Pars Secunda
“Vedi, non è un caso che degli autori parlano dell'annientamnente delle anime”
Gli autori sarebbero solo uno finora, tale M. O Young, di cui tu nulla sai dire, né sai quali siano le sue argomentazioni, perché non hai letto il suo articolo. Ma invece di accusare me di non averlo letto, visto che sei tu a sostenere la sua opinione dovresti essere tu a reperirlo se tanto ci tieni e a dirci quali sono le argomentazioni di costui, fino ad allora ci limiteremo ai testi, che parlano di una sopravvivenza dell’anima dopo la morte, e al parere di chi quell’articolo di Young l’ha letto e liquidato, cioè Girgenti. Se credi che le argomentazioni di questo Young siano buone, abbi la decenza di farci sapere quali sono, perché fino al allora sarà solo un
vacuum nomen…
“Chi ti dice che non sia giudicate, annientate e poi risorte come nefeš? Da nessuna parte Giustino parla di "ricongiungimento" oppure dimmi dove, non basta dedurlo... “
Non sono sicuro di aver capito bene. Stai sostenendo che Dio giudichi le anime dei defunti, poi le tenga in un luogo migliore o peggiore in attesa del giorno del giudizio (e dunque c’è uno stato intermedio), ma poi, poco prima della resurrezione, le annienti, e infine ricrei l’uomo tutto intero da zero per la resurrezione? A questo proposito si possono dare le seguenti obiezioni:
1)Sarebbe del tutto inutile tenere in vita le anime prima del giudizio universale, per poi annientarle e ricreare l’uomo da zero. E’ un passaggio inutile questo annientamento prima della risurrezione e conseguente ricreazione. Perché dovrebbe disturbarsi ad annientare queste anime un minuti prima di far risorgere l’uomo intero?
2)Non soddisfa i passi di Giustino. Anche se leggessimo il passo di Giustino in Dial 5,3 nella maniera da te suggerita, cioè senza i chiarimenti grammaticali di W. Trepolle, se ne evincerebbe comunque che “non tutte le anime muoiono”. Ergo affermare che Dio annienti le anime che aveva conservato in vita appena prima della resurrezione, farebbe sì che l’affermazione “non tutte le anime muoiono” sarebbe falsa. Andrebbe anzi trasformata in “tutte le anime muoiono”, poi Dio resuscita gli uomini. Se Giustino dice che alcune anime non muoiono, non si può dire che saranno annientate. Poi, come se visto, quel “οὐδὲ πασάς” è lo stesso che “μηδεὶς”, e dunque Giustino sta dicendo che nessuna anima in realtà morirà.
3)Si dovrebbe rispondere,
ad personam, che siccome tu rifiuti la mia idea del ricongiungimento delle anima perché non la leggi da nessuna parte, allo stesso modo io rifiuto la tua teoria di un annientamento appena prima della resurrezione, e con le stesse ragioni che tu hai usato contro di me, cioè che non si legge da nessuna parte.
Tuttavia la mia tesi, seppure non esplicitamente affermata, vale a dire che manca il verbo “ricongiungere”, è tuttavia deducibile dal fatto che ad un momento A (solo anima) segua un momento A+B (anima + corpo), che dunque implica un ricongiungimento dei due. Si noti poi che Giustino maniere la distinzione “corpo”\”anima” anche dopo la resurrezione. Quando tu dici “risorge come
nefeš”, dai l’impressione che per Giustino l’anima risorta sia l’indivuo integrale, perché “anima” sarebbe la persona intera. Ma non è così. Anche nella resurrezione Giustino distingue le due componenti dell’uomo. Si legga questo straordinario passo della I Apologia, dove Giustino istituisce un parallelo tra l’escatologia platonica e quella cristiana, a proposito del giudizio finale (ergo post-resurrezione):
“Platone, analogamente, sosteneva che Radamante e Minosse condanneranno gli ingiusti giunti dinnanzi a loro; noi diciamo che questo giudizio ci sarà, ma che verrà dato da Cristo, e che essi,
con le anime unite ai corpi [σώμασι μετὰ τῶν ψυχὼν], saranno condannati alla
dannazione eterna (αἰωνίαν κόλασιν), e non solo per un periodo di mille anni, come invece lui diceva”. (I Apol VIII, 4, tr. Girgenti)
Da questo meraviglioso passo traiamo due conseguenze. La
psyche di Giustino non è riconducibile, neppure dopo la resurrezione, alla
nefeš vetero-testamentaria, cioè all’uomo tutto, in quanto in questo paradigma duale è distinta dal corpo, e continua ad esistere anche durante il Giudizio Universale nel corpo risorto. Apprendiamo inoltre cosa voglia dire αἰωνίαν κόλασιν (punizione eterna), e cioè una durata di tempo infinita della pena, infatti viene contrapposta al “non solo mille anni” di Platone (cfr. Platone, Gorgia, 523e- 524a)
Questo illumina e concorda con l’altro passo già più volte citato in cui si dice che: “Ma poiché a tutti coloro che sono vissuti
rimane la sensibilità ed è apprestata
una punizione eterna, non trascurate di persuadervi e di credere che queste sono cose vere. La negromanzia, infatti, e le osservazioni di fanciulli incontaminati e le evocazioni di anime umane e gli spiriti che, presso i maghi, sono detti evocatori di sogni e loro assistenti e tutti i fenomeni che avvengono per opera dei conoscitori di scienze occulte, vi persuadano che anche dopo la morte le anime mantengono le facoltà sensitive. (Giustino, I Apologia, 18,2-3)
A questo mi sia lecito aggiungere altre prove lessicali indiziarie. In un passo dove si parla di resurrezione, Giustino dice che i morti “si riprenderanno i loro corpi”. Ora questa espressione dà ad intendere che da una parte ci sia qualcosa che prende, e dall’altra qualcosa che è preso. Ma chi è che si riprende il corpo? Il fatto che usi un verbo siffatto, pur far pensare che pensi ad un ricongiungimento, infatti “riprendersi qualcosa” è in fondo un sinonimo… Ecco il brano: “Aspettiamo che i morti e sepolti sotto terra riprendano i loro corpi (πάλιν ἀπολήψεσθαι ἑαυτῶν σώματα), sostenendo che nulla è impossibile a Dio.”(I Apol XVIII, 6)
Ci sono poi un paio di frammenti dal
De Resurrectione che depongono a favore di una concezione duale (ma non dualistica!) dell’uomo, qui mi interessa soprattutto il commento che ne dà Girgenti:
(pp. 134-135)
Questi frammenti, se anche se ne rigettasse l’autenticità, non fanno che inscriversi in un quadro già ampiamente noto, che si limiterebbero a ribadire come corollari. P. Prigent, in
Justin et l’Ancien Testament, Parigi 1964, pp. 36-68 ha “dimostrato” l’autenticità di questi frammenti (o almeno questo è il parere di Girgenti, op. cit. p. 134 n. 24)
Essi infatti sono compatibili con quanto si apprende altrove nel loro ribadire che l’uomo è composto, e che non è solo corpo, e neppure solo l’anima. Giustino in un’importante passo afferma che quando muore una persona l’anima non muore, bensì cessa di esistere l’uomo, e che l’anima morirebbe solo qualora Dio ritirasse da lei lo spirito vitale che la anima. Come si può leggere da questo brano l’anima e il corpo sono ben distinti (e dunque
psyche non è leggibile come la
nefeš vetero-testamentaria):
“Tutto ciò che esiste o esisterà mai, oltre a Dio, ha una natura corruttibile, e può scomparire e non esistere più: solo Dio, infatti, è ingenerato e incorruttibile, e proprio per questo è Dio, mentre tutto il resto, che viene dopo di lui, è generato e corruttibile. [...] La verità è questa: puoi impararla da quello che segue. L'anima, dunque, o è vita oppure ha la vita. Se è vita farà vivere qualcos'altro, non se stessa, come il movimento farà muovere qualcos'altro, piuttosto che se stesso. Che l'anima vive, nessuno lo nega. Se dunque vive, vive senza essere essa stessa la vita, bensì partecipando della vita. Ora, ciò che partecipa di qualche cosa è diverso da ciò di cui partecipa. L'anima partecipa della vita perché Dio vuole che abbia la vita. Così non ne parteciperà più nel caso che Lui non volesse più che viva. Il vivere infatti non le è proprio, cosi come invece lo è di Dio. Ma come non
è proprio dell'uomo vivere per sempre, e
come il corpo non rimane sempre unito all'anima ma, quando viene il momento di sciogliere questa armonia,
l'anima lascia il corpo, e non c'è più l'uomo, allo stesso modo, quando l'anima non deve più esistere, si separa da lei lo spirito vivificante e non c'è più l'anima, che invero ritorna dove era stata tratta." (Dial V,4-VI, 1-2)
Come vede nel quadro ipotetico descritto da Giustino apprendiamo che l’anima lascia il corpo e quello che viene a non esistere più non è l’anima ma l’uomo (che infatti è il nome del composto), ma non per questo l’anima muore con l’uomo, infatti si dice che essa morirebbe solo qualora Dio le togliesse lo spirito vivificante.
Giustino qui è di un’ortodossia cattolica completa. Platone diceva che l’uomo è un’anima che si serve di un corpo, Giustino invece da buon
cattolico dice che l’uomo non è l’anima ma il composto di corpo ed anima, dunque al morire del corpo non c’è più l’uomo. E non solo trova Tommaso d’Aquino concorde, ma persino Agostino.
Su Tommaso, sommo dottore della Chiesa, si legga questo passo dove l’anima priva del corpo è paragonata ad una mano mozzata dal suo organismo:
“
L’anima è soltanto una parte dell’uomo: e come tale, anche separata, dal momento che ritiene la capacità di riunirsi al corpo non può essere detta sostanza individuale come l’ipostasi o la sostanza prima; e così è della mano e di qualsiasi altra parte dell’uomo. Quindi non le conviene né la definizione né il nome di persona. “ (Iª q. 29 a. 1 ad 5 )
Quanto a Sant’Agostino, lodò Varrone il quale pensava che “
l’uomo non è né l’anima sola, né il corpo solo, ma l’insieme dell’anima e del corpo” (De civitate Dei XIX, 3)
I due sommi dottori del cattolicesimo sono dunque concordi su questo, l’affermazione di Giustino si iscrive in un quadro del tutto ortodosso. Un TdG non avvezzo alla filosofia sarebbe invece tentato di dire che se “muore l’uomo” allora muore anche l’anima, ma non è così: muore l’uomo in quanto composto, non la sua parte spirituale.
“Sarebbe da capire cosa intende Giustino e non tu. Egli non usa i termini "inferno" e "paradiso" e dunque non intendeva quello che quei termini potevano significare nel II secolo. Non usa neppure "cielo" ma usa "geenna" per i malvagi pensando ad una pena corporale non per l'anima ma per l'uomo risorto. “
Sono da capire entrambi temo, sia quello che intende Giustino, sia quello che intendo io. Perché se io con paradiso intendo per l’appunto che le anime se ne vadano in un luogo migliore in attesa del giudizio, allora Giustino, anche se non usasse questa parola, starebbe dicendo che le anime vanno in quello che io chiamo paradiso.
E non è vero che pensa ad una pena solo per l’uomo risorto, come s’è visto
1)Le anime disincarnate dei malvagi vanno in un luogo peggiore, ergo c’è una punizione che precede la resurrezione.
2) I Apologia, 18,2 parla di anime disincarnate che mantengono la loro sensibilità e sono punite.
Decisamente possiamo dire che, esattamente come nel cattolicesimo, l’esistenza centrale di un giudizio universale non esclude quella di un giudizio particolare previo.
Non vedo poi che rilevanza avrebbe indagare cosa per Giustino significassero i termini "inferno" e "paradiso", se anche avesse usato il II secolo per indicare la vita dopo la resurrezione, ciò non toglierebbe il fatto che crede anche all’esistenza di quello che noi moderni chiamiamo paradiso, cioè lo stato intermedio prima della risurrezione, anche se non lo chiama con questo nome. Che cosa ci importa se non lo chiama con lo stesso nome dei cattolici di oggi bensì “un luogo migliore” se abbiamo appurato che, mutato il nome, il concetto è il medesimo?
O non è lo stesso? In che cosa dunque tu sostieni che il paradiso cattolico differisca da quello che Giustino chiama “un luogo migliore in cui le anime soggiornano in attesa del Giudizio”?
“Io ho parlato di molti cristiani ortodossi fino al V secolo e oltre. Non ho parlato di "primi cristiani". “
Sì ma vedi, tu hai preteso di dire che un’affermazione del teologo anglicano, la quale parlava di “primi cristiani”, era corretta
in quanto entro i primi V secoli questi tnetopsichisti (cioè assertori dell’annichilimento totale dell’uomo) esistevano. Vale a dire che per giustificare questo teologo hai implicitamente identificato i primi cristiani coi cristiani dei primi V secoli, in caso contrario la tua non sarebbe stata una difesa. La cosa divertente è che nessuno degli autori che cita è un sostenitore dello tnetopsichismo in quanto o non si occupano minimamente del problema (e dunque non sappiamo cosa pensassero dei destini dell’anima), o, se si pronunciano, sono immortalisti (nel senso di una sopravvivenza dell’anima alla morte).
Quest’asino di teologo è chiaramente convinto che i primi padri della Chiesa fossero tutti monisti in stile WTS, tant’è che commenta: “Fu sotto l’influenza della filosofia platonica . . . che il concetto dell’immortalità dell’anima permeò gran parte della chiesa cristiana e fece accettare l’idea che alla morte le anime andassero in cielo”. Si noti che mette in relazione l’andare in cielo col platonismo, perché per l’appunto non si rende conto che si può dire l’anima immortale, e dunque destinata al cielo (paradiso) anche senza intenderla immortale in senso platonico! Questo articolo disastroso fa collassare in un unico contenitore immortalismo e platonismo, e dunque attribuisce a Giustino e a tutti i primi cristiani l’idea che l’anima non sopravviva alla morte del corpo.
“Giochetti? Boh... “
Sì, sono giochetti. Se ogni volta che dico “credo che l’anima sopravviva” tu glossi con un “ma ci credo anch’io!” cos’altro è se non un giochetto!? Come se tu non sapessi che quando dico “l’anima sopravviva” non intendo affatto quello che i TdG intendono con anima e che chiamano “la
nefeš biblica”. E dunque, per carità divina, la prossima volta che ti scrivo che per Giustino o per me l’anima sopravvive, abbia la decenza di non scrivere sotto “ma ci credo anch’io”, visto che è chiaro in che senso sto usando il termine.
“Il teologo si limita ad evidenziare la posizioni di Giustino ed altri padri alla luce del senso di "anima" come unità psicofisica.”
Il povero teologo non arriva a tanto, e se ci avesse provato quello che scrive è errato. Non solo Giustino non intende affatto l’anima solo nel senso di
nefeš (sebbene anche questo senso ci sia), ma per di più il teologo è chiaramente convinto che per Giustino non sopravviva una parte spirituale dell’uomo, in quanto l’insegnamento biblico sarebbe che esiste solo la resurrezione e che l’idea di un’anima disincarnata che sopravvive è un tardo apporto del platonismo. Questo è quello che tutti, dal primo all’ultimo del lettori, hanno capito.
“Giustino in parte mantiene questa visione, questo lo fa notare anche il Vaccaro. Anche lui un asino?”
Che Giustino abbia anche la visione della salvezza dell’uomo tutto, e anzi sia la visione preponderante, come nel cattolicesimo nel resto, non toglie che esista anche accanto a questa una sopravvivenza dell’anima disincarnata dal corpo, che non è escluda dalla resurrezione.
Ho tutta la simpatia del mondo per questo libro, perché ha ricordato ad alcuni zelanti cullmanniani che si aggirano nelle gerarchie ecclesiastiche che è contro la tradizione rinunciare all’anima, e per giunta non è neppure filosoficamente necessario. Tuttavia questo libro, che brilla teoreticamente nella sua parte filosofica, è mediocre nella sua parte di ricostruzione storica. Il capitoletto da pagina 78 a p. 96 è un vero disastro, pieno di equivoci, e per giunta sembra che questo filosofo abbia studiato Giustino sulla Torre di Guardia, pretendo le citazioni da un qualche repertorio, visto che pure lui presenta la frase contraffatta nella medesima maniera in cui si presenta nella WT (dunque è un falso che ha circolazione), e ne trae delle dubbie conclusioni. L’autore ha ben poco chiari i Padri della Chiesa, ma lo perdoniamo senz’altro, perché la tesi del libro è salvaguardare l’anima, non annullarla, dunque non si può presumere che agisca in malafede (andrebbe contro i suoi interessi). Purtroppo, com’è noto, i filosofi si dividono in due categorie, da una parte ci sono gli storici del pensiero, dall’altra i teoreti. Io appartengo alla prima categoria, Vaccaro alla seconda. Il suo libro nasce perché è uno studioso di filosofia della mente e del linguaggio, e da filosofo teoreta volle dire il suo parere sull’impossibilità di rinunciare all’anima (contro il riduzionismo di matrice neurochimica).
E’ un libro teoretico, e come spesso accade in questi casi non brilla in fatto di storia. Se ad esempio volete farvi spiegare come funzionava la logica di Aristotele non andate a chiedere ad un filosofo professore di logica (il teoreta), bensì andate da filosofo professore di filosofia antica (lo storico).
“Il teologo non ha detto questo, ha detto che Giustino non credeva che le anime venissero assunte in cielo dopo la morte e poi ha aggiunto che molti padri della chiesa, in virtù del significato di "anima" nel NT, non potevano credere alla sopravvivenza dell'anima immortale dopo la morte”
Invece è tutto sbagliato, sia quello che il teologo dice, sia quello che tu fantasiosamente attribuisci al teologo. In primis è del tutto ovvio che, nella mente del teologo e dei lettori del giornale “non andare in cielo” vuole banalmente dire che l’anima non sopravvive alla morte del corpo e non esiste uno stato intermedio. Osi negarlo? Infatti dice che la concezione di questi Padri, tra cui cita Giustino, sarebbe che l’anima finisce nel nulla di uno stato incosciente. Ergo siamo certi che quando quel teologo dice che per Giustino l’anima non andrà in cielo intenda banalmente dire che secondo lui Giustino non crede alla sopravvivenza dell’anima dopo la morte.
Inoltre è falso che Giustino non creda di andare in cielo, giacché afferma che le anime dei buoni vadano in un luogo migliore, cioè quello che oggi noi chiamiamo paradiso e che il teologo anglicano chiama “cielo”. Giustino stesso poi, oltre a quanto si legge in Dial 5,3, afferma negli Atti nel suo martirio d’esser certo che, una volta morto, ascenderà al cielo. Ma questa citazione non sarebbe stata necessaria, è solo la ciliegina sulla torta.
“La lettrice ha citato parzialmente Giustino chiedendo del senso di avere l'anima assunta in cielo subito dopo la morte... non ha chiesto dello "stato intermedio". Ora, sei sicuro che per il "credente medio" andare in cielo rappresenti così chiaramente lo stato intermedio, l'aldilà a cui poi segui un aldilà dell'aldità?”
Naturalmente. L’andare in cielo per quella donna era quello che noi stiamo chiamando stato intermedio. Infatti si chiede “ma siamo tutti eretici?”, in riferimento al fatto che tutti i cristiani (cioè cattolici ed anglicani) affermano che l’anima sopravviva alla morte del corpo. Per lei evidentemente leggere che l’anima non va in cielo equivaleva a dire che l’anima non sopravvive al corpo. In realtà né Giustino dice che l’anima non vada in cielo né dice che l’anima non sopravviva.
“1. Non lo dice in quel contesto “
Ma che cosa c’entra? Se devi dire il parere di un autore non puoi leggere della parti senza le altre, tanto più che la citazione taroccata riportata dalla lettrice e l’affermazione che le anime pie vadano in un luogo migliore sono addirittura nella stessa opera, entrambe sono tratte dal Dialogo.
“2. Non tutte le anime vanno in un luogo migliore, alcune semplicemente nuoiuono “
E quali di grazia, visto che non muoiono le buone, né quelle cattive, visto che proprio in considerazione del fatto che non debbano farla franca si dice che sopravvivano?
Vedi sopra la mia lettura del passo a cui ti agganci.
E comunque, se anche ne morisse una parte (ma quale?), quella del teologo sarebbe comunque un’affermazione falsa perché egli non fa distinguo e attribuisce indistintamente lo tnetopsichismo a Giustino e ai primi Padri, dicendo per giunta che loro stessi non si illudevano circa la
propria anima, e che la pensavano destinata all’ incoscienza. “I primi Padri della Chiesa, basando le loro credenze e i loro insegnamenti sulla Sacra Scrittura . . . non si illudevano su ciò che accade agli uomini, cristiani compresi, una volta morti.”
Giustino invece è chiaro nel dire che i pii attendono la fine in un luogo migliore…
“Le anime in quello stato non solo immortali, ma attendono il giudizio “
Altro giochetto semantico. Abbiamo già specificato che non sono immortali nel senso platonico del termine, ma lo sono nel senso contemporaneo del termine, perché con immortalità si intende semplicemente la sopravvivenza dell’anima alla morte del corpo, che sia per natura o per grazia poco importa al
modus dicendi attuale.
“Giustino non dice che si "ricongiungono" al corpo né se non verranno annientate per poi essere risorte come nefeš “
Questa ipotesi, oltre che essere superflua in sé è pure inutile ai tuoi fini, perché non riesce in alcun modo a salvare il teologo in questione dall’accusa di ignoranza. Se anche le anime venissero annichilite un secondo prima che l’uomo sia fatto risorgere (ma allora che senso ha avuto tenerle in vita sino ad allora?), ciò non toglierebbe che fino alla risurrezione sono state ad aspettare in quei due luoghi, quello peggio o quello migliore, ergo è falsa l’idea che Giustino non creda allo stato intermedio e alla sopravvivenza dell’anima. Sia che le annichilisca prima della resurrezione (ma non è affermato da nessuna parte), sia che non le annichilisca, l’anima è comunque sopravvissuta separata dal corpo, in cielo, cioè in uno stato migliore, mentre l’asino anglicano sosteneva che per Giustino l’anima fosse piombata in uno stato di incoscienza…
“A ricevere l'immortalità, che è un premio, non è l'anima separata dal corpo ma è l'uomo. Dunque non l'anima che è immortale ma la nefeš “
Poiché l’anima era sopravvissuta alla morte del corpo, e continuerà a sopravvivere anche nel corpo risorto (come s’è visto sopra), anche se il giudizio definitivo è dato dopo la risurrezione si può giustamente dire l’anima immortale nell’accezione moderna del termine, in quanto non è mai morta nel frattempo. Immortalità dell’anima, a chiunque lo si chieda, vuol per l’appunto dire questo: il corpo muore, l’anima sopravvive. Questo si chiedeva la lettrice, e su questo è intervenuto, erroneamente, il teologo anglicano…
“Ci vorrei vedere il suo nome, perché un luogo migliore in attesa del giudizio non lo chiamo paradiso”
Riformulo la domanda: tu non lo chiami “paradiso”, perché con questo termine intendi il paradiso terrestre, ma il senso della mia interrogazione era un altro. Cioè: non è forse un “luogo migliore” in attesa del giudizio quello che i cattolici chiamano “paradiso”?
Se i cattolici chiamano paradiso quello stato intermedio in cui le anime attendono la resurrezione in uno stato benefico, allora Giustino crede a quello che i cattolici oggi chiamano paradiso, a prescindere dal fatto che egli lo chiamasse o meno così, e a prescindere dal fatto che riservasse il termine “paradiso” a questo o ad altri luoghi.
“anche perché Giustino associa la beatitudine eterna alla risurrezione della nefeš che è il vero "paradiso" e non al "luogo migliore" in attesa del giudizio. “
I cattolici ritengono parimenti che il paradiso completo, la beatitudine integrale, sia dell’uomo tutto risorto, ma non negano, né Giustino nega, che esista anche uno stato intermedio, dove comunque la sorte di giusti sia separata da quella degli empi: e questo giudizio particolare sarà ratificato in quello universale.
“Devo fare qualche precisazione, perché i tuoi post logorroici possono da addito a fraintendimenti: io non critico quello che tu dici nella sostanza, ma nella forma,”
In questo caso cade clamorosamente la tua pretesa di additarmi come un incompetente e un “piccolo apologeta” cattolico. Tutta la discussione è partita perché volevo mostrarti di non aver detto nulla di errato, e che il tutto era banalmente un tuo fraintendimento che, vedendomi difendere l’idea che Giustino fosse immortalista, hai erroneamente inteso che io volessi additare Giustino come un immortalista alla maniera platonica. Come volevasi dimostrare.
“con l'accusa rivolta alla WTS di "volerla darla a bere" a qualcuno o di fare "clamorosi falsi". “
E’ invece ovvio che quell’articolo veicoli l’impressione errata che Giustino e i primi padri fossero come i TdG dei tnetopsichisti, così come veicola il cliché che l’idea di un’anima che se ne va da sola in paradiso sia una tarda contaminazione platonica. Che il testo sia citato, non toglie il fatto che la WTS l’abbia utilizzato per i propri scopi propagandistici sposandone in pieno le tesi.
“Io dico che è sempicemente sciocco e scorretto accusare pubblicamente la WTS di "un clamoroso falso" quando, in una rassegna stampa, si limita a citare un articolo di un teologo anglicano, senza entrare nel merito della dottrina di Giustino o degli altri scrittori del II-III secolo. “
La WTS entra nel merito della dottrina di Giustino nella misura in cui dà per vere le affermazioni di quest’articolo, che vorrebbero commentare Giustino, e anzi, le usa per ribadire che “si può quindi dire che oggi la maggioranza dei cosiddetti cristiani siano eretici”, testuali parole! Ecco cosa scrive la WTS:
“Dopo aver citato altri esempi del “coerente insegnamento biblico” di una risurrezione successiva al sonno della morte, il teologo afferma: “Perciò non solo Giustino Martire e Ireneo, ma anche Ignazio, Policarpo, Lattanzio e altri primi Padri non potevano sostenere che l’anima dei cristiani andasse in cielo dopo la morte”.”
Si vuole passare l’idea che da una parte ci siano Giustino e la Bibbia, che affermerebbero che l’anima muore, mentre dall’altra i cristiani successivi influenzati dal platonismo, che, a differenza di Giustino crederebbero che l’anima vada in cielo in quanto imbevuti di filosofia greca… Uno spettacolo ed una deduzione pietosa…
“La WTS non ha mai fatto di Giustino un TdG ante-litteram, né ha mai affermato che le sue posizioni sul destino dell'uomo fossero simili a quelle dei TdG o coerenti con le scritture, ad esempio la W15/07/2002 dice chiaramente che Giustino (con Tertulliano, Cipriano e Clemente Alesandrino) credeva all'inferno di fuoco. La W15/04/2001 dice che "a cominciare da Giustino Martire (ca. 100-165 E.V.), che scrisse in greco, i sedicenti cristiani assimilarono in modo sempre più raffinato il patrimonio filosofico della cultura greca". Come già detto la WTS rispetto alla questione dell'anima nella w1970 dice chiaramente che non credeva all'idea platonica dell'immortalitànaturale dell'anima. “
Il tuo ragionamento è privo di senso, perché crede di poter dire che se la WTS ha dato altri pareri, a distanza di anni, su Giustino, allora in quest’articolo non stesse dando un parere. Ma il fatto che abbia cambiato dei pareri, non implica che in ciascuno di questi singoli momenti non stesse dando un parere. Esattamente come il fatto che fino al 1995 i TdG credettero che la generazione che vide il 1914 non sarebbe passata, ma poi si cambiò intendimento, e oggi non è più così, non implica che fino al 1995 non si fosse affermata chiaramente la prima dottrina.
In questo caso la WTS sposa la dottrina di questo teologo anglicano in quest’occasione perché le fa comodo. Essa usa qualunque cosa con sconvolgente disinvoltura, contraddicendosi ogni piè sospinto su una moltitudine di argomenti: ciò che conta è quello che fa comodo sostenere in un singolo momento, se poi, anni dopo, farà comodo sostenere il contrario per raggiungere altri obiettivi, si potrà pure dire il contrario di quanto si era affermato. In questo caso non ho il minimo dubbio che ciascuno degli articoli da te citati ignori l’esistenza degli altri. Alla WTS non importa alcunché di Giustino: nel 1982 gli faceva comodo farne un grand’uomo perché una citazione tarocca lo faceva sembrare allineato ai TdG sull’escatologia, se poi invece 20 anni dopo, all’interno di una cambia demonizzatrice contro l’idea dell’inferno di fuoco si troverà scritto su qualche enciclopedia consultata che Giustino credeva all’inferno di fuoco, allora gli ignoranti redattori della WTS, che Giustino non sanno neppure chi sia, scriveranno che era un pessimo cristiano e che credeva a quella babilonica dottrina che è l’inferno di fuoco. Il minimo comune denominatore di queste posizioni è unicamente la convenienza, è l’utilizzare in modo strumentare quello che si trova in biblioteca per sostenere la propria tesi. Gli autori della WTS sono simili a liceali che ignorano tutto della materia su cui devono scrivere, liceali a cui una maestra ha assegnato una ricerchina come compito a casa, e che dunque passano il pomeriggio a scartabellare dizionari in biblioteca tenendo solo quello che fa loro comodo e scartando il resto.
“La WTS non ha mai fatto di Giustino un TdG ante-litteram,”
Ne hanno fatto un TdG, quanto alla dottrina escatologica, nella WT del 1982. Non ho certo voluto asserire che l’abbiamo spacciato per TdG nell’insieme delle dottrine, semplicemente qui faceva comodo farlo figurare come tale per poter sfruttare l’articolo di questo teologo anglicano,
“ad esempio la W15/07/2002 dice chiaramente che Giustino (con Tertulliano, Cipriano e Clemente Alesandrino) credeva all'inferno di fuoco.”
Si vede che il redattore di questa WT, a differenza dell’autore della WT del 1982, ha fatto delle ricerche migliori, ma la truffa sul numero del 1982 resta. Né del resto è logicamente sensato citare riviste posteriori al 1982 per dire che “poi” la WT si sia spiegata, perché quello che percepirono i lettori e si deposito nel fondo della loro anima è quello che ci interessa. Del resto però, non ha neppure senso citare riviste troppo precedenti, come la WT del 1970 risalente a 12 anni prima, perché i TdG non potevano ricordarsela, come del resto non dev’essersene ricordato neppure l’autore della WT del 1982, e dunque la truffa fece tutto il suo effetto, dando a bere che Giustino, quanto all’escatologia, fosse allineato perfettamente coi TdG.
Tra l’altro, se questa rivista del 2002 dice che Giustino credeva all’inferno di fuoco, tu perché invece stai surrettiziamente cercando di sostenere che per Giustino l’anima non sopravviva alla morte del corpo? Anche la WTS ti dà torto (nel 2002!)…
“ La W15/04/2001 dice che "a cominciare da Giustino Martire (ca. 100-165 E.V.), che scrisse in greco, i sedicenti cristiani assimilarono in modo sempre più raffinato il patrimonio filosofico della cultura greca".”
Il che, si noti, è l’esatto contrario di quanto diceva l’altra rivista, che faceva di Giustino colui che rigettò la filosofia greca. Come ripeto: le affermazioni sulla WT diventano vere o false a seconda della posizione che si deve sostenere in quel momento.
“"Giustino stesso sapeva in certa misura che ci sarà una risurrezione dei morti durante il Millennio"
Il che significa che Giustino rispetto al destino dell'uomo aderiusce alle Scritture solo "in una certa misura" accettando anche altri concetti estranei ad essa. “
Veramente la frase dice solo che sapeva “in una certa misura” che gli uomini risorgono nel millennio. Il che, non si capisce proprio cosa significhi. Secondo la WTS credeva o no al millennio? E se la risposta è sì, come si fa a crederci solo “in una certa misura”? L’affermazione che ci credeva “in una certa misura” comunque riguarda solo il millennio, e non le altre credenze sull’anima, su cui questa rivista non dice niente.
Forse la WTS allude al fatto che Giustino, pur credendo al millennio, dice che è una dottrina inessenziale della fede cristiana e che è anche possibile non crederci.
“Qui Dunnett non fa altro che ripetere quello che in genere è il punto di vista corrente sul destino dell'uomo (non parla specificamente di "anime") nelle Scritture e ritiene si possa applicare ai "primi Padri della chiesa", ma non dice che l'idea della morte come "sonno" appartenga specificamente a Giustino. “
No? E allora perché lo dice commentando una frase di Giustino che, così com’è nella sua decurtatezza, sembra proprio collimare con questa esegesi che la illustra?
C’è una frase di Giustino dove si ricava l’impressione che l’anima muoia, e per spiegarla un tizio attacca dicendo “I primi Padri della Chiesa…” credevano che l’anima finisse nell’incoscienza, e tu osi dire che queste dichiarazioni non si riferiscono al padre della Chiesa tema della risposta dell’articolo?
Tu non credi a quello che scrivi, è più che palese, ti interessa solo dare l’illusione ai tuoi confratelli, che probabilmente non capisco nulla di quello che scrivo, che hai avuto l’ultima parola. In realtà sei disonesto con te stesso perché sai benissimo qual è la tesi di quell’articolo di giornale e che cosa ne hanno capito tutti i lettori, e un sondaggio mi darebbe ragione.
“Concordo con te che è impreciso in questo, visto che non tutti i padri della chiesa considerano la morte un "sonno", ma il fine di Dunnett qui è unicamente di correggere le idee altrettanto radicate che vedono il primato della condizione spirituale dell'anima rispetto a quello materiale della risurrezione. Voglio dire, sta radicalizzando i concetti. “
Non vedo che senso abbia “correggere” dando un concetto opposto e altrettanto sbagliato. Non è assolutamente vero che i primi cristiani considerino il post-mortem come un sonno incosciente, e soprattutto non è vero per Giustino, che è l’autore che era stato chiamato a commentare. Che senso avrebbe la tua interpretazione, che sostiene che questo teologo anziché rispondere alla lettrice su Giustino si sarebbe invece messo a fare un discorso sui “primi Padri” in generale, per giunta sbagliando anche nel discorso generale? E soprattutto, come si può ritenere che non parli di Giustino se poi viene a parlare di questi primi cristiani e Giustino è elencato?
“Ora, qui Dunnett si allarga parlando anche di Ireneo, Ignazio, Policarpo e Lattanzio. Lasciamo stare Ireneo per il momenti, ma qui non mi pare dica proprio delle sciocchezze, perché effettivamente Giustino dice che l'anima non viene assunta in cielo”
L’affermazione è chiaramente legata a quanto detto prima. Cioè questi Padri non potevano illudersi che la loro anima andasse in cielo
in quanto, come aveva spiegato sopra, credevano che le anime finissero in uno stato di incoscienza. Le due affermazioni sono collegate, si implicano, e non c’è modo di separarle. Nell’articolo
tout se tient, la premessa è che le anime sono in un nulla incosciente, la conclusione è che non possono aspettarsi di andare in cielo. Al teologo non interessa distinguere che per Giustino non andrebbero in cielo bensì da qualche altra parte, semplicemente non ne sa proprio nulla, e crede che Giustino sia un monista.
E’ poi falso che Giustino dica che l’anima non venga assunta in cielo, in quella citazione Giustino sta invece dicendo che chi crede solo a quello, cioè crede all’assunzione in cielo e non alla resurrezione, non può essere definito cristiano.
Citazione integrale: “Qualora tu avessi incontrato dei cosiddetti Cristiani i quali non ammettono questa dottrina del millennio, ma osano bestemmiare il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe
asserendo che non c’è alcuna resurrezione dei morti, ma che le loro anime saranno assunte in Cielo nel momento della loro morte, non considerare costoro come Cristiani.” (Dial 80,4)
E’ chiaro che il busillis sta nel fatto che costoro si limitano alla dottrina dell’immortalità dell’anima, negando la resurrezione, e dunque negando la salvezza all’uomo intero.
“Ora, non sappiamo esattamente cosa voleva sapere il lettore, ma è chiaro che leggendo Giustino si stupisce di quest'affermazione.”
Voleva banalmente sapere se quello che anglicani e cattolici chiamano paradiso, cioè lo stato intermedio, esiste, visto che la citazione decurtata sembra dare a bere il contrario.
“Evidenentemente era convinto che la sua anima venisse assunta in cielo, “
E aveva ragione a crederlo, è quel teologo anglicano ad avere le idee poco chiare su Giustino e ad aver asserito il contrario.
“Vi sono poi altre difficoltà, perché per Giustino, millenarista, l'anima risorge con il corpo e non in cielo, ma sulla terra!”
Da capo: cos’è cielo? E’ inutile che tenti di far dire a Giustino qualcosa di diverso dalla teologia cattolica. Con “cielo” i cattolici non intendono quello che tu vedi fuori dalla finestra, e i cristiani cattolici di oggi non dicono affatto che l’anima sarà resuscitata in cielo, ma che ci saranno nuovi cieli e nuova terra, cioè che tutto il cosmo sarà metamorfosato e trasfigurato.
“Ancora: non viene mai detto che l'anima si "ricongiunge" al corpo con risurrezione, lo deduci tu, ma Giustino non lo dice mai.”
Come già detto se prima c’è A, e poi A+B, la via è solo una.
“Nei passi dove si parla di risurrezione si dice solo:
"Aspettiamo che i morti e sepolti sottoterra riprendano i loro corpi, sostenendo che nulla è impossibile a Dio".
Dio risuscita il corpo, i morti riprendono il loro corpo, non si fa accenno all'anima che si "ricongiunge" al corpo. “
Non si capisce perché, il fatto che questo passo non parli di anima che si ricongiunge al corpo, dovrebbe implicare che Giustino non ha in mente questo processo. E’ veramente stancante che tu continui ad usare affermazioni neutre come se fossero affermazioni contrarie a quello che dico. Trasformi passi che non dicono nulla in passi che direbbero il contrario di quello che dico io. Ma questo non è un modo corretto di procedere. E comunque, leggere che i morti si “riprendono i loro corpi”, a me fa pensare, visto il verbo impiegato, ad un ricongiungimento. Anche Giustino nella I Apologia dice che nel risorto sussistono distinti corpo ed anima. Dice l’apologeta:
“Platone, analogamente, sosteneva che Radamante e Minosse condanneranno gli ingiusti giunti dinnanzi a loro; noi diciamo che questo giudizio ci sarà, ma che verrà dato da Cristo, e che essi,
con le anime unite ai corpi [σώμασι μετὰ τῶν ψυχὼν], saranno condannati alla
dannazione eterna (αἰωνίαν κόλασιν), e non solo per un periodo di mille anni, come invece lui diceva”. (I Apol VIII, 4, tr. Girgenti)
Dunque l’anima non viene affatto dissolta, ma sussiste insieme al suo corpo, formando l’uomo tutto, al momento della resurrezione. Che l’anima venga temporaneamente dissolta, oltre a non essere mai affermato, è pure un’idea del tutto inutile,
e a differenza della mia idea del ricongiungimento non è neppure deducibile logicamente da alcuna premessa.
“Insomma, il problema è cosa accade all'anima. Subisce una dissoluzione temporanea? “
Quod gratis adfirmatur, gratis negatur. Non c’è nessun bisogno di pensare ad una dissoluzione momentanea dell’anima. Tutto è straordinariamente coerente, chi parla di contraddizioni in Giustino semplicemente non ha saputo inquadrare i cosiddetti passi “mortalisti” all’interno della polemica anti-platonica in cui sono iscritti. E comunque, anche nella mala interpretazione di quei passi, si direbbe semplicemente che alcune anime muoiano col morire del corpo ospite, ma non si afferma che quelle anime che Dio invece tenne in vita nei due luoghi distinti saranno in seguito dissolte prima della resurrezione. Questa è pura fantasia.
“Al momento del giudizio finisce di vivere per poi essere risorta insieme al corpo? “
Oltre che non essere affermato da nessuna parte, come ripeto, è pure un modo di agire di agire piuttosto cretino e mi guarderei bene dall’attribuirlo all’onnipotente. Che le ha tenute in vita a fare se poi le ha annichiliste un istante prima della resurrezione? E perché Giustino dice che sono quelle anime che “attendono il giudizio”, se poi invece non saranno quelle anime ad essere giudicate ma dei corpi risorti di cui esse non farebbero parte?
“Oppure vi sono destini diversi per anime diverse, alcune saranno annientate, altre risporte e altre ancora in uno stato intermedio? “
Non sono diversi destini, sono fasi di un unico destino. Prima c’è la morte dell’uomo, poi la sopravvivenza dell’anima, in luoghi diversi a seconda di come visse, e poi la resurrezione, in cui corpo e anime staranno assieme dinnanzi a Dio.
“ Secondo me non è possibile dirlo con certezza, perché le informazioni non sempre son chiare.”
La mia interpretazione, che poi è quella di Girgenti (“uno dei maggiori studiosi di Giustino Martire”) tiene insieme e spiega tutti i testi, la tua invece si basa su un solo testo contenuto in Dial 5,3, e per giunta mal interpretato. Non sono necessari ulteriori commenti.
“Io non saprei se Dunnett abbia, per quel trafiletto di 10 righe, fatto tutte queste considerazioni o su che cosa abbia basato le sue affermazioni “
Io invece non ho alcun dubbio, il teologo in questione era imbevuto di cullmanianesimo, e tutto eccitato per la novità esegetica, credette di ravvisare in quella citazione di Giustino il paradigma che gli era stato detto fosse quello del NT, cioè una specie di monismo in cui l’immortalità dell’anima era assente, tardo apporto greco al cristianesimo tardo-antico. Un teologo con tesi “di grido”, negli anni settanta…
“ (alcuni autori, in effetti, negano assolutamente che in Giustino, Ireneo, ecc... vi sia il concetto di sopravvivenza dell'anima separata dal corpo)”
E tu certamente ci farai la carità di scovare i loro articoli e di riportarci le loro argomentazioni affinché si possa discuterle, senza alcun appello
ex auctoritate.
“ma quello che forse era il suo obiettivo, al di là del singolo autore, era di spiegare al lettore che:
"Fu sotto l’influenza della filosofia platonica ... che il concetto dell’immortalità dell’anima permeò gran parte della chiesa cristiana e fece accettare l’idea che alla morte le anime andassero in cielo; ma resta una credenza non biblica" “
E’ invece erratissima, perché fa coincidere l’immortalità dell’anima col platonismo, e dà erroneamente a bere che ogni forma di immortalità dell’anima derivi dal platonismo. Il che è la prova che costui non sapeva che Giustino concepisce la sopravvivenza dell’anima, e dunque la sua immortalità nel senso odierno del termine, proprio in contrapposizione e a prescindere dal platonismo.
“Se poi vogliamo anticipare quest'influenza già a Giustino non ci trovo nulla da ridire, io sono convinto che Giustino qui sia fortemente influenzato dalla sua filosofia,”
Se è fortemente influenzato dalla sua filosofia, perché altrove nel tuo messaggio hai tentato di sostenere, dando un colpo al cerchio e uno alla botte, che invece sia una specie di monista, e che parli di anima sempre con l’accezione vetero-testamentaria di
nefeš? E non mi rispondere che lo dice Vaccaro, perché il fatto che lo dica Vaccaro, sbagliandosi, non toglie il fatto che lo dica anche tu, e questo come si può conciliare col fatto che invece qui, alla fine, lo dici fortemente influenzato dalla sua filosofia pagana? Hai dato un colpo al cerchio e uno alla botte, probabilmente ti sei reso conto della esiguità e debolezza delle tue affermazioni.
Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)