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Pietro fu mai a Roma?

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2010 11:44
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25/07/2008 17:32
 
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Caro Poly,


Sul metodo di Heussi discute anche Cullmann, e si riassume in una riga: un’ipotesi ad hoc dietro l’altra, che ovviamente non si pone mai la pena di documentare



Non ho mai letto Heussi, ma Miegge e poi Papini mi pare che documentino ogni affermazione.


n storia le prove documentarie non esistono!



Ve beh, non esistono documenti che attestino quella tradizione prima di una certa epoca.


Perché banalmente è quella vera, ecumenica e più antica



Naturalmente vi possono essere altre spiegazioni, quella è quella considerata solo più probabile in mancanza di altre tradizioni, laddove l'episcopato è praticamente escluso dalla maggior parte degli storici.


La certezza storica non esiste in nulla. Ma perché parlo…



Appunto, per cui mi pare inutile la tua polemica verso altro tipi di orientamento storico e cristica.

Shalom

[Modificato da barnabino 25/07/2008 17:33]
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26/07/2008 09:35
 
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Caro Polymetis,

Ti prego di abbassare i toni nei confronti dei fratelli Battisti, grazie.


E come ripeto la presa di consapevolezza protestante del pregiudizio anticattolico su questa tesi risale a prima del Concilio



A dire il vero la discussione su Pietro a Roma e sul suo episcopato si accese nel XVIII col sorgere della critica storica: Gibbon, Eichhorn, Schleiermacher, FC Baur. Mi pare che attribuirla solo, o principalmente, a livore confessionale sia errato.


oggi nessun accademico con una cattedra (...) ritiene che San Pietro sia stato a Roma



Miegge non lavorava in nessuna università "sfigata" (ammesso che tali siano) ma insegnava esegesi biblica alla Facoltà valdese di teologia, fece conoscere Barth in Italia e ricevette diverse lauree ad honorem.


Che oggi sono assestate



Non mi pare che Miegge lo metta in dubbio, da dove lo deduci? E comunque si è assestata fondamentalmente sulle posizioni di Miegge: in mancanza di altre tradizioni rivali non si può escludere una tarda presenza di Pietro a Roma, ma si esclude con quasi assoluta certezza che sia stato vescovo di Roma.


LA fonte che ci dice che Pietro andò a Roma, è la stessa che usiamo per dire che il primo Vangelo è di Marco



Beh, insomma... le affermazioni di Papia sulla paternità petrina del vangelo di Marco sono considerate con non poco sospetto dalla critica e viste più che altro come un intento apologetico di dare un fondamento apostolico ad uno scritto che non si fregiava dal nome di nessun apostolo.


Babilonia invece non è plausibile, sia perché non era più il centro di un bel niente nel I secolo e il nuovo centro di potere era Roma, sia perché non c’è traccia di cristianesimo a Babilonia fino al III secolo



Guarda, dire che non era il "centro di un bel niente" mi pare affermazione un pò stupidotta, visto che ci tieni tanto all'accademia.

Nel I secolo Babilonia (con cui non dobbiamo forzatamente intendere la città storica) era uno dei massimi e più antichi centri del giudaismo, dove la presenza giudaica era molto numerosa, specialmente quello rabbinico dopo il 70. Sotto Erode (lui stesso di famiglia babilonese- giudaica) un babilonese fu nominato sommo sacerdote, a testimonianza dell'inflenza di quella potente comunità. Hillel, uno dei fondatori del rabbinismo, lasciò Babilonia per studiare con i maestri palestinesi Shemaiah e Avtalyon. Nel I secolo i giudei babilonesi avevano un loro governo centrale, un esilarcato, che pur con interruzioni durò a lungo.


gli Ebrei avevano abbandonato Babilonia e si erano trasferiti nella città di Seleucia



Vi rimasero per poco tempo, per altro a Seleucia, che era praticamente sempre nella regione di Babilonia, e conunque fecero ritorno a Babilonia dopo pochi anni. Per cui mi pare che questo sia un argomento pocos signifcativo per dimostrare che non vi fossero giudei in quell'area.


non c’è traccia di cristianesimo a Babilonia fino al III secolo



Questo non vuol dire che non vi fosse arrivata la predicazione nel I secolo e per diversi motivi non vi abbia attecchito. Gli Atti (2,9) enumerano tra i testimoni della Pentecoste anche parti, medi, elamiti e abitanti della Mesopotamia. Traduzioni parlano di una sede vescovile a Seleucia/Ctesifonte, nei pressi di Babilonia addirittura nel 37 stabilita da Taddeo.

E' vero, piuttosto, che non ci sono tradizioni su Pietro ma è interessante che tali chiese mantennero fino al V secolo un legame di dipendenza con Antiochia, dove sicuramente vi fu Pietro.


che per qualche oscuro motivo Pietro anziché predicare alla maggiore comunità della diaspora nell’impero si fosse recato a Babilonia



Babilonia, Alessandria e Roma erano le tre grosse comunità della diaspora giudaica, dunque che Pietro, che non parlava latino e probabilmente nemmeno un greco fluente, scegliesse Babilonia non mi pare una ipotesi campata in aria.


Questo è quello che intendevo ipotesi ad hoc. Non c’è nessuna argomentazione intono a questo



Che tra I e II secolo con il diffondersi delle eresia assistiamo ad uno sforzo delle chiese di porre il loro insegnamento sotto l'autorità di qualche apostolo o almeno discepolo di apostolo è un fatto. E che a Roma dopo Marcione potesse esserci un calo di stima nei confronti di Paolo, o comunque delle tensioni, è documentato.


Comunque l’accoppiata Pietro e Paolo riferita a Roma è ben più antica della crisi marcionita, salta già fuori in Ignazio e in Clemente (altro caso)?



Non direi, ma non è necessario spiegarlo con la presenza di Pietro e Paolo a Roma. E comunque Miegge non nega che in termini molto vaghi (non mi dire che l'Ascensione di Isaia sia chiara!) una tradizione sulla venuta e martirio di Pietro cominciasse a circolare già dall'inzio del II secolo.


poi quando fa comodo improvvisamente ne parla per allusioni ed Egesippo ci sarebbe cascato



Non è che ci sarebbe cascato. Egesippo fu a Corinto prima di andare a Roma, e poiché il suo intento era chiaramente apologetico (combattere le eresie e fortificare la fede nella successione apostolica) si servì dell'unico documento romano che potesse dargli occasione di confermare con un documento una tradizione che evidentemente cominciava già a circolare, interpretando come fa oggi ogni buon apologeta le allusioni di Clemente.

Tieni conto che in Egesippo ci sono frequenti incongruenze, per esempio Eusebio riporta la notizia (presa a Egesippo) che a Giacomo fratello di Gesù era permesso entrare nel santissimo...


E non banalmente perché, invece, era sul posto e dunque s’è documentato?



Anche questo è possibile.

Shalom



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26/07/2008 13:02
 
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Per Asgard

“Chiedo scusa, ma in queste parole non trovo una risposta diretta alla mia domanda.
Rielaboro la domanda: esistono prove attendibili che dimostrerebbero inconfutabilmente la presenza di Pietro a Roma?”

Continuare con queste domande prive di senso non fa altro che mostrare come tu non abbia colto la mia risposta, ergo ripeto: non appartiene allo statuto epistemico della storiografia antica la “dimostrazione” o l’esistenza di “prove inconfutabili”, stai facendo domande insensate per chiunque abbia frequentato dei corsi di metodologia storica antica. La dimostrazione, non esiste, non solo nelle scienze empiriche (Popper, Kuhn),

Per Barnaba

“ma Miegge e poi Papini mi pare che documentino ogni affermazione.”

Dunque li hai letti. Bene, ad ogni modo solo un antichista può discernere tra argomentazioni buone ed ipotesi ad hoc, perché conoscendo il resto dei problemi della storiografia antica capisce se qui si stia usando un metodo diverso.

“non esistono documenti che attestino quella tradizione prima di una certa epoca.”

1)Potremmo discutere un mese di cosa vuol dire “documento”, l’a-problematicità con cui usi certe parole è disarmante e aliena al dibattito accademico degli ultimi 40 anni su cosa sia fare storiografia.
2)Quanto a fonti, la risposta è fine I secolo. Il fr. Rainer e l’Ascensio Isaiae, coniugate e perfettamente quadrati coi riferimenti indiretti di Ignazio e Clemente, nonché del NT. Per negare queste cose bisogna per l’appunto costruire un teorema, perfettamente coerente, ma pur sempre un teorema di ipotesi ad hoc una meno argomentata dell’altra.

“ppunto, per cui mi pare inutile la tua polemica verso altro tipi di orientamento storico e cristica.”

Il fatto che non esistano le dimostrazioni non vuol dire che non esitano diversi gradi di probabilità nelle tesi. Ci sono modi diversi di argomentare. Non potremo mai essere certi che Pericle sia esistito, ma quale teorema bisognerebbe porre in piedi per negarlo!

“A dire il vero la discussione su Pietro a Roma e sul suo episcopato si accese nel XVIII col sorgere della critica storica: Gibbon, Eichhorn, Schleiermacher, FC Baur.”

Cioè la gente che, per l’appunto, in nome di quell’ipercriticismo ottocentesco, considerava metà o tutti i Vangeli favole, inutile dire che con lo stesso metodo demolvano metà dei manuali di storia del cristianesimo antico, Roma inclusa.

“Miegge non lavorava in nessuna università "sfigata" (ammesso che tali siano) ma insegnava esegesi biblica alla Facoltà valdese di teologi”

Non a caso io ho detto “oggi”, ho specificato che se volete continuare a rifarvi a gente rimasta nell’ottocento è affar vostro.

“E comunque si è assestata fondamentalmente sulle posizioni di Miegge: in mancanza di altre tradizioni rivali non si può escludere una tarda presenza di Pietro a Roma”

No, non è “non si può escludere”, bensì, come dice il GLNT (protestante) che è ben portatore di cosa pensi la comunità accademica da un pezzo: “la storicità della sua permanenza e del suo martirio in Roma non può più ormai essere messa in dubbio”(vol. II, pag 10-12)

“insomma... le affermazioni di Papia sulla paternità petrina del vangelo di Marco sono considerate con non poco sospetto dalla critica e viste più che altro come un intento apologetico di dare un fondamento apostolico”

Il sospetto c’è ovunque, ma io non stavo argomentando sul fatto che parte della critica le guardi con sospetto, bensì sul fatto che voi accettiate questo dato, e cioè la paternità marciana, ma poi neghiate la medesima fonte nel momento, e nelle stesse righe, in cui ci dice che Pietro era a Roma. Inoltre, come già detto, stai facendo un processo alle intenzioni, la solita ipotesi ad hoc. Trovare un movente per cui sarebbe potuta avvenire una falsificazione non vuol dire dover guardare quella fonte con sospetto, esattamente come oggi si è innocenti fino a prova contraria, e non bugiardi finché non si dimostra l’innocenza. Tu adotti i metodi dell’ipercritica ottocentesca solo quando ti fa comodo e non quando coi medesimi metodi si distrugge tutta la storicità dei Vangeli.

“Vi rimasero per poco tempo, per altro a Seleucia, che era praticamente sempre nella regione di Babilonia”

E da che fonte l’avresti evinto?

“Questo non vuol dire che non vi fosse arrivata la predicazione nel I secolo e per diversi motivi non vi abbia attecchito.”

Ipotesi ad hoc, io non discuto sul nulla.

“Gli Atti (2,9) enumerano tra i testimoni della Pentecoste anche parti, medi, elamiti e abitanti della Mesopotamia”

Sono ebrei, non cristiani.

“Traduzioni parlano di una sede vescovile a Seleucia/Ctesifonte, nei pressi di Babilonia addirittura nel 37 stabilita da Taddeo. “

O davvero, e a quando datano? E poi cosa c’entrano? S’è persa la memoria di Pietro a Babilonia e non quella di Taddeo a Seleucia? Ma che discorso è?

“Babilonia, Alessandria e Roma erano le tre grosse comunità della diaspora giudaica, dunque che Pietro, che non parlava latino e probabilmente nemmeno un greco fluente,”

Se la comunità ebraica di Babilonia sapeva l’armaico e/o l’ebraico, lo stesso si può dire di Roma. Ammesso che tu possa seriamente pensare che Roma e Babilonia possano competere.

“Che tra I e II secolo con il diffondersi delle eresia assistiamo ad uno sforzo delle chiese di porre il loro insegnamento sotto l'autorità di qualche apostolo o almeno discepolo di apostolo è un fatto”

L’ipotesi ad hoc non sta nel ritenere che la gente si richiamasse ad un apostolo, ma che questo richiamo sia inventato. Perché banalmente, davanti alla non apostolicità di Marcione, la gente s’è richiamata agli apostoli che gli avevano predicato una dottrina diversa. E poi, da capo, la Tradizione di Pietro morto a Roma, e di Pietro e Paolo accoppiati riferita a Roma, è precedente a Marcione.
Da ultimo, le lettere di Paolo nel cristianesimo sono state venerate quanto prima. Vorrei proprio sapere quale fonte antica documenterebbe il calo di stima verso Paolo.

“Non direi, ma non è necessario spiegarlo con la presenza di Pietro e Paolo a Roma”

"Non direi" il corno. Sia Clemente che Ignazio conoscono la coppia Pietro e Paolo, e sempre riferito a Roma. Come già detto semplicemente questo quadra con tutto il resto, e, come ci ricorda Cullmann, non si capisce proprio perché siano Pietro e Paolo in coppia, l’accoppiata non è per nulla canonica in questo secolo. Guarda caso si parla di morte, testimonianza come martirio, a Roma, e l’accoppiata è Pietro e Paolo. Il resto è pura speculazione. La necessità che tu invochi, come già detto, in storiografia non esiste, ergo ti pregherei di non continuare a renderti ridicolo palesando la tua assenza di metodologia.
Comunque l’unico fatto è questo: nessun accademico oggi mette più in dubbio la presenza di Pietro a Roma, questo è quanto. Se poi voi dilettanti allo sbaraglio, nella vostra illusione di aver capito qualcosa e di avere un’opinione sensata, pensate di poter continuare a cullarvi nella scientificità della WTS e del suo riciclo di opinioni retrò, è un vostro problema ( i problemi di chi cita, facendosi ridere dietro da tutti, libri in cui si dice in puro stile ottocentesco che metà del cristianesimo è di origine pagana, ovviamente citando solo le parti dove pagani sono gli insegnamenti cattolici e non tutto il resto del NT), il mondo va avanti anche senza il vostro parere, anzi è sempre andato avanti senza il vostro parere perché i TdG non esistono.

“non mi dire che l'Ascensione di Isaia sia chiara!)”

E che cos’è “chiaro” nelle fonti antiche? E soprattutto perché, ancora una volta, questo si inquadra con tutto il resto mentre su Babilonia non c’è assolutamente NULLA?
Si dice infatti in questo testo di fine I secolo che uno dei 12 è stato dato in mano a Nerone. Come già spiegato 1000 volte questa è l'ennesima prova che Pietro non può essere morto a Babilonia, perché la persecuzione di Nerone fu solo a Roma, non è una persecuzione su scala imperiale, bensì un tentativo di punire i cristiani di Roma per l'incendio. Inoltre ai tempi di Nerone l'impero romano a Babilonia non c'aveva neppure mai messo piede, dunque se una fonte del primo secolo ricorda che Pietro è stato ucciso da Nerone, non può che trattarsi di Roma. Si potrebbe obiettare che "uno dei 12" non è il nome “Pietro”, ma ciò è spiegabile dallo stile volutamente misterico dello stile apocalittico, e basta leggere il testo di Giovanni per avere dei raffronti: ditemi voi se trovate qualche riferimento diretto…. e tuttavia si riesce a capire di cosa stia parlando. Infatti chi mai altri potrebbe essere quell'uno dei 12 discepoli dato in mano a Nerone? Non può essere Paolo visto che non è uno dei 12 apostoli, e non c'è nessun altro apostolo che sia morto a Roma, o forse stai per dare una rivelazione anche su questo punto?

“una tradizione sulla venuta e martirio di Pietro cominciasse a circolare già dall'inzio del II secolo.”

E se circolava a inizio II secolo, non è forse perché banalmente è vera? Ma secondo voi i miti panecumenici nascono in 40 anni? Siamo nell’età apostolica, l’inchiostro dell’Apocalisse era ancora fresco e un’epistola attribuita a Pietro manco era stata scritta, ma a quando pare quella la prendete nel canone, mentre roba che a riferimenti ancora più antichi è respinta.

“) si servì dell'unico documento romano che potesse dargli occasione di confermare con un documento una tradizione che evidentemente cominciava già a circolare”

Ma in nome del cielo, è questa la filologia? Da dove nel testo di Egesippo avresti ricavato che la sua fonte è Clemente? Sai che ci sono dei metodi per determinare una cosa del genere, compresa la comparazione delle informazioni che i due documenti danno? E dove sarebbero non dico le prove, ma anche solo gli indizi, che la fonte di Egesippo sia Clemente? Comparazioni stilistiche, comparazioni di dati, niente?


Tieni conto che in Egesippo ci sono frequenti incongruenze, per esempio Eusebio riporta la notizia (presa a Egesippo) che a Giacomo fratello di Gesù era permesso entrare nel santissimo...”£

Ed Erodoto ci dice che il citaredo Arione si salvò da una nave in tempesta aggrappandosi al dorso di un delfino, ma non per questo le Guerre persiane non sono avvenute, ti pare? Ma che tipo di argomentazione assurda stai usando? Dobbiamo usare il “falso in uno falso in tutto”? Vuoi darmi altre prove di non essere un antichista? Ma esiste secondo te un qualsiasi storico antico in cui non ci sia una notizia per noi incredibile? E secondo te si possono usare queste argomentazioni per demolire la credibilità di quello storico ogni volta che lo si usa contro di noi? Ma si può sapere come lavori?





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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
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26/07/2008 13:05
 
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Continuare con queste domande prive di senso non fa altro che mostrare come tu non abbia colto la mia risposta, ergo ripeto: non appartiene allo statuto epistemico della storiografia antica la “dimostrazione” o l’esistenza di “prove inconfutabili”, stai facendo domande insensate per chiunque abbia frequentato dei corsi di metodologia storica antica. La dimostrazione, non esiste, non solo nelle scienze empiriche (Popper, Kuhn),



Mi bastava anche un semplice no! [SM=g8121]
26/07/2008 14:09
 
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"Mi bastava anche un semplice no"

Il "no" presupporrebbe che la tua richiesta sia sensata.
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Re:
Polymetis, 26/07/2008 14.09:

"Mi bastava anche un semplice no"

Il "no" presupporrebbe che la tua richiesta sia sensata.



Mentre i raggiri di parole presuppongono che non si sa cosa rispondere, ma si cerca comunque di dare una risposta con stile, per non fare brutte figure!!!


26/07/2008 15:11
 
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"Mentre i raggiri di parole presuppongono che non si sa cosa risponder"

Ma io ti ho risposto, e cioè che né nella storiografia né nelle cosiddette scienze empiriche le prove esistono più da dopo gli anni quaranta, all'incirca (non a caso si è passati dal verificazionismo alla falsificabilità popperiana). Dopo la crisi dei fondamenti della matematica nel novecento non si può più neppure dimostrare che 2+2 faccia quattro, e tu mi vieni a chiedere "prove" in storiografia? L'epistemologia di una disciplina sai cos'è? Come ripeto chiedere qualcosa di "inconfutabile" o "prove", "dimostrazioni", vuol dire non aver chiaro un quadro dell'ermeneutica e dell'epistemologia novecentesca, essere fuori dal dibattito culturale accademico, sapere di storia e di metodo storico dalla Torre di Guardia anziché dai manuali universitari. Ma, ad essere precisi, anche la categoria di "storia" è in crisi da circa 120 anni (Nietzsche docet), è solo un façon de parler.

Ad maiora





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26/07/2008 16:02
 
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Caro Polymetis,


ad ogni modo solo un antichista può discernere tra argomentazioni buone ed ipotesi ad hoc



Abbiamo già discusso questa cosa decine di volte. Miegge e Papini mi sembrano nomi di cui ci possiamo fidare, tanto più che il tetso di Papini è stato rivisto da Redaliè e Corsano.


Per negare queste cose bisogna per l’appunto costruire un teorema, perfettamente coerente, ma pur sempre un teorema di ipotesi ad hoc una meno argomentata dell’altra.



Non sono d'accordo. Sono tutte fonti che di per sé attestano poco e niente. Si tratta di allusioni che possono essere variamente interpretate e prendono forza solo per l'esistenza di una tradizione successiva senza apparentemente alcuna rivalità.


non vuol dire che non esitano diversi gradi di probabilità nelle tesi.



Nessuno lo mette in dubbio, sei ti quello dogmatico verso le tesi di Miegge.


Cioè la gente che, per l’appunto, in nome di quell’ipercriticismo ottocentesco, considerava metà o tutti i Vangeli favole



Comunque filologi, magari ipercritici ma comunque non fu nell'ambiente teologico che si svilupparono le perplessità più forti, a differenza di quanto avevi insinuato.


Non a caso io ho detto “oggi”



Non mi pare che negli anni sessanta la Valdese fosse un covo si sfigati stupidotti, pronti a credere o produrre tesi prive di valore scientifico.


No, non è “non si può escludere”,



Pareri diversi, evidentemente... il GLNT non è poi troppo più recente di Miegge. Possibile che ti sua tanto difficile accordare dignità a tesi diverse dalle tue?


bensì sul fatto che voi accettiate questo dato, e cioè la paternità marciana



Voi chi? Non mi risulta che Miegge sostenga la paternità marciana in base alle dichiarazioni di Papia, o comunque esclusivamente in base a quelle. Anzi, a quanto pare Papia sembra attribuire a Marco sola compilazione del vangelo e la paternità a Pietro.


Tu adotti i metodi dell’ipercritica ottocentesca solo quando ti fa comodo e non quando coi medesimi metodi si distrugge tutta la storicità dei Vangeli



Io non adotto nulla. Nel caso di Pietro a Roma osservo solo che Miegge è scettico circa l'interpretazione delle fonti che porta alle conclusioni a cui (e Miegge lo riconosce) erano arrivati la maggior parte di suoi colleghi.

Manifestare questo scetticismo significa "adottare l'ipercritica ottocentesca" da parte di Miegge??? Mah...


E da che fonte l’avresti evinto?



Dallo stesso Giuseppe Flavio. Tanto più che Seleucia in realtà era solo una "Babilonia" greca, la Babilonia Seleucide, vista la vicinanza con la Babilonia storica. Se con "Babilonia" intendiamo la zona babilonese abitata dai giudei Pietro poteva benissimo trovarso a Seleucia.

In tutti i casi, affermare che Babilonia, in senso ampio, era una città "desolata" o che non ci fosse alcuna importante comunità giudaica è assolutamente scorretto.


Ipotesi ad hoc, io non discuto sul nulla



Non stiamo dicutendo sul "nulla", ma sulla dichiarazione di Pietro di scrivere da Babilonia. E' possibile che si trovasse in Mesopotamia o no? Non diventre inutilmente polemico.


Sono ebrei, non cristiani.



Poiché qual giorno si battezzarono circa 3000 anime è possibilissimo che alcuni di quelli provenienti dalle località specificate da Luca siano divenuti credenti, e così Luca spieghi anche l'origine del cristianesimo in quelle aree. altrimenti perchè citare proprio quelle località e non altre?


Ma che discorso è?



Serve solo a chiarire che non è certo che il cristianesimo fosse assente in quell'area fino a III secolo.


Se la comunità ebraica di Babilonia sapeva l’armaico e/o l’ebraico, lo stesso si può dire di Roma. Ammesso che tu possa seriamente pensare che Roma e Babilonia possano competere



L'aramico era di gran lunga più diffuso in quell'area, e in quanto a Babilonia la comunità giudaica era certamente più grande, antica e potente di quella romana, e per di più avevano costanti rapporti con Gerusalemme. A Roma i giudei giunsero verso il 60 aEV mentre a Babilonia erano una presenza secolare.

Se Pietro doveva predicare a dei Giudei ci si aspetterebbe che si recasse proprio a Babilonia.


L’ipotesi ad hoc non sta nel ritenere che la gente si richiamasse ad un apostolo, ma che questo richiamo sia inventato



Nessuno parla di "inventato". Siamo nel I secolo e come non vi era problemi ad attribuire scritti a questo o quell'apostolo, perchè scritti magari da un suo discepolo o seguendo il suo stile, lo stesso può benissimo essere accaduto per quanto riguarda la presenza di un apostolo in una città, magari rifacendosi a fonti ambigue, come gli sritti apocalittici dell'Ascensione oppure alla lettera di Clemente.


la Tradizione di Pietro morto a Roma, e di Pietro e Paolo accoppiati riferita a Roma, è precedente a Marcione



Pietro e Paolo accopiati non richiede necessariamente la loro presenza nella stessa città. E la tradizione dell'Ascensione sinceramente è troppo generica, persino Gnilka dice che non si parla esplicitamente di Pietro.

Di fatto la propensione di Marcione a vampirizzare Paolo, che sicuramente fu a Roma (non trovi strano tanti chiari riferimenti a Paolo e solo oscure allusioni a Pietro prima del 150?) richiedevano di richiamarsi anche alla tradizione giudaica, che rimeneva forte a Roma, e poteva essere ben rappresentata da Pietro.


"Non direi" il corno. Sia Clemente che Ignazio conoscono la coppia Pietro e Paolo, e sempre riferito a Roma



Ma nessuno dei due fa nessun chiaro cenno alla presenza di Pietro a Roma, laddove invece si fa riferimento in dettaglio a Paolo e alla sua morte.


Comunque l’unico fatto è questo: nessun accademico oggi mette più in dubbio la presenza di Pietro a Roma, questo è quanto



Ti ripeto, di questo Miegge era perfettanente cosciente. Semplicemente ritiene, dal suo punto di vista, doveroso di riaprire il capitolo da un punto di vista non teologico (Miegge lo ripete un sacco di volte, per quanto ricordo) ma storico.


il mondo va avanti anche senza il vostro parere, anzi è sempre andato avanti senza il vostro parere perché i TdG non esistono



Hai detto bene, i cristiani non fanno parte del mondo. Così come Gesù per il mondo colto della sua epoca non esisteva anche noi non ambiamo alla gloria di questo mondo. Vogliamo solo capire come stanno le cose.


Si dice infatti in questo testo di fine I secolo che uno dei 12 è stato dato in mano a Nerone



Non si dice chi sia. Il riferimento è troppo generico e vago, e lo interpretiamo solo a posteriori. Che cosa vuol dire poi "è dato in mano" a Nerone? Può voler dire mille cose, imprigionato, esiliato o ucciso. Harnack, che pure è difensore della tesi positiva, nega che questa frase era riferita al martirio di Pietro e per Zeller si riferirebbe all'esilio di Giovanni.


E se circolava a inizio II secolo, non è forse perché banalmente è vera?



E' una possibilità che Miegge non esclude, ma deve essere valutata anche in base all'assenza di riferimenti nel NT e al fatto che solo dalla seconda metà del II secolo ci siano riferimenti espliciti.


Da dove nel testo di Egesippo avresti ricavato che la sua fonte è Clemente?



Egesippo dice di essere stato molto tempo a Corinto prima di essere a Roma. Mi pare evidente che fosse venuto a conoscenza della lettera di Clemente che ai fini della sua missione a Roma poteva essere utile per provare l'apostolicità di quella chiesa.


Dobbiamo usare il “falso in uno falso in tutto”?



No di certo, però visto che è la prima fonte esplicita dobbiamo prenderla con le dovite cautele.

Shalom









[Modificato da barnabino 26/07/2008 17:05]
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26/07/2008 22:52
 
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Re:
Asgardiano, 7/24/2008 5:41 PM:

Quando 5 anni fa andai al Vaticano, c'era una guida che ci accompagnava durante la visita alle tombe dei papi.
Gli chiesi quali prove storiche esistessero a dimostrazione della presenza di Pietro a Roma, la sua risposta fu: nessuna prova certa, l'unico documento è uno scritto apocrifo del III secolo. Comunque, credere nella presenza di Pietro a Roma è fondamentalmente un atto di fede.

Ora, vorrei sapere da Polymetis: Quali sono le prove storiche che dimostrerebbero la presenza di Pietro a Roma?



Un'altra dogma [SM=x1408436]
27/07/2008 01:13
 
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“Miegge e Papini mi sembrano nomi di cui ci possiamo fidare”

E, da quello che ho capito, Miegge non nega la presenza di Pietro a Roma. Quando a Papini

“Sono tutte fonti che di per sé attestano poco e niente.”

Sono tutte fonti che convergono e si incastrano su Roma sin dal I secolo.

“i tratta di allusioni che possono essere variamente interpretate”

Si va da allusioni in Ignazio e Clemente, ma che sono già molto vista la miseria che c’è rimasta della patristica del I secolo, a riferimenti ben più netti sempre a fine I secolo (fr. Rainer e Ascensio Isaie), a varie fonti nel II secolo. Su Babilonia invece il nulla.

“sei ti quello dogmatico verso le tesi di Miegge”

Ma io non ho detto che ho la dimostrazione che Pietro sia andato a Roma, o detto che a non credervi siete rimasti solo voi, e dunque potete cullarvi nella vostra bambagia ottocentesca col mondo accademico che ormai è altrove.

“Comunque filologi, magari ipercritici ma comunque non fu nell'ambiente teologico che si svilupparono le perplessità più forti, a differenza di quanto avevi insinuato.”

La negazione di Pietro a Roma nasce in ambito teologico, che poi l’ipercritica ottocentesca vi abbia dato corda nella sua volontà di negare tutto il cristianesimo primitivo è un altro paio di maniche. La radice teologica, per la precisione, è la riforma protestante, Lutero. Nessuno per sedici secoli aveva mai dubitato nulla, poi arrivarono i pamphlets dei protestanti all’alba della riforma. Qui la filologia tedesca ottocentesca, quella malata, non c’entra ancora.

“Non mi pare che negli anni sessanta la Valdese fosse un covo si sfigati stupidotti, pronti a credere o produrre tesi prive di valore scientifico.”

Come già detto non mi interessa se fossero sfigati o scemi, non lo erano neppure quei filologi dell’ottocento da me citati. Semplicemente quella tesi oggi è out, infatti nel mondo accademico non è più attestata. L’intelligenza di quegli autori non c’entra nulla, semplicemente erano nati nell’ottocento, e anche Miegge lo era, motivo per cui s’erano formati sotto un’altra temperie culturale, quella dell’anticattolicesimo ad ogni costo, cosa ovviamente identica anche dall’altro lato della barricata: antiprotestantesimo ad ogni costo. Figli della stagione della critica disgregatrice e malata, oggi invece, memori delle iperboli del passato, ci si assesta sulla ragionevolezza.

“il GLNT non è poi troppo più recente di Miegge. Possibile che ti sua tanto difficile accordare dignità a tesi diverse dalle tue?”

Potevano avere dignità quando furono scritte, oggi è roba da outsider.

“Voi chi? Non mi risulta che Miegge sostenga la paternità marciana in base alle dichiarazioni di Papia,”

Non è Miegge che sostiene la paternità marciana sulla base di Papia, è CHIUNQUE che sostiene la paternità marciana sulla base di Papia, perché è la fonte antica che per prima ci dice di chi è quel Vangelo. O credi forse che nel Vangelo di Marco ci sia scritto che è stato scritto da Marco?

“Manifestare questo scetticismo significa "adottare l'ipercritica ottocentesca" da parte di Miegge???”

Esattamente, perché nello scrivere un manuale di storia della Chiesa ci si accontenta di molto meno. Ad esempio, da dove ricavi che il Vangelo di Giovanni sia opera di Giovanni? La prima fonte è DI FINE SECONDO SECOLO, Ireneo. Invece qui, una molteplicità di fonti ben più antiche, vengono snobbate.

“Dallo stesso Giuseppe Flavio.”

Ovviamente ci dirai il passo in cui hai letto che tornarono subito.

“Tanto più che Seleucia in realtà era solo una "Babilonia" greca”

E questo uso semantico di Seleucia per Babilonia dove sarebbe attestato?

“E' possibile che si trovasse in Mesopotamia o no? Non diventre inutilmente polemico.”

Certo che è possibile, come è possibile che Omero sia vissuto nel Mar Baltico. Semplicemente è poco plausibile.

“Poiché qual giorno si battezzarono circa 3000 anime è possibilissimo che alcuni di quelli provenienti dalle località specificate da Luca siano divenuti credenti,”

Ovviamente ipotesi ad hoc letta da nessuna parte. Anche perché Babilonia nell’elenco non c’è, si dice “mesopotamia”, ergo altra ipotesi ad hoc che, tra le città mesopotamiche, sia babilonese chi parla.

“così Luca spieghi anche l'origine del cristianesimo in quelle aree. altrimenti perchè citare proprio quelle località e non altre?”

Veramente cita tutte le aree del mondo che gli vengono in mente per dire che il messaggio è stato annunziato a tutti gli ebrei, di ogni regione.

“Serve solo a chiarire che non è certo che il cristianesimo fosse assente in quell'area fino a III secolo.”

Ma non c’è alcuna ragione di ipotizzare qualcosa su cui non c’è un solo indizio. Come ripeto tu devi costruire un teorema di ipotesi suffragate dal nulla.
1)Inventare una comunità ebraica che in quel momento stava a Seleucia.
2)Inventare un viaggio che non ha nessuna attestazione.
3)Inventare una comunità cristiana sparita nel nulla, comunità che già a inizio II secolo non saprebbe rivendicare la morte di Pietro, visto che la Tradizione a Roma è attestata già in quel periodo.
Tutto ciò come ripeto è il capolavoro dell’incoerenza. Si accetta ad esempio che la II lettera di Pietro sia davvero di Pietro quando a dircelo sono fonti che risalgono solo a fine II secolo, mentre quando fonti, e più d’una, più antiche, ci dicono che fu a Roma, questo si nega.

“L'aramico era di gran lunga più diffuso in quell'area, e in quanto a Babilonia la comunità giudaica era certamente più grande, antica e potente di quella romana, e per di più avevano costanti rapporti con Gerusalemme.”

Ma cosa stai dicendo? Mi spieghi da dove avresti evinto che la comunità giudaica di Babilonia fosse più grande di quella di Roma, con tanto di “certamente”? Ma in quale etnografo o antichista avresti letto una cosa simile?

“Siamo nel I secolo e come non vi era problemi ad attribuire scritti a questo o quell'apostolo, perchè scritti magari da un suo discepolo o seguendo il suo stile”

Ma chissà perché invece, fonti molto più tarde, bastano per attribuire il Vangelo di Giovanni, quello di Luca, II Pietro, e, proprio la fonte che dà l’attribuzione di Marco e Matteo, viene rigettata nelle medesime righe in cui parla di quest’attribuzione insieme al soggiorno romano. E comunque, cosa c’entra l’attribuzione pseudo-epigrafa con l’inventarsi un soggiorno? E poi, perché a Roma e non altrove?

“Pietro e Paolo accopiati non richiede necessariamente la loro presenza nella stessa città. “

Non ho detto che nei testi in cui sono accoppiati si dice che siano stati a Roma, ma che, guarda caso, i testi in cui sono accoppiati, sono di matrice romana. E’ solo un altro pezzo del puzzle, dove “tout se tien”, al contrario delle tue fonti uguali a ZERO e del tuo teorema che devi tirare in piedi per mandare in altre direzioni con un’ipotesi ad hoc dietro all’altra tutte le fonti che puntano verso Roma. Ignazio che dice, AI ROMANI, “io non vi do ordini come Pietro e Paolo”. Non conclusivo? Verissimo. Ma perché solo a Roma non dà ordini, mentre in qualsiasi altra comunità né dà? E perché cita proprio in accoppiata Pietro e Paolo visto che Pietro non ha scritto nessuna lettera ai Roma? Perché non “Paolo e Giovanni”, o qualunque altro apostolo? Perché Pietro è legato a Roma? Ignazio, se scrive ad una comunità apostolica, ricorda l’apostolo legato ad essa, esempio agli Efesini (Eph. 12,2), mentre nelle comunità di fondazione non apostolica, non avendo apostoli da citare, non parla di loro. A Roma, guarda caso, cita Pietro e Paolo…
E anche Clemente, perché per parlare di coloro che sono stati da esempi nella fede, e parlando di martirio, guarda caso cita ancora in coppia “Pietro e Paolo”? Se, come dicono i TdG, Pietro non è il principe dei dodici ma un apostolo come un altro, come si spiegano queste coincidenze? Coincidenze a cui si aggiungono, come ripeto, non solo Egesippo, e il fatto che il suo racconto di un Vangelo romano sia perfettamente credibile viste le caratteristiche del Vangelo marciano, ma per l’appunto le altre fonti del I secolo, l’Ascensio Isaiae e il fr. Rainer. Questa è una clamorosa serie di indicatori che tenti di svilire con delle cervellotiche ipotesi ad hoc a cui non si può rispondere perché sono argomentate col solo “è possibile che”, la metodologia storica dei dilettanti.
Il Nt, come tutti sanno, quando parla di Babilonia ha in mente Roma (e mi riferisco ai commentari biblici scritti da gente con una cattedra). Babilonia è infatti una metropoli, è definita “Babilonia la grande città”, che siede sui sette colli (Ap 17,9). Anche qui, dopo decenni di negazioni inutili, finalmente, raccolte tutte le argomentazioni dei pareri discordanti, il mondo accademico ha capito da dove penda l’ago della bilancia e negli ultimi anni la designazione di Roma=Babilonia è parte del consenso comune. Se poi voi non sapete cosa sia la dimensione dell’aggiornamento e pensate che citare una rivista degli anni ottanta equivalga a citare gli studi attuali è un vostro problema, scambiereste la plurivocità di voci del mondo accademico con il filo rosso che invece è chiramente distinguibile in mezzo al chiasso.

“E la tradizione dell'Ascensione sinceramente è troppo generica, persino Gnilka dice che non si parla esplicitamente di Pietro”

Ma cosa vuol dire “esplicitamente”? E’ un testo apocalittico. Il fatto che non ci sia il nome, cosa del tutto ovvia se si confronta con l’Apocalisse di Giovanni che è tutta un simbolo, non vuol dire che Gnilka non sia convinto, insieme a tutto il consensus omnium bonorum, che dietro a tutte le allusioni ci sia Pietro, e lo so perché quel libro l’ho letto. “Quando, in un siffatto contesto, si menziona uno dei dodici apostoli, non può trattarsi che di Pietro. Se il nome Pietro non viene datto esplicitamente ciò è dovuto allo stile apocalittico che procede per riferimenti indiretti. “Dato in mano a qualcuno” è una formulazione già abbastanza minacciosa; ma se è la mano di un matricida quella in cui si cade, può trattarsi solo del peggio.”(Gnilka, Pietro e Roma, pag 115)

“Di fatto la propensione di Marcione a vampirizzare Paolo, che sicuramente fu a Roma (non trovi strano tanti chiari riferimenti a Paolo e solo oscure allusioni a Pietro prima del 150?”

C’è una lettera di San Paolo ai Romani, e gli Atti li ha scritti il collaboratore di Paolo, niente di strano.

“Semplicemente ritiene, dal suo punto di vista, doveroso di riaprire il capitolo da un punto di vista non teologico”

L’ha riaperto 50 anni fa ed era retrò già allora, voi oggi, chi potete citare dalla vostra? Nessuno che abbia una cattedra come ripeto, la vostra tesi è out. Non mi interessa dimostrarti che ho ragione, io non credo alle dimostrazioni, voglio solo toglierti dalla testa l’illusione che tu stia adottando una tesi con qualche credibilità accademica.

“Non si dice chi sia. Il riferimento è troppo generico e vago, e lo interpretiamo solo a posteriori. Che cosa vuol dire poi "è dato in mano" a Nerone? Può voler dire mille cose, imprigionato, esiliato o ucciso. Harnack, che pure è difensore della tesi positiva, nega che questa frase era riferita al martirio di Pietro e per Zeller si riferirebbe all'esilio di Giovanni.”

E’ il culmine. Chi altro avrebbe ucciso/imprigionato Nerone tra i dodici a parte Pietro, me lo dici? Che rivelazione vuoi darci? Fu Taddeo, Matteo, o chi altro tra i dodici? Si parla di Nerone, ergo della comunità di Roma, quale altro apostolo dei dodici sarebbe stato ucciso a Roma (giacché come ricordo la persecuzione neroniana non fu su scala imperiale ma solo romana)? E poi, Giovanni??? Giovanni era ancora vivo quando Nerone stava nella tomba da tre decenni, non è mai stato a Roma, è stato prigioniero a Patmos e non in Italia, la persecuzione che subì non fu quella neroniana ma quella domizianea. Ergo ripeto, come può essere qualcuno fuori che Pietro?
Altro pezzo del puzzle, il fr. Rainer di I primo secolo: “Ecco, o Pietro, ti ho rivelato e spiegato tutto. Ora va nella città della prostituzione e bevi il calice che ti ho promesso dalle mani del Figlio di clui che si trova nell’Ade. Così la sua distruzione avrà inizio, ma tu sarei invece degno della promessa”(la citazione è da Gnilka, pag 115).
Tutto ciò, inutile dire, si incastra perfettamente con l’Ascensio Isaiae, si parla di una persecuzione romana(la città della prostituzione) di Pietro, ad opera dell’imperatore (il Figlio di colui che si trova nell’Ade). Non a caso queste designazioni sono le stesse di Babilonia la Grande dell’Apocalisse, ma non c’era bisogno di dirlo, tutto si incastra alla perfezione. Al contrario del tuo teorema che si basa su testi pari a zero e su una serie di ipotesi ad hoc che tentano di dare ragione di questa concatenazione inspiegabile. Come commenta Gnilka: “Effettivamente il frammento collima col testo trattato sopra (l’Ascensio N.d.R.) nel collegare nello stesso discorso Nerone, Pietro e l’orizzonte escatologico: Nerone ha i connotati dell’Anticristo(cf. 2Ts 2,3.8); il martirio romano è espresso in termini non equivocabili: la città della prostituzione è Roma, il calice è l’immagine della morte violenza (cf Mc 10,39 par.). Importante è anche la concetrazione su Pietro che contraddistingue questa tradizione. Essa è più antica di quella che pone Pietro e Paolo in parallelo. Dovrebbe essere sorta come tradizione autonoma: essa ci diviene accessibile verso gli anni 90 del I secolo, cioè tren’anni dopo gli eventi. Questa distanza cronologica relativamente breve garantisce l’attendibilità del martirio romano di Pietro. In questa medesima decade rientra la composizione della I lettera di Clemente, della piccola apocalisse contenuta dell’Ascensione di Isaia, dell’Apocalisse di Giovanni e anche del testo contenuto nel fr. Rainer” (Gnilka, op. cit, pagg. 115-116)

“a deve essere valutata anche in base all'assenza di riferimenti nel NT”

Non c’è nessun silenzio nel NT, tutto in quel testo e nella letteratura coeva apocalittica giudaica ci dicono che Babilonia è un nome di Roma, perché era lei la nuova persecutrice. Questo ovviamente di per sé sarebbe solo un indizio, ma come ripeto si incastra con tutto il resto, con tutte le fonti esaminate. Su Babilonia in Mesopotamia invece abbiamo lo zero più assoluto.

“Egesippo dice di essere stato molto tempo a Corinto prima di essere a Roma. Mi pare evidente che fosse venuto a conoscenza della lettera di Clemente”

Fosse anche venuto a conoscenza della lettera di Clemente, in quella lettera non è riportato quello che dice Egesippo, che invece stende una completa serie di successori di Pietro fino ad allora, e dunque si documentò in loco. Per questo dico che quando un filologo deve provare la dipendenza di un testo dall’altro deve far notare moduli stilistici o informazioni, o modi di strutturare le informazioni, che siano presenti in due testi e ne mostrino la genesi uno dell’altro. Quei due testi trattano di Pietro sotto aspetti troppo diversi, e qualsiasi dipendenza è una pura ipotesi da respingere con tutta la gratuità con cui viene proposta.
Inoltre, se c’era recato a Corinto solo mentre era di passaggio per Roma, è evidente che già prima di passare a Corinto aveva un motivo per recarsi a Roma, e cioè voler registrare la successione apostolica migliore dell’impero in quanto di matrice petrina. Ma poi, renditi conto della faccia tosta: neghi che Clemente parli del soggiorno di Pietro a Roma, ma devi supporre però che per Egesippo invece il testo di Clemente parlasse di tale soggiorno, e infatti l’avrebbe ricavato da lì.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
27/07/2008 15:18
 
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Caro Polymetis,


E, da quello che ho capito, Miegge non nega la presenza di Pietro a Roma



Infatti, l'ammette come possibilità, benché dopo lanalisi delle fonti sia scettico rispetto gli eccessivi entuasiasmi verso la tesi positiva espressa dalla maggior parte degli storici suoi contemporanei.


Sono tutte fonti che convergono e si incastrano su Roma sin dal I secolo



Sicuramente, ma nessuna di esse è espicita e tutte sono variamente interpretabili. Come ho detto questo è piuttosto strano rispetto al caso, per esempio, di Paolo dove le fonti sono invece fin dal principio assai esplicite.


ma che sono già molto vista la miseria che c’è rimasta della patristica del I secolo



Miseria su fatti attestati solo quasi un secolo dopo... come detto sopra le "misere" fonti del I-II secolo sembrano piuttosto dettagliate per quanto riguarda, per esempio, la presenza di Paolo a Roma. Che su Pietro, invece, vi siano solo ambigue allusioni mi pare significativo, se i due furono davvero entrambi a Roma. Se Pietro davvero vi andò la sua presenza deve essere stata piuttosto fugace.


riferimenti ben più netti sempre a fine I secolo (fr. Rainer e Ascensio Isaie)



Ah beh... se per te l'Ascensio Isaie (variamente datata) è un riferimento "netto" siamo a posto. Non si fa neppure il nome di Pietro! Anche Gnilka dice che non si fa parla esplicitamente della morte violenta di Pietro.


Su Babilonia invece il nulla



Infatti ci si basa per lo più su questo argomento negativo per negare che il riferimento a "Babilonia" della I Pt non indichi Roma. Ma l'assenza di tradizioni non esclude automaticamnete l'assenza di Pietro da Babilonia.


o detto che a non credervi siete rimasti solo voi, e dunque potete cullarvi nella vostra bambagia ottocentesca col mondo accademico che ormai è altrove



Io come Miegge mi limito ad analizzare le fonti, e gli argomenti negativi non colmano l'assenza di un solido fondamento storico e non bastano a trasformare una possibilità in certezza storica.


La negazione di Pietro a Roma nasce in ambito teologico



E comunque è nell'ambito filologico che il dibattito si sviluppa e si inasprise. Non sono giudizi teologici quelli dei filologi ma scientifici, malati o meno non importa.


Semplicemente quella tesi oggi è out, infatti nel mondo accademico non è più attestata



Questo non la rende errata o antiscientifica o priva di valore.


semplicemente erano nati nell’ottocento, e anche Miegge lo era, motivo per cui s’erano formati sotto un’altra temperie culturale, quella dell’anticattolicesimo ad ogni costo,



Miegge, che sospettare di anticattolicesimo mi pare davvero offensivo, usa tutta l'introduzione per spiegare che le sue tesi non hanno nulla di confessionale e non sono mosse da livori anticattolici.


Potevano avere dignità quando furono scritte, oggi è roba da outsider



Dunque ne fai solo una questione di "moda culturale", ma in realtà non abbiamo nessun motivo valido per escludere che Pietro sia stato a Roma. O almeno per ora non si è capito perchè dovremmo accettarlo come certezza quasi assoluta quando non c'è fino alla seconda metà del II secolo alcuna fonte che ne attesti la presenza.


è CHIUNQUE che sostiene la paternità marciana sulla base di Papia



Ma Papia non sostiene la paternità marciana, ma petrina.


nello scrivere un manuale di storia della Chiesa ci si accontenta di molto meno



Infatti si parla sempre di possibilità e non di certezze storiche (o qualsi) ed inoltre ciascuna tradizione va valutata di per sé, non possiamo accettare o rifiutare in blocco tutte le tradizioni. Sarebbe un discorso senza senso.

A mio avviso la tradizione di Pietro a Roma non è dovutamente attestata rispetto a quella coeva di Paolo. Questo mi parta a sospettare.


Ovviamente ci dirai il passo in cui hai letto che tornarono subito



E perché mai? Si tu che hai citato Giuseppe Flavio, perfino in "nota" e dovresti avere sufficiente dimistichezza con la sua opera per sapere che i giudei trasferiti rimasero a Seleucia per pochi anni.


E questo uso semantico di Seleucia per Babilonia dove sarebbe attestato?



Con Babilonia ci si poteva semplicemente riferire alla regione di Babilonia con le sue numerose città, che erano tutte nell'area della vecchia satrapia di Babilonia. Comunque la presenza di giudei nell'area è attestata molto chiaramente, e dopo il 70 gli ebrei si rifugiarono a Babilonia, qualunque città della zona essa indicasse.


Certo che è possibile, come è possibile che Omero sia vissuto nel Mar Baltico



Non saprei se ridere o piangere. Ti ho chiesto: è possibile che Pietro parlando di Babilonia indicasse quella città? No solo perchè non abbiamo altre tradizioni che lo attestino?


Anche perché Babilonia nell’elenco non c’è, si dice “mesopotamia”



Ma i giudei si trovavano perlopiù a Babilonia, dunque è evidente che Luca indica quell'area perché alla sua epoca evidentemente vi erano dei cristiani tra quei giudei convertiti.


Ma cosa stai dicendo? Mi spieghi da dove avresti evinto che la comunità giudaica di Babilonia fosse più grande di quella di Roma, con tanto di “certamente”?



Era certamente più antica, e Flavio stesso ne parla di come una delle più importanti. Vi fuono sommi sacerdoti "romani"? Un Talmud romano?

Ora devo andare, shalom!


PS. Negare che a Babilonia vi fosse una delle più floride comunità giudaiche dell'antichità mi pare che sia paradigmatico di quanto tu sia "accademico" [SM=g8121] guarda che ci stai facendo una magra figura. Perchè non ti prendi(e leggi) un libro di storia del giudaismo?






[Modificato da barnabino 27/07/2008 15:26]
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27/07/2008 17:18
 
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Re:
Polymetis, 25/07/2008 3.06:


Per Operman

La lettera a Timoteo non è di Paolo, ma questo è il minore dei problemi.




1 Timoteo 1:1,2 Paolo, apostolo di Cristo Gesù, per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza, [2]a Timòteo, mio vero figlio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro. (CEI)

2 Timoteo 1:1,2 Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, per annunziare la promessa della vita in Cristo Gesù, [2]al diletto figlio Timòteo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. (CEI)

Abbiamo trovato una nuova "verità", grazie a Poly.
E chi sarebbe lo scrittore?



<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><>
Alla luce dei fatti, gli apostati delle nuove religioni non possiedono gli standard di
obiettività personale, competenza e comprensione informata richiesti a testimoni esperti.

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27/07/2008 18:53
 
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Abbiamo trovato una nuova "verità", grazie a Poly.



D'altronde se una lettera divenuta canonica poteva essere attribuita dalla tradizione e Paolo o a Pietro senza essere di Pietro o Paolo, ma magari di qualche loro discepolo, mi pare che il buon Polymetis dovrebbe accettare che anche la tradizione di Pietro primo vescovo di Roma potrebbe essere "pseudoepigrafa".

[SM=g7574]

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27/07/2008 19:00
 
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Caro Polymetis,


Non c’è nessun silenzio nel NT, tutto in quel testo e nella letteratura coeva apocalittica giudaica ci dicono che Babilonia è un nome di Roma



Peccato che quella tradizione apocalittica e quel testo in cui Babilonia potrebbe essere Roma risalirebba a dopo il 70 e dunque Pietro non si vede come poteva impiegarla, specialmente in una lettera che non ha nessun tenore apocalittico o antiromano.

Oppure dobbiamo ammettere che la lettera è stata scritta nel 90-95 (oppure più trardi come sostengono alcuni) e non era di Pietro e dunque non senso pensare di Pietro a Roma, se non come una ulteriore tradizione.

Shalom

[Modificato da barnabino 27/07/2008 23:40]
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25/09/2010 18:56
 
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Caro poly tu dici:
non appartiene allo statuto epistemico della storiografia antica la “dimostrazione” o l’esistenza di “prove inconfutabili”, stai facendo domande insensate per chiunque abbia frequentato dei corsi di metodologia storica antica. La dimostrazione, non esiste, non solo nelle scienze empiriche (Popper, Kuhn),

Ma a noi dello statuto epistemico non ce ne importa nulla.Non ti dice nulla Ebrei 11:1?..evidente dimostrazione?certo che esistono le prove inconfutabili e bisogna cercarle altrimenti la fede su cosa poggerebbe? Il Perspicacia aggiunge: Il sostantivo greco èlegchos, tradotto “evidente dimostrazione”, dà l’idea di produrre prove che dimostrino qualcosa, in particolare qualcosa di contrario alle apparenze. Queste prove rendono dunque chiaro quello che prima non si capiva e perciò confutano ciò che è semplice apparenza. “L’evidente dimostrazione”, o prova convincente, è così concreta o vigorosa che tale è definita la fede.
Quindi credo che qui più che domande insensate ci sono risposte insensate.
--------------------------------------------------
Accostatevi a Dio, ed egli si accosterà a voi. Mondate le vostre mani, o peccatori, e purificate i vostri cuori, o indecisi.
Giacomo 4:8
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27/09/2010 21:27
 
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agape76, 25/09/2010 18.56:

Caro poly tu dici:
non appartiene allo statuto epistemico della storiografia antica la “dimostrazione” o l’esistenza di “prove inconfutabili”, stai facendo domande insensate per chiunque abbia frequentato dei corsi di metodologia storica antica. La dimostrazione, non esiste, non solo nelle scienze empiriche (Popper, Kuhn),

Ma a noi dello statuto epistemico non ce ne importa nulla.Non ti dice nulla Ebrei 11:1?..evidente dimostrazione?certo che esistono le prove inconfutabili e bisogna cercarle altrimenti la fede su cosa poggerebbe? Il Perspicacia aggiunge: Il sostantivo greco èlegchos, tradotto “evidente dimostrazione”, dà l’idea di produrre prove che dimostrino qualcosa, in particolare qualcosa di contrario alle apparenze. Queste prove rendono dunque chiaro quello che prima non si capiva e perciò confutano ciò che è semplice apparenza. “L’evidente dimostrazione”, o prova convincente, è così concreta o vigorosa che tale è definita la fede.
Quindi credo che qui più che domande insensate ci sono risposte insensate.




Caro agape si vede che non il Poly, le sue certezze o evidenti dimostrazioni stanno da tutta altra parte, hanno un modo tutto suo di essere. [SM=x1408399]

ciao


28/09/2010 09:04
 
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Re:
agape76, 25/09/2010 18.56:

Caro poly tu dici:
non appartiene allo statuto epistemico della storiografia antica la “dimostrazione” o l’esistenza di “prove inconfutabili”, stai facendo domande insensate per chiunque abbia frequentato dei corsi di metodologia storica antica. La dimostrazione, non esiste, non solo nelle scienze empiriche (Popper, Kuhn),

Ma a noi dello statuto epistemico non ce ne importa nulla.Non ti dice nulla Ebrei 11:1?..evidente dimostrazione?certo che esistono le prove inconfutabili e bisogna cercarle altrimenti la fede su cosa poggerebbe? Il Perspicacia aggiunge: Il sostantivo greco èlegchos, tradotto “evidente dimostrazione”, dà l’idea di produrre prove che dimostrino qualcosa, in particolare qualcosa di contrario alle apparenze. Queste prove rendono dunque chiaro quello che prima non si capiva e perciò confutano ciò che è semplice apparenza. “L’evidente dimostrazione”, o prova convincente, è così concreta o vigorosa che tale è definita la fede.
Quindi credo che qui più che domande insensate ci sono risposte insensate.



Guarda che in parte il Poly ha ragione. Quella che per me è una prova convincente che porta alla fede può non esserlo per un altra persona. Non esiste perciò una dimostrazione assoluta che vada bene per tutti, ma una dimostrazione personale. Questa dimostrazione personale fa parte della fede.


Testimoni di Geova Online Forum



«Una mente debole è come un microscopio: ingrandisce le piccolezze, ma è incapace di comprendere le cose grandi.»

Lord Chesterfield
28/09/2010 09:32
 
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Re: Re:
Barnaba1977, 28.09.2010 09:04:



Guarda che in parte il Poly ha ragione. Quella che per me è una prova convincente che porta alla fede può non esserlo per un altra persona. Non esiste perciò una dimostrazione assoluta che vada bene per tutti, ma una dimostrazione personale. Questa dimostrazione personale fa parte della fede.



In effetti ci vuole molta fede per leggere Pietro che dice di scrivere da Babilonia e pensare che non era vero.
Il tutto in soli 10'000 caratteri! [SM=x1408425]

Simon
28/09/2010 09:53
 
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Re:
agape76, 25/09/2010 18.56:

Caro poly tu dici: [...]




L'utente cui ti sei rivolto ha abbandonato il forum, anche se presumiamo, dovendo fare i conti con l'inevitabile sospetto per cui chi prende una via di fuga sia a corto di argomentazioni e/o in dubbio sulla consistenza delle proprie certezze (nonché vinto dalla tentazione di un po' di sfoggio di cultura a buon mercato, come nel suo stile) prima o poi tornerà ad affacciarsi da queste parti.

Fino a quel momento contestare pubblicamente Polymetis è sia illogico che poco corretto.

ELL


28/09/2010 11:38
 
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Re: Re: Re:
(SimonLeBon), 28/09/2010 9.32:

Barnaba1977, 28.09.2010 09:04:



Guarda che in parte il Poly ha ragione. Quella che per me è una prova convincente che porta alla fede può non esserlo per un altra persona. Non esiste perciò una dimostrazione assoluta che vada bene per tutti, ma una dimostrazione personale. Questa dimostrazione personale fa parte della fede.



In effetti ci vuole molta fede per leggere Pietro che dice di scrivere da Babilonia e pensare che non era vero.
Il tutto in soli 10'000 caratteri! [SM=x1408425]

Simon




Dunque, se fosse vero che Pietro fu a Roma ed egli la chiama Babilonia, vuol dire che Babilonia "la grande" è lì in quel piccolo stato IN ROMA [SM=g2037509]
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