Su Facebook il racconto di Anita Fallani, figlia del sindaco di Scandicci, viene condiviso e rilanciato centinaia di volte. L’appello: “Donne, ribelliamoci alla normalità della violenza”
www.lastampa.it/2017/08/16/italia/cronache/seguita-da-un-uomo-fino-a-casa-il-mio-sabato-sera-di-ordinaria-paura-pbpKsuBGZBlRscywU57WGK/pag...
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Una donna sa cosa si prova a trovarsi per strada da sola di notte. Conosce bene quella tensione sottile e costante, quella sensazione di pericolo che cerca di esorcizzare come può. Raccontandosi che forse esagera, che si fa suggestionare dai racconti sentiti alla tv e che comunque ha il sacrosanto diritto di stare fuori casa a qualsiasi ora del giorno e della notte senza il timore di essere aggredita. «Mi chiedo perché non ho la stessa libertà di un mio coetaneo maschio di tornare a casa quando mi pare senza avere paura di non arrivarci», è la domanda che brucia adesso sulle mani di Anita Fallani, mentre racconta su Facebook il suo sabato notte di paura.
«Una serata con un’amica, un gin tonic, quattro chiacchiere. Mi avvio a casa, stanca, con i piedi doloranti e la voglia di dormire. Arrivo alla fermata della tramvia. Mi vedi e pensi che sia il caso di iniziare a importunarmi. Io non ti ho mai visto, non ho idea di chi tu sia, ma non ti frena: “Buonasera signorina, come stai?, Come ti chiami? Perché non rispondi?”. Anita, 18 anni, figlia del sindaco di Scandicci (Firenze), prova ad ignorarlo sperando che la lasci in pace. «Niente da fare. Continua imperterrito. Finalmente la fermata, scendo io e scende lui. Mi viene da piangere, mi sento sola e non so che fare. Con il 10% di carica che mi rimane fingo di chiamare qualcuno che assomiglia a un mio ipotetico fidanzato. Neanche questo gli basta, “Dove vai? Esci con me?”».
Al telefono Anita racconta che le era già capitato di avere paura per strada: «molestie per lo più verbali, commenti volgari da parte di sconosciuti. Ma mai come questa volta ho temuto il peggio». L’uomo l’ha seguita, lei è riuscita a dileguarsi passando attraverso un parco giochi. «Finalmente il portone, infilo le chiavi nella toppa - scrive Anita -. Sono a casa, e sono salva. Adesso piango davvero, ho il volto rigato e le vertigini di un pericolo scampato». Le lacrime lasciano presto spazio alla rabbia. «Vi penso tutte, madri, sorelle, amiche, vi sento vicine nel destino come non mai. Mi bruciano le mani all’idea che la mia è una storia come tante, che non c’è niente di straordinario, non è un’eccezione, ma una delle tante cose che compongono la nostra vita, in via del tutto normale, come prendere una multa, o dover buttare l’immondizia. Ed il problema è proprio questo, che è diventata la normalità perchè scommetto sulla mia pelle che ci siete passate tutte».
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