IL CODICE DI ALEPPO
Il Codice di Aleppo è ritenuto il miglior manoscritto esistente della Bibbia ebraica, pur essendo incompleto a motivo della sua travagliata storia. Venne copiato da Shlomo ben Buya’a nel suo testo consonantico e vocalizzato da Aaron ben Asher, figlio di Moses ben Asher, come afferma esplicitamente il suo colophon, che però è stato redatto circa un secolo dopo la scrittura del manoscritto, quando il Codice venne affidato alla comunità caraita di Gerusalemme.
Poiché è noto un manoscritto del Pentateuco copiato da Shlomo ben Buya’a nel 929 (attualmente custodito a San Pietroburgo), la datazione del Codice di Aleppo viene unanimemente fissata dagli studiosi agli anni 925-930 d.C.
Nei secoli il manoscritto giunse infine alla comunità ebraica di Aleppo che lo ha gelosamente custodito, rifiutando anche che esso venisse riprodotto fotograficamente, fino al secondo dopo-guerra. Il 2 dicembre 1947, durante un tumulto anti-ebraico, la sinagoga di Aleppo venne assalita e data alle fiamme. Si pensò, in un primo momento, che il manoscritto fosse andato perduto, perché alcuni degli ebrei fuggiti affermarono di averlo visto in terra, al momento della fuga.
Il Codice era stato, invece, parzialmente messo al sicuro e giunse di nascosto nel 1958 in Israele dalla Siria, attraverso la Turchia, nascosto in una tela all’interno di una vecchia lavatrice, per essere consegnato simbolicamente al presidente di Israele, che lo ricevette a nome dello Stato, e, successivamente, all’Israel Museum.
Il Codice mancava delle prime sette pagine con il commentario masoretico (diqduq ha-massorah), delle centodiciotto pagine comprendenti la Torah fino a Dt 28,17, di tre pagine dei Re (2 Re 14,21-18,13), di tre pagine di Geremia (29,9-31,34), di tre pagine dei Dodici profeti (da Am 8,13 a Mic 5,1, con la perdita dei libri di Abdia e Giona), di quattro pagine al termine dei Dodici profeti (dalla fine di Sofonia fino a Zac 9,17 con la perdita di Aggeo), di due pagine dei Salmi (Sal 15,1-25,1), di trentasei pagine dei Ketuvim (da Ct 3,11 fino alla fine degli Scritti, con la perdita di Qoèlet, Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra, Nehemia e Cronache), della pagina contenente il colophon e delle venti pagine finali con annotazioni masoretiche.
Il manoscritto, però, non presentava tracce di bruciature. Alcune pagine sono successivamente ricomparse ad opera di discendenti di ebrei di Aleppo che, probabilmente, nella precipitosa fuga, le avevano strappate al fine di conservarle o, forse, poiché le ritenevano come talismani capaci di salvaguardare coloro che le avessero portate con sé. In particolare è giunta nel 1982 in Israele la pagina contenente 2 Cr 35,7-36,19 e, nel 1988, sono state pubblicate in copia fotografica negli Stati Uniti otto righe di una pagina del capitolo ottavo dell’Esodo, noto come frammento Sabbagh perché in possesso di Sam Sabbagh, anch’egli fuggito da Aleppo. Anche questo frammento è stato poi ceduto all’Israel Museum. Esistono inoltre copie fotografiche, scattate un centinaio di anni fa, della pagina che contiene Gen 27 e del testo dei Dieci comandamenti nella versione del Dt.
Il Codice di Aleppo è considerato il manoscritto più fedele della scuola della famiglia ben Asher, la stessa a cui appartiene il Codice dei Profeti del Cairo. È il manoscritto utilizzato per l’edizione critica The Hebrew University Bible (la pubblicazione è iniziata con Isaia 1-44).
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