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Terremoti - I terremoti del Tirreno

Ultimo Aggiornamento: 07/10/2023 17:59
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25/08/2017 09:27
 
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Terremoti e vulcani, il binomio che complica i calcoli degli scienziati

In via teorica, spiega l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, le scosse possono destabilizzare Ischia e i Campi Flegrei. Per il momento tutto è tranquillo, ma gli occhi degli scienziati sono concentrati su quest'area imprevedibile e difficile da studiare

di ELENA DUSI

Un terremoto su un vulcano non è un evento come gli altri, per i sismologi. L’origine è più incerta, la magnitudo difficile da calcolare, gli sciami imprevedibili. Gli strati di terreno leggeri e franosi, in superficie, possono amplificare gli effetti della scossa. “E sismi importanti, in linea teorica, possono anche destabilizzare i vulcani. Nel caso dei Campi Flegrei siamo già in uno stato di attenzione dal 2012” spiega Francesca Bianco, direttrice dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). “In queste ore non ci sono stati segnali anomali. Ma abbiamo avuto casi nel mondo, ad esempio a Yellowstone, in cui una scossa a centinaia di chilometri ha scatenato sciami sismici sui vulcani” prosegue Bianco.

Il primo assaggio di quanto insidiosi possano essere i terremoti in queste zone l’ha avuto Antonio Piersanti. Il sismologo dell’Ingv era il funzionario che lunedì sera, con i suoi colleghi di turno, per primo ha notato il sismografo che oscillava. “Non mi ero allarmato in modo particolare” racconta. “Pensavo di avere di fronte un terremoto normale, di magnitudo bassa. Quando la Protezione Civile ha chiamato per dire che c’erano palazzi crollati e persone sotto alle macerie sono rimasto di sasso. Ad Amatrice il senso del dramma ci è piovuto addosso immediatamente. Qui no, ci sono voluti molti minuti prima di realizzarne la portata”.

Anche il ricalcolo delle magnitudo nelle prime ore dopo la scossa, in una situazione così “magmatica”, fa parte della norma. “La prima stima arriva in pochi minuti dagli algoritmi” spiega Piersanti. “Poi il calcolo viene di nuovo effettuato a mano, ed è in genere più preciso”. La prima stima dell’Ingv, lunedì sera, parlava di una magnitudo locale di 3.6. Un paio d’ore più tardi, per misurare l’energia sprigionata dalla scossa si è passati (ragioni tecniche) a un tipo di misurazione “sorella”: quella magnitudo durata che è usata pochissimo nei terremoti che avvengono in ambienti normali. Il dato è stato rivisto al rialzo, passando a 4.0 e avvicinandosi ai valori misurati dai sismografi americani dell’Usgs (4.2 di magnitudo momento, un altro tipo di misurazione simile) e da quelli europei dell’Emsc (4.3 di magnitudo volume). “La magnitudo durata – spiega Piersanti – rispetto alle altre due tiene anche conto della durata della scossa registrata dai sismogrammi. Nel caso di Ischia la durata del segnale è stata dell'ordine dei cento secondi. Ovviamente un uomo è meno sensibile degli strumenti. La sua percezione delle scosse è molto più breve”.

Per definire con accuratezza ancora maggiore il punto d’origine della scossa e l’energia liberata bisogna conoscere la velocità con cui le onde sismiche hanno raggiunto i sismografi. E questa velocità è funzione del tipo di rocce che le onde attraversano. “I modelli informatici più semplici usano un valore medio per ogni tipo di roccia” spiega Piersanti. “Quelli più accurati distinguono, zona per zona, come sono composti superficie e sottosuolo. Nel caso dei vulcani, dove la propagazione delle onde sismiche è molto, molto complessa, si usano modelli ancora più avanzati”. Più il software è raffinato, però, più richiede tempo, capacità di calcolo e attenzione da parte dell’uomo. “Per operare al massimo della rapidità, in sala sismica, dobbiamo per forza accettare una certa approssimazione. Nei prossimi mesi non smetteremo di studiare ancora più a fondo il terremoto di Ischia per svelarne tutti i dettagli” prosegue Piersanti.

Il futuro dello sciame - imprevedibile sempre - lo è ancora di più in presenza di un vulcano. “Quello di Ischia è un sistema in genere molto stabile” spiega Bianco. “Scosse rare e piccole, solo una leggera subsidenza dell’isola, specialmente nella parte sud. Nessuna anomalia delle emissioni geochimiche. Poi, lunedì, è arrivata la scossa”. Alla stessa subdola maniera il terremoto-vulcano aveva piazzato la sua zampata nel 1883 e poi ancora nel 1980, quando sismi anche allora relativamente modesti (le case in Italia cominciano a crollare sopra a una magnitudo 5.5) fecero diverse migliaia di vittime. “Il giorno successivo alla scossa principale – prosegue Bianco – abbiamo avuto una trentina di scosse di assestamento di magnitudo minima, intorno a 1. Poi siamo tornati al silenzio normale. Ma per i prossimi giorni non sappiamo fare previsioni”.

Gli epicentri di queste scosse, in mare, circa 3 chilometri a nord di Lacco Ameno, sono esattamente al confine fra le aree vulcaniche di Ischia e dei Campi Flegrei. Se i due sistemi siano in comunicazione non è chiaro. “Sappiamo che sotto ai Campi Flegrei, attorno a 7-8 chilometri, c’è una camera magmatica profonda” prosegue Bianco. “Ma ci è ignoto quanto sia estesa in orizzontale e se raggiunga anche Ischia. Di certo da domani questa zona sarà l’osservata speciale di tutti noi”.


www.repubblica.it/scienze/2017/08/22/news/terremoti_e_vulcani_il_binomio_che_rende_i_calcoli_degli_scienziati-17...

Ciao
anto_netti
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