Chirurgia senza sangue: quanto è diffusa in Italia?
Rifacendoci a fonti divulgative esterne ai Testimoni di Geova, si può certamente affermare che
la medicina e chirurgia senza sangue è praticata in Italia sin dai primi anni ’70. In un servizio di Panorama del 23 luglio 1979 relativo a un convegno medico nell’ospedale di Ripatransone in provincia di Ascoli Piceno, il dottor Cesare Buresta, precursore in questo campo pur essendo estraneo religiosamente ai testimoni di Geova, dichiarava che “era possibile operare senza trasfusioni di sangue nel 99% dei casi.
Oggi ogni anno vengano effettuati circa 16.000 interventi da parte di 5.000 medici senza il ricorso alle trasfusioni. Tra questi, interventi complessi che vanno dai trapianti di fegato alla cardiochirurgia per arrivare a interventi in utero per curare la spina bifida, come descritto dal nostro giornale qualche settimana fa.
Che dire degli interventi non programmati o delle urgenze? Il
dottor Samuel Mancuso cardiochirurgo al Maria Pia Hospital di Torino afferma: “Non esistono sfide impossibili. La letteratura pubblica da anni lavori in cui si evidenzia che la mortalità dei pazienti testimoni di Geova in urgenza è alta tanto quanto quella dei pazienti in urgenza sottoposti a trasfusioni”. (Libero 15 aprile 2019).
Sulla stessa falsa riga il dottor Massimo Franchi professore di ostetricia e ginecologia all’Università degli Studi di Verona e direttore dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia presso l’Azienda ospedaliera universitaria di Verona. Alla domanda se avesse visto morire qualcuno che aveva rifiutato una trasfusione ha risposto: “Nella mia esperienza clinica di oltre 30 anni non ho mai avuto esperienze di questo tipo e neanche in qualità di medico legale. Non è corretto dire che una persona morirà perché non accetta il sangue. E’ una situazione complessa e andrebbe rivista da caso a caso. Non possiamo escludere niente, ma non possiamo escludere neanche la morte da trasfusione”.
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