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Pietro fu mai a Roma?

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2010 11:44
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22/07/2008 23:23
 
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Qui si parlava se la Bibbia parla di Pietro a Roma. Decisamente non ne parla, tranne il riferimento a "Babilonia" variamente interpretabile. Ma ne abbiamo parlato decine di volte, mi viene a noi parlare con gente come te.

Di fatto si arriva a sostenere che Pietro è morto a Roma solo perché non sono attestate altre tradizioni significativa.

Shalom
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22/07/2008 23:36
 
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Quando si tratta di storia il cristianesimo non c'entra; la presenza di Pietro a Roma è un fatto che, se è avvenuto, è avvenuto nel nostro spazio-tempo, e dunque al pari di qualunque altro evento avvenuto nella storia dell'uomo, ha interagito col suo contesto lasciando delle tracce al pari di un discorso di Cesare o di un'invasione persiana. Poiché è avvenuto nella storia, sono da consultare tutte le discipline che la analizzano. La Bibbia, termine che nel I secolo tra l'altro non ha senso al pari di "Nuovo Testamento" nel senso oggi inteso, è una preziosa fonte che va ad incastrarsi ad altre, senza alcun privilegio (a meno di non voler uscire dalla scienza). Si deve fare uno scandaglio delle fonti senza criteri confessionali, attingendo alle più diverse discipline e fonti. Tutt'al più è utile chiedersi se nella Bibbia ci siano indizi o riferimenti ad una presenza di Pietro a Roma che confermino quella che è l'unanime attestazione antica.
Comunque ripeto la domanda: qualcuno ha letto questo benedetto libro di Miegge e sa dirci se è vero ciò che di esso ci riferisce Oscar Cullmann?

Ad maiora
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(Κ. Καβάφης)
23/07/2008 00:10
 
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Caro Polymetis,


Poiché è avvenuto nella storia, sono da consultare tutte le discipline che la analizzano



Chi ha mai detto il contrario? Era Konneri che sosteneva che la presenza di Pietro a Roma sarebbe chiaramente attestata dalle Scritture.


qualcuno ha letto questo benedetto libro di Miegge e sa dirci se è vero ciò che di esso ci riferisce Oscar Cullmann?



Cullmann nel suo San Pietro del 1952 scrive che l'opuscolo dal carattere divulgativo Pietro a Roma di Miegge costituiva una eccellente iniziazione al problema e se ben ricordo le sue tesi avvicinate a quelle del Goguel, altro storico scettico rispetto alla presenza di Pietro a Roma. Non saprei però cosa dice il Miegge-Papini a questo proposito.

Shalom

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23/07/2008 00:31
 
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"Era Konneri che sosteneva che la presenza di Pietro a Roma sarebbe chiaramente attestata dalle Scritture."

Quand'è così l'errore di prospettiva è suo, avrebbe dovuto sapere che per noi cattolici nella Scrittura non è attestato chiaramente un bel niente, in nessun campo (altrimenti che fine farebbe l'ermeneutica?). Per noi la Scrittura è utile per insegnare solo qualora la si legga nella chiave ermeneutica corretta.

" Cullmann nel suo San Pietro del 1952 scrive che l'opuscolo dal carattere divulgativo Pietro a Roma di Miegge costituiva una eccellente iniziazione al problema"

Usava quest'aggettivo?

"Non saprei però cosa dice il Miegge-Papini a questo proposito. "

In questo caso si faccia avanti qualcun altro, magari chi quel libro l'ha consigliato.

Ad maiora


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(Κ. Καβάφης)
23/07/2008 02:10
 
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Re:
Polymetis, 7/22/2008 11:02 PM:

"Si Se la sognato, Cullmann fa come i voluzionisti, c'e' senpre quel missinlink!?"

Guarda che non ho chiesto cosa pensi della tesi di Cullmann su Pietro a Roma, sarebbe irrilevante, ho chiesto conferma di quello che Cullmann riferisce sul parere di Miegge.

"Alle 7 chiese. Roma non viene neanche mensionata? Perche? Se avesse un ruolo centrale"

Gerusalemme aveva certo un ruolo centrale, e neppure lei è menzionata, perché? Perché banalmente questa "lettera" è per le Chiese dell'Asia minore.

Ad maiora



Caro Poly , Cisono 2 due, Gerusalemme quella moderna, o quell'antica?? [SM=g8336]

23/07/2008 10:14
 
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Caro Poly,


Usava quest'aggettivo?



Si, ma non ci trovo nulla di strano. Miegge era un teologo molto apprezzato e d'avanguardia, ed il suo libretto su Pitero, a quanto ricordo, è molto rigoroso e non cede a facili anticlericalismi. Che poi Cullmann arrivasse a conclusioni diverse non significa che non potesse apprezzare l'opera di Miegge.


n questo caso si faccia avanti qualcun altro, magari chi quel libro l'ha consigliato



Se lo dici con questo tono dai l'impressioni di fare i tuoi soliti pistolotti sulle "citazioni taroccate". Chiedi alla Claudiana, è l'editore he mette in copertina quella frase. Io ne avevo una edizione firmata da Papini, ma non riesco più a trovarla.

Shalom




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23/07/2008 11:36
 
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Re:
Polymetis, 22/07/2008 23.36:


Comunque ripeto la domanda: qualcuno ha letto questo benedetto libro di Miegge e sa dirci se è vero ciò che di esso ci riferisce Oscar Cullmann?

Ad maiora



Questo libro ce l'ho e l'ho letto e te l'ho citato perchè non è un libretto anticlericale, ma una rigorosa analisi delle fonti usate in favore della presenza di Pietro a Roma. Il suo lavoro è poi integrato dallo storico Carlo Papini. Il risultato è che la presenza di Pietro a Roma non è così certa e scontata come tu vuoi far credere.
Poi se anche Pietro a Roma ci fosse stato, la cosa non mi turberebbe affatto, ne prenderei atto senza problemi. Diversa invece è la tua situazione che ti vede costretto ad una difesa ad oltranza della parusia di Pietro a Roma. Infatti, la dimostrazione che Pietro non sia stato a Roma, farebbe crollare in un istante le fondamenta del papato e del cattolicesimo romano stesso!

[Modificato da christofer2006 24/07/2008 09:36]
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23/07/2008 23:51
 
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Per Barnabino

"Chiedi alla Claudiana, è l'editore he mette in copertina quella frase. Io ne avevo una edizione firmata da Papini, ma non riesco più a trovarla. "

Ma di che frase parli? Dall'introduzione riportata non si dice che Miegge neghi la presenza di Pietro a Roma ma solo che faccia un esame in chiave critica delle fonti primarie, cosa del resto che non ha nulla di insolito per la tradizione protestante meno recente.
Tra l'altro quell'introduzione dice da sola quella che serve sapere, e cioè che si tratta di un'opera d'antiquario, un po' come si ristampa la Vita di gesù del Ricciotti. Dicono infatti che la questione negli ultimi anni sembra essersi risolta in senso positivo (cosa che era pleonastico specificare perché solo i settari della Bible Belt mettono in dubbio la presenza di Pietro a Roma), e che tuttavia riesaminare le fonti con questo saggio può ancora riservare qualche sorpresa.

Per Chr

"Poi se anche Pietro a Roma ci fosse stato, la cosa non mi turberebbe affatto, ne prenderei atto senza problemi."

Ma quello che mi interessa è la tesi del libro. Nega la presenza di Pietro a Roma, o come dice Cullmann, ammette una tarda venuta dell'apostolo nella capitale?

"Diversa invece è la tua situazione che ti vede costretto ad una difesa ad oltranza della parusia di Pietro a Roma"

Questa frase non vuol dire nulla. Tutti i cristiani hanno dei punti che devono difendere, ad esempio la storicità della resurrezione di Cristo, questo non vuol dire che, oggi come ieri, sia mancato uno stormo di accademici che l'hanno negata. Nel caso della presenza di Pietro a Roma non è più questione né di difese aprioristiche né di critiche esasperate in stile ottocentesco come quelle dell'Heussi, semplicemente il dibattito accademico alla fine ha dato ragione alla tradizione, mettendo cioè in luce come con l'ipercriticismo usato per le fonti su Pietro si potrebbe demolire qualunque cosa sappiamo sul cristianesimo primitivo lasciando i nostri manuali in bianco, e che non c'è niente né di sensato né di ragionevole nella continua negazione e nella fabbricazione di ipotesi ad hoc che si faceva nell'ottocento per spiegare la genesi di questa tradizione. Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem. Già Harnack, il dio della teologia liberale, aveva scritto che chi non crede alla presenza di Pietro a Roma s'acceca volutamente perché anziché adattare le teorie ai fatti adatta i fatti alle teorie (Holmes docet).

"Infatti, la dimostrazione che Pietro non sia stato a Roma, farebbe crollare in un'istante le fondamenta del papato e del cattolicesimo romano stesso! "

Linguaggio desueto. La dimostrazione non appartiene allo statuto epistemologico delle scienze storiche, cambia sostantivi.

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24/07/2008 00:31
 
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Caro Polymetis,


Ma di che frase parli?



Parlavo degli apprezzamenti di Cullmann riportati in quarta di copertina.


Tra l'altro quell'introduzione dice da sola quella che serve sapere, e cioè che si tratta di un'opera d'antiquario



Beh, insomma... allora anche Cullmann è antiquariato visto che erano coetanei. Per quanto riguarda il problema specifico di Pietro a Roma dagli anni 50-60 ad oggi può essere cambiato l'atteggiamento dei teologi dopo il vaticano II (seppure Miegge era un teologo aperto al dialogo ecumenico), ma non ci sono stati significativi sviluppi per quanto riguarda le fonti.


la questione negli ultimi anni sembra essersi risolta in senso positivo



Il libro è corredato da una appendice molto lunga di Papini che riesaminando le fonti concorda con l'atteggiamento scettico di Miegge per quanto riguarda la presenza di Pietro a Roma pur ammettendo che la maggior parte di teologi si sia allineata alle tesi di Cullmann.

Per quanto ricordo Papini pare voglia sottolineare che la tesi di Piero a Roma, pur accettata negli ultini 30-40 anni anche in campo protestante non è corroborata da un attento esame delle fonti e si basa, più che altro, sul fatto che non sono attestate altre tradizioni così antiche (Papini, con Miegge, la pone intorno al 120-130).

Shalom

[Modificato da barnabino 24/07/2008 00:42]
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24/07/2008 09:33
 
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Re:
barnabino, 24/07/2008 0.31:


Il libro è corredato da una appendice molto lunga di Papini che riesaminando le fonti concorda con l'atteggiamento scettico di Miegge per quanto riguarda la presenza di Pietro a Roma pur ammettendo che la maggior parte di teologi si sia allineata alle tesi di Cullmann.

Per quanto ricordo Papini pare voglia sottolineare che la tesi di Piero a Roma, pur accettata negli ultini 30-40 anni anche in campo protestante non è corroborata da un attento esame delle fonti e si basa, più che altro, sul fatto che non sono attestate altre tradizioni così antiche (Papini, con Miegge, la pone intorno al 120-130).

Shalom




Direi che Barnabino ha sintetizzato adeguatamente le conclusioni del libro. Infatti oltre al contributo del Miegge, questo libro è integrato dallo storico Pagini (tuttora vivente) che arriva alle seguenti conclusioni:

Anzitutto dice che diversamete da quanto si legge abitualmente la notiza di una venuta di Pietro a Roma "appare priva di un fondamento storico solido e sicuro" (p.149).
Inoltre scrive: "di fronte al silenzio totale del NT, la venuta di Pietro a Roma rimane una eventualità che non può essere esclusa a priori, anche se appare poco convincente. Se Pietro è venuto a Roma, è tuttavia probabile che vi sia rimasto solo per pochi mesi" (p.149).
Aggiunge: "Quello che invece si deve escludere a priori è che Pietro sia diventato,per breve o lungo tempo, vescovo di Roma, perchè nessun rapporto diretto di successione poteva esistere tra il ministero universale e carismatico di apostolo del Signore e quello locale e istituzionale di presbìtero o episcopo" (pp. 149,150).
Conclude: "Da un punto di vistastorico è quindi da escludere che Pietro possa essere considerato il primo "papa" di Roma, come si continua ripetere...non è neppure storicamente corretto parlaredei vescovi di Roma come successori degli apostoli" (p.150).

Qundi questo testo di Miegge-Papini, ci dimostra che nonostante negli ultimi decenni, la questione della presenza di Pietro a Roma sembrava risolta in senso positivo, cioè a conferma di tale presenza, un riesame scientifico delle fonti antiche, come quello operato in questo testo, dimostra che non è così.
[Modificato da christofer2006 24/07/2008 09:35]
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24/07/2008 11:08
 
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Per Bar

“Beh, insomma... allora anche Cullmann è antiquariato visto che erano coetanei.”

No, sarebbe anche Cullmann opera d’antiquario se la sua tesi fosse desueta come quella di Miegge.

“Per quanto riguarda il problema specifico di Pietro a Roma dagli anni 50-60 ad oggi può essere cambiato l'atteggiamento dei teologi dopo il vaticano II”

Ma che cosa c’entra il Concilio Vaticano II?

“Il libro è corredato da una appendice molto lunga di Papini che riesaminando le fonti concorda con l'atteggiamento scettico di Miegge per quanto riguarda la presenza di Pietro a Roma pur ammettendo che la maggior parte di teologi”

a)Non sto parlando di teologi, di quelli mi frega poco, io parlo di filologi.
b)La maggioranza dove? Chiunque abbia una cattedra di storia del cristianesimo antico, non “la maggioranza”

Per Chr

“Anzitutto dice che diversamete da quanto si legge abitualmente la notiza di una venuta di Pietro a Roma "appare priva di un fondamento storico solido e sicuro" (p.149).”

Come dicevo è per l’appunto questo che va messo in luce, e cioè che con un atteggiamento ipercritico verso le fonti ed inventando ipotesi ad hoc si può destituire di fondamento qualsiasi pagina di un manuale di storia antica, il problema è se sia ragionevole farlo e se ci siano indizi del fatto che spingano a farlo. In questo senso gli storici si sono resi conto da tempo del pregiudizio che la tradizione aveva nel trattare queste fonti rispetto ad altre, ma evidentemente c’è gente ancora retrò, sebbene di nessuna importanza.

“Inoltre scrive: "di fronte al silenzio totale del NT, la venuta di Pietro a Roma rimane una eventualità che non può essere esclusa a priori, anche se appare poco convincente.”

Già qui è un presupposto tutto suo perché i più credono, sia tra i Padri che tra i contemporanei, credono che il NT parli di una presenza di Pietro a Roma sia nelle lettere di Pietro sia negli Atti (l’eis allon topon), il che va ovviamente ad implementarsi con la Traditio. Per tutto questo è la recente biografia del luterano Thiede su Pietro.

“Aggiunge: "Quello che invece si deve escludere a priori è che Pietro sia diventato,per breve o lungo tempo, vescovo di Roma, perchè nessun rapporto diretto di successione poteva esistere tra il ministero universale e carismatico di apostolo del Signore e quello locale e istituzionale di presbìtero o episcopo" (pp. 149,150).”

Qui usciamo dal tema di questa discussione, e i pareri di cattolici e protestanti possono diversificarsi. Comunque non vedo che senso abbia quest’obiezione, sappiamo che la prima cattedra di Pietro fu Antiochia, si tratta semplicemente di un vescovo che decide di insediarsi in una comunità e di comandarla per un certo tempo.

“"Da un punto di vistastorico è quindi da escludere che Pietro possa essere considerato il primo "papa" di Roma, come si continua ripetere...non è neppure storicamente corretto parlaredei vescovi di Roma come successori degli apostoli" (p.150).”

Anche questa è una polemica aperta, tutto dipende dall’accettazione o meno dalle fonti, in questo caso la lista di successione apostolica romana risale ad Egesippo, accettarla o meno è a discrezione e con una quantità di presupposti dietro di sé.
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24/07/2008 11:43
 
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Caro Polymetis,


No, sarebbe anche Cullmann opera d’antiquario se la sua tesi fosse desueta come quella di Miegge



Dunque l'analisi di Miegge, in sé, non è da antiquariato, semplicemente ritieni poco consueta la posizione di scetticismo a cui perviene circa la presenza di Pietro a Roma.


Ma che cosa c’entra il Concilio Vaticano II?



Il Concilio Vaticano II, che incorporò anche teologi protestanti come Cullmann, ebbe il pregio di favorire l'atteggiamento ecumenico. Come pensare che non possa influire sugli studi storici, soprattutto dove le fonti sono interpretabili e scarse e l'argomento, comunque, secolarmente controverso?


Non sto parlando di teologi, di quelli mi frega poco, io parlo di filologi



Mi pare che l'analisi di Miegge e poi quella di Papini sia di tipo storico e filologico e non teologico. L'opuscoletto per qanto ricordo non parla di teologia. Il testo di Papini per quanto ne sappia è stato rivisto da Corsani e Redalié.


La maggioranza dove? Chiunque abbia una cattedra di storia del cristianesimo antico, non “la maggioranza”



In genere ci si esprime in termini di probabilità più che di certezze, e comunque questo non mi pare che tolga dignità e valore scientifico al lavoro di Miegge che si limita a fare un'analisi delle fonti arrivanto a conclusioni più scettiche rispetto alla tesi positiva.

Shalom






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24/07/2008 17:23
 
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La tradizione cattolica dice che Pietro fu martirizzato nell’anno 67 quando anche fu ucciso Paolo, il quale scrisse da Roma la sua seconda lettera a Timoteo. Al termine di questa lettera, Paolo, riferisce:
"quanto a me io sto per essere offerto in libagione e il tempo della mia dipartenza è giunto" (cap. 4, ver. 6).
"Luca solo è con me" (ver. 11)!
"Tutti mi hanno abbandonato" (ver. 16).
Nessuna notizia di Pietro!
Infatti Pietro era a Babilonia (I lettera di Pietro cap. 5, ver. 13) sul campo che il Signore gli aveva affidato per predicare il Vangelo.
www.riforma.net/cattolicesimo/nepietro.htm

O Pietro e Paolo non erano insieme, oppure non avevano dimenticato questa circostanza: Galati 2:11 Comunque, quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei faccia a faccia, perché era condannato.
Sicuramente Paolo non lo menziona, per il semplice fatto che Pietro non era lì con lui.



<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><>
Alla luce dei fatti, gli apostati delle nuove religioni non possiedono gli standard di
obiettività personale, competenza e comprensione informata richiesti a testimoni esperti.

Lonnie D. Kliever
24/07/2008 17:41
 
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Quando 5 anni fa andai al Vaticano, c'era una guida che ci accompagnava durante la visita alle tombe dei papi.
Gli chiesi quali prove storiche esistessero a dimostrazione della presenza di Pietro a Roma, la sua risposta fu: nessuna prova certa, l'unico documento è uno scritto apocrifo del III secolo. Comunque, credere nella presenza di Pietro a Roma è fondamentalmente un atto di fede.

Ora, vorrei sapere da Polymetis: Quali sono le prove storiche che dimostrerebbero la presenza di Pietro a Roma?
24/07/2008 23:58
 
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l'unico documento è uno scritto apocrifo del III secolo



Direi della seconda metà del II secolo se si tratta degli atti di Pietro.

Shalom

[Modificato da barnabino 25/07/2008 00:02]
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25/07/2008 03:06
 
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Per Asgard

"Quali sono le prove storiche che dimostrerebbero la presenza di Pietro a Roma?"

Scusa ma chi fa domande con una terminologia simile mi fa capire che un discorso sarebbe impossibile: pianeti diversi.
Prove, dimostrazioni? Sapete qualcosa dell'epistemologia del XX secolo? Dimostrazioni? Lo statuto epistemologico della storiografia secondo voi contempla le dimostrazioni?

Per Operman

"La tradizione cattolica dice che Pietro fu martirizzato nell’anno 67 quando anche fu ucciso Paolo, il quale scrisse da Roma la sua seconda lettera a Timoteo"

La lettera a Timoteo non è di Paolo, ma questo è il minore dei problemi.
Di solito si fa una domanda più intelligente, ma ugualmente fuorviante, e cioè perché Paolo non saluti Pietro nella lettera ai Romani. Ma anche su questo ho già scritto fiumi d'inchiostro.

"Infatti Pietro era a Babilonia (I lettera di Pietro cap. 5, ver. 13) sul campo che il Signore gli aveva affidato per predicare il Vangelo. "

Pietro predicava ai giudei, e a Roma ce n'era una fiorente comunità, la più popolosa dell'impero. Inevitabile che l'apostolo dei circoncisi ci andasse.

"nessuna prova certa, l'unico documento è uno scritto apocrifo del III secolo"

La fonte più antica, tralasciando Clemente ed Ignazio da cui si ricavano solo prove indirette, è Egesippo, morto a metà II secolo.

Per Barb

"Dunque l'analisi di Miegge, in sé, non è da antiquariato, semplicemente ritieni poco consueta la posizione di scetticismo a cui perviene circa la presenza di Pietro a Roma."

Quello che non ho ancora capito è se sia scettico solo sulle cariche o anche sulla venuta, non mi spiego quella nota del Cullmann in base alla quale Miegge ammetterebbe una tarda visita dell'apostolo nella capitale. Ripeto, ma Cullmann se l'è sognato d'averlo letto?

" Il Concilio Vaticano II, che incorporò anche teologi protestanti come Cullmann, ebbe il pregio di favorire l'atteggiamento ecumenico. Come pensare che non possa influire sugli studi storici"

Teologi protestanti invitati non vuol dire distensione con tutto il mondo protestante. Inoltre la filologia e il dialogo ecumenico sono sono diverse. L'indice temporale inoltre data la svolta protestante prima, già von Harnack diceva che ormai negare questa presenza vorebbe dire accecarsi volutamente.

" Mi pare che l'analisi di Miegge e poi quella di Papini sia di tipo storico e filologico e non teologico. L'opuscoletto per qanto ricordo non parla di teologia."

Non ho detto che loro due non sono filologi, ho solo risposto alla tua frase in cui dicevi che Miegge ammette che la maggior parte dei teologi è pro-venuta a Roma. Ho ricordato che non è "la maggioranza dei teologi", percé i teologi non c'entrano.






[Modificato da Polymetis 25/07/2008 03:07]
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25/07/2008 09:39
 
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Caro Polymetis,


quello che non ho ancora capito è se sia scettico solo sulle cariche o anche sulla venuta



Il testo Miegge si limita a riesaminare lo fonti, ritenendo di dover riequilibrare le tesi storiche di Lietzmann in base a quelle di Guignebert, Bauer, Merrill e soprattutto Huessi.

Di fatto è molto scettico sulla morte o presenza di Pietro a Roma, le cui fonti ritiene troppo incerte, ma per quanto ricordo dice che l'indagine storica non esclude tassativamente una tarda venuta a Roma. Non esiste una prova documentaria, ma vi sono indizi che possono interpretarsi in questo senso. Soprattutto è l'elemento negativo ad avere un certo peso, poiché benché scarsamente documentata è l'unica tradizione che conosciamo. Tuttavia ne parla sempre come possibilità e non certezza storica. Invece è assolutamente scettivo contro la sua carica di vescovo di Roma, sia per 25 anni che durante gli ultimi anni della sua vita.


Inoltre la filologia e il dialogo ecumenico sono sono diverse



E' chiaro, ma su un argomento teologicamente delicato come questo è l'interpretabilità della maggior parte delle fonti antiche, è impossibile pensare che anche questo aspetto non abbia influito. La filologia, come qualunque altra scienza, non è fuori dalla storia.


già von Harnack diceva che ormai negare questa presenza vorebbe dire accecarsi volutamente



Non mi pare che il Miegge lo ignori, nell'introduzione elenca una serie di successive ondate di opinioni positive e negative da parte protestante.

Shalom





[Modificato da barnabino 25/07/2008 11:07]
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25/07/2008 10:12
 
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Caro Polymetis,

Non voglio tornare a polemizzare su questa vexata quaestio, ma tu dici ad Asgardiano che:


Pietro predicava ai giudei, e a Roma ce n'era una fiorente comunità, la più popolosa dell'impero. Inevitabile che l'apostolo dei circoncisi ci andasse.



Ma questo vale ancor più per Babilonia, dove la comunità giudaica era grande e prospera, e dove tra l'altro la lingua aramaica avrebbe facilitato il compito di Pietro rispetto alla capitale. Dunque vedi che Babilonia è altrettanto probabile come meta della predicazione di Pietro.

Come detto la scelta su Roma dipende solo dal silenzio delle fonti su Babilonia.


La fonte più antica, tralasciando Clemente ed Ignazio da cui si ricavano solo prove indirette, è Egesippo, morto a metà II secolo



Egesippo, arrivò a Roma dalla Siria verso il 165 per fortificare la fede nella "successione apostolica", in un momento in cui Roma, in seguito alla crisi marcionita che aveva innalzato Paolo a sua bandiera, aveva bisogno appogiarsi all'autorità di un altro apostolo.

Se Egesippo arrivò a Roma passando da Corinto potrebbe semplicemente aver tratto la sua opinione dalle allusioni della lettera di Clemente e da essa dipendere.

Shalom
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25/07/2008 14:32
 
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“Il testo Miegge si limita a riesaminare lo fonti, ritenendo di dover riequilibrare le tesi storiche di Lietzmann in base a quelle di Guignebert, Bauer, Merrill e soprattutto Huessi.”

Sul metodo di Heussi discute anche Cullmann, e si riassume in una riga: un’ipotesi ad hoc dietro l’altra, che ovviamente non si pone mai la pena di documentare. Basta trovare un’ipotesi alternativa che spieghi qualcosa, e, senza argomentare il perché l’ipotesi alternativa sarebbe più probabile, si pensa d’aver azzerato una fonte. Come ripeto con questo metodo si può cancellare qualsiasi pagina di un manuale di storia del cristianesimo primitivo.

“. Non esiste una prova documentaria”

In storia le prove documentarie non esistono!!!!!!! E’ solo un façon de parler…

“Soprattutto è l'elemento negativo ad avere un certo peso, poiché benché scarsamente documentata è l'unica tradizione che conosciamo”

Perché banalmente è quella vera, ecumenica e più antica.

“Tuttavia ne parla sempre come possibilità e non certezza storica.”

La certezza storica non esiste in nulla. Ma perché parlo…

“E' chiaro, ma su un argomento teologicamente delicato come questo è l'interpretabilità della maggior parte delle fonti antiche, è impossibile pensare che anche questo aspetto non abbia influito.”

Io invece, che coi filologi ci parlo ogni giorno, lo ritengo del tutto pensabile. Se ne infischiano del dialogo ecumenico, hanno la loro metodologia da seguire.

“La filologia, come qualunque altra scienza, non è fuori dalla storia.”

E come ripeto la presa di consapevolezza protestante del pregiudizio anticattolico su questa tesi risale a prima del Concilio. Inoltre, come ripeto, quale che ne sia la causa, oggi nessun accademico con una cattedra e che non lavori in una sfigata università battista del sud USA dove si insegna il creazionsimo anziché Darwin, ritiene che San Pietro sia stato a Roma, questo è l’unico fatto. La filologia che s’è messa d’accordo, i settari della Bible Belt dall’altra.

“nell'introduzione elenca una serie di successive ondate di opinioni positive e negative da parte protestante.”

Che oggi sono assestate.

“Ma questo vale ancor più per Babilonia, dove la comunità giudaica era grande e prospera, e dove tra l'altro la lingua aramaica avrebbe facilitato il compito di Pietro rispetto alla capitale.”

Ci sono cose che non vanno, quando dico che si tratta di pregiudizio. LA fonte che ci dice che Pietro andò a Roma, è la stessa che usiamo per dire che il primo Vangelo è di Marco, eppure si accetta la seconda cosa e non la prima. Questa fonte, Papia, ci dice che Pietro predicò a Roma, che il Vangelo di Marco è la trascrizione disordinata di tale catechesi orale, e che Marco funse da parziale interprete, il che è perfettamente coerente coi latinismi nel Vangelo di Marco e con curiose specificazioni assenti negli altri Vangeli, come quella che neppure la donna può ripudiare il marito, comprensibile solo alla luce della legislazione romana degli auditori a cui il vangelo veniva predicato. Babilonia invece non è plausibile, sia perché non era più il centro di un bel niente nel I secolo e il nuovo centro di potere era Roma, sia perché non c’è traccia di cristianesimo a Babilonia fino al III secolo. Questi sono gli unici fatti che esistano, il resto sono ipotesi ad hoc, e questi unici fatti fanno pendere la bilancia verso Roma. Per smentire queste cose bisogna costruire un teorema fatto di un castello di ipotesi. Che esistesse una comunità cristiana a Babilonia di cui non c’è rimasta traccia, che ci fossero ebrei*, che per qualche oscuro motivo Pietro anziché predicare alla maggiore comunità della diaspora nell’impero si fosse recato a Babilonia, che questa tradizione su Pietro a Babilonia si sia volatilizzata non si sa come, che la stessa fonte che ci dice che il primo Vangelo è di Marco non sia affidabile nelle medesime righe quando ci dice che il realtà è un Vangelo romano di Pietro (ma allora perché non si rigetta l’attribuzione a Marco del I Vangelo?), che Papia vescovo di Gerapoli si sia rivolto a Roma per tracciare la lista della successione apostolica perché questa città aveva un bel nome.

“in seguito alla crisi marcionita che aveva innalzato Paolo a sua bandiera, aveva bisogno appogiarsi all'autorità di un altro apostolo”

Questo è quello che intendevo ipotesi ad hoc. Non c’è nessuna argomentazione intono a questo, e andrebbe respinta con un “quod gratis adfirmatur, gratis negatur”. Un processo agli intenti di gente vissuta 1800 anni fa sulla base di che cosa? Il nulla. Solo un teorema da costruire per evitare di far credito alle fonti, per poi tenersi buone quelle fonti altove. Comunque l’accoppiata Pietro e Paolo riferita a Roma è ben più antica della crisi marcionita, salta già fuori in Ignazio e in Clemente (altro caso)? Per non parlare delle altre due fonti di fine I secolo, il frammento Rainer e l’Ascensio Isaiae.

“Se Egesippo arrivò a Roma passando da Corinto potrebbe semplicemente aver tratto la sua opinione dalle allusioni della lettera di Clemente e da essa dipendere.”

Altra ipotesi ad hoc, il procedimento di Heussi e tuo è esattamente questo. Una sfilza di cose che non vi date neppure la pena di sostenere. Con un simile modo di procedere, il “potrebbe”, si può negare ogni singola riga dei Vangeli: questo è quello che si chiama pregiudizio e assenza di misura, anzi, doppio peso e doppia misura, perché poi si accetta il resto della storia antica cambiando criteri.
Prima si dice che la lettera di Clemente non parla della presenza di Pietro a Roma, poi quando fa comodo improvvisamente ne parla per allusioni ed Egesippo ci sarebbe cascato. Come no, gente che si mette a compilare liste di vescovi sulla base di “allusioni” in una lettera. E non banalmente perché, invece, era sul posto e dunque s’è documentato? Anzi, è andato sul posto, e proprio lì, proprio perché prima di andarci sapeva che lì c’era la miglio successione apostolica del pianeta in quanto lì erano morti martiri Pietro e Paolo?

* Apprendiamo da Giuseppe Flavio di come verso la metà del primo secolo gli Ebrei avevano abbandonato Babilonia e si erano trasferiti nella città di Seleucia (Ant. Giud. XVIII,9.8 ), e dunque sebbene abbiamo testimonianze di attività giudaica a Babilonia nei secoli successivi, non sono credibili in questo periodo. L’interpretazione di Babilonia nell’epistola petrina come la città mesopotamica, e riferisco gli ipsissima verba di Cullmann visto che mi si accusa di portare solo studiosi cattolici, non è affatto verosimile né si appoggia alla tradizione cristiana posteriore, la quale non conosce in quelle regioni attività missionario di Pietro bensì solo dell’Apostolo Tommaso; si aggiunga il fatto che anche il Talmud babilonese menziona soltanto a partire dal III secolo la presenza di cristiani in questa regione (pag. 113) Di particolare nota, tanto per ricordarci che la comunità di Roma non s’è inventata un mito da sola ma anche le altre comunità Asia sapevano che Pietro era stato là, la lettera di Dionigi di Corinto ai Romani del 170 d.C. riportata da Eusebio, II, 25,8 dove si menziona la predicazione dell’apostolo nell’Urbe.
[Modificato da Polymetis 25/07/2008 14:34]
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
25/07/2008 17:32
 
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"Quali sono le prove storiche che dimostrerebbero la presenza di Pietro a Roma?"

Scusa ma chi fa domande con una terminologia simile mi fa capire che un discorso sarebbe impossibile: pianeti diversi.
Prove, dimostrazioni? Sapete qualcosa dell'epistemologia del XX secolo? Dimostrazioni? Lo statuto epistemologico della storiografia secondo voi contempla le dimostrazioni?



Chiedo scusa, ma in queste parole non trovo una risposta diretta alla mia domanda.
Rielaboro la domanda: esistono prove attendibili che dimostrerebbero inconfutabilmente la presenza di Pietro a Roma?
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