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E qui sta la differenza insanabile: per voi la parabola del ricco e Lazzaro è più di un "
apologo": è una vera e propria "
prosopopea", cioè una figura retorica con cui si introducono a parlare persone assenti o morte, o cose astratte e inanimate, come se fossero vive e presenti. Questa interpretazione potrebbe andare bene per le ombre che si svegliano nel soggiorno dei morti a salutare il Faraone o il re di Babilonia o per le anime che gridano sotto l'altare (dove le anime potrebero rappresentare il sangue dei martiri).
Ma una
"parabola" è una cosa diversa: è una "similitudine" o una "comparazione" che è sempre profondamente radicata nella realtà
Aquila:
beh, diciamo che questa è una spiegazione, mi consenti, un po'...tirata.Va bene che l' argumentum ex silentio valga poco o nulla, però addirittura che Geova non mandi in quei quattro giorni l' "anima" di Lazzaro nella beatitudine celeste o altrove perché sapeva che sarebbe stato risuscitato di lì a poco, beh, francamente mi sembra che un' "anima" che funzioni "a intermittenza" sia assai poco credibile.
Quattro giorni di nanna però sono niente rispetto alla tesi di millenni inconsci