Salve a tutti, ho saputo che avete aperto questa discussione sul mio intervento nel forum di Achille e vengo a chiarire qualche malinteso, perché evidentemente non sono stato chiaro.
“Mi dà l'impressione del cane che rincorre la sua coda.
Se leggiamo il NT possiamo notare un allontanamento dei Padri Apostolici dall'insegnamento cristiano.
Ma questa non è una cosa scontata.
Bisogna controllare se la mia interpretazione del NT regge il confronto con quella dei Padri Apostolici che però, come già scritto, si sarebbero allontanati dall'insegnamento di Gesù.
Se vi sono punti controversi bisogna confrontare le varie interpretazioni del NT con quelle dei Padri Apostolici.”
Provo a riformulare. Intendevo dire che, per sostenere che c’è una differenza tra quello che dicono i Padri Apostolici e quello che dice il NT bisogna prima sapere che cosa dice il Nuovo Testamento: ma è proprio questo il punto del contendere. Nella lettura che ne possono dare cattolici e ortodossi non è distanza tra quello che dice il NT e quello che dice ad es. Ignazio, per la semplice ragione che TdG e cattolici leggono nel NT cose diverse. L’idea che ci possa essere una differenza tra NT e Padri apostolici dipende dall’idea mitologica che si possa sapere cosa il Nuovo Testamento dica, è cioè il mito dell’era pre-ermeneutica che i testi siano trasparenti e dal significato univoco. Non esiste cioè il parere del Nuovo Testamento, o per meglio dire, non è accessibile, è un noumeno, esiste invece l’interpretazione che del NT dà la WTS e l’interpretazione che del NT dà la Chiesa. Ad essere precisi non è vero neanche questo, perché è tipico dei fondamentalisti credere che la Bibbia abbia una teologia unitaria, quando invece si tratta di testi di autori differenti che potrebbero benissimo avere opinioni differenti. Non esiste un parere del NT su qualcosa, esiste un parere di Giovanni su qualcosa, che non necessariamente è il parere di Paolo su quel medesimo argomento. Il Nuovo Testamento contiene ad esempio diverse cristologie, e diverse idee di Chiesa, come contiene diversi Gesù: la visione che i vari evangelisti hanno di Gesù e del suo mandato può variare sensibilmente. Questo è un’acquisizione che studiosi atei e cattolici condividono ormai da parecchi decenni, e negarlo significherebbe riportare indietro la lancetta della ricerca sul Gesù storico di parecchi decenni.
Ovviamente per i fondamentalisti questo dato non è accettabili, perché siccome essi credono all’inerranza biblica dire che il Nuovo Testamento può avere pareri diversi sul medesimo argomento sarebbe come dire che Dio ha pareri diversi sul medesimo argomento, cioè che è contraddittorio, e che Dio non possa essere incoerente con se stesso è qualcosa che anche il deista conosce a prescindere dalla Rivelazione Biblica. Per i cattolici la cosa non fa problema, perché essi non si basano sulla Bibbia ma sull’interpretazione chela Traditio dà del complesso della rivelazione, cioè sulla predicazione di un messaggio che in teoria potrebbe anche prescindere dal Nuovo Testamento in quanto l’ha preceduto. L’interpretazione della Traditio consiste nel trovare il filo rosso all’interno della rivelazione, non nell’impossibile tentativo di accordare brani scritti a 8 secoli di distanza sperando di riscoprirvi la medesima teologia come fanno i fondamentalisti protestanti.
Fatta questa parentesi, torniamo a noi, sempre che ovviamente i soliti invasati valdesi non mi saltino addosso dicendomi che io “annullo la Parola di Dio”, il loro papa di carta, facendone un racconto tutto umano sottomesso alle contingenze umane…
Come stavo dicendo: un parere del NT non esiste, e, se esistesse, sarebbe inaccessibile, perché noi non vediamo il senso trasparente del senso, bensì leggiamo sempre attraverso le categorie interpretative che mi ha messo ha disposizione la mia esperienza. Anche il solo fatto che l’esegesi venga fatta su una lingua che non è la lingua madre di nessuno, cioè il greco antico, rende illusorio e fuori luogo la pretesa di avere un accesso chiaro e trasparente, in presa diretta, ai testi. Poiché è così, dire che i Padri Apostolici si allontanano dal Nuovo Testamento è un’affermazione che va declinata come “I Padri Apostolici si allontanano dalla lettura che del Nuovo Testamento dà la WTS”. Il secondo punto del mio ragionamento è che, poiché come ripeto ci sono due letture del NT, quella in contraddizione coi Padri Apostolici (quella dei TdG) e quella invece non in contraddizione (cioè quella cattolica), allora il fatto che i Padri Apostolici concordino con la lettura che del NT dà la Chiesa dovrebbe essere un indizio a favore di quella lettura. Se cioè, come ripeto, ci sono due letture ex hypothesi possibili dello stesso testo, il fatto che della gente quasi coeva a quel testo si accordi con una delle due letture è certamente un indizio a favore della correttezza della lettura concordista, per la semplice ragione che loro avevano maggiori possibilità di noi di essere in presa diretta con la predicazione cristiana apostolica, e non avevano affatto bisogno di traduzioni o di mediazioni, essi erano inseriti nella Chiesa cristiana del I secolo. Il fatto cioè che Ignazio di Antiochia abbia una cristologia contraria all’interpretazione della cristologia del Nuovo Testamento che dà la WTS, mentre è compatibile con la cristologia della Chiesa Cattolica, dovrebbe darvi da pensare. Infatti Ignazio, essendo morto nel primo decennio del I secolo, ha vissuto la sua intera vita nel I secolo, e non era un pinco pallino qualsiasi della Chiesa bensì il vescovo di Antiochia, una delle più importanti comunità cristiane del Mediterraneo che, come sappiamo dagli Atti, fu la prima cattedra di Pietro. E Ignazio non è un vescovo isolato: nelle sue lettere vediamo che scrive a un mucchio di comunità, e dunque, poiché scrive loro, poiché saluta per nome i vescovi di quelle chiese locali, sappiamo che era in comunione con loro. Abbiamo cioè un vescovo del I secolo, che ad esempio è in comunione con un’altra chiesa apostolica che beneficiò della predicazione di S. Paolo, Efeso, e questo vescovo del I secolo è in stridente contrasto con la vostra concezione cristologica oltre che con la vostra ecclesiologia. Dire che Ignazio sbaglia non implica dire che sbagli solo lui, ma evidentemente anche tutte le sedi apostoliche con cui mostra di essere in comunione, e se era in comunione con loro evidentemente per esse non era un eretico (ergo anch’esse dovevano condividere la sua teologia). E il punto è che come ripeto costui ha vissuto la sua intera vita nel I secolo, dunque non è neppure possibile parlare della cosiddetta apostasia iniziata dopo la morte degli apostoli, perché a meno che non vogliate sostenere che l’abbiano fatto vescovo a 20 anni allora evidentemente ha vissuto almeno tutta la II parte del I secolo in seno alla Chiesa. Volete pretendere di saperne più di lui? Liberissimi di correre il rischio, ma permettetemi di dire che ad un osservatore esterno la possibilità che voi possiate saperne di Gesù Cristo più di lui, per quanto teoricamente possibile, è oltremodo non plausibile. La vicinanza ai fatti non è una garanzia assoluta, ma è una bella garanzia, e non solo per la ricostruzione del cristianesimo delle origini, bensì per qualunque fatto storico antico.
Qui però è stata fatta l’obiezione, ormai classica, che Ignazio non è l’unico esponente del cristianesimo antico. Se altri esponenti dicono cose diverse, allora come occorre comportarsi? Infatti questa Chiesa proto-ortodossa sarebbe coeva ad esempio ad alcuni gruppi gnostici. Non avrebbe cioè senso vedere una Chiesa legata agli apostoli per successione apostolica da una parte e gli eretici dall’altra, bensì tanti cristianesimi che si davano battaglia, e il fatto che abbia vinto la corrente dei proto-ortodossi non prova affatto che questi fossero il vero ramo del cristianesimo rispetto agli altri. Questo sottofondo argomentativo è preso da “I cristianesimi perduti” di Ehrman Bart, ma non è una visione sostenibile per un cristiano che voglia preservarsi tale, e porta inevitabilmente all’ateismo una volta che si siano sviluppate le conclusioni da cui sono partite queste premesse. Se come Ehrman si nega che la cosiddetta “Grande Chiesa” emergente a inizio II secolo sia direttamente collegata al cristianesimo apostolico, se cioè si rifiuta di vedere sin da subito ortodossi da una parte ed eretici dall’altra, allora è ovvio che si finisce per porre sullo stesso piano i cosiddetti “cristianesimi”: gnostici, giudeo-cristiani (nel loro variegato insieme), e per l’appunto la corrente da cui poi emergerà quella che per Ehrman è semplicemente la corrente che è riuscita ad imporsi, e non necessariamente la più legittima.
Ma il punto è che tutto l’impianto del cristianesimo, cattolico o protestante che sia, deriva da questa corrente e dai suoi libri… Se si nega che esista una legittimità di questa corrente, e si inizia a dire era solo una tra le tante, allora non si vede proprio in base a che cosa il Nuovo Testamento che deriva da questa corrente sarebbe legittimamente la rappresentazione corretta del cristianesimo delle origini. Questo è il rischio di chi argomenta come ha fatto Barnabino scrivendo queste righe: “Il problema, a mio parere, è che non è possibile leggere la storia in maniera così ingenua da vedere una chiesa "ortodossa" che combatte contro le "eresie" e le distrugge, io vedrei piuttosto dei "cristianesimi" che convivevano e ciascuno con idee molto diverse.”
Non si rende cioè conto che non può affatto tenere le due cose insieme, cioè dire che il cristianesimo di Ignazio era solo uno tra i tanti ma poi tenersi il canone che è venuto fuori e apparteneva dalla corrente di Ignazio. Se si dice che quel cristianesimo era uno tra i tanti, allora evidentemente si delegittima tutto quello che appartiene a quella corrente, e automaticamente dovrebbero avere lo stesso valore le rappresentazioni gnostiche del cristianesimo primitivo, e dunque dovremmo leggere il Vangelo di Filippo insieme a quello di Matteo.
Cosa si intende poi col fatto che i Padri della Chiesa e i Padri apostolici hanno creato il Nuovo testamento? Si intende che essi riconoscevano in alcuni libri quello che credevano e dunque li sostenevano. Il fatto che i Padri della Chiesa attribuiscano questo o quello scritto ad un determinato apostolo dipendeva dal fatto che ne approvassero o meno il contenuto. Il criterio per accogliere un testo nel canone è l’apostolicità, ma sostenere o negare l’apostolicità dipendeva dal fatto che al Padre in questione il libro piacesse o meno. Se ad esempio l’Apocalisse non piaceva era ovvio che il Padre in questione avrebbe tentato di smentire che fosse di Giovanni. Oggi comunque abbiamo un’altra prospettiva, perché non leghiamo al canonicità di qualcosa al suo autore: il fatto che l’Apocalisse non sia di Giovanni non la rende meno ispirata (per noi cattolici almeno, visto che il fatto che sia ispirata per noi dipende dal fatto che l’ha Chiesa l’ha stabilito. Per i protestanti invece non so proprio come la scoperta che una lettera sia pseudo-epigrafa potrebbe farla rimanere nel canone… E, comunque, se volessimo andare in fondo, anche il fatto che sia apostolica non implica affatto che sia canonica. Il fatto che un apostolo abbia scritto una lettera non la rende automaticamente ispirata. Che l’abbia scritta lui potrà interessare ad uno storico, che dunque ne trarrà la conseguenza che racconta la storia in modo probabilmente più corretto, ma l’ attendibilità storica non implica l’ispirazione. Gli apostoli erano uomini come tutti e, a meno di non sostenere che non errassero mai e che erano sotto ispirazione 24 ore al giorno, il fatto che essi abbiano scritto qualcosa, e che quella cosa sia storicamente attendibile, non implica che quella cosa sia Parola di Dio).
Tornando a noi: quando si dice che la Chiesa ha creato il canone non ci si riferisce a Concili, ma al fatto che quello è l’insieme di libri di quella corrente del cristianesimo, e che il dibattito durato due secoli sulla canonicità o meno di quei libri è il dibattito interno a quella corrente, e non alle altre. I Concili non creano i dogmi, proclamano la fede della Chiesa tutta. Dunque dire che un Concilio sancisce un canone non vuol dire che quel canone sia stato partorito ex novo di quel Concilio, ma semplicemente che quel Concilio ha posto il sigillo all’esito che era maturato dalla discussione sul canone nei primi 4 secoli. Ma per l’appunto quello è l’esito del dibattito all’interno di quella Chiesa, non di altre correnti come gli gnostici. E’ cioè l’esito della discussione all’interno della Chiesa dei vescovi, della Chiesa di Ignazio ed Ireneo, di quella Chiesa che diceva che essa si perpetuava nella Chiesa in cui i vescovi si passavano il mandato con l’imposizione delle mani. Se, come Ehrman, si ritiene che questo cristianesimo sia solo uno tra i tanti, senza maggiore legittimità degli altri coevi, allora automaticamente si cessa di essere cristiani, cosa che infatti è avvenuta ad Ehrman, perché i libri ritenuti ispirati da questa corrente diventano automaticamente di pari legittimità rispetto al cristianesimo di Gesù che quelli degli gnostici. Mentre l’ortodosso dice che la predicazione di Gesù e degli apostoli si può trovare nel Vangelo di Matteo, lo gnostico invece dice che la predicazione autentica e la vera rappresentazione di come funzionava la Chiesa antica si trova nel Vangelo di Tommaso. Ecco perché togliere il terreno da sotto i piedi alla Grande Chiesa, dichiarandola un cristianesimo tra i tanti, implica buttare a mare il canone del NT. Quando infatti diciamo che i libri sono stati scelti per apostolicità e diffusione ci stiamo sempre riferendo all’interno della Grande Chiesa: diffusi nella grande Chiesa (e non tra gli gnostici), e apostolici per chi faceva parte della grande Chiesa (per uno gnostico invece ad essere apostolico era Vangelo di Filippo). Non ha senso dunque chiedersi, se si parte dal paradigma di Ehrman, quale sia il vangelo più diffuso, perché è ovvio che i proto-ortodossi, che si ritengono la vera Chiesa, direbbero che il Vangelo più diffuso nella Chiesa è quello è quello composto da Giovanni, mentre gli gnostici, che ritengono se stessi la vera Chiesa, risponderebbero che il Vangelo più diffuso nella Chiesa è il Vangelo di Tommaso. Non si può cioè accettare questo o quel canone se prima non si spiega perché si vuole prendere in considerazione un cristianesimo anziché un altro, e, nella prospettiva qui enunciata da Ehrman \Barnabino è impossibile farlo, perché non c’è una proto-ortodossia circondata dagli eretici ma tanti cristianesimi. I testi gnostici non avevano nessuna possibilità di diventare canonici per la Grande Chiesa, e non per i cristiani in generale, visto che per gli gnostici erano invece canonici, ma se non mi si spiega perché si considerano le scelte e il punto di vista della Grande Chiesa, allora il fatto che per i criteri della Grande Chiesa quei testi non potessero diventate canonici è irrilevante (giacché la posizione della grande Chiesa non sarebbe privilegiata rispetto a quella di altri cristianesimi). Ma il punto è che questa grande Chiesa, e con questo termine mi riferisco a quell’insieme di comunità che dicevano di sé di basarsi sulla successione episcopale, e che formano una rete in cui una comunità era in comunione con l’altra, questa grande Chiesa dicevo, che nel II secolo è una realtà tangibile, è una Chiesa che per i criteri della WTS predica già dottrine ultra apostate, eppure è da questa corrente che nel IV secolo si arriva al canone attuale, giacché come ripeto alcuni testi come Giacomo ed Ebrei ad es. sono entrati nel canone addirittura dopo il I Concilio Ecumenico della odiata Chiesa Cattolica. Questi uomini, ultra-apostati, avrebbero messo insieme un canone valido. Su che base si può affermarlo? In base a che cosa si può affermare che nel mettere insieme un canone erano guidati da Dio mentre quando parlavano di cristologia non lo erano. Come si fa a distinguere quando Dio c’è e quando non c’è? Ripeto: questi libri non si sono messi insieme da soli, e neppure era “chiaro” quali libri fossero ispirati e quali no. Se anche alcuni libri avevano consenso universale, ovviamente sempre all’interno della Grande Chiesa, alcuni non lo avevano affatto, si pensi ad Ap, Eb e Gc. Questi libri non si sono assemblati al canone da soli, e a meno che voi non crediate che Dio li abbia messi insieme mandando un tornato che li abbia assemblati facendoli scontrare a mezz’aria è evidente che l’operazione è stata fatta dagli unici agenti della storia: gli esseri umani. Ma il punto è: che garanzia c’è che questi uomini abbiano fatto le cose in modo corretto se si nega che la Chiesa sia infallibile?
Dire “Dio li ha pilotati” ovviamente non risponde a nulla, perché si dovrebbe rispondere: a)Come fai a sapere che li abbia pilotati mentre discutevano del canone e non invece quando discutevano di Gesù Cristo? B)Su che base puoi sapere come agirebbe o non agirebbe Dio se proprio il libro che ti insegna che cosa fa Dio, cioè il Nuovo Testamento, è stato messo insieme materialmente da questi uomini di cui stai cercando di vagliare la guida divina in questo caso? E’ evidente che se prima non si mostra che questi uomini erano infallibilmente guidati almeno quando definivano il canone, allora, il fatto che quel particolare insieme di libri dica qualcosa su Dio, non dimostra nulla, perché se prima non si mostra che la loro scelta era sicura quello che insegnano quei libri su Dio potrebbe benissimo essere sbagliato, e dunque essere sbagliato anche quello che ex hypothesi quell’insieme di libri ci insegnasse su cosa farebbe Dio se dovesse pilotare delle persone. E’ un circolus vitiosus.
Inoltre, se si dice che questi uomini non erano ispirati, ma si sono semplicemente regolati “umanante”, valutando quello che a loro pareva più plausibile storicamente, allora che cosa impedisce di considerare il canone non chiuso e suscettibile di nuovi sviluppi? Se neghiamo alla Chiesa il suo mandato divino, e diciamo che i suoi Concili sono carta straccia, allora perché il canone attuale sarebbe chiuso? Se è un’opera di discussione umana, che infatti è mutata tra II e IV secolo, perché non potrebbe cambiare ancora e la metamorfosi del canone si dovrebbe chiudere al IV secolo? Lutero capiva bene questo fatto, e, avendo negato l’infallibilità della Chiesa, capiva che aveva tutta la libertà di buttare fuori dal Nuovo Testamento la lettera di Giacomo, a suo avviso un apocrifo infiltrato. Se anche dicessimo che la Grande Chiesa, cioè i suoi membri, hanno fatto un buon lavoro e, per qualche miracolo di acume critico, hanno davvero scelto i testi che narrano meglio la vita di Gesù, questo ancora non ci direbbe nulla sul fatto che, questi testi, oltre ad essere storici, siano anche ispirati. Dire che un libro racconta bene degli avvenimenti e dire che quel libro è stato scritto col concorso di Dio sono cose diverse. Si può infatti essere storicamente senza errori ma non per questo essere necessariamente ispirati. Sappiamo ad esempio da 1Corinzi che San Paolo scrisse, prima di 1Cor, un’altra lettera alla comunità, cioè diremmo oggi 0Cor, che purtroppo non c’è pervenuta. Significa forse che se la trovassimo dovremmo inserirla nel canone solo perché l’ha scritta Paolo? Io non credo. I protestanti sono disposti ad ammettere che avevamo una parola di Dio mutila ed incompleta? Per i Cattolici il problema di un canone in formazione non fa problemi, perché la pienezza della fede è sempre stata garantita dalla predicazione orale della Chiesa. Ma per i protestanti, e anche per i tdG, il fatto che testi come Gc ed Eb siano entrati nel canone solo nel IV secolo, non fa problemi visto che essi ritengono che il cristianesimo delle origini si basasse su un astorico Sola Scriptura? E allora i cristiani dei primi 4 secoli cosa avevano? Una dottrina mutilata perché gli mancavano dei pezzi? Più si retrocede, e più aumentano i pezzi che mancano, o i pezzi in esubero (come l’Apocalisse di Pietro che era ricevuta nel canone muratori ano: e, si badi che è detta canonica, preceduta da “noi riceviamo”. Lo dico perché ho letto in questo forum alcuni asserire che l’Ap di Pietro è citata ma come non canonica, come “fiele”, ma questo è il trattamento riservato ad altre opere, come il Pastore d’Erma). Per il cattolico questo, cioè il fatto che il canone fosse monco, non fa problema come ripeto, perché la Rivelazione cristiana è nella Traditio, di cui lo Scritto è solo una parte, e dunque il fatto che nei primi secoli ci fosse un canone incompleto non comporta che Dio avesse riservato a quei poveri cristiani una fede mutila, perché la Chiesa con la sua predicazione orale presentava già l’intero della rivelazione… ma per i protestanti, che non si basano sulla Chiesa ma sul Sola Scriptura, è possibile sostenere che Dio abbia lasciato per 4 secoli i suoi adepti con in mano una Rivelazione troncata? (Giacché come ricordo a tutti la prima attestazione del NT attuale, con tutti e soli i 27 libri che attualmente lo compongono, è in una lettera festale di Atanasio del 367, e, quando a Concili, di fine IV secolo). E, se non si accetta l’autorità dei Concili, in base a che cosa il dibattito sul canone oggi dovrebbe considerarsi concluso? O i tdG mi dicono in che punto della Bibbia hanno trovato scritto quali sono i libri della Bibbia, oppure essi per dirmi che quella e non altro è la Bibbia dovranno rifarsi a qualcos’altro, a una fonte esterna, cioè a un dato tràdito (trasmesso). Vorrei tanto sapere ad esempio perché non sarei libero di considerare canonico Enoch e non canonico Giacomo. In base a che cosa infatti dovrei sapere quali libri compongono il Nuovo Testamento in base alla “Sola Bibbia” che essi proclamano di avere come criterio al pari di tutti i protestanti?
E si badi, non voglio sentir parlare di valore intrinseco dei libri canonici attuali che dipenderebbe dal fatto che siano, ex hypothesi ,più affidabili storicamente degli apocrifi. Il fatto che siano più storici infatti, non mi dice perché sarebbero ispirati. Il fatto che siano i testi migliori per descrivere la storia del cristianesimo primitivo è un dato che può interessare chi voglia compilare un manuale di storia del cristianesimo antico, ma nulla mi dice a proposito del fatto che quella sarebbe la parola di Dio e dunque quello che dice non solo sarebbe storico ma anche da prendere come ammaestramento spirituale e comunicazione di Dio agli uomini… (Oltre al fatto che c'è un mucchio di libri che non sono giudicabili come migliori di altri per la loro aderenza o meno alla storia, cioè libri intrisi di simbolismo ed allegorie come l'Apocalisse di Giovanni). Altra frase da commentare, sempre di Barnabino, è questa: "Così come nessun studioso serio verrà mai a dire che la dottrina dei padri della chiesa è corretta perché "assemblarono" le Scritture. Se vogliamo parla di scienza, cioè di formazione del canone, facciamolo, ma per piacere lasciamo da parte i padri della chiesa come "fattori determinanti" del processo."
Inoltre l’affermazione che la dottrina della Chiesa sia corretta perché è questa Chiesa che ha creato il canone non è una considerazione che possa trovarsi nel testo di uno storico, ma non perché sia un’affermazione errata, bensì semplicemente perché è un’affermazione di teologia che non ha nessuna rilevanza per quello che studia uno storico. Uno storico può semplicemente dirti chi ha assemblato il canone, cioè degli uomini all’interno della corrente della Grande Chiesa, ma non quali ricadute questo fatto abbia dal punto di vista teologico: non è di sua competenza parlarne. Come ripeto: se non sono stati i Padri della Chiesa, chi sarebbe stato? Come ripeto siamo sempre e comunque indubitabilmente all’interno della Grande Chiesa, voi infatti non vi rifate neppure lontanamente agli gnostici o ai cosiddetti giudeo-cristiani, a meno che non mi abbiate nascosto che considerate canonico il Vangelo degli Ebioniti. Premesso il fatto già specificato che il valore storico di un testo e la sua ispirazione sono cose diverse, e che dunque vedere se un testo è storico non equivale a vedere se è ispirato, resta il fatto che questa “storicità” non esiste in sé e per sé, ma va riconosciuta da un cervello. Un testo può anche essere dell’apostolo Matteo ed essere storicamente attendibile, ma non è che il libro, siccome è di Matteo, salti da solo nella mia Bibbia in costruzione e si aggreghi agli altri testi. Ci dev’essere cioè una persona, in carne ed ossa, che dice “ti ho letto, riconosco che sei di Matteo, riconosco che sei storicamente plausibile”. In sintesi, sostenere che i Vangeli canonici abbiano un valore in sé perché più storici degli altri non toglie il fatto che ci voglia una mente umana per riconoscere che essi sono più storici di altri: questa operazione di assemblaggio da qualcuno è stata fatta, se anche fosse stata fatta sulla base del solo criterio della storicità di un testo sarebbe comunque la storicità che è stata valutata e riconosciuta da qualcuno in carne ed ossa, qualcuno che dunque s’è adoperato per la causa di quel libro. A meno che, come ripeto, voi non sosteniate che il fascicolo del libro sia saltato da solo nella rilegatura della Bibbia in formazione tra II e IV secolo… (ovviamente uso metafore tipografiche moderne). Questa persona come ripeto è un’aderente della Grande Chiesa, e non si vede da dove sbuchi il rifiuto di chiamarla “Padre della Chiesa”, visto che è proprio nei Padri della Chiesa che vediamo documentato questo dibattito, ad es. pro o contro l’Apocalisse di Giovanni. L’assemblamento del canone richiede, visto dai protestanti come un volume rilegato caduto dal cielo, richiede cioè mani umane in carne ed ossa, e chi sarebbero se non persone di quella corrente chiamata Grande Chiesa? Come si può dire che non ebbero un ruolo? Per il solo fatto che questo canone s’è assemblato, ed è mutato nei secoli, è evidente che un intervento umano c’è stato, altrimenti il canone sarebbe rimasto identico per IV secoli. Il solo fatto di valutare che un libro merita di andare nel canone, per quello che voi chiamate “valore intrinseco”, implica una mente umana in grado di cogliere questo valore intrinseco e dunque comportarsi di conseguenza. I Padri della Chiesa sono dunque i fattori determinanti del processo, indipendente dai criteri che siano stati utilizzati per scegliere i testi: se anche si fosse trattato del solo riconoscere un loro valore, sarebbe comunque stato un riconoscimento fatto da loro. Smettiamolo di fare metasifica e proviamo a spiegare, senza ricorrere alla concretezza di un mucchio di uomini, si possa spiegare come dei libri finiscono insieme (un mucchio di uomini con delle pessime idee, a vostro avviso).
Ad maiora
MODERATORE: TI INVITO AD UNA MAGGIORE SINTETICITA' O A SUDDIVIDERE GLI INTERVENTI, POICHE' NESSUNO SU UN FORUM LEGGE POST COSI' LUNGHI.