Dalla Spagna del ’200 a Roma, trovò rifugio alla Vallicelliana.
Dalla Spagna del ’200 a Roma, trovò rifugio alla Vallicelliana. Ora è stato restaurato con altri venticinque preziosi volumi
ariela piattelli
Roma
Si è salvato per miracolo. Ha scampato le censure, i roghi, i sequestri e persino le razzie naziste. Ha rivisto la luce all’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, fresco di restauro, un manoscritto del 1202, che contiene «Meghillot e Aftaroth» (Agiografi e Profeti), ma anche la storia delle peripezie di cui fu protagonista e che lo portarono dalla Provenza medievale alla Roma del ’500. È uno dei 25 preziosi volumi che si sono salvati dalle mani dei nazisti, che dalla biblioteca della comunità romana ne trafugarono 7000. Oggi non conosciamo il loro destino.
«Prima della Seconda Guerra Mondiale la comunità ebraica di Roma aveva una delle biblioteche ebraiche più importanti al mondo – spiega Silvia Haia Antonucci, responsabile dell’Archivio Storico-. I nazisti, che avevano un ufficio preposto alla caccia ai libri ebraici, che poi sarebbero finiti nel macabro “museo delle razze scomparse”, prendono i volumi, tra cui manoscritti, codici antichi, preziosi libri di studio, tra il settembre e il dicembre del ’43. Sul loro destino ci sono varie ipotesi, l’unica certezza che abbiamo dalle fonti dell’epoca è che sono partiti con destinazione Francoforte. Questo straordinario codice restaurato, si è salvato perché, assieme ad altri volumi, è stato portato prima della razzia alla Biblioteca Vallicelliana, dove è rimasto sino alla fine della guerra». Altri, pochi, manoscritti si sono salvati perché gli ebrei ci studiavano, e dunque passavano dalle sinagoghe alle case. E proprio lo studio li ha mantenuti in vita durante i secoli.