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The Martian

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2016 17:52
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22/01/2016 13:18
 
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Tratto da un piacevole racconto di Andy Weir il film narra le gesta di un astronauta lasciato solo a 54 milioni di km dalla terra perché il suo team lo credeva morto. Con l'equipaggiamento studiato per far sopravvivere 6 persone per poco più di due mesi deve cercare di resistere e restare vivo per quasi quattro anni, quando ipoteticamente, giungerà un'altra spedizione e lui potrà essere pronto per il suo recupero.

Il film scorre piacevolmente e gli imprevisti della legge di Murphy così come le trovate che escogiterà Mark per cercare di coltivare qualcosa, produrre acqua, ossigeno e tutto ciò che gli occorrerà per sopravvivere e non impazzire sono narrate con dovizia e a tratti sorprendenti.

Ma tutto il film ruota intorno a questo semplice cardine tra l'altro neanche troppo innovativo o originale. Perché dovrebbe essere notevole?

Una prima risposta è che sebbene tesse un filo narrativo simile al vetusto Robinson Crusoe è lo scenario e il luogo che deforma ogni prospettiva: l'oceano diventa lo spazio e la terra inospitale un pianeta decisamente arido di prospettive. Tutto questo amplifica enormemente e in modo direttamente proporzionale la disperazione e le speranze di sopravvivenza del protagonista. Ma ci fornisce anche una grande possibilità. Durante tutta la visione mi sono chiesto come fosse possibile un paradosso di questo tipo: tutto il mondo, all'improvviso manifesta un interesse viscerale, una totale empatia per quell'unica vita solitaria, isolata a più di 54 milioni di km da qui. E per salvarla è disposta a spendere milioni, mettere potenzialmente a rischio altre vite e strutture costosissime, per quell'unico fine... sebbene la miseria, la disperazione e l'isolamento dei nostri simili più sfortunati gridi alla nostra coscienza anche a poche decine di metri da noi e personificata ora in quel profugo, ora in quel malato o adesso in quel barbone.

Allora si comprende che quando una cosa unisce, quando ci rende partecipi, quando ne condividiamo lo scopo ultimo, allora possiamo essere e liberare il nostro potenziale e arrivare a sacrificare quanto di più caro abbiamo (l'equipaggio la sua vita e la loro famiglia, la nasa la struttura e una potenziale catastrofe economica, i contribuenti i loro soldi etc. etc.) per salvare un unica sola vita, sconosciuta, distante e disperata.

E' la partecipazione allo scopo che ci nobilita.

Come la predicazione.
22/01/2016 13:50
 
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Film visto circa un mese fa.

Voto: ottimo

Sviluppato bene secondo me, dal produttore Ridley Scott, che spero quanto prima possa continuare la saga di Alien e Prometheus, che sta diventando alquanto interessante. Sempre se i prequel saranno sviluppati bene.

Ciao
anto_netti
22/01/2016 16:55
 
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E' la partecipazione allo scopo che ci nobilita.

Come la predicazione



E, aggiungerei, la relazione personale. Finché l'altro è lo "straniero" o il "profugo" o "il padrone di casa" generico non siamo empaticamente toccati, quando al "il padrone di casa" diamo un volto, una storia, una voce la partecipazione ci nobilita. Per questo non ho mai amato le dimostrazioni dal podio, perché senza una "persona" che realmente sento davanti a me sono contenitori vuoti che non riesco a riempire di senso.

Shalom
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Sijmadicandhapajiee, gente per cui le arti stan nei musei - Paolo Conte

FORUM TESTIMONI DI GEOVA
24/01/2016 17:52
 
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Visto. Ottimo film di fantascienza.
I miei pensieri - mentre guardavo - andavano al nostro pianeta Terra, un pianeta su misura per sostenere la vita umana.

In fin dei conti anche sulla Terra si potrebbe vivere solo con le patate [SM=g27987], invece c'è molto, molto di più !!!

[SM=g1944981] Muttley
[Modificato da MuttleyWatchDog 24/01/2016 17:52]
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«Scherzando, si può dire di tutto, anche la verità.» -Sigmund Freud .
«Non è sempre facile dire la verità, specialmente quando si deve essere brevi». -Sigmund Freud .
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