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Pulire il web da pedofilia e violenze

Ultimo Aggiornamento: 24/08/2012 09:14
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24/08/2012 09:14
 
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L'inferno degli 'spazzini' di YouTube

Per impedire la diffusione di contenuti vietati, Google assume dipendenti ad hoc, incaricati di visionare le immagini più crude e cestinarle. Un lavoro routinario che spesso porta con sé conseguenze inquietanti. E il colosso non garantisce l'assicurazione sanitaria
di SARA FICOCELLI


WASHINGTON - Vivere 12 mesi di full immersion tra i contenuti più violenti e scabrosi del web. Con le immagini più crude piantate nel cervello come un'accetta anche mentre torni a casa, mangi, dormi e fissi catatonico la tv. Se trascorri almeno otto ore della giornata passando in rassegna i video a rischio censura caricati su Youtube, facendo insomma lo "spazzino" del marciume che circola online, è probabilmente questa la vita che ti aspetta.

A raccontarla, sul sito americano Buzzfeed, è stato un giovane ex dipendente di Google, il colosso americano proprietario dal 2006 di Youtube, all'interno di un ciclo di interviste sui "lavori sporchi" del mondo della tecnologia. Ma è uno sporco lavoro che, come si dice, qualcuno deve pur fare. A meno di non desiderare che un bambino, cercando la sigla dei Teletubbies, si imbatta nel video autoprodotto di qualche tagliatore di teste.

Posti di lavoro del genere vengono generalmente proposti a ragazzi freschi di laurea, giovani "nerd" con poche speranze di trovare un posto e uno sconfinato amore per il computer. L'ex dipendente che ha raccontato la sua storia apparteneva a questa categoria. Un "social media guy", come lui stesso si definisce, che quando l'addetto alle risorse umane lo chiamò per dirgli che avrebbe avuto a che fare con dei "sensitive contents", non si preoccupò più di tanto. Che sarà mai?

Per capirlo gli sarebbero bastate un paio di settimane. Necrofilia, mutilazioni, suicidi, sesso violento, pornografia infantile: su YouTube gli utenti caricano di tutto. Tanto che l'ex dipendente racconta che dopo qualche giornata di lavoro la cosa comincia a sembrargli inquietante. Spaventosa, addirittura. Alle difficoltà psicologiche si aggiungono quelle contrattuali, perché l'azienda - che pure coccola i dipendenti con colazioni, pranzi e cene gratis - si rifiuta di fargli un contratto a tempo pieno e gli nega la copertura sanitaria. Il perché, l'anonimo intervistato lo avrebbe presto scoperto.

"Una delle parti peggiori del mio lavoro era guardare i video porno - racconta - e in particolare quelli con protagonisti i bambini. Per legge devi toglierli dal web nel giro di 24 ore e segnalarli immediatamente alle autorità federali. A Google non voleva farlo nessuno; io diedi la mia disponibilità a controllare tutti i prodotti dell'azienda, da Google Images a Picasa a Orkut. Ritrovandomi a guardare qualcosa come 15mila immagini di pornografia infantile al giorno. Non avevo nessuno con cui parlare. Non potevo nemmeno portarmi il lavoro a casa per paura che quella schifezza finisse tra le mani della mia ragazza. Guardavo quelle immagini come un automa e ripetevo a me stesso che mi sentivo bene. Non era così".

Davanti all'ex dipendente della maxi-azienda americana si apre il baratro. Consapevole del problema, Google gli mette a disposizione uno psicologo specializzato. Che nel corso della prima seduta gli mostra l'innocua foto di un padre col figlio. Di fronte alla quale l'allora "spazzino" di YouTube prova un viscerale senso di repulsione, vedendovi perversioni che non ci sono. A quel punto il giovane si rende conto di aver bisogno di una terapia seria ma qui scatta la sorpresa: l'azienda può rimborsargliene solo una parte, al resto ci avrebbe dovuto pensare da solo. Scoperto come mai Google non assicura gli addetti contro i "contenuti sensibili", l'ormai ex dipendente si ritrova col cervello pieno di immagini da cancellare e nove mesi per cercarsi un nuovo lavoro.

Di storie come la sua ce ne sono tante, solo che raramente i protagonisti decidono di parlare. C'è chi passa per anni ogni notte a guardare video di rapporti sadomaso e decapitazioni, e poi di giorno non riesce a far nulla. C'è chi sa tutto di pornografia infantile e se ne vergogna al punto da sentirsi in colpa. Per nessuno di loro esiste una reale copertura assicurativa, né un serio supporto psicologico. E' uno sporco lavoro. Ma forse, suggerisce l'intervistato, in questo caso la sporcizia rischia di sconfinare nella follia.

(23 agosto 2012) © Riproduzione riservata

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