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Quinta via del D'Acquino

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2009 23:52
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08/02/2009 21:42
 
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Scusate la "c" di troppo nel cognome del grande, ma qualche ateo potrebbe fornirmi un'obiezione valida alla quinta via del Tommaso? Trovo questa digressione difficilmente controvertibile:

L'universo è un complesso di esseri contingenti. Tutti questi esseri, animati o inanimati, compreso l’uomo non sono necessari. Perché? Perché necessario è soltanto ciò che necessariamente è (quindi non può non essere) e che necessariamente è quello che è (quindi non può mutarsi).

Invece tutte le cose che compongono l'universo sono mutabili e di fatto continuamente mutano. I viventi nascono, crescono e muoiono; e durante la loro vita si evolvono e si modificano sempre. Le sostanze inorganiche sono ugualmente soggette a continue trasformazioni. Tutto in natura è soggetto a trasformazioni. Dunque tutti gli esseri che costituiscono l'universo sono contingenti.

Ma l'essere contingente esige l'essere necessario come sua prima causa. L’uomo in quanto contingente può essere e non essere. Per esempio alla natura dell'uomo appartiene la razionalità (per cui un uomo senza razionalità è assurdo) ma non appartiene alla natura dell'uomo la bontà, per cui può essere buono e cattivo. Se per sua natura l'essere contingente è indifferente ad essere e a non essere, vuol dire che non ha in sé la ragione sufficiente della propria esistenza; ed allora è chiaro che questa sua esistenza deve averla ricevuta da un altro, cioè ci deve essere un altro ente che sia la ragione sufficiente della sua esistenza, la causa che l'abbia determinato ad essere. Questa causa che l'ha determinato ad essere o è un essere contingente o è un essere necessario. Se è contingente, neppure esso ha in sé la ragione sufficiente della propria esistenza, che perciò deve essere causata da un altro essere; e riguardo a questo si riproduce la medesima questione. Orbene non si può procedere all'infinito nella serie delle cause essenzialmente subordinate, altrimenti si avrebbe una serie infinita di anelli che stanno sospesi senza un fulcro di attacco, si avrebbe, cioè, una serie infinita di specchi che riflettono la luce senza un corpo per sé lucente, una somma di zeri che, per quanto prolungata, non può dare l'unità.

Dunque ci deve essere un essere necessario. Un essere che abbia in sé la ragione sufficiente del proprio essere e che sia ragione sufficiente di tutti gli altri, causa prima dell'universo. Allora è evidente la conclusione: oltre l'universo esiste un essere necessario, creatore dell'universo, che è appunto Dio.
[Modificato da Methatron 08/02/2009 21:43]
08/02/2009 22:38
 
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08/02/2009 22:46
 
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Se la teoria è capace di spiegare tante cose che prima non eravamo in grado di spiegare, allora si tratta di una buona teoria, una teoria che ci piace. Ma questo non significa, sul piano logico, che la teoria sia vera.
09/02/2009 00:32
 
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[Modificato da NewWorldOne 09/02/2009 00:35]
09/02/2009 00:45
 
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EN = ente necessario
EnN = ente non necessario

Se esiste un ente necessario e se allo stesso tempo esiste un ente non necessario diventa necessaria l'esistenza di un altro ente e cioè la "diversità", poiché EN è diverso da EnN.

D = diversità

Ma se la diversità è necessaria all'ente non necessario (EnN) allora ne consegue che la diversità stessa è l'ente necessario e cioè:

D = EN

Ma se la "diversità" (D) è l'ente necessario allora è altrettanto necessario che esista qualcosa di diverso dall'ente necessario, poiché se TUTTO fosse ente necessario (EN) non ci sarebbe "diversità" (D), ma siccome EN = D ecco che sorge il paradosso.
EnN è necessario a D, cioè “affinché possa esistere l'ente necessario è necessario che esista l'ente non necessario”.
In poche parole la conclusione paradossale è questa, l'ente non necessario (EnN) è necessario all'ente necessario (EN), perché affinché appunto EN possa esistere in quanto tale deve essere necessariamente diverso da EnN deve quindi partecipare della “Diversità”(D)...


Ribaltando il ragionamento si potrebbe ipotizzare che D sia EnN, in questo caso però avremmo un altro paradosso e cioè se EN non fosse “diverso” come lo si potrebbe distinguere dall'ente non necessario (EnN)? In questo caso giungeremmo alla paradossale conclusione che EN ed EnN non siano diversi, ma se non sono diversi sono uguali e se sono uguali sono la stessa cosa (perché appunto EN non parteciperebbe della “Diversità” che in questa seconda ipotesi svolgerebbe il ruolo di EnN).
09/02/2009 13:36
 
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Non seguo il tuo ragionamento.

Perché la diversità dev'essere un ente quando essa è solamente la giustificazione della propria esistenza in se stessi?

L'essere necessario è unico, l'essere non necessario trova giustificazione della propria esistenza nell'essere necessario.
Questa è la differenza se così possiamo chiamarla, ontologica.

Non trovo ragione per la dipendenza dell'essere necessario all'essere non necessario. Solo il secondo è dipendente, il primo è tale anche senza bisogno del secondo.
09/02/2009 14:09
 
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Re:
NewWorldOne, 09/02/2009 0.45:

EN = ente necessario
EnN = ente non necessario

Se esiste un ente necessario e se allo stesso tempo esiste un ente non necessario diventa necessaria l'esistenza di un altro ente e cioè la "diversità", poiché EN è diverso da EnN.

D = diversità

Ma se la diversità è necessaria all'ente non necessario (EnN) allora ne consegue che la diversità stessa è l'ente necessario e cioè:

D = EN

Ma se la "diversità" (D) è l'ente necessario allora è altrettanto necessario che esista qualcosa di diverso dall'ente necessario, poiché se TUTTO fosse ente necessario (EN) non ci sarebbe "diversità" (D), ma siccome EN = D ecco che sorge il paradosso.
EnN è necessario a D, cioè “affinché possa esistere l'ente necessario è necessario che esista l'ente non necessario”.
In poche parole la conclusione paradossale è questa, l'ente non necessario (EnN) è necessario all'ente necessario (EN), perché affinché appunto EN possa esistere in quanto tale deve essere necessariamente diverso da EnN deve quindi partecipare della “Diversità”(D)...


Ribaltando il ragionamento si potrebbe ipotizzare che D sia EnN, in questo caso però avremmo un altro paradosso e cioè se EN non fosse “diverso” come lo si potrebbe distinguere dall'ente non necessario (EnN)? In questo caso giungeremmo alla paradossale conclusione che EN ed EnN non siano diversi, ma se non sono diversi sono uguali e se sono uguali sono la stessa cosa (perché appunto EN non parteciperebbe della “Diversità” che in questa seconda ipotesi svolgerebbe il ruolo di EnN).


Nel ragionamento si confondono enti e relazioni, due primitive differenti.


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«Una mente debole è come un microscopio: ingrandisce le piccolezze, ma è incapace di comprendere le cose grandi.»

Lord Chesterfield
09/02/2009 14:12
 
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Re:
Methatron, 09/02/2009 13.36:

Non seguo il tuo ragionamento.

Perché la diversità dev'essere un ente quando essa è solamente la giustificazione della propria esistenza in se stessi?

L'essere necessario è unico, l'essere non necessario trova giustificazione della propria esistenza nell'essere necessario.
Questa è la differenza se così possiamo chiamarla, ontologica.

Non trovo ragione per la dipendenza dell'essere necessario all'essere non necessario. Solo il secondo è dipendente, il primo è tale anche senza bisogno del secondo.




Se EN non è uguale a EnN ne dobbiamo dedurre che sia diverso.
Per operare questo tipo di distinzione ontologica è necessaria la “diversità”.
La “diversità” esiste o non esiste? Abbiamo detto di sì, perché se non esistesse non ci sarebbe diversità tra EN ed EnN, ma se come appena detto la “diversità” esiste allora è necessario capire se questa “diversità”(D) sia EN oppure EnN (non sto introducendo un terzo ente ma solo stabilendo se la diversità è EN oppure EnN).

Può esistere un EnN senza la “diversità”(D) ? Abbiamo detto che ciò non è possibile perché se non ci fosse D giungeremmo alla conclusione paradossale che EN ed EnN siano identici. Ne consegue che D è necessaria a EnN ma allo stesso tempo D è necessaria anche ad EN che se non fosse per D sarebbe identico ad EnN.

Quindi cos'è "D", ente necessario oppure ente non necessario?

D è indubbiamente ente necessario perché senza D non si avrebbe EN e nemmeno EnN.

Ma se D è EN, e quindi se D è data dall'esistenza di 2 enti cioè uno necessario ed uno non necessario, giungiamo alla paradossale conclusione che EnN è necessario a D, e siccome D è l'ente necessario allora EnN è necessario a EN.
09/02/2009 14:14
 
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Re: Re:
Barnaba1977, 09/02/2009 14.09:


Nel ragionamento si confondono enti e relazioni, due primitive differenti.



Ente necessario = ente che partecipa della "necessità"
Ente diverso = ente che partecipa della "diversità"

Mi sembra che funzioni tutto perfettamente.
09/02/2009 14:25
 
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Re: Re: Re:
NewWorldOne, 09/02/2009 14.14:



Ente necessario = ente che partecipa della "necessità"
Ente diverso = ente che partecipa della "diversità"

Mi sembra che funzioni tutto perfettamente.


Mi spiego meglio:
nella teoria degli insiemi, noi abbiamo un insieme A di entità omogenee (a1, a2, ..., an) ed un insieme B, lo stesso di entità omogenee (b1, b2, ..., bn). Gli insiemi possono essere legati da una relazione R che manda A in B.
R:A-->B
Questa relazione è determinata da una funzione:
f(A):B
che lega ogni elemento di A con n elementi di B, generando un sottoinsieme di B.

Proiettiamo ora questa teoria in campo matematico:
Abbiamo un insieme di enti necessari A ed uno di enti non necessari B.
Definiamo la relazione D (diversità) tra gli insiemi A e B, che lega ogni elemento di A con n elementi di B. Aumentano le entità? No! La numerosità non cambia! Cambiano i criteri di raggruppamento.
Quindi posso affermare che l'entità D semplicemente non esiste, ma che è un sistema di raggruppamento.


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Lord Chesterfield
09/02/2009 14:33
 
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Re: Re: Re: Re:
Barnaba1977, 09/02/2009 14.25:


Mi spiego meglio:
nella teoria degli insiemi, noi abbiamo un insieme A di entità omogenee (a1, a2, ..., an) ed un insieme B, lo stesso di entità omogenee (b1, b2, ..., bn). Gli insiemi possono essere legati da una relazione R che manda A in B.
R:A-->B
Questa relazione è determinata da una funzione:
f(A):B
che lega ogni elemento di A con n elementi di B, generando un sottoinsieme di B.

Proiettiamo ora questa teoria in campo matematico:
Abbiamo un insieme di enti necessari A ed uno di enti non necessari B.
Definiamo la relazione D (diversità) tra gli insiemi A e B, che lega ogni elemento di A con n elementi di B. Aumentano le entità? No! La numerosità non cambia! Cambiano i criteri di raggruppamento.
Quindi posso affermare che l'entità D semplicemente non esiste, ma che è un sistema di raggruppamento.



Non ho aumentato il numero di entità, le entità sono sole due e cioè EN e EnN.

Il problema sta tutto nella partecipazione di EN alla “diversità”, non ho mai detto che esistano più di due enti.
09/02/2009 14:34
 
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Re: Re: Re: Re:
Barnaba1977, 09/02/2009 14.25:


Mi spiego meglio:
nella teoria degli insiemi, noi abbiamo un insieme A di entità omogenee (a1, a2, ..., an) ed un insieme B, lo stesso di entità omogenee (b1, b2, ..., bn). Gli insiemi possono essere legati da una relazione R che manda A in B.
R:A-->B
Questa relazione è determinata da una funzione:
f(A):B
che lega ogni elemento di A con n elementi di B, generando un sottoinsieme di B.

Proiettiamo ora questa teoria in campo matematico:
Abbiamo un insieme di enti necessari A ed uno di enti non necessari B.
Definiamo la relazione D (diversità) tra gli insiemi A e B, che lega ogni elemento di A con n elementi di B. Aumentano le entità? No! La numerosità non cambia! Cambiano i criteri di raggruppamento.
Quindi posso affermare che l'entità D semplicemente non esiste, ma che è un sistema di raggruppamento.



Ma D esiste, e se esiste entra di diritto nell'ontologia.
09/02/2009 15:38
 
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Rimanendo nell’ambito della metafisica di Tommaso diventa importante stabile la natura degli enti che distingue in “sostanza” cioè l’ente che possiede un proprio atto di essere e “accidente” che non possiede un proprio atto d’essere ma lo riceve dalla sostanza alla quale è inerente.
In pratica la sostanza fa da soggetto agli accidenti.
Uno degli accidenti è appunto la relazione.
In questo senso anche la relazione è un ente.
09/02/2009 16:31
 
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La “diversità” esiste allora è necessario capire se questa “diversità”(D) sia EN oppure EnN (non sto introducendo un terzo ente ma solo stabilendo se la diversità è EN oppure EnN).



La diversità è solo una relazione.

Non coincide con un ente, ma trova semplicemente esistenza all'interno di una interrelazione. Se viene a mancare l'interrelazione la diversità cessa la sua funzione discriminatoria poiché non è sostanza di nessun ente.

Per questo motivo non comprendo la proposizione: "è necessario capire se questa diversità appartiene a..."

L'essere necessario prima della sua interrelazione con gli esseri non necessari non aveva in sé nessuna diversità. La diversità è semplicemente frutto di una dipendenza e non appartiene a nessuna categoria o sostanza degli esseri.
09/02/2009 16:59
 
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Re:
Methatron, 09/02/2009 16.31:


La “diversità” esiste allora è necessario capire se questa “diversità”(D) sia EN oppure EnN (non sto introducendo un terzo ente ma solo stabilendo se la diversità è EN oppure EnN).



La diversità è solo una relazione.

Non coincide con un ente, ma trova semplicemente esistenza all'interno di una interrelazione. Se viene a mancare l'interrelazione la diversità cessa la sua funzione discriminatoria poiché non è sostanza di nessun ente.

Per questo motivo non comprendo la proposizione: "è necessario capire se questa diversità appartiene a..."

L'essere necessario prima della sua interrelazione con gli esseri non necessari non aveva in sé nessuna diversità. La diversità è semplicemente frutto di una dipendenza e non appartiene a nessuna categoria o sostanza degli esseri.




A me sta bene, ma se questa relazione esiste, se cioè rientra nel discorso sull'essere, bisogna capire se è ente necessario piuttosto che ente non necessario.

La relazione “diversità” a tuo parere è EN oppure EnN?
Oppure non esiste proprio? Ma se non esiste allora EN = EnN.
09/02/2009 20:13
 
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La relazione “diversità” a tuo parere è EN oppure EnN?
Oppure non esiste proprio? Ma se non esiste allora EN = EnN.



Continuo a non comprendere la tua proposizione.

La diversità è solo un'inferenza oggettiva data dall'esistenza di due enti paragonati tra loro.

Facciamo un esempio tra essere senziente ed essere istintivo. Esiste una differenza tra i due? Ovvio: l'uno è senziente l'altro no. La differenza di chi è appannaggio?
Di NESSUNO. Questa domanda non ha senso!
Non è una qualità dell'essere è semplicemente una caratteristica dell'interrelazione e del paragone tra i due enti.
09/02/2009 20:44
 
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Re:
Methatron, 09/02/2009 20.13:


La relazione “diversità” a tuo parere è EN oppure EnN?
Oppure non esiste proprio? Ma se non esiste allora EN = EnN.



Continuo a non comprendere la tua proposizione.

La diversità è solo un'inferenza oggettiva data dall'esistenza di due enti paragonati tra loro.

Facciamo un esempio tra essere senziente ed essere istintivo. Esiste una differenza tra i due? Ovvio: l'uno è senziente l'altro no. La differenza di chi è appannaggio?
Di NESSUNO. Questa domanda non ha senso!
Non è una qualità dell'essere è semplicemente una caratteristica dell'interrelazione e del paragone tra i due enti.



Ecco, dici che non è una qualità dell'ente, quindi cos'è?
09/02/2009 21:01
 
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Un'inferenza tratta da un paragone tra i due enti.
La differenza non è intrinseca in nessuno dei due enti, emerge solo allorché li paragoniamo.
Può essere qualsiasi caratteristica intrinseca del termine di paragone, ma di per sé la differenza esiste solo in relazione ad un paragone.
[Modificato da Methatron 09/02/2009 21:05]
09/02/2009 21:07
 
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Re:
Methatron, 09/02/2009 21.01:

Un'inferenza tratta da un paragone tra i due enti.
La differenza non è intrinseca in nessuno dei due enti, emerge solo allorché li paragoniamo.
Può essere qualsiasi caratteristica intrinseca del termine di paragone, ma di per sé la differenza esiste solo in relazione ad un paragone.



Sì ma esiste o non esiste?
Tieni presente che se esiste allora entra per diritto nell'ontologia e se questo accade bisogna decidere se è EN oppure EnN.
09/02/2009 21:13
 
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Sì esiste ed è la caratteristica del trovare ragione del proprio essere in se stessi.

L'essere necessario ha questa caratteristica che l'essere non necessario non possiede.

E' il passo successivo del tuo ragionamento che non comprendo.
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