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Confutazione trasmissione radio Maria del GRIS di giugno 2015...

Ultimo Aggiornamento: 09/07/2015 11:18
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02/07/2015 14:15
 
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viceadmintdg1, 6/30/2015 10:51 AM:

L'ultimo intervento di giugno è a cura di don Battista Cadei che affronta il tema:

Antico e Nuovo Testamento dicendo:
...

Parola a chi desidera replicare...



Replico solo sulla prima parte, che già basta e avanza.
Innanzitutto ringrazio il buon Cadei per l’attenzione che dedica al problema AT/NT, deliziando le orecchie del pur sempre folto pubblico radiomariano. Vediamo in dettaglio come affronta l’argomento impegnativo Antico e Nuovo Testamento:

Cadei:

I tdG non distinguono tra AT: quella parte di ‪Bibbia che precede Gesù Cristo e NT: dopo la venuta di Gesù Cristo.


L’osservazione del Cadei è pertinente ma anche sorprendente, in senso negativo.
E’ pertinente perché è vero, la TNM (Traduzione del Nuovo Mondo) non usa i termini NT e AT, ma basterebbe leggere l’introduzione della TNM a p. 6 per capirne il motivo:

*** Rbi8 p. 6 Introduzione ***
La Bibbia completa è stata appropriatamente definita la Biblioteca Divina. È composta di 66 libri ufficialmente catalogati (detti canonici) che sono accettati come guida ispirata per determinare la verità. Benché molti dividano la Bibbia in “Vecchio Testamento” e “Nuovo Testamento”, noi chiamiamo i primi 39 libri “Scritture Ebraiche” e i rimanenti 27 libri “Scritture Greche Cristiane”, basandoci sulla lingua anziché su una presunta divisione riguardante il “Testamento (Patto)”. — Vedi “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile” (si), pagine 295-300 e App. (Appendice) 7E.



Si noti il rinvio all’appendice 7E della TNM stessa dove viene riportata la seguente citazione, un poco datata:
Hatch:

“Riguardo al significato della parola latina testamentum (genitivo: testamenti), Edwin Hatch, nella sua opera Essays in Biblical Greek, Oxford, 1889, p. 48, dichiarò che “per ignoranza della filologia del latino più tardo e volgare, una volta si supponeva che ‘testamentum’, con cui la parola [diathèke] è resa sia nelle prime versioni latine che nella Vulgata, significasse ‘testamento’, mentre in realtà significa anche, se non esclusivamente, ‘patto’””


Il versetto di 2 Corinti 3,14 col riferimento alla “palaia diatheke”, non parla certo di un “testamento” nel senso in cui intendiamo la parola oggi, bensì di un “patto” tra Dio e l’uomo.
Se quasi tutte le principali traduzioni cattoliche, tra cui la nuova CEI 2008, si rifanno ancora al “testamentum” della Vulgata medioevale tridentina, la TNM è più accurata e moderna e traduce “patto”, così come la moderna NR2006.
Sulla poca opportunità di usare la distinzione tra “nuovo” e “antico” testamento si sono espressi molti autorevoli teologi contemporanei. Ad esempio D. Garrone (in “Protestanti ed ebrei”) cita E. Käsermann e fa notare:

D. Garrone:

“Tra i punti toccati da Käsemann è già apparso il problema della lettura cristiana dell'Antico Testamento. E’ evidente che il parlare di un patto e di un popolo di Dio conduce ad un nuovo rapporto con l'Antico Testamento, che si esprime anche esteriormente, nell'abbandono, da parte di molti cristiani impegnati nel dialogo con l'Ebraismo, dell'espressione «Antico Testamento» (che suggerisce l'idea di una realtà superata),
a favore di espressioni quali «Bibbia ebraica» (designazione descrittiva) o «Scritture» ecc.


Si noti, la scelta di usare il termine “Scritture” è proprio quella fatta dagli editori della TNM.
In modo simile R. Rendtorff, in “Cristiani ed ebrei oggi”, pone il problema dei termini da usare in questo modo:
Rendtorff:

Se così fosse, che ne sarebbe allora dell'uso ebraico dell'Antico
Testamento? Tali questioni sono ultimamente oggetto di discussioni molto animate, nel cui àmbito ci si è chiesti anche se il concetto di «Antico Testamento» non abbia, o possa assumere,
un significato negativo, quasi che 1'«Antico» fosse stato superato dal «Nuovo». Si è perciò proposto di parlare, in alternativa, di «Primo Testamento». Ma più che badare alla terminologia è importante chiedersi se non si manifesti qui nuovamente una tendenza cristiana all'appropriazione, nella misura in cui si afferma che tramite l'unione con il Nuovo Testamento, l'Antico avrebbe perso la propria autonomia e in sostanza potrebbe essere «Bibbia » soltanto in quanto parte della Bibbia cristiana, bipartita.”



Probabilmente il Cadei oggi tiene particolarmente ad aizzare il proprio pubblico contro la realtà rappresentata dal mondo ebraico, che invece i tdG rispettano.
Ma continuiamo col Cadei:
Cadei:

Non distinguono ‘avanti Cristo’ e ‘dopo Cristo’, ma: ‘Avanti era Volgare’ ed: ‘Era Volgare’. La loro ‪Bibbia: ‘Traduzione del Nuovo Mondo delle sacre Scritture’, non distinguono AT e NT, ma: ‘Scritture ebraiche ed aramaiche’ e ‘Scritture greche’.


Anche qui il Cadei ha ragione, i tdG preferiscono usare EV ed AEV al posto di AC e DC. Il motivo che lui suppone è però errato, e non si tratta neanche di una questione di preferenze musicali (la battuta è d’obbligo), ma solo di una maggiore precisione. E’ infatti noto anche al pubblico radiomariano che Gesù venne battezzato nel Giordano nell’anno 29, secondo il conteggio tradizionale. Dovremmo parlare di 29 d.C., come suggerisce il Cadei, o di 29 E.V. come preferiscono i tdG? E’ stata in quella precisa occasione che lo spirito di Dio è sceso su Gesù, in forma di colomba, ungendolo e facendone di lui formalmente il “Cristo”. Questo significa che prima del 29 è poco esatto parlare di “Cristo” e sarebbe solo a partire da questa data che bisognerebbe contare gli anni “dopo Cristo”. Lasciamo al Cadei il compito di trarre le dovute conseguenze. Ma continuiamo:

Cadei:

Il motivo di ‪questa non distinzione sta nel fatto che negano che Gesù Cristo sia vero ‪Dio e quindi non avvertono il salto di qualità portato da Gesù rispetto all’AT. La Lettera agli Ebrei si apre con ‪queste parole:

"Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo"

Qui è evidente la differenza tra i profeti e il Figlio di ‪Dio. ...


I testi dei teologi che ho citato in precedenza rendono già di per sé ridicola la conclusione, peraltro affrettata, del Cadei: non sono certo solo i tdG a preferire i termini “Scritture ebraiche” e “Scritture greche” agli antiquati “Nuovo e Vecchio Testamento”. A parte questo dettaglio, il titolo del libro non rende più o meno trinitaria la fede o la teologia di una persona o di una organizzazione. E’ vero che i tdG non credono affatto che “Gesù Cristo sia vero Dio” ma la domanda più interessante è se il Gesù terreno credesse di essere Dio in terra e se l’apostolo Paolo, che parla di lui nella sua lettera agli Ebrei, lo credesse allo stesso modo. E’ opinione condivisa dai principali teologi che l’esposizione del dogma trinitario non sia chiara nelle Scritture (né in quelle greche né tantomeno in quelle ebraiche) e che quindi richieda una sistematizzazione successiva, avvenuta nei concili successivi, che ha richiesto secoli di aspri dibattiti. Se la questione fosse così banale come il Cadei ama presentarla al suo pubblico radiomariano non sarebbero serviti né secoli di tempo né aspri dibattiti.

Venendo al passo biblico citato, basta riprendere Paolo alla lettera. Divido in due il versetto:

“Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio…”

Il soggetto è Dio (ho Theos, il Dio, nel testo) i verbi sono “aveva parlato” e “ha parlato”. Il mezzo con cui parla è, a seconda dei casi “i profeti” (en tois prophetais, “nei profeti”) o “il figlio” (en uio, nel figlio). Si noti, il ruolo del figlio è quello di fare da canale di comunicazione, esattamente come i profeti dell’antichità: Paolo non afferma certo che ai suoi giorni Dio abbia parlato direttamente agli uomini, come sarebbe stato il caso se il figlio fosse stato anche lui Dio o una sua persona.

Ma vediamo la seconda parte:
“… che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo”.
Il testo legge “hon eteke kleronomon”, cioè “che ha nominato erede”. Si noti, il figlio non possedeva “tutte le cose” né era automaticamente l’erede di esse, come ci si aspetterebbe nel caso fosse Dio in persona: invece è stata una decisione libera di Dio di nominarlo erede, a tempo debito.

Il testo conclude affermando il ruolo attivo del figlio nella creazione del mondo, in qualità di esecutore (“mediante il quale”).
Invitiamo volentieri il Cadei a dilettarci e rallegrarci con le sue amenità, che continuano a metterci di buon umore!
Simon

[Modificato da (SimonLeBon) 02/07/2015 14:19]
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