portare un fratello in tribunale

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amico
00venerdì 14 ottobre 2011 14:17
è vero che ai TdG è vietato portare un loro fratello in tribunale, se questo lo ha truffato di una grossa somma di denaro? Cosa dovrebbe fare chi ha subito il danno per essere risarcito?

Seabiscuit
00venerdì 14 ottobre 2011 14:42
Paolo (non i TdG) consigliò ai suoi fratelli cristiani che si trovarono in situazioni del genere con le seguenti parole:

(1 Cor. 6:1-7)
"Osa qualcuno di voi che ha una causa contro un altro andare in tribunale davanti a uomini ingiusti, e non davanti ai santi? 2 O non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se il mondo dev’essere giudicato da voi, non siete voi in grado di giudicare cose di minima importanza? 3 Non sapete che noi giudicheremo gli angeli? Perché, dunque, non cose di questa vita? 4 Se dunque avete da giudicare cose di questa vita, ponete come giudici gli uomini che sono disprezzati nella congregazione? 5 Parlo per farvi provare vergogna. È vero che non c’è fra voi un uomo saggio che possa giudicare tra i suoi fratelli, 6 ma un fratello va in tribunale con un fratello, e ciò davanti agli increduli?
7 Realmente, dunque, significa una completa sconfitta per voi che abbiate processi gli uni con gli altri. Perché non vi lasciate piuttosto fare un torto? Perché non vi lasciate piuttosto defraudare?
"

cosa comprendi da questa scrittura e consiglio di Paolo?
EverLastingLife
00venerdì 14 ottobre 2011 16:28
Re:
amico, 14/10/2011 14.17:

è vero che ai TdG è vietato portare un loro fratello in tribunale, se questo lo ha truffato di una grossa somma di denaro? Cosa dovrebbe fare chi ha subito il danno per essere risarcito?





Più che di divieto si può parlare di una risoluta raccomandazione, alla luce del brano ispirato dell'apostolo Paolo che ti è stato indicato da Seabiscuit. Questo significa che non si può esser disassociati per un motivo del genere, ma di sicuro chi preferisce ignorare l'esortazione biblica e adire le vie legali non è considerato esemplare dalla congregazione. Non sarebbe quindi idoneo per ricevere speciali privilegi di servizio, e se già ne ha è probabile che ne venga rimosso.

Se il cristiano in parola è convintissimo di essere stato defraudato, dopo ragionevoli tentativi di comporre la questione con il conservo che egli suppone truffatore, può mettere in atto i passi di Matteo 18:15-17 chiedendo l'intervento prima di cristiani maturi che aiutino il peccatore a ragionare, e in extrema ratio del corpo degli anziani. Il peccatore potrebbe convenire di aver sbagliato e compiere passi che siano indizio di pentimento, fra i quali ovviamente restituire il denaro sottratto in modo indebito secondo modalità che possono essere concordate con il cristiano truffato.

Se invece l'intervento della congregazione non basta a far tornare in sé il truffatore, e quest'ultimo viene espulso dalla congregazione perché la truffa è stata dimostrata, il cristiano innocente potrebbe decidere a quel punto di rivolgersi al tribunale, dato che la controparte non è più un fratello in fede. Comunque, dato che esiste ancora la concreta possibilità di gettare discredito sull'Organizzazione di Geova, farà bene a riflettere in anticipo sulle possibili conseguenze spirituali di un eventuale procedimento legale.

ELL
Amalia 52
00venerdì 14 ottobre 2011 16:40
Re:
amico, 14.10.2011 14:17:

è vero che ai TdG è vietato portare un loro fratello in tribunale, se questo lo ha truffato di una grossa somma di denaro? Cosa dovrebbe fare chi ha subito il danno per essere risarcito?




Questa domanda è stata fatta anche da altri lettori ed è riportata nella Tg 15/7/75

Domande dai lettori

● Le parole di Paolo in I Corinti 6:1-7 significano forse che il cristiano non dovrebbe in nessuna circostanza portare in tribunale una causa in cui è coinvolto un conservo credente? — U.S.A.

L’ispirata ammonizione dell’apostolo Paolo dice: “Osa alcuno di voi che ha una causa contro un altro andare alla corte, dinanzi a uomini ingiusti, e non dinanzi ai santi? O non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se il mondo dev’esser giudicato da voi, non siete voi in grado di dibattere cose di minima importanza? Non sapete che noi giudicheremo gli angeli? Perché, dunque, non questioni di questa vita? Se dunque avete questioni di questa vita da dibattere, ponete come giudici gli uomini disprezzati nella congregazione? Parlo per farvi vergogna. È vero che non vi è fra voi un uomo saggio che possa giudicare tra i suoi fratelli, ma un fratello va in corte con un fratello, e ciò dinanzi agli increduli? Realmente, dunque, significa una completa sconfitta per voi che abbiate processi l’uno con l’altro. Perché non vi lasciate piuttosto fare un torto? Perché non vi lasciate piuttosto defraudare?” — 1 Cor. 6:1-7.

Qui Paolo mostrava ai cristiani corinti l’incoerenza di portare dinanzi ai tribunali secolari le dispute fra cristiani. I giudici erano uomini che non erano governati dagli elevati princìpi della legge di Dio e la cui coscienza non era addestrata mediante lo studio della sua Parola. Poiché a quel tempo molti giudici erano corrotti e accettavano regali, i cristiani avevano poche ragioni di credere che il loro giudizio fosse giusto. Paolo si riferì a loro chiamandoli “uomini ingiusti”. Se i cristiani portavano le loro dispute dinanzi a tali uomini, ‘ponevano come giudici’ uomini che la congregazione disprezzava perché privi d’integrità.

Inoltre, presentando le questioni a increduli perché emanassero un giudizio, dicevano, in effetti, che nella congregazione nessuno aveva la saggezza per giudicare “questioni di questa vita” fra i cristiani.

Questo era del tutto incompatibile col fatto che i cristiani unti dallo spirito come celesti governanti associati al celeste Gesù Cristo avrebbero giudicato non solo gli uomini, ma anche gli angeli.

E trascinando conservi credenti dinanzi a giudici pagani, avrebbero recato grande biasimo sul nome di Dio. Poiché gli estranei sarebbero stati indotti a credere che i cristiani non erano diversi dagli altri non essendo in grado di appianare le divergenze, gli interessi della vera adorazione ne avrebbero sofferto. Sarebbe stato molto meglio che i singoli cristiani accettassero una perdita personale piuttosto che danneggiare l’intera congregazione rendendo di pubblico dominio le loro dispute.

In vista di quanto precede, andrebbero oggi i dedicati cristiani dinanzi a tribunali secolari se questo danneggiasse il progresso della vera adorazione o la presentasse sotto falsa luce agli occhi degli estranei? No. Naturalmente, come tutte le altre persone, i veri cristiani sono ancora imperfetti. Fanno sbagli, e sorgono problemi in relazione ad affari commerciali e cose simili. Ma le divergenze di questa natura dovrebbero essere appianate entro la congregazione, poiché la Parola di Dio fornisce le norme necessarie e nella congregazione ci sono uomini che hanno buone basi nella Bibbia.

Comunque, il cristiano che si rifiuta di correggere un grave torto quando gli è reso chiaro dagli anziani che prestano servizio nella congregazione in funzione giudiziaria sarà espulso. Questo è in armonia con le parole di Gesù: “Se non ascolta neanche la congregazione, ti sia come un uomo delle nazioni e un esattore di tasse”. (Matt. 18:17) Pertanto, se uno, ad esempio, defrauda il suo fratello cristiano o non provvede materialmente a sua moglie e ai suoi figli si troverà infine fuori della congregazione se non si pente. — 1 Tim. 5:8.

La parte lesa potrà quindi decidere se intentare un’azione legale nel tentativo di costringere il colpevole, ora disassociato, a correggere la situazione. Naturalmente, la parte lesa vorrà considerare se valga la pena di spendere tempo e denaro e se non si getterà ancora il discredito sulla congregazione portando all’attenzione del pubblico le azioni di uno dei suoi ex membri.

Se il cristiano che ha subìto il torto ritiene coscienziosamente che il nome di Dio non sarà vituperato e che l’azione legale è senz’altro necessaria, egli non agisce necessariamente contro lo spirito del consiglio di Paolo portando in tribunale uno che non fa più parte della congregazione cristiana. Geova Dio ha permesso all’autorità secolare di servire come suo strumento per processare e condannare i trasgressori della legge, e in questo caso chi ha subìto il torto si vale dell’assistenza legale dopo aver esaurito i mezzi di far correggere il torto entro la congregazione. — Rom. 13:3, 4.

Ci possono anche essere occasioni in cui fratelli cristiani riterranno coscienziosamente di poter andare in tribunale con conservi credenti. Questo può avvenire per ottenere il risarcimento da una compagnia di assicurazioni. In alcuni paesi la legge può specificare che alcune cose devono essere risolte in tribunale, come nei casi di testamenti che devono essere omologati dai tribunali. Ma questo non crea pubblicità sfavorevole né reca biasimo sulla congregazione. Nello sbrigare tali faccende legali che non influiscono sfavorevolmente sulla congregazione, i cristiani possono farsi guidare da ciò che ritengono meglio nelle circostanze.

[SM=g28004] Comunque, se qualche componente della congregazione cristiana, indipendentemente dall’effetto che la sua azione può avere sul buon nome della congregazione, non tiene conto dei consigli della Parola di Dio a questo riguardo, questi non è “libero da accusa” come cristiano. Non ha “un’eccellente testimonianza da persone di fuori” della congregazione. (Tito 1:6; 1 Tim. 3:7) Non è certamente un esempio da imitare per altri, per cui questo influirà sui privilegi che potrà ricevere nella congregazione.

doVop
00venerdì 14 ottobre 2011 17:09

è vero che ai TdG è vietato portare un loro fratello in tribunale, se questo lo ha truffato di una grossa somma di denaro?



No, non è vero. Non è vietato ma solo sconsigliato sulla base del consiglio biblico di 1 Corinti 6:1-7. Come si è già spiegato un TdG che è truffatore ed è impenitente (che cioè non restituisce il maltolto o non si impegna a farlo) verrà disassociato, a quel punto si porterà l'ex TdG davanti a un tribunale secolare, fermo restando che un TdG può fare causa ad un altro TdG in qualunque momento senza necessariamente aspettare il giudizio del tribunale religioso, infatti fare ciò non avrebbe alcuna conseguenza sul piano dell'affiliazione alla confessione religiosa, si perderebbe tuttavia l'esemplarità in conseguenza della violazione del già citato 1 Cor. 6:1-7, quindi costui per un certo tempo non potrebbe ricoprire incarichi di responsabilità pubblica all'interno della comunità.
che guevara
00domenica 16 ottobre 2011 18:45
Re:
doVop, 14/10/2011 17.09:


si perderebbe tuttavia l'esemplarità in conseguenza della violazione del già citato 1 Cor. 6:1-7, quindi costui per un certo tempo non potrebbe ricoprire incarichi di responsabilità pubblica all'interno della comunità.




questo per me è un ricatto nei confronti del confratello,ma come voi tdg criticate le altre religioni che coprono i reati,adesso lo fate voi?mi sa tanto che nella vostra comunità:predicate bene ma razzolate male
EverLastingLife
00domenica 16 ottobre 2011 20:47
Re: Re:
che guevara, 16/10/2011 18.45:




questo per me è un ricatto nei confronti del confratello,ma come voi tdg criticate le altre religioni che coprono i reati,adesso lo fate voi?mi sa tanto che nella vostra comunità:predicate bene ma razzolate male




Invece di sparare cavolate (ad esser gentili), sei pregato di leggere con più attenzione sia la domanda iniziale che le varie risposte. Non si parla di reati che la legge obbliga a denunciare, come l'omicidio o il traffico di stupefacenti, ma di una truffa, ovvero della sottrazione indebita di denaro da parte di un privato cittadino a danni di un altro privato cittadino, un caso nel quale, come è noto, l'opzione di adire le vie legali è demandata interamente alla libera facoltà di scelta del secondo.

Prima di precipitarsi sulla tastiera, verificare che il cervello sia correttamente collegato.

ELL


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