chiarimenti

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vairo
00venerdì 27 gennaio 2012 17:55

Riassumo ciò che ho scritto è ciò che mi è stato risposto:

Un padre testimone di geova può obbligare il figlio minorenne a seguire il suo percorso portandolo alle riunioni dei testimoni senza che la moglie(non testimone di geova) gli abbia dato il consenso?
Ma perchè considerare sempre tutto in chiave legalistica? si può o non si può?
Perchè invece non domandarsi cosa è piu opportuno per il bene dei nostri figli invece di usarli come arma contro l'altro genitore!

in ogni caso le S.Scritture danno ai genitori, e in primo luogo al padre la responsabilità dell'educazione religiosa.
Sono d'accordo con chi dice che "il compito dei genitori.... è quello di educare il figlio o la figlia. Educare è molto impegnativo, a volte è arduo per le nostre capacità umane, sempre limitate. Ma educare diventa una meravigliosa missione se la si compie in collaborazione con Dio, che è il primo e vero educatore di ogni uomo."
Un uomo di fede farà il possibile per aiutare i figli a conoscere Dio e il suo proposito così come è spiegato nella Bibbia.
Poi, ricevuta l'istruzione questo figlio farà la sua scelta quando sarà in grado e avendo gli strumenti per farla.

Rispetto al caso in questione non si possono fare considerazioni, non sapendo nulla di quella famiglia, nemmeno l'età dei figli.


Ecco ciò che espongo:

Gentile Giandujotta, la ringrazio per la celerità in cui mi ha risposto.
Gradirei precisare che non è contemplata l’idea “legalistica” da lei citata, non avendone fatto checché riferimento. Perché mai dovrebbe essere data al ”padre” in primis la responsabilità dell’educazione religiosa? E la madre, che ruolo avrebbe secondo lei? Forse quello secondario? Educare un figlio con quali principi? Quello che dice la Bibbia; ma quella che intendete voi o quella che intende chi la interpreta a proprio modo e agio? Il figlio che riceve l’istruzione ( che lei ritiene) è sicuro che sia quella giusta, quella opinata e quella dei veri e sani principi? Il figlio che si rispetti ha bisogno del confronto a 360 gradi. In una famiglia in cui i due genitori manifestano e professano religioni diversi hanno il diritto di “costringere” i propri figli ad una scelta forzata alla propria dottrina religiosa? Nella fattispecie questi due genitori hanno due figli di 7 e 11 anni. Orbene il genitore maschio decide a suo insindacabile giudizio che il primogenito debba dedicarsi a letture e partecipare a riunioni della propria religione scelta.
E cosa vorrebbe saper lei, gentile signor Giandujotta di quella famiglia? Che vive nel profondo sud, che sono persone perfettamente sane, umili e coscienziose? Ma che un bel giorno il capofamiglia decide di professare, di seguire una nuova religione: quella vostra. Orbene, nulla da eccepire, se non per il semplice fatto che quest’uomo se non ha il consenso non può nel modo più assoluto, circuire o convincere la propria moglie e di conseguenza il primogenito ed anche il secondogenito a seguire i suoi ideali. Rispetto la vostra religione come qualsiasi altra. Questo signore con quale arbitrio debba “forzatamente” inculcare alla propria moglie ed ai figli i suoi pensieri religiosi? Avendone avuto il diniego netto dalla propria moglie?
Certo i figli inconsciamente seguono il papà, come seguono anche la mamma, ma la confusione inonda loro di totale confusione. Ed il figlio in che modo potrà fare la propria scelta(come lei afferma) se viene inondato da un bisticcio sacrale e religioso?
Qual è il compito reale del genitore nell’educare i figli?
O forse sarebbe meglio che il genitore che si è inoltrato in questa nuova disciplina dei testimoni di Geova segua il suo percorso da solo senza coinvolgere né la moglie(avendone dato netto rifiuto) e né tantomeno i due figlioletti adolescenti.
Vi è da precisare che il bell’uomo lascia che sia la moglie ad accudire i figlioli, a pulire la casa , a dar da mangiare e a preoccuparsi di tutte le altre incombenze familiari.
Tanto lui appena ha finito di lavorare non bada ai suoi ragazzi bensì a vestirsi di tutto punto per raggiungere la “sua nuova famiglia dei testimoni di Geova”.
E tutto questo è normale?
Mi lasci lei un decalogo dignitoso e rispettoso che un buon padre di famiglia “dovrebbe” osservare.
Cordialmente.
Giandujotta.50
00venerdì 27 gennaio 2012 18:40
[SM=g27985] Vede, tolto l'obbligo di un padre di provvedere alla sua famiglia in senso materiale come stabiliscono le leggi umane, resta la responsabilità dal punto di vista morale per quanto riguarda l'aspetto emotivo spirituale ed educativo.
Per quanto riguarda me e i tdG in generale, per soddisfare questo aspetto morale ci avvaliamo dei consigli e dei comandi delle S.Scritture, Vangelo incluso. Per questo le avevo citato quelle parole del Papa, perchè avevo immaginato che lei fosse di fede cristiana.

COme le ho detto, mi sforzo di usare come principi educativi quelli esposti nelle scritture, non so se li conosce e nel caso mi domando come mai non si trova d'accordo con essi, come non so in base a quali criteri può giudicare l'educazione impartita da un padre.
Possibile che siano così distanti gli insegnamenti dei due coniugi, rispetto alle regole morali impartite ai figli?

Vede, i nostri figli quando nascono hanno la mente come una lavagna pulita, man mano che crescono quella lavagna si riempie di informazioni. Se non ci scrivono i genitori, che lo fanno in buona coscienza per il loro bene, lo farà qualcun altro.
Dio da questa responsabilità ai genitori e ciascuno per amore verso i figli cercherà di spiegare loro le cose relative alla fede nel creatore.

Lei lamenta che il padre esce per andare ad assistere all'adunanza, troverebbe da ridire se invece andasse ai vespri e alla messa?
Lasci che quei due coniugi trovino l'equilibrio che serve alla loro famiglia. I ragazzi alla fine prenderanno la loro strada, qualunque informazione avranno avuta, sceglieranno in coscienza. Stia tranquillo, nessun testimone viene battezzato infante ma solo dopo approfondito studio e accettazione consapevole.
Viva sereno.
Grazie per averci scritto e auguri.
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