Caro Filotto,
sul testo greco ha già accennato qualcosa Aquila, vorrei aggiungere alcuni dettagli perché mi pare che lei nella sua parziale analisi del testo abbia dimenticato alcune considerazioni filologiche che ritengo essenziali.
“Io vi dico che questi, e non l'altro, ritornò a casa sua giustificato” (Nuova Diodati)
“Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro” (C.E.I.)
“Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello” (Nuova Riveduta)
Innanzi tutto attenzione ad accostare traduzioni diverse perché le differenza possono dipendere dal fatto che di questo passo esistono alcune varianti testuali che possono influire sulla traduzione, ad esempio qui abbiamo:
Westcott/Hort (sostanzialmente il testo base della CEI/NR/TNM)
κατέβη οὗτος δεδικαιωμένος εἰς τὸν οἶκον αὐτοῦ
παρ’ ἐκεῖνον
Textus Receptus 1894
κατεβη ουτος δεδικαιωμενος εις τον οικον αυτου
η εκεινος
Tischendorf VIII ed.
κατέβη οὗτος δεδικαιωμένος εἰς τὸν οἶκον αὐτοῦ
ἢ γὰρ ἐκεῖνος
il testo greco mi sembra chiaro: "λέγω (dico) ὑμῖν (a voi), κατέβη (tornò) οὗτος (questo) δεδικαιωμένος (giustificato) εἰς (a) τὸν οἶκον (casa) αὐτοῦ (sua) παρ' (piuttosto che) ἐκεῖνον (quello)". Non c'è assolutamente nulla che autorizzi voi ad aggiungere quel "più del" che altera in modo significativo il senso del testo
Il punto è che
non è vero che non c'è "assolutamente nulla che autorizzi" a tradurre "più che". Infatti la preposizione
parà, che con l'accusativo significa appunto "presso, accanto, davanti" qui è usata con un significato traslato è ha valore di comparativo: "in confronto a, più di, diversamente da", ecc... si tratta di un significato piuttosto comune nei dizionari di greco del NT ed è strano che lei non lo abbia notato. L'uso di
parà +
accusativo è molto comune nella LXX usato per esprimere il comparativo, ma è comune anche nell'ellenismo.
Certo, qui la grammatica
non ci dice come dobbiamo tradurre il comparativo, se con "piuttosto che, più di, invece di, diversamente da" eccetera anche escludendo uno dei due termini, ma certamente la scelta della TNM non è una scelta che non è autorizzata dalla grammatica o che "se ne frega" della grammatica,
quel "più" non è aggiunto al testo ma è uno dei significati della preposizione greca parà usata come comparativo.
Ci sono molti passi che possono esser portati come esempio, restando in Luca 13,2 ἁμαρτωλοί παρά πάντας [credete che quei Galilei fossero
più peccatori che tutti... CEI] o Luca 3,13 πλέον παρά τό [non esigete
nulla di più di quanto vi è stato fissato... CEI]. Questo per dire che la TNM
non si inventa nulla a livello della grammatica. E' vero che in Luca 18,14 la maggior parte di traduttori
preferisce vedere non una differenza di grado ma un'opposizione, e quindo un'esclusione in virtù forse di un semitismo, ma nulla
obbliga da un punto di vista grammaticale a tradurre in quel modo.
Dobbiamo concludere che la santimonia non viene da voi combattuta? Avete alterato il testo del Vangelo fregandovene del greco per giustificare un tipo di atteggiamento che fa comodo all'organizzazione?
Come le è stato fatto notare la nostra organizzazione non manifesta alcuna simpatia né per l'ipocrisia né per la "santimonia", anzi, al contrario più volte è stato condannato il modo di fare di alcuni giudei, certo qui la traduzione della TNM non mi pare che lasci intendere che l'atteggiamento del fariseo fosse da imitare, semmai l'accento è messo sull'umiltà del peccatore.
Shalom