«Pronti a morire per il Papa»
In Canton Ticino tra le reclute del centro di addestramento della Guardia Svizzera Pontificia: rigorosamente maschi e cittadini svizzeri, come prevede il ferreo regolamento per l’accesso al Corpo. «Ma le vocazioni sono in diminuzione»
Sparano, studiano le tecniche di sicurezza personale e di comportamento tattico. Nel cuore del Canton Ticino, nella piazza d’armi di Isone, il centro di formazione della polizia svizzera, quindici reclute sono alla terza settimana del corso per entrare a far parte della Guardia Svizzera Pontificia.
Il 6 maggio prossimo giureranno di essere pronti a morire per difendere il Papa e per prepararsi, per la prima volta nella storia secolare del Corpo, seguono un addestramento rivoluzionario, che prevede un percorso con gli istruttori delle forze dell’ordine.
Rigorosamente maschi e cittadini svizzeri, come prevede il ferreo regolamento per l’accesso al Corpo, le reclute hanno dai 20 ai 28 anni e provengono tutti dalla Svizzera interna, ad eccezione di un ticinese. Il loro percorso verso l’uniforme a strisce con i colori giallo, blu e rosso è iniziato in Vaticano. Il 31 ottobre, le reclute si sono spostate in Ticino dove rimarranno fino al 27 novembre. «La collaborazione con la polizia cantonale è una novità molto importante per il Corpo — sottolinea il comandante della Guardia Svizzera Pontificia, Cristoph Graf —. Le nostre reclute hanno l’opportunità di avere una formazione di base professionale della quale avevamo bisogno».
Il corso pilota in programma in queste settimane prevede un totale di 176 ore di addestramento, dedicate in particolare al tiro con la pistola, sicurezza personale (difesa a mani nude, utilizzo dello spray e delle manette) e comportamento tattico, controllo delle persone e perquisizione di uomini e ambienti. «Per il Canton Ticino è un’opportunità storica — sottolinea Matteo Cocchi, comandante della polizia cantonale —. La collaborazione tra i corpi è un risultato che porteremo avanti». Che si tratti di uso della pistola come di difesa a mani nude, gli istruttori (l’appuntato Federica Rossini per il tiro, il collega Corrado Giovinazzo per la sicurezza personale) insistono su un concetto in particolare: «Imparare ad agire in modo proporzionale alla minaccia».
Il numero delle reclute, negli ultimi anni è in calo e da una media di circa 30 è sceso a 23 e ora a 15. «Lo scorso anno numerose guardie hanno chiesto di prolungare l’attività oltre i due anni minimi previsti per il Giubileo — dice il comandante Graf —. Chi poi sceglie di continuare a indossare la divisa ha la possibilità di fare carriera nel Corpo, diventare sottoufficiale e ufficiale». Le guardie che proteggono il Papa e la residenza pontificia devono conoscere l’italiano. «La formazione prevede anche questo», conferma il comandante. Tra le nuove reclute, solo l’unico ticinese, il 21enne Dario Fornasari, parla la nostra lingua. «Gli altri provengono dalla Svizzera tedesca e francese — dice il giovane —. Io comunque parlo anche francese e non ci sono dunque problemi per la formazione». Perché diventare una guardia del Papa? «È il mio sogno fin da quando ero piccolo — dice Fornasari —. È un’esperienza che può dare davvero tanto a livello di formazione ma anche umano e spirituale. L’idea è di restare in servizio per due anni e poi di entrare in polizia».
In un Corpo nato per difendere il Papa non può mancare la figura del cappellano. «È inevitabile che le guardie si addestrino a usare le armi, l’obiettivo però è difendere, non uccidere — dice don Thomas Widmer —. Il percorso di formazione è necessariamente anche spirituale, parliamo di giovani uomini che giureranno di essere pronti a dare la vita per il Papa».
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