il Figlio di Dio è anteriore alle creature, cioè a quelle che il Figlio di Dio stesso creò in qualità di principale Artefice di Dio, "perché per mezzo di lui tutte le altre cose furono create nei cieli e sulla terra". (Colossesi 1:15, 16) In realtà il Figlio non è sempre esistito. Fu creato come creatura spirituale di alto rango, prima delle altre creature spirituali, come gli angeli, che furono create per mezzo di lui.

A proposito di ciò che Erma pensava del Figlio di Dio, John N. D. Kelly scrive:

"In alcuni brani leggiamo di un angelo, superiore ai sei angeli che formano il consiglio interno di Dio, regolarmente definito ‘il più venerabile’, ‘santo’ e ‘glorioso’. A questo angelo è dato il nome di Michele ed è difficile sfuggire alla conclusione che Erma vide in lui il Figlio di Dio e lo identificò con l’arcangelo Michele".

"È pure evidente . . . il tentativo di interpretare Cristo come una sorta di angelo supremo . . . Naturalmente non vi è alcun accenno alla dottrina della Trinità in senso stretto".21

Anche di Papia si dice che abbia conosciuto l’apostolo Giovanni. Probabilmente scrisse agli inizi del II secolo, ma dei suoi scritti oggi esistono solo frammenti. In essi egli non dice nulla della Trinità.

Insegnamento coerente

Per quanto riguarda la supremazia di Dio e la Sua relazione con Gesù, l’insegnamento dei Padri Apostolici è abbastanza conforme a quello di Gesù, dei discepoli e degli apostoli contenuto nella Bibbia. Tutti parlano di Dio non come di una Trinità, ma come di un Essere distinto, eterno, onnipotente, onnisciente. E parlano del Figlio di Dio come di una creatura spirituale distinta, inferiore, subordinata, che Dio creò perché Lo servisse compiendo la Sua volontà. Lo spirito santo, poi, non viene mai presentato come uguale a Dio.

Perciò negli scritti dei Padri Apostolici, che risalgono alla fine del I secolo e all’inizio del II, non si trova alcun sostegno per la dottrina trinitaria della cristianità. I Padri Apostolici parlarono di Dio, di Gesù e dello spirito santo negli stessi termini in cui ne parla la Bibbia. Si noti ad esempio cosa dice in Atti 7:55, 56:

"Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra e disse: ‘Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio’". — La Bibbia di Gerusalemme (Ge), cattolica.

Stefano ebbe una visione di Dio in cielo con Gesù che Gli stava accanto. Il Figlio stava accanto a Colui che viene definito non semplicemente "Padre", ma "Dio", qualcuno che era nettamente distinto da Gesù. E Stefano non vide nessuna terza persona. Lo spirito santo non fu visto in cielo con Gesù e col Padre.

Questo concorda con Apocalisse (Rivelazione) 1:1, che dice: "Rivelazione di Gesù Cristo che Dio gli diede". (Ge) Ancora una volta il Cristo risorto in cielo appare come un essere completamente distinto da Dio, e lo spirito santo non viene menzionato. Se Gesù fosse stato la seconda persona della Trinità, e quindi onnisciente, come gli si sarebbe potuta ‘dare’ una rivelazione?

Passi come questi dimostrano chiaramente che la Trinità non esiste. E non c’è un versetto in tutta la Bibbia che parli di Dio come di una Trinità. Gli scritti dei Padri Apostolici rispecchiano questo punto di vista. Sicuramente essi non insegnavano la dottrina trinitaria della cristianità.

Il successivo importante gruppo di scritti inerenti al cristianesimo si aggiunse un po’ più tardi nel II secolo. Si tratta delle opere di uomini di chiesa che vengono definiti apologisti. Gli apologisti insegnavano la Trinità? In uno dei prossimi numeri la Parte III di questa serie prenderà in esame i loro insegnamenti.

Riferimenti bibliografici

1. The New Encyclopædia Britannica, 15a edizione, 1985, Micropædia, volume 1, pagina 488.

2. Alan Richardson, A Dictionary of Christian Theology, 1969, pagina 95; The New Encyclopædia Britannica, cit., volume 4, pagina 79.

3. Antonio Quacquarelli, I Padri Apostolici, Roma, Città Nuova Editrice, V edizione riveduta e ampliata, 1986, pagina 33.

4. Padri Apostolici, "Antologia", a cura di U. Mattioli, P. Serra Zanetti e O. Soffritti, Alba, Edizioni Paoline, 1967, pagina 54.

5. Edwin Hatch, The Influence of Greek Ideas on Christianity, 1957, pagina 252.

6. I Padri Apostolici, cit., pagine 49, 76-7, 92.

7. Ibid., pagine 88-9.

8. Ibid., pagina 73.

9. A. Roberts e J. Donaldson, The Ante-Nicene Fathers, Buffalo, New York, The Christian Literature Publishing Co., ristampa dell’edizione di Edimburgo, 1885, volume I, pagina 52.

10. Ibid., pagina 58.

11. J. N. D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, Bologna, EDB, 2a edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pagina 116.

12. The Ante-Nicene Fathers, cit., pagina 108.

13. Ibid., pagina 116.

14. Ibid., pagina 53.

15. I Padri Apostolici, cit., pagine 111-12.

16. The Ante-Nicene Fathers, cit., volume I, pagine 46-7; J. McClintock e J. Strong, Cyclopedia of Biblical, Theological, and Ecclesiastical Literature, ristampata da Baker Book House Co., 1981, volume IV, pagine 490-3; The Catholic Encyclopedia, 1910, volume VII, pagine 644-7.

17. I Padri Apostolici, cit., pagina 159.

18. Ibid., pagina 153.

19. Ibid., pagine 284, 300.

20. Ibid., pagina 327.

21. Il pensiero cristiano delle origini, cit., pagina 119.

30/10/2007 17:36
 
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La Chiesa primitiva insegnava la trinità?

Parte III: Gli Apologisti insegnarono la dottrina della Trinità?

Nei numeri del 1° novembre 1991 e del 1° febbraio 1992 La Torre di Guardia ha mostrato che né Gesù e i suoi discepoli né i Padri Apostolici (fine I-inizio II secolo E.V.) insegnarono la dottrina della Trinità. Che dire dei successivi uomini di chiesa del II secolo?

DALLA metà circa alla fine del II secolo dell’era volgare sorsero uomini di chiesa che oggi sono chiamati Apologisti. Essi scrissero per difendere il cristianesimo del loro tempo dalle filosofie ostili del mondo romano contemporaneo. La loro attività iniziò grosso modo con la fine di quella dei Padri Apostolici e fece seguito ad essa.

Fra gli Apologisti che scrissero in greco ci furono Giustino Martire, Taziano, Atenagora, Teofilo e Clemente Alessandrino. Tertulliano fu un apologista che scrisse in latino. Insegnavano essi la Trinità in cui oggi crede la cristianità, e cioè un Dio in tre Persone coeguali (Padre, Figlio e Spirito Santo), ciascuna della quali è vero Dio, senza che per questo ci siano tre Dèi ma un solo Dio?

"Il Figlio è subordinato"

Nel suo libro A Short History of the Early Church, H. R. Boer dice quanto segue dell’insegnamento degli Apologisti:

"Giustino [Martire] insegnava che prima della creazione del mondo Dio era solo e che non c’era un Figlio. . . . Quando Dio decise di creare il mondo, . . . generò un altro essere divino che creasse il mondo per lui. Questo essere divino fu chiamato . . . Figlio perché era stato generato; fu chiamato Logos perché era stato tratto dalla Ragione o Mente di Dio. . . .

"Giustino e gli altri Apologisti insegnavano perciò che il Figlio è una creatura. È una creatura d’alto rango, una creatura abbastanza potente da creare il mondo, ma pur sempre una creatura. Nella teologia questa relazione del Figlio col Padre è chiamata subordinazionismo. Il Figlio è subordinato, cioè viene dopo il Padre, dipende da lui e a lui deve la sua esistenza. Gli Apologisti erano subordinazionisti".1

Su come veniva inizialmente concepita la relazione tra il Figlio e Dio, nel libro The Formation of Christian Dogma Martin Werner dice:

"Questa relazione venne inequivocabilmente intesa come ‘subordinazione’, nel senso di subordinazione di Cristo a Dio. Tutte le volte che il Nuovo Testamento parla della relazione di Gesù con Dio, il Padre, . . . essa viene concepita e descritta categoricamente come subordinazione. E il più autorevole Subordinazionista del Nuovo Testamento, secondo i Sinottici, fu Gesù stesso . . . Questa posizione originale, così solida ed evidente, continuò ad essere riconosciuta per lungo tempo. ‘Tutti i grandi teologi preniceni sostennero la subordinazione del Logos a Dio’".2

In armonia con ciò, nel libro The Search for the Christian Doctrine of God, R. P. C. Hanson afferma:

"Prima dello scoppio della controversia ariana [nel IV secolo] non c’è teologo nella Chiesa d’Oriente o d’Occidente che in qualche modo non consideri il Figlio subordinato al Padre".3

Alvan Lamson, in The Church of the First Three Centuries, aggiunge questa testimonianza in merito all’insegnamento delle autorità ecclesiastiche prima del Concilio di Nicea (325 E.V.):

"L’inferiorità del Figlio fu generalmente, se non uniformemente, ribadita dai Padri preniceni . . . Che considerassero il Figlio distinto dal Padre è evidente dal fatto che ne ribadiscono chiaramente l’inferiorità. . . . Lo consideravano distinto e subordinato".4

Similmente, nel libro Gods and the One God, Robert M. Grant dice degli Apologisti:

"La cristologia delle apologie, come quella neotestamentaria, è essenzialmente subordinazionista. Il Figlio è sempre subordinato al Padre, il quale è l’unico Dio dell’Antico Testamento. . . . Ciò che troviamo in questi antichi autori, quindi, non è una dottrina trinitaria . . . Prima di Nicea, la teologia cristiana era quasi universalmente subordinazionista".5

Secondo la dottrina trinitaria della cristianità, il Figlio è uguale a Dio Padre in eternità, potenza, posizione e sapienza. Ma gli Apologisti dicevano che il Figlio non è uguale a Dio Padre. Consideravano il Figlio subordinato. Questo non è ciò che insegna la dottrina della Trinità.

Riflettevano l’insegnamento del I secolo

Gli Apologisti e altri primi Padri della Chiesa riflettevano in una certa misura quanto insegnavano i cristiani del I secolo in merito alla relazione che c’è fra il Padre e il Figlio. Notate come ciò è espresso nel libro The Formation of Christian Dogma:

"Nell’era cristiana primitiva nulla indicava l’esistenza di un problema o di una controversia trinitaria, come quella che in seguito lacerò la Chiesa. La ragione sta indubbiamente nel fatto che, per il cristianesimo primitivo, Cristo era . . . un essere appartenente all’elevato mondo angelico, creato e scelto da Dio per introdurre, alla fine dei tempi, . . . il Regno di Dio".6

Sempre a proposito dell’insegnamento dei primi Padri della Chiesa, The International Standard Bible Encyclopedia ammette:

"Nel pensiero primitivo della Chiesa, quando si parla di Dio Padre, la tendenza è di concepirLo innanzi tutto non come il Padre di Gesù Cristo, ma come la fonte di tutto ciò che esiste. Quindi Dio Padre è, per così dire, Dio per antonomasia. A Lui spettano appellativi come increato, immortale, immutabile, ineffabile, invisibile e ingenerato. È Lui che ha fatto tutte le cose, inclusa la materia stessa della creazione, dal nulla. . . .

"Questo parrebbe indicare che solo il Padre sia Dio nel vero senso della parola e che il Figlio e lo Spirito lo siano solo in senso secondario. Molte dichiarazioni antiche sembrano confermarlo".7

Benché questa enciclopedia prosegua minimizzando queste verità e affermando che la dottrina della Trinità era accettata in quel primo periodo, i fatti la smentiscono. Prendete ad esempio ciò che disse un famoso teologo cattolico, il cardinale John Henry Newman:

"Ci si consenta di dire che tutto il complesso delle dottrine, il cui soggetto è il Cristo, era coerentemente e uniformemente nella confessione della Chiesa delle origini . . . Ma le cose vanno senz’altro in modo diverso quando si considera la dottrina cattolica della Trinità. Non riesco a vedere in quale modo si possa dire che esisteva un consensus in merito presso i teologi dei primordi cristiani . . .

"Le professioni di fede dei primi secoli non contengono nella loro formulazione letterale menzione alcuna di tale dottrina cattolica. Vi si parla certamente di una Trinità, ma non vi si dice affatto che in tale dottrina vi sia un mistero, e cioè che i Tre sono Uno, che sono coequali, coeterni, increati, onnipotenti e ineffabili. Questi aspetti non si potrebbero mai rilevare in quei testi primitivi".8

Giustino Martire

Uno dei primi Apologisti fu Giustino Martire, che visse fra il 110 circa e il 165 E.V. Nessuno dei suoi scritti giunti fino a noi parla di un Dio in tre persone coeguali.

Per esempio, secondo la versione cattolica di Salvatore Garofalo, Proverbi 8:22-30 dice di Gesù nella sua esistenza preumana (come sapienza personificata): "Jahve mi creò fin dall’inizio del suo potere, prima delle sue opere, fin d’allora. . . . Quando ancora non c’erano abissi io fui concepita . . . prima delle colline io ero nata . . . io stavo accanto a [Dio] come architetto". Commentando questi versetti, Giustino dice nel Dialogo con Trifone (CXXIX, 4):

"La parola [la Scrittura] mostrava che questo rampollo era stato generato dal Padre prima di qualunque creatura, e ciò che è generato è numericamente distinto da ciò che genera, come chiunque ammetterebbe".9

Poiché il Figlio è nato da Dio, Giustino usa in effetti l’appellativo "Dio" in riferimento al Figlio. Nella sua I Apologia (LXIII, 10) dice: "Il Padre dell’universo ha un Figlio. Questi, essendo Logos e primogenito di Dio, è anche Dio".10 La Bibbia stessa applica il titolo "Dio" al Figlio di Dio. In Isaia 9:6 egli è chiamato "Dio potente". Ma nella Bibbia anche angeli, uomini, falsi dèi e Satana sono chiamati "dèi". (Angeli: Salmo 8:5; confronta Ebrei 2:6, 7. Uomini: Salmo 82:6. Falsi dèi: Esodo 12:12; 1 Corinti 8:5. Satana: 2 Corinti 4:4). Nelle Scritture Ebraiche la parola tradotta "Dio", ’El, significa semplicemente "Potente" o "Forte". Il termine corrispondente nelle Scritture Greche è theòs.

Inoltre il termine ebraico usato in Isaia 9:6 evidenzia una precisa distinzione fra il Figlio e Dio. Lì il Figlio è chiamato "Dio potente", ’El Gibbòhr, non "Dio Onnipotente". In ebraico quest’ultima espressione è ’El Shaddài, ed è riferita unicamente a Geova Dio.

Si noti però che Giustino, pur chiamando il Figlio "Dio", non dice mai che il Figlio sia una di tre persone coeguali, ciascuna delle quali è Dio benché le tre persone insieme formino un solo Dio. Al contrario, nel Dialogo con Trifone (LVI, 4, 11) dice:

"Vi è . . . un Dio e Signore [il Gesù preumano] diverso dal creatore di tutte le cose [l’Iddio Onnipotente], che è chiamato anche angelo per il fatto che annuncia agli uomini ciò che vuole annunciare loro il creatore di tutte le cose, al di là del quale non c’è altro Dio. . .

"[Il Figlio] è un altro Dio rispetto a quello che ha fatto tutte le cose, un altro, intendo, per numero, non per distinzione di pensiero".11

Un passo interessante si trova nella I Apologia di Giustino (VI, 2), dove egli difende i cristiani dall’accusa di ateismo rivolta loro dai pagani. Egli scrive:

"Lui [Dio] veneriamo e adoriamo, e il Figlio che da Lui è venuto e che ci ha insegnato queste dottrine, con l’esercito degli altri angeli buoni che Lo seguono e Lo imitano, e lo Spirito Profetico".12

Un traduttore di questo passo, Bernhard Lohse, osserva: "Come se non bastasse che in questo elenco gli angeli sono menzionati come esseri onorati e adorati dai cristiani, Giustino non esita a menzionare gli angeli prima dello Spirito Santo".13 — Vedi anche Lo sviluppo della dottrina cristiana.14

Così, anche se pare che Giustino Martire si fosse discostato dalla pura dottrina biblica in quanto a chi dev’essere adorato dai cristiani, chiaramente non considerava il Figlio uguale al Padre, non più di quanto considerasse gli angeli Suoi uguali. A proposito di Giustino, citiamo di nuovo l’opera di Lamson, The Church of the First Three Centuries:

"Giustino considerava il Figlio distinto da Dio e inferiore a lui: distinto non nel senso attuale di una delle tre ipostasi, o persone, . . . ma distinto in essenza e natura; avente un’esistenza reale, sostanziale, individuale separata da Dio, da cui egli traeva tutti i suoi poteri e titoli, essendo stato posto sotto di lui e soggetto in ogni cosa alla sua volontà. Il Padre è supremo, il Figlio è subordinato; il Padre è la fonte della potenza, il Figlio la riceve; il Padre dà origine, il Figlio, come suo ministro o strumento, esegue. Sono due di numero, ma concordano, o sono uno, nella volontà; per il Figlio prevale sempre la volontà del Padre".15

Inoltre, in nessun luogo Giustino dice che lo spirito santo sia una persona uguale al Padre e al Figlio. Perciò non si può in alcun modo sostenere onestamente che Giustino insegnasse la Trinità in cui crede oggi la cristianità.

Clemente Alessandrino

Anche Clemente Alessandrino (ca. 150-215 E.V.) chiama il Figlio "Dio". Lo chiama addirittura "creatore", un termine che nella Bibbia non è mai riferito a Gesù. Intendeva forse dire che il Figlio fosse uguale sotto tutti gli aspetti al Creatore onnipotente? No. Clemente alludeva evidentemente a Giovanni 1:3, dove viene detto del Figlio: "Tutte le cose son venute all’esistenza per mezzo di lui".16 Dio impiegò il Figlio come agente nelle Sue opere creative. — Colossesi 1:15-17.

Clemente chiama il Dio Supremo "l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù" 17 e dice che "il Signore è figlio del Creatore".18 Dice pure: "Il Dio di tutte le cose è uno solo, buono, giusto, Creatore, e il Figlio [è] nel Padre".19 Scrisse quindi che il Figlio ha sopra di sé un Dio.

Clemente parla di Dio come del "primo e solo dispensatore di vita eterna, che il Figlio, che l’ha ricevuta da Lui [Dio], dà a noi".20 Il Datore originale della vita eterna è chiaramente superiore a colui che la riceve e la trasmette ad altri. Così Clemente dice che Dio "è il primo, e il più alto".21 Negli Stromati (VII/2 5.1) dice inoltre che la natura del Figlio "è la più prossima all’unico Onnipotente" e che il Figlio "tutto dispone secondo ‘il volere del Padre’".22 Clemente ribadisce più volte la superiorità dell’Iddio Onnipotente sul Figlio.

Riguardo a Clemente Alessandrino leggiamo in The Church of the First Three Centuries:

"Potremmo citare numerosi passi di Clemente in cui si afferma nettamente l’inferiorità del Figlio . . .

"Ci stupisce che qualcuno possa leggere Clemente con normale attenzione e credere anche solo per un attimo che egli considerasse il Figlio numericamente identico — uno — col Padre. La sua natura dipendente e inferiore, come sembra a noi, è ovunque riconosciuta. Clemente credeva che Dio e il Figlio fossero numericamente distinti; in altre parole, due esseri: l’uno supremo, l’altro subordinato".23

Per di più, si può ancora ripetere: Anche se a volte Clemente sembra andare oltre ciò che la Bibbia dice di Gesù, in nessun luogo egli parla di una Trinità formata da tre persone coeguali in un Dio. Apologisti come Taziano, Teofilo e Atenagora, che vissero fra l’epoca di Giustino e quella di Clemente, avevano opinioni analoghe. Secondo Lamson, essi "non erano più trinitari di quanto lo fosse Giustino; cioè non credevano in una Triade di persone indivisibili e coeguali, bensì insegnavano una dottrina del tutto inconciliabile con questa credenza".24

La teologia di Tertulliano

Tertulliano (ca. 160-230 E.V.) fu il primo a usare il termine latino trinitas. Come fa notare Henry Chadwick, secondo Tertulliano Dio era ‘un’unica sostanza in tre persone’.25 Questo però non significa che egli avesse in mente tre persone coeguali e coeterne. Scrittori successivi elaborarono però le sue opinioni in senso trinitario.

Il concetto che Tertulliano aveva del Padre, del Figlio e dello spirito santo era ben lontano dalla Trinità della cristianità, perché egli era subordinazionista. Per lui il Figlio era subordinato al Padre. In Contro Ermogene (XVIII, 2, 3) scrisse:

"Anche per questo era stato proclamato che la Sapienza di Dio era nata e prodotta, cioè perché noi non credessimo che ci fosse qualcosa di innato e di non prodotto, ad eccezione di Dio solamente. . . . come poté essere possibile che, ad eccezione del Padre, vi sia stato qualcosa di più antico, e, pertanto, più nobile del Figlio di Dio, del Verbo unigenito e primogenito? . . . poiché quello [Dio] che non ebbe bisogno di nessun artefice per esistere, sarà molto più sublime di quello [il Figlio] che, per esistere, ebbe bisogno di un artefice".26

In Contro Prassea (IX, 2), inoltre, egli mostra che il Figlio è diverso dall’Iddio Onnipotente e a lui subordinato, quando dice:

"Il Padre è, infatti, tutta quanta la sostanza, mentre il Figlio è una derivazione dal tutto ed una parte di esso, come Egli stesso afferma: ‘giacché il Padre è maggiore di me’. . . . Così il Padre è diverso dal Figlio, in quanto è maggiore del Figlio, in quanto uno è colui che genera, uno colui che è generato, uno è colui che manda, uno è colui che è mandato, uno colui che fa, uno colui attraverso il quale è fatto".27

In Contro Ermogene (III, 4) Tertulliano afferma pure che ci fu un tempo in cui il Figlio non esisteva come persona, e questo indica che egli non considerava il Figlio un essere eterno nello stesso senso in cui lo era Dio.28 Il cardinale Newman disse: "Tertulliano deve essere reputato eterodosso per quel che riguarda la dottrina sulla generazione eterna di Cristo".29 Riguardo a Tertulliano, Lamson afferma:

"Questa ragione, o Logos, com’era chiamata dai greci, fu in seguito trasformata, come credeva Tertulliano, nel Verbo, o Figlio, cioè in un essere reale, esistito dall’eternità solo come attributo del Padre. Tertulliano gli attribuiva però un rango subordinato al Padre . . .

"Se lo si giudicasse oggi col metro di una qualsiasi definizione riconosciuta della Trinità, il tentativo di salvare Tertulliano dalla condanna [di eresia] sarebbe vano. Egli non potrebbe superare la prova nemmeno per un istante".30

Nessuna Trinità

Se leggeste per intero le opere degli Apologisti, trovereste che, pur deviando sotto alcuni aspetti dagli insegnamenti della Bibbia, nessuno di loro insegnava che il Padre, il Figlio e lo spirito santo fossero coeguali in eternità, potenza, posizione e sapienza.

Questo vale anche per altri scrittori del II e III secolo, come Ireneo, Ippolito, Origene, Cipriano e Novaziano. Benché sotto certi aspetti alcuni di loro equiparassero il Figlio al Padre, sotto altri consideravano il Figlio subordinato a Dio Padre. E nessuno di loro sosteneva, neanche lontanamente, che lo spirito santo fosse uguale al Padre e al Figlio. Per esempio Origene (ca. 185-254 E.V.), in Contro Celso, afferma che il Figlio di Dio è "il Primogenito di tutta la creazione" e che le Scritture lo presentano come "la più antica di tutte le opere creative".31

Qualsiasi lettura obiettiva di queste antiche fonti ecclesiastiche rivelerà che a quel tempo la dottrina della Trinità insegnata dalla cristianità non esisteva. In The Church of the First Three Centuries leggiamo:

"L’attuale diffusa dottrina della Trinità . . . non trae alcun sostegno dal linguaggio di Giustino [Martire]: e questa osservazione può essere estesa a tutti i Padri preniceni, cioè a tutti gli scrittori cristiani dei primi tre secoli dopo la morte di Cristo. È vero che parlano di Padre, Figlio e Spirito santo o profetico, ma non dicono che sono coeguali, che sono un’unica essenza, che sono Tre in Uno, in nessuno dei significati oggi accettati dai trinitari. È vero l’esatto contrario. La dottrina della Trinità, com’è spiegata da questi Padri, era essenzialmente diversa da quella attuale. Lo affermiamo come un fatto dimostrabile alla stessa maniera di qualsiasi fatto della storia delle opinioni umane".32

In effetti prima del tempo di Tertulliano la Trinità non è neppure menzionata. E la Trinità ‘eterodossa’ di Tertulliano era ben diversa da quella in cui si crede oggi. Come si sviluppò allora la dottrina trinitaria come viene intesa oggi? Fu al Concilio di Nicea nel 325 E.V.? Prenderemo in esame queste domande nella Parte IV di questa serie di articoli della Torre di Guardia.

Riferimenti bibliografici

1. Harry R. Boer, A Short History of the Early Church, Grand Rapids, W. B. Eerdmans Publishing Co., 1976, pagina 110.

2. Martin Werner, The Formation of Christian Dogma, New York, Harper & Brothers, 1957, pagina 125.

3. R. P. C. Hanson, The Search for the Christian Doctrine of God, Edimburgo, T. & T. Clark, 1988, pagina 64.

4. Alvan Lamson, The Church of the First Three Centuries, Boston, Horace B. Fuller, 2a edizione riveduta e ampliata, 1869, pagine 70-1.

5. Robert M. Grant, Gods and the One God, 1986, Filadelfia, The Westminster Press, pagine 109, 156, 160.

6. The Formation of Christian Dogma, cit., pagine 122, 125.

7. The International Standard Bible Encyclopedia, 1982, a cura di G. W. Bromiley, volume 2, pagina 513.

8. John H. Newman, Lo sviluppo della dottrina cristiana, traduzione di A. Prandi, Bologna, il Mulino, 1967, pagine 19, 21.

9. Dialogo con Trifone, traduzione di G. Visonà, Milano, Edizioni Paoline, 1988, pagine 362-3.

10. Le due Apologie, traduzione di A. Regaldo Raccone, Milano, Edizioni Paoline, 1983, pagina 114.

11. Dialogo con Trifone, cit., pagine 203, 205.

12. Le due Apologie, cit., pagina 49.

13. Bernhard Lohse, A Short History of Christian Doctrine, traduzione dal tedesco di F. Ernest Stoeffler, 2a edizione in brossura, Fortress Press, Filadelfia, 1980, pagina 43.

14. Lo sviluppo della dottrina cristiana, cit., pagina 25.

15. The Church of the First Three Centuries, cit., pagine 73-4, 76.

16. Clemente Alessandrino, Il Protrettico - Il Pedagogo, a cura di M. G. Bianco, U.T.E.T., Torino, 1971, pagina 274.

17. A. Roberts e J. Donaldson, The Ante-Nicene Fathers, Buffalo, New York, The Christian Literature Publishing Co., ristampa dell’edizione di Edimburgo, 1885, volume II, pagina 227.

18. Il Protrettico - Il Pedagogo, cit., pagina 254.

19. The Ante-Nicene Fathers, cit., volume II, pagina 228.

20. Ibid., pagina 593.

21. Ibid.

22. Gli Stromati, a cura di G. Pini, Milano, Edizioni Paoline, 1985, pagina 782.

23. The Church of the First Three Centuries, cit., pagine 124-5.

24. Ibid., pagina 95.

25. Henry Chadwick, The Early Church, Penguin Books Ltd., Harmondsworth (Inghilterra), 1980, pagina 89.

26. Opere scelte, U.T.E.T., Torino, 1974, a cura di C. Moreschini, pagina 198.

27. Ibid., pagine 965-6.

28. Ibid., pagina 176-7.

29. Lo sviluppo della dottrina cristiana, cit., pagina 25.

30. The Church of the First Three Centuries, cit., pagine 108-9.

31. The Ante-Nicene Fathers, cit., volume IV, pagina 560.

32. The Church of the First Three Centuries, cit., pagine 75-6.

30/10/2007 17:37
 
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La Chiesa primitiva insegnava la trinità?

Parte IV: Quando e come si sviluppò la dottrina della Trinità?

I primi tre articoli di questa serie hanno dimostrato che né Gesù né i suoi discepoli né i primi Padri della Chiesa insegnarono la dottrina della Trinità. (La Torre di Guardia del 1° novembre 1991, del 1° febbraio 1992 e del 1° aprile 1992) Quest’ultimo articolo prenderà in esame lo sviluppo del dogma trinitario e il ruolo che vi ebbe il Concilio di Nicea del 325 E.V.

NEL 325 E.V. l’imperatore romano Costantino convocò un concilio di vescovi a Nicea, città dell’Asia Minore. Lo scopo era quello di risolvere le continue dispute religiose sulla relazione che c’è tra il Figlio di Dio e l’Iddio Onnipotente. In quanto ai risultati di quel concilio, l’Encyclopædia Britannica dice:

"Costantino stesso presiedette, guidando attivamente le discussioni, e propose personalmente . . . la formula cruciale che esprimeva la relazione fra Cristo e Dio nel simbolo formulato dal concilio, ‘consustanziale [homooùsios] col Padre’. . . . Intimoriti dall’imperatore, i vescovi, con due sole eccezioni, firmarono il simbolo, molti fondamentalmente contro la loro volontà".1

Questo governante pagano intervenne forse nella questione per le sue convinzioni bibliche? No. Il libro A Short History of Christian Doctrine afferma: "Basilarmente Costantino non aveva la minima idea delle questioni sollevate dalla teologia greca".2 Quello di cui si rendeva conto era che le dispute religiose minacciavano l’unità del suo impero, e voleva che fossero appianate.

Il concilio affermò la Trinità?

Il Concilio di Nicea affermò la Trinità come dottrina della cristianità? Molti lo pensano, ma i fatti indicano altrimenti.

È vero che il credo o simbolo formulato da quel concilio diceva del Figlio di Dio cose che indurrebbero vari ecclesiastici a considerarlo sotto certi aspetti uguale a Dio Padre. Tuttavia è illuminante notare ciò che il Simbolo Niceno non diceva. Nella versione originale esso recita:

"Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili;

"E in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato dal Padre, unigenito, della sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato e non creato, della stessa sostanza del Padre, per mezzo del quale tutte le cose vennero alla vita, le cose del cielo e le cose della terra, che per noi uomini e per la nostra salvezza discese e si incarnò, e divenne uomo, e patì e il terzo giorno risuscitò, ascese ai cieli, e verrà di nuovo a giudicare i vivi i morti;

"E nello Spirito Santo".3

Questo credo dice forse che il Padre, il Figlio e lo spirito santo siano un Dio in tre persone? Dice forse che i tre siano uguali in eternità, potenza, posizione e sapienza? No. La formula tre-in-uno non viene menzionata affatto. L’originale Simbolo Niceno non affermò la Trinità.

Al massimo questo credo uguaglia il Figlio al Padre dicendo che è "della stessa sostanza". Ma non dice nulla di simile per quanto riguarda lo spirito santo. Tutto ciò che dice è: "Crediamo . . . nello Spirito Santo". Questa non è la dottrina trinitaria della cristianità.

Anche l’espressione chiave, "della stessa sostanza" (homooùsios), non significa necessariamente che il concilio credesse nell’identità numerica fra Padre e Figlio. La New Catholic Encyclopedia afferma:

"È dubbio se il Concilio volesse affermare l’identità numerica della sostanza del Padre e del Figlio".4

Anche se il concilio avesse inteso dire che il Figlio e il Padre erano numericamente uno, non si sarebbe ancora trattato di Trinità. Sarebbe stato solo un Dio in due persone, non in tre come vuole la dottrina della Trinità.

"Opinione di una minoranza"

A Nicea, i vescovi in generale credevano che il Figlio fosse uguale a Dio? No, c’erano opinioni diverse. Una, ad esempio, era quella rappresentata da Ario, secondo cui il Figlio aveva avuto un principio in senso temporale e non era quindi uguale a Dio, bensì era subordinato a lui sotto tutti gli aspetti. Atanasio, invece, credeva che il Figlio fosse in un certo senso uguale a Dio. E c’erano anche altre opinioni.

In quanto alla decisione del concilio di considerare il Figlio della stessa sostanza di Dio, o consustanziale, Martin Marty afferma: "Nicea rappresentò in effetti l’opinione di una minoranza; l’accordo fu difficile e risultò inaccettabile per molti che non condividevano il punto di vista ariano".5 Similmente un’opera sui Padri niceni e postniceni fa notare che "solo una minoranza assunse una posizione dottrinale chiaramente formulata in contrapposizione all’arianesimo, anche se questa minoranza riuscì a raggiungere il suo obiettivo".6 E il libro A Short History of Christian Doctrine osserva:

"Ciò su cui molti vescovi e teologi orientali trovarono particolarmente da ridire fu il concetto introdotto nel credo da Costantino stesso, cioè l’homoousios ["della stessa sostanza"], che divenne l’oggetto del contendere nella susseguente controversia fra ortodossia ed eresia".7

Dopo il concilio la disputa andò avanti per decenni. Per qualche tempo i sostenitori dell’idea che voleva il Figlio uguale all’Iddio Onnipotente caddero addirittura in disgrazia. Per esempio, Martin Marty dice di Atanasio: "La sua popolarità conobbe alti e bassi ed egli fu esiliato così spesso [negli anni che seguirono il concilio] che divenne una specie di pendolare".8 Atanasio trascorse anni in esilio perché esponenti politici e religiosi si opponevano alle sue opinioni che uguagliavano il Figlio a Dio.

Perciò asserire che il Concilio di Nicea del 325 E.V. abbia affermato la dottrina della Trinità non è esatto. Quello che poi divenne l’insegnamento trinitario, a quel tempo non esisteva. L’idea che il Padre, il Figlio e lo spirito santo fossero ciascuno vero Dio e che i tre fossero uguali in eternità, potenza, posizione e sapienza, formando nel contempo un unico Dio — un Dio in tre persone — non fu formulata né da quel concilio né dai primi Padri della Chiesa. In The Church of the First Three Centuries leggiamo infatti:

"L’attuale diffusa dottrina della Trinità . . . non trae alcun sostegno dal linguaggio di Giustino [Martire]: e questa osservazione può essere estesa a tutti i Padri preniceni, cioè a tutti gli scrittori cristiani dei primi tre secoli dopo la morte di Cristo. È vero che parlano di Padre, Figlio e Spirito santo o profetico, ma non dicono che sono coeguali, che sono un’unica essenza, che sono Tre in Uno, in nessuno dei significati oggi accettati dai trinitari. È vero l’esatto contrario. La dottrina della Trinità, com’è spiegata da questi Padri, era essenzialmente diversa da quella attuale. Lo affermiamo come un fatto dimostrabile alla stessa maniera di qualsiasi fatto della storia delle opinioni umane".

"Sfidiamo chiunque a menzionare un solo scrittore di rilievo, nei primi tre secoli, che sostenga questa dottrina [della Trinità] nel senso che essa ha oggi".9

Nicea segnò comunque una svolta. Aprì la porta all’accettazione ufficiale dell’uguaglianza del Figlio col Padre e spianò la strada alla successiva formulazione della Trinità. Nel libro Second Century Orthodoxy si osserva:

"Almeno sino alla fine del II secolo la Chiesa universale rimase unita su un punto fondamentale; tutti accettavano la supremazia del Padre. Tutti consideravano Dio Padre Onnipotente come il solo supremo, immutabile, ineffabile e senza principio. . . .

"Scomparsi gli scrittori e i personaggi di spicco del II secolo, la Chiesa si ritrovò . . . a scivolare lentamente ma inesorabilmente verso il punto . . . in cui al Concilio di Nicea si raggiunse il culmine di questa progressiva erosione della fede originale. Lì una piccola ma agguerrita minoranza impose la sua eresia a una maggioranza acquiescente e, col sostegno delle autorità politiche dietro le quinte, costrinse, circuì e intimidì quelli che cercavano di mantenere incontaminata l’originaria purezza della loro fede".10

Il Concilio di Costantinopoli

Nel 381 E.V. il Concilio di Costantinopoli confermò il Simbolo Niceno. E vi aggiunse qualcosa. Chiamò lo spirito santo "Signore" che "dà la vita". Questo credo ampliato del 381 E.V. (che corrisponde praticamente a quello in uso oggi nelle chiese e che è conosciuto come "Simbolo Niceno") mostra che la cristianità stava per formulare un dogma trinitario pienamente elaborato. Ma neppure questo concilio completò la dottrina. La New Catholic Encyclopedia riconosce:

"È interessante notare che 60 anni dopo il Nicea I il Concilio di Costantinopoli I [381 E.V.] evitò di usare homoousios nella sua definizione della divinità dello Spirito Santo".11

"Gli studiosi rimangono perplessi davanti alle espressioni piuttosto blande usate in questo credo; per esempio, esso evita di applicare il termine homoousios allo Spirito Santo come consustanziale col Padre e col Figlio".12

La stessa enciclopedia ammette: "Homoousios non compare nelle Scritture".13 Infatti la Bibbia non usa questo termine né in riferimento allo spirito santo né al Figlio come se fossero consustanziali col Padre. È un termine non biblico che contribuì all’elaborazione della dottrina non biblica, o meglio, antibiblica, della Trinità.

Anche dopo Costantinopoli passarono secoli prima che l’insegnamento della Trinità venisse accettato da tutta la cristianità. La New Catholic Encyclopedia dice: "In Occidente . . . sembra sia invalso il silenzio generale per quanto attiene al Costantinopoli I e al suo credo".14 La stessa fonte indica che il credo promulgato dal concilio non fu estesamente riconosciuto in Occidente fino al VII o VIII secolo.

Gli studiosi riconoscono pure che il Simbolo Atanasiano, spesso citato a sostegno della Trinità e come definizione standard, non fu scritto da Atanasio, ma da un autore ignoto d’epoca molto più tarda. La New Encyclopædia Britannica osserva:

"Il simbolo fu sconosciuto alla Chiesa Orientale fino al XII secolo. A partire dal XVII secolo gli studiosi hanno generalmente convenuto che il Simbolo Atanasiano non fu scritto da Atanasio (morto nel 373), ma fu probabilmente composto nella Francia meridionale durante il V secolo. . . . L’influenza del simbolo sembra si sia sentita per lo più nel sud della Francia e in Spagna nel VI e VII secolo. Era in uso nella liturgia della chiesa in Germania nel IX secolo e qualche tempo dopo a Roma".15

Come si sviluppò

La dottrina della Trinità si sviluppò lentamente nell’arco di alcuni secoli. Le idee trinitarie di filosofi greci come Platone, vissuto diversi secoli prima di Cristo, si infiltrarono gradualmente negli insegnamenti ecclesiastici. Il libro The Church of the First Three Centuries dice:

"Possiamo affermare che la dottrina della Trinità si andò formando gradualmente e relativamente tardi; che trasse origine da una fonte del tutto estranea alle Scritture Ebraiche e Cristiane; che si sviluppò e fu innestata sul cristianesimo per mano dei Padri platonisti; che all’epoca di Giustino, e per molto tempo dopo, la distinta natura e inferiorità del Figlio erano universalmente insegnate e che allora solo i primi vaghi contorni della Trinità erano divenuti visibili".16

Prima di Platone, le triadi erano comuni in Babilonia e in Egitto. E i tentativi fatti dagli uomini di chiesa per attirare i non credenti del mondo romano fecero sì che il cristianesimo assorbisse gradualmente alcuni di quei concetti. Questo portò infine ad accettare l’idea che il Figlio e lo spirito santo fossero uguali al Padre.

La parola stessa "Trinità" venne accettata solo gradualmente. Fu nell’ultima metà del II secolo che Teofilo, vescovo di Antiochia di Siria, scrivendo in greco, introdusse la parola triàs, che significa "triade" o "trinità". Successivamente Tertulliano, scrittore latino di Cartagine, nell’Africa settentrionale, introdusse nei suoi scritti la parola trinitas, "trinità". Ma il termine triàs non compare nelle Scritture Greche Cristiane, e trinitas non si trova nella traduzione latina della Bibbia, la Vulgata. Nessuna delle due parole è biblica. Ma la parola "Trinità", basata su concetti pagani, penetrò nella letteratura ecclesiastica e dopo il IV secolo nel dogma.

Gli eruditi non esaminarono la Bibbia per vedere se tale dottrina vi fosse insegnata. La dottrina fu elaborata in gran parte per ragioni di politica secolare ed ecclesiastica. Nel suo libro The Christian Tradition, Jaroslav Pelikan richiama l’attenzione sui "fattori non teologici del dibattito, molti dei quali sembrarono più volte sul punto di determinarne l’esito, solo per essere poi sopraffatti da altre forze simili. Spesso la dottrina parve essere la vittima — o il prodotto — della politica ecclesiastica e dei conflitti di personalità".17 E. Washburn Hopkins, docente presso l’università di Yale, affermò: "La definizione ortodossa finale della trinità fu in gran parte una questione di politica ecclesiastica".18

Com’è irragionevole la dottrina della Trinità in paragone col semplice insegnamento biblico che Dio è supremo e senza uguali! Come dice Dio stesso, "a chi mi assomiglierete o mi uguaglierete o mi paragonerete affinché somigliamo l’uno all’altro?" — Isaia 46:5.

Cosa rappresentò

Cosa rappresentò il graduale sviluppo dell’idea trinitaria? Fu un aspetto dell’allontanamento dal vero cristianesimo predetto da Gesù. (Matteo 13:24-43) Anche l’apostolo Paolo aveva predetto l’insorgere dell’apostasia:

"Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole". — 2 Timoteo 4:3, 4, La Bibbia di Gerusalemme (cattolica).

Una di queste favole fu la dottrina della Trinità. Un po’ alla volta se ne svilupparono altre, anch’esse estranee al cristianesimo: l’immortalità innata dell’anima umana, il purgatorio, il limbo e il tormento eterno nell’inferno di fuoco.

Cos’è dunque la Trinità? È una dottrina pagana camuffata da dottrina cristiana. È stata promossa da Satana per ingannare, per rendere Dio qualcosa di confuso e misterioso per gli uomini. Questo li rende più vulnerabili ad altre idee e pratiche religiose false.

"Dai loro frutti"

In Matteo 7:15-19 Gesù indicò un modo per distinguere la vera religione dalla falsa:

"Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in manto da pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Li riconoscerete dai loro frutti. Non si coglie uva dalle spine né fichi dai cardi, vi pare? Similmente ogni albero buono produce frutti eccellenti, ma ogni albero marcio produce frutti spregevoli . . . Ogni albero che non produce frutti eccellenti è tagliato e gettato nel fuoco".

Facciamo un esempio. In Giovanni 13:35 Gesù disse: "Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi". Inoltre, in 1 Giovanni 4:20 e 21 l’ispirata Parola di Dio dichiara:

"Se qualcuno fa la dichiarazione: ‘Io amo Dio’, eppure odia il suo fratello, è bugiardo. Poiché chi non ama il suo fratello, che ha visto, non può amare Dio, che non ha visto. E abbiamo da lui questo comandamento, che chi ama Dio ami anche il suo fratello".

Applicate il principio fondamentale secondo cui i veri cristiani devono avere amore fra loro a ciò che è accaduto in entrambe le guerre mondiali di questo secolo, come pure in altri conflitti. Seguaci delle varie religioni della cristianità si sono scontrati sui campi di battaglia e hanno massacrato i loro stessi correligionari a causa di contrasti nazionalistici. Entrambe le parti in lotta si dichiaravano cristiane, e ciascuna aveva l’appoggio del suo clero, che affermava di avere Dio dalla propria parte. Il massacro di "cristiani" da parte di altri "cristiani" è un frutto marcio. È la negazione dell’amore cristiano, una violazione delle leggi di Dio. — Vedi anche 1 Giovanni 3:10-12.

La resa dei conti

Così l’allontanamento dal vero cristianesimo non produsse solo dottrine empie, come quella della Trinità, ma anche pratiche empie. Verrà però il giorno della resa dei conti, perché Gesù disse: "Ogni albero che non produce frutti eccellenti è tagliato e gettato nel fuoco". Per questo la Parola di Dio esorta:

"Uscite da essa [dalla falsa religione], o popolo mio, se non volete partecipare con lei ai suoi peccati, e se non volete ricevere parte delle sue piaghe. Poiché i suoi peccati si sono ammassati fino al cielo, e Dio si è rammentato dei suoi atti d’ingiustizia". — Rivelazione 18:4, 5.

Presto Dio ‘metterà nel cuore’ delle autorità politiche l’intento di volgersi contro la falsa religione. Esse "la renderanno devastata e . . . mangeranno le sue carni e la bruceranno completamente col fuoco". (Rivelazione 17:16, 17) La falsa religione con le sue filosofie pagane sull’identità di Dio sarà distrutta per sempre. In effetti Dio dirà a coloro che praticano la falsa religione quello che Gesù disse ai suoi giorni: "Ecco, la vostra casa vi è abbandonata". — Matteo 23:38.

La vera religione non sarà colpita dai giudizi di Dio, e così, alla fine ogni onore e gloria andrà a Colui che Gesù definì "il solo vero Dio". Egli fu identificato dal salmista che dichiarò: "Tu, il cui nome è Geova, tu solo sei l’Altissimo su tutta la terra". — Giovanni 17:3; Salmo 83:18.

Riferimenti bibliografici

1. Encyclopædia Britannica, 1971, volume 6, pagina 386.

2. Bernhard Lohse, A Short History of Christian Doctrine, 1963, pagina 51.

3. John Norman D. Kelly, I simboli di fede della Chiesa antica, traduzione di B. Maresca, Napoli, Edizioni Dehoniane, 1987, pagina 213.

4. New Catholic Encyclopedia, 1967, volume VII, pagina 115.

5. Martin E. Marty, A Short History of Christianity, 1959, pagina 91.

6. Philip Schaff e Henry Wace, A Select Library of Nicene and Post-Nicene Fathers of the Christian Church, 1892, volume IV, pagina xvii.

7. A Short History of Christian Doctrine, cit., pagina 53.

8. A Short History of Christianity, cit., pagina 91.

9. Alvan Lamson, The Church of the First Three Centuries, 1869, pagine 75-6, 341.

10. J. A. Buckley, Second Century Orthodoxy, 1978, pagine 114-15.

11. New Catholic Encyclopedia, cit., volume VII, pagina 115.

12. Ibid., volume IV, pagina 436.

13. Ibid., pagina 251.

14. Ibid., pagina 436.

15. The New Encyclopædia Britannica, 1985, 15a edizione, Micropædia, volume 1, pagina 665.

16. The Church of the First Three Centuries, cit., pagina 52.

17. Jaroslav Pelikan, The Christian Tradition, 1971, pagina 173.

18. E. Washburn Hopkins, Origin and Evolution of Religion, 1923, pagina 339.

31/10/2007 00:03
 
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Non so cosa ti spinga a postare papiri simili, sai bene che se anche fossero pieni di sciocchezze nessuno sano di mente butterebbe via tre giorni ad analizzare il cumulo di errori e falsificazioni solo per poter dare una risposta in un forum. Per nostra fortuna c'è chi ha già fatto questo lavoro, e tre giorni deve averli persi davvero il poveretto.
Sul sito di Achille c'è una confutazione di quell'articolo, ovviamente non posso linkarlo, quindi chi lo volesse leggerlo e vedere svelati i tarocchi della WTS nel citare i padri apostolici deve solo andare su Google e digitare "I Testimoni di Geova
e le citazioni dei Padri apostolici", e verrà immediatamente indirizzato alla pagina con l'articolo, è la prima scelta che compare.
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31/10/2007 00:32
 
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E noi saremmo i condizionati mentali? Ti rendi conto che non sai dire altro: "Andate sul sito di Achille"...certo che lì troveranno la confutazione della trinità, quel sito è il Catechismo Cattolico ormai! [SM=x1408403]
[Modificato da La Primula Rossa 31/10/2007 00:32]
31/10/2007 11:31
 
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"E noi saremmo i condizionati mentali? Ti rendi conto che non sai dire altro: "Andate sul sito di Achille"..."

Perché quel sito si occupa dei TdG da anni e dunque qualunque tarocco possiate tirare fuori là è già stato commentato, questo articolo è solo l'ennesimo esempio.
E poi che senso ha rimproverare a qualcuno se pubblicizza una fonte? Io dovrei forse risponderti: "Ti rendi conto che non sai fare altro che incollare i papiri della Torre di Guardia?"

"certo che lì troveranno la confutazione della trinità"

??

Ad maiora
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31/10/2007 18:28
 
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Nella speranza che il signor Polymetis ritorni senza l'uso del termine "tarocco". Pongo queste domande che sono il sunto di quanto dicono gli articoli:

1) E' vero o no che nella Bibbia non si trova riferimento diretto alla Trinità?

2) E' vero o no che essa non fu insegnata come la conosciamo noi nel periodo antecedente a Nicea?

3) E' vero o no che la Trinità è frutto di una complessa elaborazione teologica e che molti scritti dei padri preniceni alal luce del Concilio di Nicea sarebbero addirittura eretici oggi?

31/10/2007 22:27
 
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Risposta privata di Polymetis:



“E' vero o no che nella Bibbia non si trova riferimento diretto alla Trinità?”

A mio avviso nella Bibbia si insegna che il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito è Dio, e che esista un unico Dio. La Bibbia però non dice come queste 4 cose possano marciare insieme. La sistematizzazione dei dati di fede è frutto di un’ elaborazione successiva, non gli elementi costitutivi. Ci tengo a precisare che questa sistematizzazione dei dati fede non è stata fatta a partire dal solo NT, infatti la trinità è creduta dalla Chiesa da prima che la Chiesa avesse il NT. L’elaborazione dottrinale della trinità è stata fatta alla luce del canone parziale del NT attestato nel II secolo e della Traditio.

“' vero o no che essa non fu insegnata come la conosciamo noi nel periodo antecedente a Nicea? “

Non solo prima di Nicea, neppure dopo. La Trinità com’è insegnata attualmente contempla dottrine come l’unione ipostatica che sono successive a Nicea. Per chi crede che lo Spirito guida la Chiesa non c’è alcuna differenza tra l’elaborazione progressiva di questa sintesi dottrinale e l’elaborazione successiva del canone del NT. Inoltre anche i TdG credono ad una sorta di luce progressiva, e ci sono alcune loro dottrine che non hanno neppure un decennio, si pensi al nuovo intendimento intervenuto nel 1994 su “questa generazione non passerà”.

“E' vero o no che la Trinità è frutto di una complessa elaborazione teologica e che molti scritti dei padri preniceni alal luce del Concilio di Nicea sarebbero addirittura eretici oggi”

E’ naturale.

01/11/2007 10:47
 
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Le risposte di Polymetis dimostrano che gli articoli in questione tutto sono tranne che tarocchi.
10/11/2007 13:43
 
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Hai ragione, Poly non fa altro che parlare ma la Parola di Dio non la cita mai.
Forse non la conosce? [SM=x1408437]
10/11/2007 15:50
 
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Re:
Polymetis, 31/10/2007 0.03:

Non so cosa ti spinga a postare papiri simili, sai bene che se anche fossero pieni di sciocchezze nessuno sano di mente butterebbe via tre giorni ad analizzare il cumulo di errori e falsificazioni solo per poter dare una risposta in un forum. Per nostra fortuna c'è chi ha già fatto questo lavoro, e tre giorni deve averli persi davvero il poveretto.
Sul sito di Achille c'è una confutazione di quell'articolo, ovviamente non posso linkarlo, quindi chi lo volesse leggerlo e vedere svelati i tarocchi della WTS nel citare i padri apostolici deve solo andare su Google e digitare "I Testimoni di Geova
e le citazioni dei Padri apostolici", e verrà immediatamente indirizzato alla pagina con l'articolo, è la prima scelta che compare.


Visto che ho poco tempo, non potresti citarci quali versetti bibblici usa il sito di Achille, per confermare l'esistenza della trinità. Potremmo cosi almeno sfatare un qualcosa noto come "Mistero della Trinità", finalmente svelato da un nuovo "profeta" di Dio.
Scriveva S.Agostino, nel libro Combattimento Cristiano, parlando anche della Trinità:
"La fede nella Chiesa si esprime con somma brevità; in essa sono comprese le verità eterne che non possono ancora essere comprese dagli uomini carnali e le cose temporali passate e future che l’eterna divina Provvidenza ha fatto e farà per la salvezza degli uomini."
Tutto ciò fino alla nascita del sito di Achille. Adesso tutto è chiaro per noi uomini carnali. [SM=x1408438] [SM=x1408442]

[Modificato da operman 10/11/2007 15:50]



<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><>
Alla luce dei fatti, gli apostati delle nuove religioni non possiedono gli standard di
obiettività personale, competenza e comprensione informata richiesti a testimoni esperti.

Lonnie D. Kliever
10/11/2007 17:03
 
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“Visto che ho poco tempo, non potresti citarci quali versetti bibblici usa il sito di Achille, per confermare l'esistenza della trinità.”

Vedo che la forma mentis protestante impera e dunque non capite di cosa parlo. Nelle righe che ho quotato non si parla affatto di un articolo di Achille sulle basi bibliche della Trinità, bensì di un articolo che smonta le citazioni taroccate che la WTS fa dei Padri apostolici per farli apparire contro la divinità di Cristo, l’articolo lavora contestualizzandole e mostrando il vero pensiero di quei Padri sull’argomento.
Inoltre io non credo affatto che la Trinità si confermi con un insieme di versetti, è un modo di ragionamene così plebeo. Le dottrine non si costruiscono facendo florilegi di versetti ma col la comprensione del sensus della Scrittura, del suo filo rosso, comprensione da svolgere alla luce delle scienze esegetiche.

“Potremmo cosi almeno sfatare un qualcosa noto come "Mistero della Trinità", finalmente svelato da un nuovo "profeta" di Dio.
Scriveva S.Agostino, nel libro Combattimento Cristiano, parlando anche della Trinità”

Il sito di Achille non ha mai preteso di spiegare la Trinità in maniera che il suo mistero sia comprensibile all’uomo, anche perché la comprensione di una cosa non è rilevante per stabilire o meno la sua esistenza. Dio va ben oltre la nostra comprensione, ma questo non vuol dire che non esista. (O almeno, il mio Dio va oltre la mia comprensione, il Dio dei TdG è solo lo specchio dei sentimenti umani collocato in cielo, la loro teologia è antropologia)
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10/11/2007 17:46
 
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Re:
Polymetis, 10/11/2007 17.03:

“Visto che ho poco tempo, non potresti citarci quali versetti bibblici usa il sito di Achille, per confermare l'esistenza della trinità.”

Vedo che la forma mentis protestante impera e dunque non capite di cosa parlo. Nelle righe che ho quotato non si parla affatto di un articolo di Achille sulle basi bibliche della Trinità, bensì di un articolo che smonta le citazioni taroccate che la WTS fa dei Padri apostolici per farli apparire contro la divinità di Cristo, l’articolo lavora contestualizzandole e mostrando il vero pensiero di quei Padri sull’argomento.
Inoltre io non credo affatto che la Trinità si confermi con un insieme di versetti, è un modo di ragionamene così plebeo. Le dottrine non si costruiscono facendo florilegi di versetti ma col la comprensione del sensus della Scrittura, del suo filo rosso, comprensione da svolgere alla luce delle scienze esegetiche.



Esisterà qualcuno che ha già compreso....? per potercelo spiegare a noi povera plebe ignorante...

Polymetis, 10/11/2007 17.03:


“Potremmo cosi almeno sfatare un qualcosa noto come "Mistero della Trinità", finalmente svelato da un nuovo "profeta" di Dio.
Scriveva S.Agostino, nel libro Combattimento Cristiano, parlando anche della Trinità”


Non hai quotato il pezzo migliore. Lo copio-incollo io:"La fede nella Chiesa si esprime con somma brevità; in essa sono comprese le verità eterne che non possono ancora essere comprese dagli uomini carnali e le cose temporali passate e future che l’eterna divina Provvidenza ha fatto e farà per la salvezza degli uomini."
Polymetis, 10/11/2007 17.03:



Il sito di Achille non ha mai preteso di spiegare la Trinità in maniera che il suo mistero sia comprensibile all’uomo,


Di questo ne ero convinto senza andare a leggere i suoi articoli sull'argomento.
Polymetis, 10/11/2007 17.03:


anche perché la comprensione di una cosa non è rilevante per stabilire o meno la sua esistenza. Dio va ben oltre la nostra comprensione, ma questo non vuol dire che non esista. (O almeno, il mio Dio va oltre la mia comprensione, il Dio dei TdG è solo lo specchio dei sentimenti umani collocato in cielo, la loro teologia è antropologia)



Come al solito niente di nuovo. Una volta sentii una definizione di filosofia: "La filosofia è quella cosa con la quale e senza la quale una cosa rimane tale e quale".
E' in pratica la conclusione che traggo ogni qualvolta leggo un tuo scritto. Tante parole, nessuna certezza. Ciao



<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><>
Alla luce dei fatti, gli apostati delle nuove religioni non possiedono gli standard di
obiettività personale, competenza e comprensione informata richiesti a testimoni esperti.

Lonnie D. Kliever
10/11/2007 18:27
 
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“Esisterà qualcuno che ha già compreso....?”

Nessuno ha mai compreso Dio, se Dio fosse comprensibile, sarebbe la prova che non è Dio ma una proiezione della nostra mente. Ciò che si può dire di Dio è ciò che Dio stesso ci ha rivelato su di sé, il che ovviamente è solo qualcosa di parziale a allo portata dalla nostra mente.
Non credo che tu abbia colto cosa dice Agostino. L’autore dice che la fede della Chiesa pronuncia verità indicibili che non sono del tutto alla portata della ragione umana, perché ovviamente Dio è imperscrutabile. Questo non vuol dire che brancoliamo nel buoio o che, come disse Gesù alla samaritana, adoriamo ciò che non conosciamo. Sappiamo che Dio adorare, conosciamo la sua esistenza, ma quanto alla sua essenza, quella che viene definita “economia intratrinitaria”, cioè l’essenza di Dio prima della persone, è ovviamente al di là dell’umano intelletto.

“Come al solito niente di nuovo. Una volta sentii una definizione di filosofia: "La filosofia è quella cosa con la quale e senza la quale una cosa rimane tale e quale".”

Mi dispiace che tu la pensi così, perché la filosofia ha prodotto la problematizzazione dei dati di fatto che sembravano acquisiti, mandando avanti lo sviluppo della civiltà. Guardare le cose con banalità concettuale non manda avanti nessuno, la filosofia non si inchina davanti alle risposte già date ma alle nuove domande.
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Re:
Polymetis, 10/11/2007 18.27:

“Esisterà qualcuno che ha già compreso....?”

Nessuno ha mai compreso Dio, se Dio fosse comprensibile, sarebbe la prova che non è Dio ma una proiezione della nostra mente. Ciò che si può dire di Dio è ciò che Dio stesso ci ha rivelato su di sé, il che ovviamente è solo qualcosa di parziale a allo portata dalla nostra mente.


E non ti basta?
Polymetis, 10/11/2007 18.27:


Non credo che tu abbia colto cosa dice Agostino. L’autore dice che la fede della Chiesa pronuncia verità indicibili che non sono del tutto alla portata della ragione umana,


Questo lo dicono loro..
Polymetis, 10/11/2007 18.27:


perché ovviamente Dio è imperscrutabile.


Su questo non posso essere d'accordo. Romani 7:20-23 "Poiché le sue invisibili [qualità], perfino la sua sempiterna potenza e Divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, perché si comprendono dalle cose fatte, così che sono inescusabili; 21 perché, sebbene abbiano conosciuto Dio, non lo hanno glorificato come Dio né lo hanno ringraziato, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e il loro cuore senza intelligenza si è ottenebrato. 22 Benché asseriscano di essere saggi, sono divenuti stolti 23 e hanno mutato la gloria dell’incorruttibile Dio in qualcosa di simile all’immagine dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di cose striscianti."Non mi sembra che quello che dici corrisponda all'idea che i primi cristiani avevano di Dio
Polymetis, 10/11/2007 18.27:


Questo non vuol dire che brancoliamo nel buoio o che, come disse Gesù alla samaritana, adoriamo ciò che non conosciamo. Sappiamo che Dio adorare, conosciamo la sua esistenza, ma quanto alla sua essenza, quella che viene definita “economia intratrinitaria”, cioè l’essenza di Dio prima della persone, è ovviamente al di là dell’umano intelletto.

“Come al solito niente di nuovo. Una volta sentii una definizione di filosofia: "La filosofia è quella cosa con la quale e senza la quale una cosa rimane tale e quale".”

Mi dispiace che tu la pensi così, perché la filosofia ha prodotto la problematizzazione dei dati di fatto che sembravano acquisiti, mandando avanti lo sviluppo della civiltà. Guardare le cose con banalità concettuale non manda avanti nessuno, la filosofia non si inchina davanti alle risposte già date ma alle nuove domande.


La definizione della filosofia era solo un modo per dire quale difficoltà incontri una persona che si voglia avvicinare a Dio partendo dal presupposto che alla fine non capirà niente di Lui.
P.S. Visto che riesco a leggerti quando sei breve?



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Alla luce dei fatti, gli apostati delle nuove religioni non possiedono gli standard di
obiettività personale, competenza e comprensione informata richiesti a testimoni esperti.

Lonnie D. Kliever
10/11/2007 18:54
 
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Giovanni cap 4

22 Voi adorate ciò che non conoscete; noi adoriamo ciò che conosciamo



II Corinti cap 4:

3 Se, ora, la buona notizia che dichiariamo è infatti velata, è velata fra quelli che periscono, 4 fra i quali l’iddio di questo sistema di cose ha accecato le menti degli increduli, affinché la luce della gloriosa buona notizia intorno al Cristo, che è l’immagine di Dio, non risplenda [loro]. 5 Poiché noi predichiamo, non noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore, e noi stessi come vostri schiavi per amore di Gesù. 6 Poiché fu Dio a dire: “Rifulga la luce dalle tenebre”, ed egli ha rifulso nei nostri cuori per illuminar[li] con la gloriosa conoscenza di Dio mediante la faccia di Cristo.



Giovanni cap 17

3 Questo significa vita eterna, che acquistino conoscenza di te, il solo vero Dio, e di colui che tu hai mandato, Gesù Cristo.




Matteo cap 11:

25 In quel tempo Gesù prese la parola, dicendo: “Ti lodo pubblicamente, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai saggi e agli intellettuali e le hai rivelate ai bambini. 26 Sì, Padre, perché così ti è piaciuto fare. 27 Ogni cosa mi è stata consegnata dal Padre mio, e nessuno conosce pienamente il Figlio eccetto il Padre, né alcuno conosce pienamente il Padre eccetto il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.



Colossesi cap 2:

8 State attenti che qualcuno non vi porti via come sua preda per mezzo della filosofia e di un vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini, secondo le cose elementari del mondo e non secondo Cristo



II Corinti cap 10:

. 4 Poiché le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti mediante Dio per rovesciare cose fortemente trincerate. 5 Poiché noi rovesciamo i ragionamenti e ogni cosa alta innalzata contro la conoscenza di Dio; e conduciamo prigioniero ogni pensiero per renderlo ubbidiente al Cristo



[SM=x1408425]
10/11/2007 19:25
 
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“Su questo non posso essere d'accordo. Romani 7:20-2”

Se vuoi far sfoggio di ingenuità concettuale accomodati. In quel brano Paolo usa una banale argomentazione tipica della filosofia stoica, che non c’entra nulla con la comprensione intima dell’essenza di Dio, bensì con la dimostrazione della sua esistenza. Paolo dice che dal creato si può ricavare l’esistenza di un creatore, perché le perfezioni della natura rimandano ad un artefice perfetto. E’ un’inferenza metafisica basilare: se c’è un orologio, ci dev’essere un orologiaio. Se c’è un cosmo ordinato, ci dev’essere un ordinatore, se il cosmo è pieno di bellezza e bontà, Dio allora è buono, ecc. Questa inferenza, cioè “dall’opera capisci l’artefice”, ovviamente non ha nulla a che vedere con l’intimità dell’essenza divina. Quella è detta incomprensibile dalla Bibbia stessa: “Puoi tu scandagliare le profondità di Dio? arrivare a conoscere appieno l’Onnipotente? Si tratta di cose più alte del cielo... e tu che faresti? di cose più profonde dello sheol... come le conosceresti? La loro misura è più lunga della terra, più larga del mare.” (Gb 11,7-9)Sapere chi è il mio Dio non vuol dire che io possa comprenderlo. Come dice San Paolo in 1Cor 13 ora noi vediamo come in uno specchio antico di metallo, in maniera confusa e distorta, solo quando vedremo faccia a faccia comprenderemo perfettamente. Le citazioni che mi ha fatto Primula cadono nel medesimo equivoco concettuale. La filosofia quale vuoto inganno a cui si riferisce Paolo è quella che gli ha dato l’accoglienza all’Areopago, cioè i vani ragionamenti dei sofisi, di coloro che negano addirittura l’intelligibilità di Dio. Ma esiste un’altra filosofia, che Paolo non disdegna di usare e neppure di citare, quella che chiarifica i processi della conoscenza umana, della morale, quella cioè che conduce a Dio, e che, come dice una definizione medievale, è l’ancella della teologia.

“La definizione della filosofia era solo un modo per dire quale difficoltà incontri una persona che si voglia avvicinare a Dio partendo dal presupposto che alla fine non capirà niente di Lui.”

Ma chi ha mai detto una cosa simile? Ho forse mai detto che Dio è un ignoto di cui non so nulla? Ho semplicemente detto che è metarazionale.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
11/11/2007 08:51
 
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Re:
Polymetis, 10/11/2007 19.25:

“Su questo non posso essere d'accordo. Romani 7:20-2”

Se vuoi far sfoggio di ingenuità concettuale accomodati. In quel brano Paolo usa una banale argomentazione tipica della filosofia stoica, che non c’entra nulla con la comprensione intima dell’essenza di Dio, bensì con la dimostrazione della sua esistenza. Paolo dice che dal creato si può ricavare l’esistenza di un creatore, perché le perfezioni della natura rimandano ad un artefice perfetto. E’ un’inferenza metafisica basilare: se c’è un orologio, ci dev’essere un orologiaio. Se c’è un cosmo ordinato, ci dev’essere un ordinatore, se il cosmo è pieno di bellezza e bontà, Dio allora è buono, ecc. Questa inferenza, cioè “dall’opera capisci l’artefice”, ovviamente non ha nulla a che vedere con l’intimità dell’essenza divina. Quella è detta incomprensibile dalla Bibbia stessa: “Puoi tu scandagliare le profondità di Dio? arrivare a conoscere appieno l’Onnipotente? Si tratta di cose più alte del cielo... e tu che faresti? di cose più profonde dello sheol... come le conosceresti? La loro misura è più lunga della terra, più larga del mare.” (Gb 11,7-9)Sapere chi è il mio Dio non vuol dire che io possa comprenderlo. Come dice San Paolo in 1Cor 13 ora noi vediamo come in uno specchio antico di metallo, in maniera confusa e distorta, solo quando vedremo faccia a faccia comprenderemo perfettamente. Le citazioni che mi ha fatto Primula cadono nel medesimo equivoco concettuale. La filosofia quale vuoto inganno a cui si riferisce Paolo è quella che gli ha dato l’accoglienza all’Areopago, cioè i vani ragionamenti dei sofisi, di coloro che negano addirittura l’intelligibilità di Dio. Ma esiste un’altra filosofia, che Paolo non disdegna di usare e neppure di citare, quella che chiarifica i processi della conoscenza umana, della morale, quella cioè che conduce a Dio, e che, come dice una definizione medievale, è l’ancella della teologia.

“La definizione della filosofia era solo un modo per dire quale difficoltà incontri una persona che si voglia avvicinare a Dio partendo dal presupposto che alla fine non capirà niente di Lui.”

Ma chi ha mai detto una cosa simile? Ho forse mai detto che Dio è un ignoto di cui non so nulla? Ho semplicemente detto che è metarazionale.



METARAZIONALE: “LA POETICA METARAZIONALE”

Nell’espressione del linguaggio letterario Metarazionale, il momento poetico si contrappone a quello pragmatico, la vita quotidiana, realtà oggettiva e tangibile, è anche in grado di suscitare l’emozionalità umana; questa emozionalità , rappresenta il momento metarazionale vero e proprio.
Attraverso una ricerca psicoanalitica, appare chiaro che, le reazioni poetico/emozionali variano da individuo ad individuo, in ragione del proprio bagaglio retroculturale traumatico, accumulatosi, soprattutto, durante la fase di crescita adolescenziale.
In gran parte degli individui, però, si possono rilevare delle costanti/comuni sensibilità poetiche poiché, la società, in concerto con la natura, anche nel senso riproduttivo, producono già da sole delle "costanti traumatiche" in grado di influire sulla maggior parte degli individui, indipendentemente dall’ambiente nel quale essi si sono formati.


Hai ragione non è possibile che tu possa essere "capito" dalla plebe. [SM=x1408433] [SM=x1408433]



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Lonnie D. Kliever
11/11/2007 10:08
 
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Se cerchi definizioni a caso su Google non andremo avanti di molto. Quella è una definizione di poetica metarazionale, che corrisponde solo in parte alla definizione di metarazionale data in filosofia. Metarazionale, secondo la definizione di Locke, è ciò che va oltre la ragione ma non contro la ragione, altrimenti sarebbe irrazionale.

Ad maiora
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