Mercoledì 29 maggio
Non avete pronunciato riguardo a me ciò che è veritiero, come ha fatto il mio servitore Giobbe (Giob. 42:8)
“Può un uomo robusto essere utile a Dio stesso, perché qualcuno che ha perspicacia gli sia utile?”, chiese Elifaz il temanita a Giobbe. “Ha l’Onnipotente qualche diletto in quanto tu sei giusto, o qualche guadagno in quanto rendi la tua via irriprovevole?” (Giob. 22:1-3). Come risponderemmo a domande come queste? Elifaz era convinto che la risposta fosse no. Uno dei suoi amici, Bildad il suhita, suggerì persino che per gli esseri umani fosse impossibile avere una condizione giusta davanti a Dio (Giob. 25:4). Secondo quei falsi confortatori, per Geova gli sforzi che facciamo per servirlo lealmente non servono a nulla, e ai suoi occhi non valiamo più di una tignola, di un baco o di un verme (Giob. 4:19; 25:6). Ciò che Geova pensa al riguardo risulta chiaro dal fatto che rimproverò Elifaz, Bildad e Zofar per aver pronunciato falsità, mentre approvò Giobbe, definendolo “mio servitore” (Giob. 42:7). Da questo capiamo che un essere umano può “essere utile a Dio stesso”. w17.04 28 parr. 1-2