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Disassociazione: "Condanna all'invisibilità", ovvero a "Non esistere"

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2009 21:26
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18/01/2009 12:06
 
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Il Disassociato viene condannato alla Non - Esistenza. Almeno per gli altri. Forse una delle cose peggiori a cui un Uomo possa essere condannato.




Disassociazione: Condanna all’Invisibilità

Carissimi.

Ricordo, tempo fa, un episodio della bella serie “Ai Confini della Realtà”.
Si parlava di una persona che, per avere un comportamento gretto ed insensibile, subisce una condanna.
La condanna non era la detenzione, la privazione di qualche libertà o simili.
La sua libertà di azione era totale. Soltanto, era condannato all’invisibilità.
Cosa è, qualcuno si chiederà? Molto semplice: alla persona veniva applicato un marchio indelebile in fronte, che poteva essere rimosso solo da un’apposita macchina, dopo il tempo stabilito. Questo faceva della persona un “Invisibile”.
Vale a dire che nessuno poteva in alcun modo comunicare con lui, né rivolgergli la parola. Si doveva trattare, insomma, come se davvero “non esistesse” o “non si vedesse”.

È una delle forme di sofferenza più grosse che si possa infliggere ad una persona. Infatti, come ricordava lo stesso Fromm, la paura più grande dell’Uomo, animale sociale per antonomasia, non è quella di restare soli, vale a dire quell’atavica paura di non avere nessuno vicino.
Uno dei nostri bisogni principali, infatti, è sentire l’altra persona, in qualsiasi modo.
C’è chi cerca il conflitto, chi può godere, in certe situazioni, anche dei maltrattamenti (esiste il masochismo, anche a livello psicologico e psicanalitico).
Ma l’essere trattati male è un segnale che l’altro ci dà per dirci che esistiamo, che per lui siamo una presenza tangibile. In fondo, il maltrattamento è una forma di considerazione.
Anche il fatto di osservare una persona e poi ignorarlo è una forma di considerazione. Anche se molto triste e deludente. Ma una forma di considerazione. È un modo per sentire che “l’altro c’è”, che “l’altro esiste”.

La più grande sofferenza che si possa infliggere ad una persona è l’invisibilità. Vale a dire, trattarlo come se non esistesse. È la forma più terribile di indifferenza.
È il vero modo con cui una persona viene “sottratta al Mondo”. Per il Mondo, lui non esiste più.

La persona, disperata, nel Film “bramava” il contatto umano, e non lo poteva avere. Gridava il suo bisogno di “esistere”, e non lo poteva ottenere.

Qualche tempo fa, ad un incontro dei Testimoni di Geova, ho visto in fondo un ragazzo disassociato. Era presente, ascoltava.
Solo una differenza: era completamente ignorato. Ma non trattato male, semplicemente era trattato come se non ci fosse.
Il suo volto denotava tristezza, forse anche un po’ di sgomento.
Alla fine dell’incontro, ha atteso la fine del canto, al quale ha partecipato, e poi si è allontanato. Per gli altri, era come un fantasma.

Quando ho visto la scena, ammetto che mi si è stretto il cuore. Sono stato male per lui.
Il mio desiderio è stato quello di parlargli, di dirgli che tutti abbiamo il diritto di essere considerati, bene o male, ma di esistere.

Di esistere, appunto. Infatti, la cosa peggiore che possa capitare ad una persona è proprio questa: non esistere per il Mondo. Di fatto, è “fuori dal Mondo”.

Almeno dal Mondo che lui si è costruito. Almeno, da quello che lui ha sentito come tale.

Ho poi, il giorno dopo, chiesto spiegazioni ad un Anziano della Congregazione. Mi ha detto che questa persona, figlio di testimoni di Geova, aveva fatto una cosa piuttosto grave, e per questo era stato disassociato. Ho chiesto cosa fosse la cosa così grave commessa. E non ho ricevuto alcuna risposta in merito.

Ma mi chiedo: cosa può essere così grave da condannare una persona a “non esistere”? Mi sembra davvero una cosa terribile! Cosa può essere così grave da considerare una persona come se non ci fosse, come se davanti a sé ci fosse il nulla?
Credo che nessuno potrebbe mai pensare davvero cosa questo significhi! E che se amiamo non possiamo condannare una persona al non essere!

L’immagine del ragazzo, dallo sguardo triste e spento, che si allontana, è ancora in me. E credo che nulla può giustificare una cosa simile!

Se la cosa, in un Gruppo, capitasse a me, tutto sommato ci rimarrei un po’ male ma soltanto questo. null’altro potrebbe essere la mia sensazione! Infatti, se un Gruppo mi isolasse in questo modo, ho comunque altri Amici che invece sono lieti della mia presenza!
Ma per un testimone di Geova la Congregazione è il tutto. Per molte persone che seguono questa Via Spirituale, non vi sono altri rapporti di amicizia al di fuori dell’Organizzazione dei Testimoni di Geova.
Quindi, condannare la persona a essere ignorata è come condannarla a non esistere. È come dire che, per gli altri: “lui è morto”.

Se ci penso, direi che potrebbero venirmi i brividi! E posso immaginare la sensazione di questo ragazzo.

Il mio desiderio è quello di parlargli, dirgli che io non sono un Testimone di Geova, e che posso parlare con chi voglio. Che non accetto questo modo di pensare e di sentire.
Ma soprattutto, dirgli, come dice anche la Programmazione Neuro Linguistica (che diversi conoscono e chiamano con la sigla PNL), che al Mondo c’è abbondanza. Abbondanza di cose, di persone, di situazioni. Che, per un Gruppo di persone che lo ignora, ci sono molte altre persone che sarebbero felici di avere la sua presenza, di parlare con lui, di donargli quel calore umano che l’Organizzazione gli ha tolto.

Forse chi attua questi atteggiamenti, chi li avalla, non si rende conto davvero cosa sta provocando nell’altra persona, quando li attua. Non si rende conto dei traumi che può provocare.
Vale la scena del film di cui parlavo. La persona che grida: “Guardate che ci sono, non sono invisibile!”. Il suo grido è quello che posso attribuire a coloro che subiscono questo trattamento.
E lo sento dentro di me!

Con il desiderio di dire che questo non è vero, e non può esserlo!

Per me che sono legato ad una cultura che considera Karma e Vite Passate, l’affermazione è che, chi comunque si rende complice di queste situazioni, pagherà per quello che ha fatto. La Legge del Karma non fa sconti di nessun genere. E chi avalla questi atteggiamenti, comunque ne è complice.

Il film di cui parlavo finiva in maniera bellissima: una donna, anche lei condannata all’invisibilità, urla. L’uomo che ha scontato la sua condanna, ed è tornato accettato dal Mondo, l’abbraccia, e gli dice “Io ti vedo, tu non sei invisibile!”. E l’abbraccia, mentre delle sfere volanti di controllo gli dicono, in maniera meccanica e metallica: “E’ vietato parlare con gli invisibili”. Ma la persona le ignora, e continua ad abbracciare la persona, che ora risente di nuovo il calore umano.
Si lascia pensare che questa persona verrà, per quello che ha fatto, condannata ancora all’invisibilità. Ma la voce narrante dice che “Ora porterà quel marchio come un vanto”.

Nei Testimoni di Geova vige la stessa cosa: è vietato parlare con gli “invisibili”, quindi con i disassociati, che l’Organizzazione ha “Condannato all’invisibilità”.
Chiunque lo fa, “rischia a sua volta l’invisibilità”, vale a dire di essere disassociato. E di subire quindi lo stesso trattamento.

Come vedete, l’analogia è molto forte. E, siccome la paura di rimanere soli è, come dicevo, la più grande dell’Uomo (è, come dicevo, come “non esistere”) allora tutti “accettano” questo comportamento.
Ma come ho detto, se lo fanno sono complici.

Davvero, sogno che qualcuno possa dire a persone di questo tipo, abbracciandole: “No, tu non sei invisibile!”. Possa far loro sentire che esistono, che sono vive, che sono degne di essere considerate almeno come persone!

Poi, se a loro volta saranno “condannate all’invisibilità”, la porteranno come un vanto. Per essere stati Uomini davvero, ed avere capito che le persone vanno considerate come tali. Che sono vive, e non possono essere considerate a livello di non esistenza.
E poi, se molti lo facessero, sarebbe un oggetto di riflessione. Come spesso dico, se si è compatti nell’agire, nel dire no a qualcosa di ingiusto, allora non si è più punibili.
Se una persona lo fa viene disassociato. Ma se lo fanno in 10, in 20…. Allora anch’essi verranno disassociati. Ma saranno tanti. E se lo fanno in 1000, in 10.000, nessuno potrà far loro più nulla.
La solitudine crea i problemi, l’essere isolati li amplifica (quindi, non sapete che male si all’altra persona ad isolarla in questo modo!), ma l’essere uniti li annulla. Quando si è davvero “come uno”, tutto svanisce.

Quindi, spero davvero che qualcuno decida di “rompere” questo muro di isolamento attorno alle persone disassociate. E che decida di abbracciarle, dicendo: “No, tu non sei invisibile!”.
Poi, sia un vanto l’invisibilità alla quale si è condannati!
Ma se lo si fa in molti, nessuno verrà più condannato! E semplicemente si sarà persone che trattano loro simili come Uomini.

Per quanto mi riguarda, il mio invito è anche a tutti coloro che frequentano le Adunanze e vedono disassociati ignorati. Se potete, avvicinateli e parlate loro.
Io mi riprometto di farlo, quando tornerò ancora a qualche Adunanza. Naturalmente, se questa persona non “sparirà” subito. Gli “invisibili” spariscono come il vento, perché comunque sarebbe ancora peggio rimanere a lungo invisibili!
Comunque, se potete, rincorreteli. E se in qualche modo vi viene detto che nella Sala non si può parlare loro (in fondo, è un diritto dell’Organizzazione farlo: in Casa propria ognuno impone le sue regole!)

E a tutti coloro che possono leggere questo, ricordate che può essere bello abbracciare la persona, dicendo: “No, tu non sei invisibile!”. E portare “l’Invisibilità” come un marchio di orgoglio, e non di certo di infamia.
E poi, nel Mondo c’è abbondanza, come dicevo. Se qualcuno ti evita, altri ti vogliono e cercano la tua compagnia.
Quindi, il problema potrebbe essere meno rilevante di quello che si possa pensare.

Ma, come dicevo, se si accetta quello che, in questo caso, viene indicato dall’Organizzazione, si è complici di qualcosa di davvero triste e brutto. E, in qualunque modo, si è complici della sofferenza che si sta infliggendo all’altro.
Quindi, secondo me, è bello immaginare che molta gente possa “spezzare” questa situazione, davvero triste. E ridare alle persone condannate alla “Non esistenza” il sorriso, che decisamente meritano.

Vi auguro un cammino di consapevolezza e gioia, che sia libero dall’infliggere sofferenze agli altri, e che cerchi sempre di donare gioia a tutti quelli che vi sono vicini.

Sergio.









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