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Ultimo Aggiornamento: 12/03/2024 17:51
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06/12/2023 08:21
 
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Come aiutare una persona depressa

La depressione è un disagio psicologico che interferisce significativamente sulle relazioni interpersonali della persona depressa: chi è depresso si sente solo e non amato anche quando è circondato da una rete di amici e familiari affettuosi . D’altra parte, poche cose possono incidere negativamente su un rapporto come una prolungata depressione.
Il depresso desidera ardentemente l’affetto degli altri ma stesso tempo tende a respingerli chiudendosi in se stesso oppure svalutando quello che gli altri fanno per lui.

Spesso i familiari della persona depressa hanno la sensazione che più fanno meno il loro aiuto venga riconosciuto e apprezzato, anzi, il depresso, lungi dall’essere grato per le premure di cui è oggetto, sprofonda sempre di più nel suo stato depressivo.
In altri casi, il depresso può irritarsi verso la persona che cerca di aiutarlo sentendo che l’affetto che gli viene manifestato è troppo poco, troppo tardi e non serve a farlo guarire dal suo disagio.

Per tale ragione può succedere che le persone che vivono con un depresso, soprattutto se si tratta di una prolungata depressione, comincino a nutrire dei suoi confronti dei forti sentimenti negativi come rabbia, fastidio, impotenza esenso di colpa.

E’ bene non colpevolizzarsi per questi vissuti spiacevoli sapendo che sono assolutamente normali e che provano quanto sia importante la relazione con la persona depressa (di solito le persone con cui ci arrabbiamo di più sono quelle a cui vogliamo più bene).

Se invece questi sentimenti non vengono riconosciuti apertamente e non vengono accettati si rischia di “agirli” diventando indifferenti e insensibili verso la persona che sta male.

Quali sentimenti attiva la relazione con il depresso?

Estraneità

Le persone depresse sembrano sperimentare un improvviso cambiamento di personalità: diventano negative, apatiche, indifferenti a tutto e a tutti,irritabili e sempre di cattivo umore.

I familiari del depresso sono spesso sconcertati da questo cambiamento e hanno l’impressione di non riconoscere più l’individuo distruttivo che ha preso il posto del loro caro.

E’ bene sapere che questo cambiamento è solo temporaneo e che una volta superato l’episodio depressivo il vostro caro ritornerà la persona che conoscete e amate.

Senso di colpa.

Il senso di colpa è un vissuto molto comune nella relazione con la persona depressa e più il legame è stretto (in particolar modo se si tratta di una relazione genitore –figlio) più il senso di colpa può essere intenso e difficile da gestire.

Noi tutti tendiamo a sentirci responsabili del benessere delle persone che amiamo e, di conseguenza, ci sentiamo parzialmente responsabili della loro infelicità.

Questa convinzione si traduce nella sensazione di non fare abbastanza per aiutare e rendere felice la persona che sta male.

Purtroppo non è in nostro potere ridare alla persona che sta soffrendo la gioia di vivere e la fiducia nella vita, soprattutto se il depresso è un genitore.

La depressione è un disagio che dipende da un’interazione di cause psicologiche,biologiche e sociali e da eventi scatenanti (un lutto, la menopausa, un licenziamento, condizioni di vita sfavorevoli, ecc.).

Detto in altri termini: persona depressa sta male per una serie di motivi che hanno poco a che fare con noi e molto a che fare con il suo assetto psicologico e biologico.

Quello che si può fare è stare vicini alla persona che soffre, ma senza attribuirsi la responsabilità del suo malessere (a meno che il depresso sia stato gravemente danneggiato da un nostro comportamento).


Un vissuto di rifiuto

La depressione comporta un ripiegamento su se stessi e sui propri problemi, per questo motivo il depresso può ferire i sentimenti delle persone che gli stanno accanto senza nemmeno accorgersene.

Inoltre, la depressione è caratterizzata dalla diminuzione della capacità di provare amore e gioia: chi è depresso in modo grave non sente più niente verso le persone che un tempo gli erano care, ma l’amore viene sostituito da una profonda indifferenza verso tutto e tutti.

A volte il depresso si mostra irritabile e di cattivo umore e può far capire che la presenza di amici e parenti, lungi dall’essergli d’aiuto, gli da solo fastidio.

Per tutte queste ragioni, relazionarsi con una persona depressa può essere estremamente doloroso: il partner o i familiari del depresso si sentono respinti ingiustamente, non amati ed esclusi dalla sua vita.

Altre volte, invece, il depresso cerca continuamente l’affetto e l’attenzione di amici e parenti, chiamandoli a tutte le ore e sommergendoli con i suoi problemi senza alcun riguardo per le loro esigenze salvo poi svalutare sistematicamente tutto l’aiuto che riceve.

Rabbia

La rabbia nei confronti di una persona cara che sta male è forse il sentimento più difficile da gestire.

Eppure i familiari di un depresso finiscono per provare molta rabbia ed arrivare quasi ad odiare il malato. La rabbia nasce dalla sensazione che il depresso si pianga addosso, facendo tragedie per piccolezze e che faccia poco oniente per stare meglio.

Bisogna capire che la persona depressa è in una condizione di grave sofferenza psicologica da cui non può uscire con la sola forza di volontà: la depressione paralizza la volontà e la capacità di agire.

La riluttanza a farsi curare è un altro aspetto della depressione.

Il depresso sente che il suo è un caso troppo grave, che nessuno può capirlo e aiutarlo e che qualsiasi tipo di cura
con lui non funzionerà.

Spesso il rifiuto delle cure, comune a molti depressi, può nascondere forti sensi di colpa che causano un bisogno di punizione.

Depressione e impotenza

Recenti ricerche psicologiche hanno evidenziato la tristezza tende ad estendersi alle persone che entrano in contatto con la persona depressa. In un certo senso la depressione è “contagiosa”: la relazione con una persona depressa può risvegliare in chi la circonda delle tendenze depressive latenti peggiorando il loro umore.


L’impotenza è un’altra sensazione che si prova nella relazione con un depresso: non si sa cosa fare, come aiutare qualcuno che sta male ma che allo stesso tempo respinge il nostro aiuto.

Che cosa fare e che cosa non fare con una persona depressa.

Non sdrammatizzare.

Evita le rassicurazioni facili del tipo: “Vedrai che ogni cosa andrà per il meglio”, evita anche di minimizzare o di sdrammatizzare. Anche se le intenzionisono buone, il depresso si sentirà non capito e si chiuderà ancora di più in se stesso.

Evita le prediche.

Meglio evitare anche le esortazioni all’ottimismo, o il classico consiglio di “tirarsi su”. Questi atteggiamenti, non sono solo controproducenti perché contribuiscono a colpevolizzare una persona che si colpevolizza già abbastanza di suo, ma sono anche perfettamente inutili. Dire ad un depresso di “tirarsi su” è come dire ad una persona con una gamba rotta di alzarsi e di camminare.

Non si ricorderà mai abbastanza che la depressione è disagio psicologico che annulla la capacità di volere e di prendere delle iniziative.

Cerca di essere empatico.

Un atteggiamento di ascolto, rispetto ed empatia è la soluzione che funziona meglio. Solo quando il depresso si sente ascoltato e capito, può cominciare a vedere la situazione in modo più obiettivo.

Informazioni e appoggio concreto servono più dei consigli

Le prediche e i consigli servono a poco, meglio invece informarsi su centri, terapie e specialisti per la depressione. Dal momento che la persona depressa è incapace di attivarsi da sola, noi possiamo giocare un ruolo importante nel suo processo di guarigione. Questo può voler dire dare un aiuto concreto: per esempio, telefonare e accompagnare il depresso alla visita, ecc

Impara a dare dei limiti.

Stare vicini ad una persona depressa è difficile e frustrante. Alcuni depressi chiedono costantemente amore e attenzioni: ti trattengono ore al telefono, telefonano a tutte le ore del giorno e della notte, pretendono che tu sia sempre a disposizione.

Nei casi più gravi, alcune persone depresse possono giocare inconsciamente la carta del ricatto emotivo: ti fanno capire che soltanto tu puoi salvarli dal suicidio e che basta un tuo gesto sbagliato per peggiorare le loro condizioni psicologiche e far loro commettere un atto irreparabile.

E’ importante non assecondare questi comportamenti della persona depressa ma imparare a porle dei limiti che l’aiuteranno a gestire meglio la sua condizione.

Di solito, una persona in uno stato depressivo tende ad affidare agli altri la responsabilità della sua vita e della sua felicità e in questo modo non attiva le sue risorse psicologiche.

Il messaggio che si deve trasmettere al depresso è anche se può contare sull’appoggio degli altri, la sua guarigione dipende da lui ed è lui in prima persona che deve attivarsi per stare meglio.

Proponi al depresso delle attività piacevoli e divertenti.

Un depresso non è di buona compagnia, o tace perso in tetri pensieri o ti affligge con interminabili monologhi sui suoi problemi. Per salvaguardare la tua e la sua salute mentale, non assecondarlo nelle sue elucubrazioni ma organizza attività ricreative e divertenti. Vai con il depresso a far shopping, a teatro,al cinema, in discoteca, in palestra, a fare una passeggiata, ecc.… Anche senon puoi aspettarti che il depresso partecipi con entusiasmo, il solo fatto di fare qualcosa di diverso dalla solita routine contribuirà a migliorare il suo umore.

Trova il tempo per ricaricarti

Star vicini ad una persona depressa può essere difficile e frustrante: più il legame è importante, più la relazione con il depresso può attivare dei vissuti intensi e dolorosi.

Pertanto è necessario imparare a “tutelarsi”, senza farsi assorbire totalmente dai problemi dell’altro e rispettando i propri limiti psicologici.

E’ importante prendersi degli spazi per sé per ricaricarsi, trovarsi delle valvole di sfogo, frequentare delle persone positive.

In questo modo si avranno le energie per aiutare la persona depressa

Usa la tecnica del paradosso.

Il depresso si lamenta? Non cercare di tirarlo su, mostrati invece più negativo di lui, parlando con toni di esagerato pessimismo della vita e dei rapportiumani. Alcuni psicologi di origine sistemica hanno utilizzato questa tecnicacon depressi non gravi, ottenendo dei risultati significativi. Quando lopsicologo si mostrava più depresso del paziente, in terapia si verificava un’inversione dei ruoli: il paziente cercava di consolare lo psicologo, e così facendo, il suo modo di vedere la vita cambiava radicalmente e il suo umore migliorava
06/12/2023 10:24
 
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Usa la tecnica del paradosso.

Il depresso si lamenta? Non cercare di tirarlo su, mostrati invece più negativo di lui, parlando con toni di esagerato pessimismo della vita e dei rapportiumani. Alcuni psicologi di origine sistemica hanno utilizzato questa tecnicacon depressi non gravi, ottenendo dei risultati significativi. Quando lopsicologo si mostrava più depresso del paziente, in terapia si verificava un’inversione dei ruoli: il paziente cercava di consolare lo psicologo, e così facendo, il suo modo di vedere la vita cambiava radicalmente e il suo umore migliorava




[SM=g8920] troppo forte! da provare con i lamentatori di professione!
27/12/2023 13:15
 
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Piede di Pollo



Sapevamo che c'erano erbacce speciali in grado di curare diverse malattie, come l'Eleusine Indica, meglio conosciuta come piede di pollo. Molto comune nei nostri cortili.

Quello che è successo è che questa erba ha proprietà medicinali, con effetti antinfiammatori, antiossidanti, antidiabetici, antiallergici e diuretici.

In generale, il tè a base di erbe di pollo è usato per trattare le seguenti malattie:

1. Cancro: grazie alle sue proprietà antiossidanti, l'erba di pollo può impedire la crescita delle cellule tumorali nel corpo.

2. Cisti ovariche e fibromi: è un ottimo antinfiammatorio per le malattie dell'apparato riproduttivo femminile.

3. Malattia renale: ha la capacità di aumentare la quantità di acqua nel corpo. Può anche rimuovere il sale in eccesso attraverso l'urina.
Ecco perché è noto per le sue proprietà diuretiche.

4. Diabete: contiene proprietà antidiabetiche. Tutto quello che devi fare è mangiare regolarmente il tè.

5. Emorragie e lesioni: può davvero prevenire l'emorragia della ferita applicando la miscela sulla zona interessata.

6. Parassiti: l'erba contiene proprietà lassative che possono davvero combattere i parassiti nel corpo.

7. Polmonite: il tè a base di questa radice di salice è un potente rimedio per questo problema. Il paziente è completamente guarito in meno di cinque giorni.

8. Alta pressione sanguigna: ancora una volta, le foglie cotte possono risolvere il problema.

9. Febbre: mangiare le radici cotte aiuterà ad abbassare la febbre.

10. Stretching (rottura del legamento): è sufficiente applicare le foglie sminuzzate sulla zona interessata.

* Come preparare il tè: una manciata di erba (una manciata) per mezzo litro d'acqua, far bollire per 3 minuti. Bere un bicchiere al giorno o fino a quando i sintomi non migliorano.
12/03/2024 17:51
 
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Come mantenere il cervello sano ed efficiente fino a tarda età: che cosa dice la scienza

Come si fa a misurare quanto è tonica la nostra mente? Ecco le buone abitudini e i meccanismi che possono rallentare il declino cognitivo
Come mantenere il cervello sano ed efficiente fino a tarda età: che cosa dice la scienza

Andiamo in palestra per mantenere tonici i nostri muscoli. Andiamo a correre per tenere in esercizio il nostro cuore. Ma come facciamo a misurare la salute del nostro cervello, qual è il livello della sua tonicità e quanto è abile nello svolgere i suoi compiti? I tre compiti essenziali coordinati dal cervello sono:

Funzioni esecutive: capacità di pensiero e ragionamento

Cognizione sociale: l’attività mentale attraverso la quale interagiamo con gli altri

Regolazione emotiva: la consapevolezza delle proprie emozioni e la capacità di regolarle puntando al raggiungimento del benessere

Misurare la salute del cervello

Oggi ancora non esistono metodi diretti per misurare il grado di salute cerebrale e non esistono test di valutazione cognitiva validati a livello mondiale e quindi applicabili a diversi gruppi etnici e diverse culture. Negli Stati Uniti hanno sviluppato “l’orologio cognitivo”, un nuovo indicatore per misurare la salute del cervello che fornisce stime specifiche dell’età cognitiva (migliore dell’età cronologica per valutare la salute del cervello). Nella maggior parte dei casi la comunità scientifica misura la salute cerebrale con tecniche di neuroimaging (e un grosso aiuto è arrivato con la pubblicazione delle prime carte cerebrali umane che offrono modelli strutturali di riferimento del cervello umano in base all’età). «Per misurare la salute del nostro cervello può aiutarci l'elettroencefalogramma - sottolinea Alessandro Padovani, presidente della Società Italiana di Neurologia - ma anche più accessibili test ematici che rappresentano biomarkers per la salute cerebrale come ad esempio l'insulino resistenza, bassi livelli di vitamina B12 e D e la PCR: l'infiammazione fa male al cervello». Se la ricerca sta ancora lavorando su questi punti, molto di più si sa su come mantenere il cervello in salute: lo stile di vita può contribuire in modo importante al benessere del cervello. Ma attenzione, non esiste una unica soluzione magica, bensì un insieme di comportamenti, i pilastri della salute del cervello, che possono rallentare il declino cognitivo e migliorare lo stato emotivo. «Numerose evidenze indicano che per avere un cervello in salute dovremo iniziare da piccoli e poi continuare per tutta la nostra esistenza e, se vogliamo vivere in salute anche in tarda età, cercare di mantenerci "vitali" e "allenati" anche quando vengono i capelli grigi» suggerisce il presidente della SIN (QUI il programma della SIN per la Settimana del Cervello).

Esercizio fisico

Gli scienziati insistono nel dichiarare guerra alla sedia, spinegndo la popolazione ad adottare uno stile di vita attivo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità suggerisce di svolgere nel corso della settimana tra i 150 e i 300 minuti di attività fisica ad intensità moderata (circa mezz’ora al giorno di camminata veloce o lavori domestici) oppure tra i 75 e i 150 minuti a settimana di attività vigorosa (quando si pratica non si riesce a parlare). Svolgere un’attività fisica organizzata può tuttavia non essere sufficiente se il resto della giornata lo si trascorre seduti a una scrivania o sdraiati sul divano. Ogni occasione va colta per muoversi: fare le scale invece di prendere l’ascensore, andare al lavoro in bicicletta o a piedi, impegnarsi in giardinaggio o attività domestiche. Per molte persone il pensiero di fare un esercizio fisico intenso è scoraggiante, ma ci sono prove che più è vigoroso il livello dell’attività fisica, maggiori sono i benefici per il cervello.

Ma in che modo l’essere attivi rallenta l’invecchiamento cerebrale?

Numerosi lavori hanno dimostrato che l’attività fisica può modificare le dimensioni e la funzione di diverse aree del cervello. Nelle persone fisicamente attive è stato riscontrato un aumento di volume dell’ippocampo, la struttura cerebrale responsabile dell’apprendimento e della memoria.

L’attività fisica agevola inoltre il rilascio del fattore neurotrofico di derivazione cerebrale, il Bdnf, una proteina che ha un effetto neuroprotettivo e favorisce la formazione di nuovi neuroni e sinapsi. Nuoto, corsa o ciclismo sembrano stimolare meglio la produzione di cellule nervose (e contrastare l’invecchiamento cerebrale) rispetto ad attività anaerobiche come il sollevamento pesi.

La buona notizia è che il potenziamento cerebrale si estende anche all’età adulta: l’esercizio non solo rallenta il declino cognitivo ma in alcuni casi lo inverte. Si stanno accumulando ricerche in cui si è osservato l’effetto positivo dell’esercizio su malati di Alzheimer, che ottengono risultati migliori nella valutazione della demenza quando svolgono attività aerobica per mezz’ora al giorno rispetto a gruppi che invece svolgono solo lavoro di stretching e tonificazione. I devastanti effetti sulla salute e le capacità mentali del morbo di Alzheimer e di altre demenze possono essere almeno in parte contrastati o rallentati da abitudini di vita sane, e quindi da fattori modificabili.

Con l’età il cervello va incontro a cambiamenti fisiologici: si registra un calo del suo peso di circa il 5% ogni decade (che si accentua dopo i 70 anni). Anche se i neuroni non diminuiscono, è vero che diventano più piccoli, riducono le loro sinapsi e le loro connessioni. Si riduce anche il flusso sanguigno cerebrale, il che porta a una limitata disponibilità di alcuni neurotrasmettitori come dopamina e serotonina, con conseguente declino delle performance cognitive e motorie e diminuita capacità di formazione di nuove cellule nervose. Tuttavia, sembra certo che l’attività fisica, migliorando la circolazione e quindi l’ossigenazione tissutale a livello del cervello possa prevenire lo sviluppo di demenze e di altre malattie neurologiche. «Infine è noto che l'esercizio fisico ha un effetto rilevante nel ridurre l'infiammazione sistemica alla quale vengono attribuiti numerosi effetti negativi correlati all'età, dall'insorgenza di neoplasie allo sviluppo di aterosclerosi» dice Padovani, che è anche direttore della Clinica di Neurologia all’Università di Brescia.

La dieta

Anche la nutrizione ha un ruolo fondamentale per proteggere la salute del cervello. Da una parte l’obesità rappresenta un chiaro fattore di rischio, dall’altra l’alimentazione sana risulta protettiva. Sappiamo che il cibo è carburante, e questo vale soprattutto per il cervello. Nonostante rappresenti solo il 2% del peso corporeo, il cervello rappresenta il 20% del consumo energetico del corpo.

Diversi studi sottolineano che una dieta ricca di frutta, verdura, legumi, pesce, cereali integrali e povera di carne e grassi saturi sia associata a un minor rischio di sviluppare disturbi cerebrali. In particolare, la dieta DASH (che ha il pregio di combattere l’ipertensione con porzioni ridotte e minori quantità di sale ) e la dieta MIND (pensata appositamente per la salute del cervello) rallentano il declino cognitivo migliorando le funzioni cognitive. La dieta MIND Privilegia frutta di stagione, verdure, legumi (prevalentemente fagioli), semi, frutta secca a guscio oleosa (soprattutto noci), olio extravergine d’oliva e cereali integrali, pesce, pollo, pochissima carne rossa, pochissimo formaggio e un grosso limite a tutti i cibi processati.

Nessun alimento da solo agisce come una cura miracolosa (e gli integratori non compensano da soli la mancanza di una dieta equilibrata) ma è la combinazione di diversi tipi di alimenti e sostanze nutritive a determinare benefici per la salute. «È inoltre buona regola evitare pasti copiosi a pranzo e soprattutto cena, quanto piuttosto abituarsi a consumare pasti più frugali, più volte al giorno, alternando colazione, pranzo e cena con spuntini di mezza mattina e mezzo pomeriggio» consiglia Padovani.

Mente attiva per costruire la riserva cognitiva

La salute fisica da sola non basta per mantenere il cervello in salute. Anni di istruzione, essere socialmente attivi, partecipare ad attività cognitivamente stimolanti (come imparare a suonare uno strumento musicale o una lingua straniera nuova, fare cruciverba o sudoku ) può aiutare a ridurre il rischio di demenza e deterioramento cognitivo dovuto all’età. Non sono ancora del tutto chiari i meccanismi sottostanti, ma tutte queste attività contribuiscono a costruire quella che gli scienziati chiamano «riserva cognitiva», ovvero la capacità del cervello di svilupparsi, creare connessioni dinamiche, adattarsi e rimanere flessibile. L’idea di base è che le esperienze che si hanno nel corso della vita, come istruzione, hobby, lavoro, rimodellano il cervello in quello che è chiamata neuroplasticità. Si ritiene che continui cambiamenti nel cervello lo rendano più resistente al declino e alle malattie. Secondo questa teoria, maggiore è la riserva cognitiva di una persona, più è protetta sia dai cambiamenti di memoria legati all’età sia dall’insorgenza di declino cognitivo. Due persone possono avere quantità simili di proteina beta amiloide nel cervello, segno distintivo di Alzheimer, ma chi ha accumulato un’elevata riserva cognitiva nel corso della vita ha meno possibilità di sviluppare demenza. E anche se dovessero sviluppare Alzheimer i loro sintomi saranno meno gravi rispetto a chi ha lo stesso livello di amiloide, ma una riserva cognitiva inferiore. «A conferma di ciò diversi studi hanno suggerito che mantenersi attivi anche con attività lavorative possa avere benefici sul piano della salute del cervello, in particolare se si tratta di lavori stimolanti e piacevoli» sottolinea il neurologo.

Il benessere emotivo

Per mantenere la salute del cervello è importante anche il benessere emotivo, cercando il più possibile esperienze positive. Svolgere attività fisica, mantenere relazioni sociali e avere uno scopo nella vita sono le vie da percorrere con l’obiettivo di praticare il più possibile attività che rendono felici. Sottolinea Padovani: «Vale la pena ricordare un recente studio che ha indagato l’impatto di attività stimolanti in termini sociali e mentali sul rischio di sviluppare un decadimento cognitivo. Lo studio condotto su più di 10.000 individui anziani ha permesso di rilevare che l’impegno culturale degli adulti, in attività creative e in attività mentali, può aiutare a ridurre il rischio di demenza in tarda età».

Dormire bene

Dormire poco e male ha numerosi effetti negativi sulla salute ed espone a un maggior rischio di diabete e malattie cardiache. Sono sempre più numerose le ricerche scientifiche che dimostrano come dormire meno di 7 ore a notte per un lungo tempo può avere effetti negativi anche su memoria, umore, attenzione, capacità decisionale. Non è affatto scontato che chi dorme poco soffrirà di problemi di memoria, tuttavia la carenza cronica di sonno è considerata un fattore di rischio per le demenze e il declino cognitivo, oltre che per diverse condizioni psichiatriche. Circa il 15% dei casi di Alzheimer sarebbero da collegarsi a una cattiva igiene del sonno e si è scoperto che chi dorme poco ha circa il 50% in più di probabilità di soffrire di declino cognitivo.

Come il sonno può rallentare l'invecchiamento del cervello?

Memoria: si ritiene che il sonno sia fondamentale per la formazione della memoria. Durante il sonno avviene il consolidamento e l’archiviazione delle informazioni acquisite durante il giorno. Se il cervello non è adeguatamente riposato è difficile anche recuperare i ricordi.

Sistema glinfatico: mentre dormiamo è al lavoro un sistema di smaltimento dei rifiuti che elimina le tossine che si sono accumulate nel cervello durante la giornata di lavoro. Il sistema glinfatico è stato scoperto solo nel 2012 ed è più attivo quando dormiamo. Mentre dormiano il sistema glinfatico elimina la proteina beta amiloide che si accumula nel cervello anche con anni di anticipo alla manifestazione dei primi sintomi della malattia e anche una sola notte insonne aumenta l’accumulo di questa proteina.

I sonnellini pomeridiani possono essere ristoratori dopo una notte insonne, a patto però che non si raggiunga il sonno profondo (non devono superare i 30 minuti), ma non potranno mai sostituire una notte di buon sonno in termini di benefici per la salute.

Evitare l'isolamento sociale

«Oltre ai disturbi del sonno la solitudine è uno dei principali fattori di precipitazione della salute cerebrale, in particolare quando si invecchia. Sono ormai numerosi gli studi epidemiologici condotti in diversi Paesi che stimano il rischio di sviluppare demenze nelle persone sole superiore al 40% rispetto a persone socialmente integrate» aggiunge Alessandro Padovani. Il risvolto positivo è che una buona rete di supporto sociale e il continuo scambio affettivo e di idee con altre persone possono proteggere nei confronti di questo tipo di disturbi. L’isolamento sociale, sempre più diffuso specie fra gli anziani, può associarsi a una perdita di «materia grigia», la sostanza cerebrale dove hanno sede i corpi dei neuroni. Ma anche chi è molto giovane può sviluppare problemi significativi quando i suoi rapporti sono soltanto virtuali. Un recente studio pubblicato su Neurology, ha indagato anche la correlazione tra alcuni fattori di rischio psicosociali e la demenza. Dai risultati sembrerebbe che l’isolamento sociale in persone con meno di 80 anni comporterebbe un maggiore rischio di demenza.

Attenzione all'udito

«Un altro fattore sottistimato a cui fare attenzione è la sordità che incrementa il rischio di decadimento cognitivo» ricorda Padovani. Da diversi anni la comunità scientifica ha evidenziato un legame tra sordità e Alzheimer. Secondo studi recenti gli anziani con problemi di udito hanno maggiori probabilità di sviluppare l'Alzheimer rispetto a chi ha l'udito nella norma. La perdita di udito può comparire in età avanzata ed è una condizione che può spingere le persone ad isolarsi viste le difficoltà a relazionarsi con gli interlocutori. Meno il cervello viene stimolato , più ci sono possibilità di sviluppare malattie cognitive.

La salute dell'intestino

Negli ultimi anni è emerso in modo chiaro che esiste una connessione tra la flora batterica intestinale e i disturbi dell’umore, l’ansia e la depressione. I meccanismi non sono del tutto chiariti anche se sono stati fatti molti passi avanti. Ad esempio è stato scoperto che la maggior parte dell’ormone serotonina, che ha la funzione di stabilizzare l’umore, è prodotta dall’intestino e non dal cervello. Inoltre molte recenti ricerche hanno messo in relazione il microbiota intestinale con malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer: lo squilibrio tra batteri buoni e cattivi avrebbe un ruolo cruciale nella salute del cervello. Alcuni batteri intestinali avrebbero un ruolo nelle varie forme di demenza. Lattobacilli, Bifidobatterio, Probiotici e Prebiotici contribuiscono a ridurre l’infiammazione nel cervello, rafforzano l’immunità intestinale e rallentano la progressione della neurodegenerazione.

I consigli

«Come abbiamo visto diversi sono i fattori di rischio che influenzano la salute del cervello così come ci sono diverse azioni che possiamo mettere in atto per proteggere la salute cerebrale a tutte le età» conclude Alessandro Padovani, promotore con la Società Italiana di Neurologia del Manifesto Italiano «One Brain, One Health» presentato alla Camera dei Deputati in occasione della Settimana del Cervello. «I giovani devono essere informati sugli effetti dannosi di alcune sostanze quali il fumo e l’alcool; molto c’è da fare per limitare gli effetti dell’inquinamento atmosferico e dei pesticidi, così come quelli derivati da un’alimentazione costituita da un eccesso di carboidrati, grassi animali e carni rosse; in aggiunta a tutto questo l’attività fisica quotidiana, unita ad attività creative e sociali rimangono ad oggi un antidoto per garantire un cervello in salute. Ma non dimentichiamo mai di controllare i fattori di rischio vascolari, così come le vaccinazioni anti-influenzali e quelle nei confronti dell’herpes zoster e del papilloma virus».

Fonte
[Modificato da Amalia 52 12/03/2024 17:52]
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