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nuovo articolo: I TESTIMONI DI GEOVA E GLI ABUSI SUI MINORI

Ultimo Aggiornamento: 15/02/2020 17:21
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25/06/2018 00:15
 
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Analisi statistica dell’ “australian-gate”. Dato che nel seguito faremo abbondantemente ricorso alla statistica, è necessaria una premessa. Come è stato osservato, ‘statistica e morale non sono gemelle siamesi’. La solidarietà non fa calcoli, non si misura in vite danneggiate o distrutte: anche se ci fosse un solo caso di abusi su minori perpetrato da testimoni di Geova, anziché mille, da un punto di vista etico non farebbe differenza alcuna. Ma dal punto di vista dello studio dei fenomeni la differenza sussiste eccome, ed è necessario rimarcarla. I numeri esistono proprio per dare un’idea delle grandezze in gioco, e, per lo stesso motivo per cui non mettiamo sullo stesso piano di gravità un omicidio involontario con un attentato terroristico che causa centinaia di vittime, così non si possono onestamente ignorare le corrette dimensioni di una realtà che solo un’attenta disamina dei dati disponibili, di cifre, percentuali e proporzioni, è in grado di descrivere.

E dunque: quanto è 'grave' il problema che sembra essere venuto fuori fra i testimoni di Geova australiani? Si può ingenuamente credere che i mille (e passa) abusi rappresentino una enormità, senza considerare che proprio questi numeri ritraggono al contrario un fenomeno statisticamente insignificante. Anche prendendo per buoni questi numeri senza passarli al setaccio, si tratterebbe difatti di una media di 15 casi di abusatori di minori all'anno. Una ratio irrilevante, atteso che dal 1950 ad oggi si sono avvicendati nel 'continente dei canguri', considerando il tasso di crescita e quelli di mortalità e di abbandono, centinaia di migliaia di testimoni di Geova.

Ma c’è di più: parlare di ‘1006 casi di molestatori testimoni di Geova’ è gravemente errato. Fra gli atti della Commissione è stata messa a disposizione e diffusa via Internet una tabella nei quali ciascun evento era classificato secondo diverse variabili, tra le quali:

- sesso dell’abusatore e della/e vittima/e, ed età della/e vittima/e
- numero delle vittime di ciascun abusatore
- ruolo dell’abusatore nell’Organizzazione
- rimozione dagli incarichi di responsabilità, e se, e quante volte, l’accusato fosse stato eventualmente nominato di nuovo
- discrimine rispetto al contesto familiare (ovvero se si trattasse di abusi perpetrati da un familiare della vittima o meno)
- anno dell’abuso, e anno in cui si è scoperto
- ammissione o meno dell’accusato
- la ‘regola dei due testimoni’ ha impedito la formazione di un comitato giudiziario?
- è stato formato un comitato giudiziario?
- se (e quante volte) l’accusato è stato: 1) ripreso; 2) disassociato; 3) riassociato
- se l’accusato ha ricevuto una effettiva condanna per abusi

Parrà strano che, con una tale “manna dal cielo”, cioè questa sorta di meticolosa classificazione della turpitudine, i fuoriusciti non si siano sbizzarriti con i numeri tirando fuori le conclusioni più barocche. Il motivo è presto detto: proprio ragionando sui contenuti di questa tabella, anche chi non è particolarmente avvezzo a fare calcoli scoprirebbe una verità molto meno grave di quella che si lascia immaginare riempendosi la bocca con i ‘1006 casi di abusi sessuali su minori in Australia’.

I 1006 casi erano accomunati dalla circostanza per cui nessun testimone di Geova aveva richiesto l’intervento delle autorità, o almeno così sostengono i fuoriusciti. Apprendiamo però dalla discriminante Abuse type, “Familial” o “Non-Familial”, che quasi la metà degli abusi (464 su 1006) si erano verificati in ambito familiare. Come spiegato in precedenza, ciò costituisce un disincentivo, forte quanto naturale, all’eventualità di una denuncia. Altra variabile cui la definizione di ‘1006 casi di abusi non denunciati’ non rende giustizia è quella dell’età della vittima: non si fa distinzione infatti fra ‘bambini’ e ‘minorenni’, omettendo di sottolineare, come ci dice la tabella, che almeno 45 abusi siano avvenuti su vittime nella fascia 15-18 anni. È questo non un tentativo di sminuire il problema, ma una precisazione banalmente indotta dalla natura delle cose. Molestare una diciassettenne è certamente cosa grave ed è un reato, ma non è lo stesso che molestare una bambina di otto o nove anni: la ripugnanza ha i suoi diversi gradi di espressione. La repulsione per un genere di “attenzioni” non richieste né desiderate rimane fuori di discussione; non altrettanto si può dire di quella legata all’età anagrafica di chi ne è oggetto. Questo è purtroppo confermato dalle tendenze dei giovani in fatto di esperienze sessuali. È noto come il sesso venga scoperto ad una età sempre più precoce e di solito ben prima di diventare maggiorenni. Secondo una recente stima, in Australia le ragazze hanno mediamente il primo rapporto consenziente addirittura prima di aver compiuto i 16 anni [88] . In subordine merita attenzione anche il fatto che la tabella suddivida le vittime per fascia di età, ma nulla dice sull’età dei molestatori (o supposti tali): altra questione niente affatto secondaria, che probabilmente ha fatto finire nel calderone “qualche dozzina” di evenienze in cui le molestie sarebbero state operate anch’esse da parte di minorenni. È risaputo per esempio come alcuni giovani si concedano reciprocamente le prime esperienze erotiche già alle scuole medie, e quindi il caso prospettato è malauguratamente tutt’altro che raro.

La tabella indica anche l’anno in cui il primo abuso fu commesso. Escludendo i 379 casi in cui questo dato non è disponibile, nei rimangono 627. Risulta che in 150 di questi gli episodi si verificarono entro il 1980, e di questi 150, 64 entro il 1970. Diversi abusi furono commessi negli anni ’50, e uno addirittura (evidentemente chiamato fuori dall’intervallo di 65 anni per la sua unicità) nel 1938. Ne viene fuori un’altra riflessione del tutto naturale: si possono mettere insieme fatti avvenuti cinquanta o sessant'anni con episodi recenti? Il codice etico non è invariato, tutt'altro: oggi giudichiamo, giustamente, gli abusi su minori un’aberrazione assoluta; negli anni '50 o ‘60 questo dramma suscitava la medesima esecrazione? Il grado di consapevolezza era verosimilmente diverso: anziani, abusatori, le stesse vittime e le rispettive famiglie percepivano l'abuso in modo differente da oggi. Questa osservazione non è limitata ai testimoni di Geova, ma riguarda la società in generale: come osservato in precedenza, la giusta ripugnanza per gli abusi sui minori anche nei paesi evoluti è un fenomeno relativamente recente, così come lo sono implicazioni penali e denunce. Ecco al riguardo il parere di una esperta, riferito peraltro ad epoche posteriori agli anni 1960:


“Non credo che 18 o 20 anni fa sapessimo molto sull'esistenza dei pedofili o su cosa fossero esattamente. Non era considerato un reato criminale. Nemmeno la società in generale metteva in guardia alcuno contro un tale comportamento, al fine di prendere le dovute precauzioni contro un crimine vile. Abbiamo commesso l'errore di non dargli peso [...] 18 o 20 anni fa le persone non avevano la minima idea che tali comportamenti potessero nuocere emotivamente ai bambini. I genitori non conoscevano la serietà del problema e gli effetti che avrebbe provocato nel lungo periodo. […] I risultati che emergevano da questi studi non venivano resi noti al pubblico. Apparivano solo alcuni articoli su pochi giornali. Ma si era molto lontani dall'essere avvertiti o istruiti in proposito. […] A scuola non è stata promossa alcuna campagna di istruzione” - Dr. Gail Bethea-Jackson, specializzata in psicologia dei bambini e adolescenziale, stress e depressione post-traumatica [89] .





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NOTE IN CALCE

[88] www.voglioviverecosi.com/eta-del-primo-rapporto-sessuale-nel-mond... .

[89] I Testimoni di Geova e la tutela dei bambini, dal sito CristianiTestimonidiGeova.net; articolo del 16/02/2006 (traduzione affinata da tdgonline).


[Modificato da EverLastingLife 01/07/2018 16:32]
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