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Escatologia dello stato intermedio in Giustino

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2010 18:27
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30/07/2010 19:39
 
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Pars Prima

Per Barnabino


“Chiudo momentaneamente la discussione, perché con post così pesanti è impossibile gestirla, almeno per me che sono umano”



Ma ti chi ti ha chiesto niente? Ma come ragioni? Solo perché TU non sei in grado di gestire una discussione bisogna chiuderla? Ma perché? Qual è il postulato della tua affermazione? Che tu devi rispondere ad ogni discussione per salvare la faccia altrimenti va subito chiusa?
Sei tu che hai aperto il dibattito, abbi dunque la decenza di sopportarne le conseguenze, e se non sei intenzionato ad impiegare il tempo che anche altri vi dedicano, allora lascia la disputa. Questa discussione era aperta, non c’è stata alcuna irregolarità, e quindi non c’era alcuna ragione di chiuderla. Nessuna ragione se non ovviamente la tua drammatica consapevolezza che il tuo impianto teorico e di difesa si sta sbriciolando, e sapevi altresì che gli argini che avevi innalzato contro di me erano solo pezze temporanee, di cui tu stesso conoscevi la fallacia, messe lì solo per dare l’impressione di aver risposto qualcosa. Ma siccome eri certo che sarei arrivato lento ed inesorabile come la Giustizia Divina a sbriciolare tutti i castelli di carta che avevi erto a tua difesa, hai ben pensato di stroncare la discussione dopo aver preso l’ultima parola con la forza!
Inutile dire che qualsiasi tuo tentativo di chiudere questa discussione provocherà, oltre che una tua brutta figura, l’immediata comparsa di questo mio intervento sul forum di Achille, dove non puoi chiudere discussioni con la forza. E siccome, come sai bene, tutti quelli del tuo forum leggono anche il forum di Achille, questa tua censura preventiva non sarà servita ad un emerito nulla, peggiorando anzi la tua situazione.


“Noi crediamo che l'unità sia costituita dall'autore divino. “



E negli ultimi duecento anni la filologia e la teologia hanno messo ben in luce il perché l’ipotesi dell’autore divino non annulli la possibilità che nel testo biblico possano esserci errori, in quanto l’ispirazione divina non implica la “dettatura divina”, il che tra l’altro farebbe di Dio uno sgrammaticato, come lo è l’autore dell’Apocalisse di Giovanni il cui greco è inferiore a quello di una massaia dell’Attica. Ma questi discorso, si porterebbero veramente lontano.


“Dunque Gesù e gli apostoli.”



Gesù sempre, perché non può errare essendo anche Dio, gli apostoli nella misura in cui sono ispirati e rispettano la tradizione ricevuta da Cristo, la Chiesa che succedette agli apostoli ugualmente è infallibile solo quando rispetta e custodisce questa tradizione.


“Anche i TdG la salvano, semplicemente ritengono scientificamente prive di fondamento alcune acquisizioni della critica biblica.”



E dimmi, quali sarebbero le acquisizioni del metodo storico critico che i TdG avrebbero salvato? A me sembra che il loro modo di leggere la Bibbia si fermo al 1500. Inoltre, dubito che i TdG abbiano rifiutato le acquisizioni della critica perché le avrebbero valutate e considerate deboli… figurarsi se tra i TdG hanno le competenze per valutare un lavoro scientifico… No, molto più banalmente lo hanno rigettato a priori perché in contraddizione col dogma dell’inerranza biblica.


“Gesù ha sempre citato la Legge ed i Profeti, parlandone come un'unità della Scrittura e della Parola di Dio”



Da capo, lo facciamo anche noi cattolici. E allora? Proprio ti sfugge come sia possibile considerare la Bibbia un’unità e al contempo ritenerla piena di contraddizioni? Sei così poco addentro al dibattito esegetico? Sull’unità della Bibbia, dal Catechismo della Chiesa Cattolica:
“105 Dio è l'autore della Sacra Scrittura. « Le cose divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono consegnate sotto l'ispirazione dello Spirito Santo.
« La santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché, scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa »”

Come si vede la Chiesa Cattolica non nega l’unità della Bibbia, ma questo non ha nulla a che fare con l’inerranza biblica.


“ Paolo dice che "tutta la scrittura è ispirata". Non mi risulta che Gesù facesse delle distinzioni teologiche all'interno delle Scritture: erano "Parola di Dio". “



Ma si può sapere perché rispondi come uno scolaretto battista della Florida alla scuola domenicale? Perché continui a riproporre dei dilemmi insensati. Forse che la Chiesa Cattolica quando dice che la Bibbia si contraddice intende sostenere che la Bibbia non sia tutta ispirata? Ma per nulla: solo nell’ottocento però si poteva credere che ci fosse una contraddizione tra le due frasi “la Bibbia è tutta ispirata” e “la bibbia si contraddice”. Sono due cose che stanno perfettamente insieme e la teologia biblica ha spiegato come da almeno cent’anni. Sull’ispirazione di tutta la Bibbia nel cattolicesimo, così come in San Paolo, si legga questo trafiletto dal Catechismo:
“107 I libri ispirati insegnano la verità. « Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, si deve dichiarare, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle Sacre Lettere ».”

Dunque tutta la Scrittura è ispirata da Dio. Perché allora i biblisti cattolici scrivono che bisogna valutare la teologia degli agiografi? Il segreto sta in quell’inciso in cui si dice che le scritture insegnano “fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle Sacre Lettere”

Vale a dire che tutto nella Bibbia è ispirato, ma tutto è ispirato in ordine ad insegnarci come salvarci, non dunque con lo scopo di insegnarci verità scientifiche o naturali. Anche dottrine superate inserite nell’AT, erano comunque ispirate, perché servivano, all’interno di un progressivo accrescimento pedagogico, a preparare la verità che sarebbe rifulsa nel NT. Come scrive sempre il Catechismo:
“122 Infatti, « l'economia dell'Antico Testamento era soprattutto ordinata a preparare [...] l'avvento di Cristo Salvatore dell'universo ». I libri dell'Antico Testamento, « sebbene contengano anche cose imperfette e temporanee », rendono testimonianza di tutta la divina pedagogia dell'amore salvifico di Dio. Essi « esprimono un vivo senso di Dio, una sapienza salutare per la vita dell'uomo e mirabili tesori di preghiere »; in essi infine « è nascosto il mistero della nostra salvezza ».”


“Per il semplice motivo che dai risposte chilometriche quando basterebbero due righe, dunque evitiamo di andare nell'OT, dell'OT. “



Tutta questa discussione è un gigantesco OT e tutto per opera tua. Si sarebbe dovuti parlare con Gladio di Platone, ma tu hai voluto riportare quello che avevi scritto su Giustino dall’altra discussione, facendo sì che io ti rispondessi qui. E dire che ti ho anche chiesto, inascoltato, di riportare questa discussione nel suo naturale bacino.
Comunque se, come scrivi, tutto la comunanza tra l’introduzione della Bibbia dei PIB e i TdG starebbe nella datazione dei libri allora stiamo freschi, ma che comunanza esegetica sarà mai? Inoltre, dare una datazione alta di un libro, esclude forse l’idea che ogni libro vada interpretato alla luce dell’epoca in cui fu scritto?


“Mi basta rilevare che la PIB del 1966 sulla maggior parte delle datazioni e degli autori aveva la stessa identica opinione dei TdG. “



Non è di questo che stiamo parlando, bensì dell’idea che Scritture che esprimono teologie diverse perché opera di epoche diverse siano accostabili a casaccio. Che il PIB datasse in modo tradizionale alcuni libri, non a niente a che fare col principio esegetico di cui s’è accennato sopra, e non mi sembra che tu abbia citato elementi che mostrino che secondo il PIB tutta la Bibbia avesse in modo piatto la stessa teologia dalla prima all’ultima pagina.
Quanto poi al fatto che a tuo dire utilizzassero datazioni alte (anche se a dire il vero dici “sulla maggior parte delle datazioni”, come se alcuni fossero posdatati), s’è già detto che questo dipende in gran parte dal fatto che nel 1961 siamo in epoca pre-conciliare, e soprattutto abbiamo a che fare con gente formatasi in epoca pre-conciliare.


“uarda che non siamo fondamentalisti del III protestantesimo, i TdG hanno un punto di vista ben diverso”



Ma in questo particolare campo, cioè l’idea che la Bibbia non contenga alcun errore, sembrate essere identici. Dove starebbe la differenza?


“Gesù poteva farlo, ed anche Paolo, senza fare distinguo tra "presunte" teologie diverse, per loro ed i loro lettori era "Scrittura". “



Sì ma io non ho detto che non si può citare, bensì che non si possa citare in modo da accostare autori con teologie diverse. Il fatto che Gesù e Paolo citino con degli accostamenti, di per sé non implica che questi accostamenti infrangano il divieto da me enunciato, perché può darsi benissimo che accostino autori che, per gli argomenti in oggetto, avevano davvero una dottrina uguale. Si deve cioè ritenere che, grazie alla loro ispirazione, Paolo e Gesù furono divinamente preservati dall’errore di accostare versetti che non centravano nulla uno con l’altro, come invece fanno spesso i TdG quando devono ricavare una quale strampalata profezia. Scriveva ad esempio mons. Ravasi: “Divertente, ad esempio, è la miscela dei tre passi autonomi e di epoche differenti come Dn 4,10-27, Ap 12,6.14 ed Ez 4,6, miscela destinata a produrre la data del 1914 come anno della fine del mondo. Data opportunamente dilazionata con altri marchingegni interpretativi per salvare la faccia. È chiaro che con una simile impostazione di principio e di metodo è difficile, per non dire impossibile, dialogare in modo costruttivo non solo da parte del fedele ma anche da parte del biblista serio, cattolico, ortodosso o protestante.” (G. Ravasi, La Bibbia, Risposta alle domande più provocatorie, Cinisello Balsamo, 1998, San Paolo, p. 33)


“Veniamo a Giustino, dividiamo la discussione perché stai allargando troppo il tema, ti invito ad essere più sintetico (magari prepara un abstract) perché non posso leggere un intero trattato e poi risponderti... “



E chi ha detto che devi rispondermi? Ognuno risponderà in base alle energie che avrà scelto di dedicare a questa discussione. Se io ritengo utile una demolizione più sistematica, non vedo perché dovrei tralasciare dei punti ed evadere delle domande come invece fai tu. Io rispondo punto per punto.


“Questo è quello che devi dimostrare: in 80,4 Giustino non dice che le anime sono assunte in cielo al momento della morte come momento intermedio in attesa della risurrezione, semmai mette in contrasto l'idea che le anime abbiano vita eterna già cielo, perché contrasta con quella di risurrezione.”



No, 80,4 non dice nulla di simile. Probabilmente lo stai ancora leggendo nella versione tarocca decurtata che presenta la rivista. Ma se leggi l’intera frase non dice che non sono cristiani coloro che credono che l’anima va in cielo, ma bensì che non solo cristiani coloro che credono che l’anima vada in cielo e non credono alla resurrezione, cioè coloro che si limitano ad una delle due credenze, finendo per essere dei platonici. Citazione integrale: “Citazione integrale: “Qualora tu avessi incontrato dei cosiddetti Cristiani i quali non ammettono questa dottrina del millennio, ma osano bestemmiare il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe asserendo che non c’è alcuna resurrezione dei morti, ma che le loro anime saranno assunte in Cielo nel momento della loro morte, non considerare costoro come Cristiani.” (Dial 80,4)
Vale a dire, se dobbiamo usare la logica proposizionale, che una frase composta da due affermazioni unite da congiunzione, è vera se e solo se entrambi i membri sono veri.
La frase “il presidente Obama è nero ed è francese” è falsa, anche se è falso solo il secondo membro. In questo caso Giustino dice che sono falsi cristiani coloro che dicono la frase “le nostre anime vanno in cielo e non c’è la resurrezione”, costoro dicono il falso, perché sono dei platonici, non dei cristiani. Ma che esista la resurrezione, non implica che non esista uno stato intermedio. Quindi ribadisco la mia frase: “Quando Giustino dice che le anime dei Giustino vanno in un luogo migliore parla di quello che noi chiamiamo cielo o paradiso, e che consiste per l’appunto nell’essere nella grazia di Dio fino al giorno del giudizio, nel seno di Abramo, a differenza dei dannati che attendono in un luogo peggiore la resurrezione per essere condannati”
Come puoi dirmi: “Questo è quello che devi dimostrare”. Ma deliri? L’ho già dimostrato. E’ affermato chiaramente che in Dial 5,3 che le anime attendono in questo stato intermedio fino al giorno della resurrezione: “Credo che le anime degli uomini pii soggiornino in un luogo migliore e quelle ingiuste e malvagie in un luogo peggiore, in attesta del momento del giudizio.” (Dial 5,3)
Dunque il fatto che dopo ci sia una resurrezione, non ha esclude minimamente l’esistenza dello stato intermedio, e francamente sono stanco che tu continui a portarmi dei pezzi dove Giustino parla di resurrezione come se dovessero automaticamente escludere l’idea di uno stato intermedio. Non è così. Né per Giustino né per la teologia cattolica.


“perché contrasta con quella di risurrezione. Tanto è vero che in 80,5 spiega:
"Io, e con me tutti i cristiani veramente ortodossi sappiamo che ci sarà una resurrezione della carne e un periodo di mille anni in Gerusalemme ricostruita" “



Non si vede come il fatto che ci darà una resurrezione possa escludere quanto afferma altrove, cioè che prima della resurrezione le anime permarranno in uno stato intermedio attendendo il Giudizio Finale.


“Dunque la speranza di immortalità (ricevuta per grazia) non è per l'anima, una parte dell'uomo, ma è per l'uomo nella sua interezza, e sulla terra con le delizie paradisiache prospettate da Is. 6, 5”



Questo non è vero. Et-et, non aut-aut. È scandaloso che tu continui a presentare come se si contraddicessero dei passi che invece si integrano perfettamente, come del resto all’interno del cattolicesimo, dove la ferma credenza nella resurrezione non ha nulla a che fare con un’ipotetica esclusione dello stato intermedio. Né è vero che l’immortalità per grazia riguardi solo la resurrezione, quella è solo la sanzione definitiva, ma ciò non toglie che le anime vengano tenute in vita anche nel frattempo, nell’attesa della resurrezione. Infatti se Dio non tenesse in vita le anime, queste si dissolverebbero secondo Giustino, perché non hanno l’immortalità per loro essenza. Motivo per cui, se permangono in questo “luogo migliore o peggiore in attesa del giudizio”, significa che Dio anche durante l’attesa della resurrezione le tiene con la sua grazia in vita. Ed è esattamente questo che nel lessico contemporaneo si chiama immortalità dell’anima cioè la sopravvivenza dell’anima dopo la morte. Dunque le anime sono immortali nel senso che non muoiono e sopravvivano, mentre non sono immortali nel senso dell’immortalità platonica, per essenza. Resta il fatto che, quale che sia il tipo di immortalità, il teologo anglicano sbaglia a dire che per Giustino (che è elencato) l’anima finisca in uno stadio di nulla incosciente. Al contrario si dice che mantenga la sensibilità.


“La vera grazia di Dio, beatitudine, è quella dell'uomo risorto e non quella dell'anima in attesa di giudizio.”



Anche qui continui a dire cose perfettamente cattoliche nella pia illusione che siano eretiche, ma questo è dovuto al fatto che voi TdG non avete capito nulla dell’escatologia cattolica, come della Trinità del resto. Sono secoli che la teologia cattolica dice che la beatitudine dell’anima senza il corpo non è perfetta perché appunto le manca il suo corpo, e dunque la creatura è in uno stato di deficit ontologico in attesa della resurrezione. Questo, tuttavia, non ha nulla a che fare con quello che vuoi sostenere tu, cioè che non esisterebbe uno stato intermedio. Invece nella Chiesa, così come in Giustino, l’idea che la beatitudine piena sia dopo la resurrezione, non esclude minimamente il fatto che nel frattempo l’anima continui a sopravvivere attendendo la resurrezione.


“ E' vero che prospetta un periodo in un "luogo migliore" dei reprobi, ma non lo chiama mai il cielo, il seno di Abramo o espressioni di questo tipo. “



Guarda che ti confondi. I reprobi sono i dannati, e dunque vanno in un luogo peggiore, i probi invece, cioè i giusti, in uno migliore. Ho già commentato che non si vede proprio che cosa c’entri il fatto che non lo chiami “cielo”, ciò che conta è che esso corrisponda nel concetto a quello che i cattolici chiamano cielo. Se una persona nel XV secolo diceva “le Indie Occidentali”, mentre io la chiamo “America”, cosa c’entra il fatto che non stiamo usando la stessa parola se la cosa cui ci stiamo riferendo è la medesima? O forse neghi che con “un luogo migliore” Giustino intenda la stessa cosa che i cattolici intendono con paradiso? E quale sarebbe la differenza tra i due concetti, sentiamo. I cattolici con paradiso, prima della resurrezione, intendono per l’appunto quella condizione migliore rispetto ai dannati in cui i defunti attendono la resurrezione.


“Il fatto è che non è quella per Giustino la condizione di vittoria sulla morte, non è quella la prospettiva di salvezza dell'uomo.”



E allora? Chi ha mai detto che per la lettrice anglicana o per il cattolico la prospettiva di salvezza per l’uomo sia la mera immortalità dell’anima? Non confondere le carte in tavole. La lettrice voleva sapere se l’anima per Giustino sopravvive alla morte del corpo, e questo è vero, tutto qui. Il fatto che per Giustino, così come per i cristiani e gli anglicani, la meta definitiva non sia quella bensì la resurrezione della carne, non toglie il fatto che uno stato intermedio esista e di questo la lettrice aveva chiesto al teologo.


“L'anima dei gisuti e dei malvagi, secondo l'idea platonica per altro, poteva essere in quella condizione anche prima di Gesù,”



Questo non è quello che insegna la teologia cattolica, e neppure quella anglicana, dunque non vedo cosa ce ne importi. Secondo la teologia cattolica è stata la venuta del messia e la sua risurrezione ad aprire i cancelli del paradiso, mentre prima le anime stavano in quelli che sono detti “Inferi”, che non sono l’ “inferno”, ma per l’appunto quello stato indifferenziato in cui le anime attendevano la venuta del messia.
Comunque, non vedo che cosa c’entri il fatto che, a tuo dire, secondo i platonici (ma quali?) l’anima poteva essere in un luogo migliore anche prima della venuta del messia. Ciò che conta è che anche Giustino, che scrive dopo la venuta del messia , a questo stato intermedio ci crede, e la povere lettrice s’è vista negare questa fondamentale verità.


“ma non è la grazia di tutto l'uomo quelle, la vera condizione di immortalità dell'anima per Giustino ci sarà con la risurrezione nel millennio. “



Da capo: che la pienezza ci sia solo dopo, non esclude che esista anche un prima, che invece quel teologo ha del tutto sbagliato a negare, attribuendo a Giustino lo psicopannichismo (che poi, per le ragioni filosofiche che dissi, è in realtà la stessa cosa dello tnetopsichismo, seppure gli illusi a parole li distinguano).


“Non possiamo sapere se davvero pronunciasse quelle parole”



Il Martyrium Iustini è unanimemente considerato un gioiello di antichità, al punto di essere creduto la trascrizione del processo stesso. Ma, come ripeto, questo documento non è affatto necessario, è solo la ciliegina sulla torta a conferma (seppur non necessaria), di tutto quello che stiamo dicendo.


“e poi sarebbe da capire cosa era per il prefetto rustico il "Cielo". Quello dei teologi moderni?”



Quale che sia il senso che senso che desse alla parola, c’è certamente un minimo comune denominatore tra quello che può aver pensato un romano del II secolo ed un teologo del XX secolo, cioè uno stato in cui l’anima è disincarna ed è in un posto migliore. Per quanto sia un significato minimale, che si intenda questo cielo come luogo fisico o come mera condizione, resta comunque l’idea di un soggiorno dell’anima disincarnata dal corpo in questo “cielo”.


“noltre è anche bizzarro che non faccia alcun riferimento alla risurrezione della carne, che è il destino finale della salvezza né al millennio.”



Semplicemente ha risposto alla domanda del prefetto che gli aveva chiesto se pensasse di andare in cielo. Il fatto che Giustino credesse di essere anche resuscitato dopo questo soggiorno in cielo, non toglie il fatto che non era quella la domanda del prefetto, nessuna stranezza dunque che non venga menzionata la resurrezione in questo passo.


“Giustino dice solo che quelli che hanno vissuto con giustizia vivranno nella grazia di Dio sino alla fine dell'universo, ma come? Evidentemente nella carne, perché quella è la prospettiva finale.



No guarda. La fine dell’universo (ἡ ἐκλήρωσις τοῦ παντὸς κόσμου) è banalmente quella che generalmente si chiama apocalisse, quindi prima c’è questa fine dell’universo (del nostro “sistema di cose” come direste voi), e poi ci sarà la resurrezione. Dunque fino alla fine dell’universo Giustino non poteva aspettarsi di restare nella grazia di Dio nella carne, perché la sua carne era sepolta e marcita. Giustino non può stare parlando di quello che accadrà “dopo” la resurrezione, perché in quel caso starebbe dicendo che il suo stato di risorto avrebbe una fine, visto che dice che rimarrà nella grazia di Dio “fino” (μέχρι) alla fine dell’universo. Se quest’ “universo” fosse il mondo dopo la resurrezione, e non prima della resurrezione, ne dovremmo concludere per Giustino anche la vita dei resuscitati ha un termine, ma penso che sia cattolici sia testimoni di Geova siamo d’accordo nel dire che il nuovo mondo inaugurato dalla resurrezione sarà eterno. Non si intitolava forse un vostro vecchio catechismo “Potete vivere per sempre in un paradiso ortofrutticolo”? Se dunque la condizione dei risorti è di vivere eternamente, non è possibile che questa “fine dell’universo” si riferisca al mondo post-resurrezione, perché quel nuovo mondo non avrà mai fine.


“Giustino è convinto, poi, di andare in cielo per ricevere una ricompensa, ma questa è per tutti o è solo una condizione particolare dei martiri, che sono assunti in cielo direttamente?”



Ovviamente tale ipotetico distinguo si basa su due assunti erronei. Il primo, già confutato, è che stia parlando di qualcosa dopo la resurrezione, il secondo assunto, del tutto estraneo alla Bibbia come al pensiero di Giustino, è la dottrina che i TdG hanno dal 1935 secondo cui esisterebbero due classi di persone, la prima destinata allo stare in cielo con Geova lo sterminatore di Armageddon, la seconda destinata al sogno (incubo) di una vita perenne a cogliere more dai cespugli e guardare i cerbiatti che si abbeverano ai ruscelli su una terra paradisiaca. Nulla di tutto questo sta in Giustino, e dunque introdurre surrettiziamente una dottrina di venti secoli dopo, nata nel 1935, è alquanto deprimente. La assai più semplicemente verità è che Giustino si aspettava di andare prima in cielo, giacché egli dice che una volta morto vi ascenderà, mentre dopo la resurrezione si aspetta il regno millenario di Cristo sulla terra. Questo è quello che emerge dal confronto con la letteratura di Giustino, il resto è fantasy.


“Ora, tra queste due categorie è possibile che vi siano coloro che non fossero tali da assurgere alla categoria di malvagi tali da essere torturati eternamente, questi per Giustino potrebbero essere semplicemente quelli le cui anime muoiono perché non sono vivificate dallo spirito di Dio. “



Dunque se ho capito bene tu stai sostenendo che quelli “cattivissimi” verranno tenuti in vita in questo “luogo peggiore”, mentre i buoni in un luogo migliore, e quelli che stanno in mezzo, cioè quelli non buoni ma neppure cattivissimi, saranno invece annichiliti perché indegni di qualunque trattamento? Come ignavi di Dante, di cui persino l’inferno aveva orrore, e che dunque se ne stavano nell’anti-inferno.
Dunque a questo ti sei ridotto per tentare di parare i colpi:
-i buoni sopravvivono
.i molto malvagi sopravvivono
-i semplicemente malvagi invece verranno annichilisti, perché Dio non li giudica né degni di pena, né degni di premio.

A questo proposito facciamo alcuna osservazioni:
1)Il teologo anglicano in questione sbaglierebbe comunque, perché non fa questa distinzione, e anzi, si limita a dire che Giustino non poteva illudersi che la sua anima salisse al cielo. Dunque , poiché parlava di cielo, il teologo stava parlando del destino dei buoni, di cui tu invece ammetti, messo alle strette, che Dio garantisca la sopravvivenza in uno stato intermedio, giacché si limiterebbe ad annichilire quelli che non sono né carne né pesce, né troppo malvagi né buoni.
2)Questa idea di una gradazione tra “molto cattivi”, “cattivi”, e “buoni”, è del tutto assente nel testo di Giustino, e se dovessimo rifarci al tuo principio esegetico in base a cui dovremmo limitarci a quello che c’è scritto, dovremmo scartarla. Giustino dice solo che i malvagi saranno tormentati eternamente, sia come anime che mantengono la sensibilità e soggiornano in un “luogo peggiore”, sia dopo la resurrezione anima e corpo uniti.
3)Questa tua teoria, oltre che inesistente in Giustino, nasce per tentare di render conto di un passo in Dial 5,3, in cui una lettura ingenua potrebbe far pensare che alcune anime non muoiono mentre altre sì. Tuttavia s’è già spiegato che questo è un falso problema, e di come sia possibile leggere il testo in modo coerente con tutto il resto, e soprattutto tenendo conto che quel passo e tutti gli altri che ad una lettura superficiale possono sviare il lettore si capiscono benissimo se inscritti nel loro contesto di polemica antiplatonica, se cioè si capisce che l’immortalità ad essere negata è quella di Platone.


“Perdonami, ma la domanda non era semplicemente sul dualismo di Giustino, ma mi pare più sul destino finale. “



In Giustino non c’è alcun dualismo. Mi rendo conto che voi, cresciuti con la Torre di Guardia, non possiate apprezzare le distinzioni concettuali più sopraffine, ma, per l’ennesima volta: concezione duale non vuol dire concezione dualista.
La domanda della lettrice poi, quel poco che ne rimane, chiedeva semplicemente se “siamo tutti eretici?” sulla base della citazione di Giustino. Ergo che il teologo in questione dia il suo giudizio su cosa insegni la Bibbia è tutt’altro paio di maniche, quello che mi interessa è che il poveretto si illudesse che Giustino la pensasse così, cioè che tutti i cristiani di oggi sarebbero definibili eretici perché credono ad uno stato intermedio dove l’anima non è affatto “incosciente”. Per il teologo in questione, chiaramente, Giustino insieme ai primi Padri, erano dei cullmanniani di ferro.


“Ed il teologo spiega il senso biblico di anima, l'idea della morte come sonno che erroneamente attribuisce ai Padri citati. In questo è spreciso, ma lo stesso Giustino ammette in linea di principio che l'anima può morire e non fa alcun accenno al "ricongiungimento" dell'anima al corpo alla risurrezione. “



Bene, abbiamo la prima ammissione: il teologo sbaglia ad attribuire questo parere ai Padri citati, e specificatamente sbaglia ad attribuirlo a Giustino, su cui si basa la risposta alla lettrice.
Quando al fatto che Giustino ammetta in linea di principio che l’anima può morire, da capo, non lo rende diverso da quello che crede qualsiasi teologo cattolico di oggi, giacché il magistero ritiene che l’anima sia immortale non platonicamente ma perché, come tutte le cose create, Dio la mantenga nell’essere. Ergo dire che Giustino ammette che ipoteticamente l’anima possa morire, oltre che essere del tutto ortodosso, non c’entra nulla con quanto chiedeva la lettrice, che non voleva sapere se per Giustino l’anima possa ex hypothesi morire se Dio le ritira la Grazia, ma voleva sapere se per Giustino esiste uno stato intermedio, quello che oggi gli anglicani chiamano paradiso. Ergo, che per Giustino l’anima possa morire qualora Dio voglia ucciderla, non c’entra nulla col fatto che secondo Giustino quest’anima sopravviva e se ne vada in uno stato transitorio, diverso a seconda della sua condotta, dove attende la resurrezione.


“Il problema è sempre di capire se vogliamo parlare del concetto di anima in Giustino o del suo destino finale, che per Giustino non è l'immortalità di un parte dell'uomo ma di tutto l'uomo e, presumibilmente, sulla terra.”



Il che è perfettamente sottoscrivile, cattolico, ed ortodosso, ma: che cosa c’entra? Il teologo ha forse risposto: “per Giustino il destino finale è la resurrezione dell’uomo tutto, ma non nega che l’anima sopravviva alla morte del corpo e se ne vada in cielo”?
No, ha risposto l’esatto contrario. Da buon cullmanniano si è illuso vedendo la citazione taroccata che Giustino fosse un monista, che non credesse alla sopravvivenza dell’anima dopo la morte, e che dunque che anche lui fosse nel novero degli tnetopsichisti.
Il problema non è di cosa noi “vogliamo parlare”, il problema è di che cosa voleva parlare la lettrice e che cosa gli ha risposto il teologo incompetente. La lettrice voleva sapere se Giustino escluda quello che tutti i cristiani chiamano lo stato intermedio, perché da quella decurtata citazione sembra che le anime non vadano in paradiso, e il teologo l’ha confermata nei suoi errori, dicendole in sostanza che la morte per i primi Padri della Chiesa era proprio un cadere nell’incoscienza, e che s’aspettavano solo la resurrezione. La WTS ha ricamato su questo fatto, usando questo articolo come premessa per dedurne che dunque tutti i cristiani attuali sono degli eretici, e il povero Giustino ne sarebbe la prova.


“Perché il teologo dice chiaranente che nelle scritture la morte è intesa come sonno, cosa corretta. Che poi esageri ad arruolare uno stuolo di padri è un altro discorso, la WTS si era già espressa su Giustino e non lo considera certo un TdG ante-litteram. si tratta solo di riportare una notizia, non lo capisci? Non è che viene considerata verità assoluta! “



E perché, se si era già espressa su Giustino, e dunque sapeva che quanto diceva quel teologo era falso, non ha preso le distanze da quella parte dell’articolo, e invece ha sfruttato furbescamente l’errore del teologo, dando a bere ai suoi lettori del 1982 che Giustino fosse d’accordo coi TdG nel considerare la cristianità di oggi eretica? Questa è l’ambiguità.
Inoltre, che sia corretto che le Scritture considerino sempre l’immortalità come un sonno, questo è tutto da dimostrare, e come dice James Barr è un prezzo che può essere ottenuto solo lavorando parecchio d’ingegno per forzare tutti i testi in un paradigma vetero-testamentario retrò, operazione non necessaria e non giustificata dall’ermeneutica storica visto che sappiamo che il giudaismo già da due secoli almeno iniziava a parlare di immortalità dell’anima e dunque non c’è alcun bisogno di impuntarsi per “de-ellenizzare” i testi del NT che invece, proprio nel loro immortalismo dell’anima, sono perfettamente giudaici, cioè in linea col giudaismo coevo, farisaico ed esseno. C’è solo da ironizzare ad esempio come fa J. Barr su questi tentativi di riportare gambe all’aria testi di per sé chiarissimi e in sintonia col nuovo paradigma, come quello di Ap 6,11 dove le anime dei morti nelle persecuzioni attendono la resurrezione. Si deve ad esempio leggere lo spaventoso commento che ne dà il GLNT, e come riesca a contraddirsi in meno di dieci righe, affermando all’incipit del capitoletto dedicato all’argomento che si tratta di anime disincarnate, ma poi dimenticandosi la cosa e contraddicendosi alla fine. Per non parlare di chi legge questo passo come se psyche significasse solo “vita”, qualunque cosa voglia dire una lettura del genere! Come se le “vite” si mettessero a parlare con Dio, mostrando comunque di essere ben coscienti. Quello che voglio far notare comunque è che non è l’immortalista che deve spiegare perché si attiene alla lettura ovvia di questo passo, ma il mortalista, colui che deve provare il perché questi versetti significherebbero altro. Spesso infatti questi “mortalisti” in passato hanno rinfacciato agli “immortalisti” che leggevano questi testi alla greca, e fuori dall’humus giudaico, e che dunque c’era bisogno di ragioni in più per leggerli “alla greca” se era possibile leggerli già “in modo giudaico” (cioè anti-immortalista). Ma questo modo di ragionare oggi non ha più senso, perché l’accusa s’è ribaltata, da quando s’è documentato che il giudaismo da almeno due secoli conosceva l’immortalità dell’anima, e che dunque quelli a dover fornire prove ulteriori del perché non leggere questi testi in modo ovvio dovrebbero essere coloro che li schiacciano all’interno del paradigma antico-testamentario (e neppure di tutto l’AT), e non deve certo giustificarsi chi invece, giustamente, li legge alla luce del giudaismo immortalista in cui il NT nacque.


“1. Non sono i TdG a dire che quello è il concetto di anima nel NT ma la maggior parte di biblisti “



Questo, oltre che falso, è irrilevante. È irrilevante perché, anche ammesso per ipotesi per ipotesi che il Nt sia monista e non crede all’immortalità dell’anima, non è tuttavia di questo che stiamo parlando, bensì se Giustino sia concorde con questa ipotetica lettura monista della Bibbia. Il teologo anglicano fa un tutt’uno tra quello che credeva la Bibbia e quello che credevano i primi Padri, dicendo gli uni e degli altri tnetopsichisti.
Quanto al fatto che la maggior parte dei biblisti sia del tuo parere circa l’anima nel NT ho i miei seri dubbi, considerato che la maggior parte dei biblisti di questo pianeta è cattolica ed ortodossa, e infine protestante, e che ciascuna di queste tre religioni crede all’esistenza di un’anima immortale. Ora, questi biblisti cattolici non possono essere schizofrenici e credere da una parte che l’anima sia immortale e dall’altra che la Bibbia dica il contrario. Il risultato, dopo decenni, di dibattito, della polemica suscitata (ma non iniziata) da Cullmann è stato certamente che i biblisti di ogni confessione si sono resi conto che la Bibbia promette la salvezza integrale dell’uomo, ma non per questo ne hanno necessariamente dedotto l’inesistenza di uno stato intermedio. Come ripeto le lancette della storia hanno conosciuto un altro giro, e se decenni fa i commentari erano tutti di una noia mortale incentrati sul mito dell’onnipresente nefeš biblica, oggi invece la salvaguardia di quelle legittime istanze non s’è certo conclusa con l’abbandono dell’anima. Potrai avere un quadro di tutto il dibattito e dell’impossibilità di rinunciare all’anima nel libro dell’allora card. Ratzinger “Escatologia”, di cui è appena uscita una nuova edizione con post-fazione.


“Non abbiamo mai detto che Giustino abbia la stessa concezione di anima dei TdG, non si capisce come ti sia venita questa paranoia”



Quell’articolo invece fa passare esattamente quest’idea, o almeno fa passare l’idea che Giustino esattamente come i TdG non creda che un’anima disincarnata vada in cielo, bensì ci sia da aspettarsi solo la risurrezione dell’uomo.


“Giustino ha un concetto di anima diverso anche da molti cattolici “



E chi se ne frega… Io non sono tra questi, e neppure il magistero attuale a quanto io sappia. Motivo per cui, non dice nulla di eretico o di poco cattolico.


“Si, ma la WTS non attribuisce a Giustino o ad altri ques'idea. L'errore lo fa quel teologo, la WTS su Giustino si era già espressa, se hai pensato male colpa tua che non tu sei informato”



L’errore lo fa il teologo, ma non capisco a cosa ti giovi continuare a ribadire che la WTS s’era già espressa 12 anni prima su Giustino, il che non può fare che aggravare la sua posizione, perché implicherebbe che, se c’era memoria di quell’articolo del 1970, allora la WTS abbia dato in pasto ai suoi lettori una notizia pur sapendo benissimo che era falsa! E come modo di agire sarebbe?
Se invece non c’era memoria dell’articolo del 1970, tanto meno ce l’avranno avuta i lettori della Torre di Guardia, che dunque se ne saranno tornati a casa tutti belli contenti e convinti che pure il Padre della Chiesa Giustino ritenesse eretici gli ingenui cattolici.


“Per un trafiletto di 10 righe sarebbe assurdo farne 40 di distinguo storico-teologici! “



Ma quali quaranta, ne bastano due di righe? Un esempio? “Cari lettori, Giustino, pur negando che l’anima fosse immortale per sua propria natura, non nega che diventi tale grazie ad un dono divino, e dunque sopravviva alla morte del corpo”.


“Guarda che conosco benissimo Barr, ed a parte il fatto che il lavoro citato è chiaramente polemico verso Cullmann (uno dei più grandi teologi protestanti) resta una voce piuttosto isolata e giunge comunque ad una lettura molto personale, come ti sarai reso conto dalla lettura del testo che citi”



Non mi interessa tanto la lettura che fa del racconto della caduta, mi interessa la sua posizione sull’immortalità dell’anima nel giudaismo intratestamentario e nel Nuovo Testamento. Non è affatto una voce isolata, e potrai rendertene conto da solo leggendo il libro “Escatologia” di Ratzinger che traccia tutto lo sviluppo del dibattito.


“Non mi spiego nulla, dico soltanto che quando Giustino descrive la risurrezione non fa alcun accenno a questo passaggio. “



E fa forse accenno alla cosiddetta dissoluzione temporale delle anime di cui ti fai paladino?
E allora perché accetti un procedimento deduttivo in un caso (e tra l’altro non sai neppure in che cosa questa deduzione di Young consista), mentre lo neghi nel mio di caso?
La risposta è quanto mai ovvia: fede cieca e aprioristica nel paradigma che devi difendere
Inoltre questo passaggio è del tutto ovvio in ragione del fatto che che l’anima c’è prima della resurrezione, e c’è anche dopo insieme al corpo. “Platone, analogamente, sosteneva che Radamante e Minosse condanneranno gli ingiusti giunti dinnanzi a loro; noi diciamo che questo giudizio ci sarà, ma che verrà dato da Cristo, e che essi, con le anime unite ai corpi [σώμασι μετὰ τῶν ψυχὼν], saranno condannati alla dannazione eterna (αἰωνίαν κόλασιν), e non solo per un periodo di mille anni, come invece lui diceva”. (I Apol VIII, 4, tr. Girgenti)
Dunque prima della resurrezione c’è solo l’anima, poi, dopo la resurrezione, c’è l’anima insieme al corpo. 2+2 fa ancora 4. Che bisogno ci sia di parlare di una dissoluzione intermedia, Dio solo lo sa. Anche perché la ragione per cui si vorrebbe tirare in ballo questa dissoluzione intermedia, cioè che da nessuna parte si parla di un “ricongiungimento”, fa sì che per la stessa ragione si debba rigettare l’idea della dissoluzione temporanea, infatti neppure di questa si parla in alcun luogo. Ergo se si rigetta il “ricongiungimento” perché non se ne parlerebbe, allo stesso modo si rigetterà la dissoluzione temporanea intermedia, di cui ugualmente non si parla.
Con la differenza che la mia teoria, seppure deduttiva, emerge con trasparenza dai testi, perché come ripeto se prima c’è A, e poi c’è A+B, allora è ovvio che c’è stato un ricongiungimento dei due. La tua teoria invece postula un’ulteriore passaggio intermedio non necessario, cioè prima c’è ha, poi si passa per “-A” (cioè la dissoluzione di A), e poi si arriva ad A+B. Come si vede c’è un passaggio in più rispetto alla mia catena deduttiva, e dunque ricordandoci di Ockham diremo “frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora”.
Per di più questa teoria di uno stato intermedio di dissoluzione temporanea contraddice Dial 5,3 dove si dice esplicitamente che le anime dei morti attendono il giudizio? “Allora credo che le anime degli uomini pii soggiornino in un luogo migliore e quelle giuste in luogo peggiore, attendendo il momento del giudizio.”.
Se dice che le anime “attendono”(ἐκδεχομένας) la resurrezione, allora significa che sono quelle stesse anime che prima erano senza corpo che poi ce l’avranno, nella resurrezione. Inoltre, il testo prosegue dicendo: “Allora credo che le anime degli uomini pii soggiornino in un luogo migliore e quelle dei malvagi in uno peggiore, aspettando il momento del giudizio. Allora quelle (οὕτως αἱ μέν) che risulteranno degne di Dio non moriranno più, le altre invece saranno punite per il tempo che Dio vorrà che vivano e siano punite”. (Dial 5,3)
Quel αἱ (tradotto con “quelle”) dimostra che le anime che verranno giudicate e sopravvivranno sono le stese anime che attendevano la resurrezione nei due luoghi, di cui parlava nella frase prima, infatti quell’ αἱ richiama e si riferisce grammaticalmente alle psychai della frase prima. Abbiamo dunque anche una conferma grammaticale dell’infondatezza della tua superflua teoria della dissoluzione intermedia. Onde non ti venga la tentazione di svincolare ricordo a tutti i lettori che la frase, riferita alle anime malvagie “le altre invece saranno punite per il tempo che Dio vorrà che vivano e siano punite”, non implica che Dio si stancherà mai di volere che queste anime vivano e siano punite. Questa è una mera possibilità teorica, del tutto ortodossa, che il vegliardo dice contra platonicos, cioè ribadisce che queste anime staranno in vita solo finché Dio vorrà. Ma non si dice che Dio smetterà mai di volere che esse sopravvivano. Anzi, sappiamo da altri passi di Giustino che, fatta salva la possibilità teorica per Dio di annientale, l’apologeta ritiene tuttavia che sia nei piani di Dio che queste anime insieme ai loro corpi patiscano in eterno. Scrive infatti Giustino nell’Apologia: “Platone, analogamente, sosteneva che Radamante e Minosse condanneranno gli ingiusti giunti dinnanzi a loro; noi diciamo che questo giudizio ci sarà, ma che verrà dato da Cristo, e che essi, con le anime unite ai corpi, saranno condannati alla dannazione eterna (αἰωνίαν κόλασιν), e non solo per un periodo di mille anni, come invece lui diceva”. (I Apol VIII, 4, tr. Girgenti)
La contrapposizione tra “dannazione eterna” e il “non solo di mille anni” platonico, mostra che per Giustino αἰωνίαν κόλασιν si riferisca ad una punizione di durata infinita nel tempo. E si noti che poi dice “noi diciamo”, come se si facesse portavoce non del suo pensiero ma di quello dei cristiani.


“Young ipotizza che appunto le anime siano dissolte momentaneamente (al giudizio) per poi essere essere risorte con il corpo. Il lavoro di Young non sono riuscito a trovarlo, per cui non posso dirti altro (dunque vedi di non menarlo ancora con Young!). “



Se non l’hai neppure letto, cosa continui a citarlo facendoti scudo di un nome se non sai nulla di quello che dice? Davvero voi TdG non ragionate sui testi ma vi interessa solo fare un collage di citazioni di chi la pensi come voi, illudendovi che “parere attestato” significhi “parere possibile”, e puntando i pieni rifiutandovi di discutere non appena abbiate trovato qualcuno che le pensi come voi… A noi basti sapere che nessuno dei due autori in cui abbiamo trovato citato questo M.O. Young, cioè Girgenti e Visonà, è d’accordo con lui. E questo parere l’abbiamo maturato leggendo direttamente i testi di Giustino.


“Non è che credo a delle argomentazioni che non conosco, né stiamo scrivendo un trattato su Giustino. Semplicemente abbiamo qui un autore (per altro citato anche in nota da Visonà) che sostiene che per armonizzare le dichiarazioni di Giustino rispetto alla morte/sopravvivenza dell'anima si possa ipotizzare anche la dissoluzione temporanea dell'anima. Non capisco perché scartarlo a priori. “



Perché è un vuoto argomento ex auctoritate (tra l’altro contraddetto da altre autorità) di cui non sappiamo nulla. Io non dirti “perché scartarlo”, sei tu che lo citi a dovermi dire perché si dovrebbe accettarlo. Tra l’altro, da come Visonà riassume Young, non sembra affatto che intenda dire che le anime sopravvivono fino alla resurrezione, poi vengono annientate un secondo prima della resurrezione dell’uomo tutto, e infine avvenga la resurrezione. Visonà nella nota 1 a p. 99, in cui si parla di quest’articolo, lo riassume dicendo che per Young “l’elemento discriminante è la resurrezione, fino alla quale l’anima subisce una dissoluzione temporanea”.
Dunque Young sostiene che l’anima non sopravviva, e sia dissolta fino alla resurrezione, non che sopravviva, poi venga annientata, e poi venga fatto risorgere l’uomo. Ma dire che l’anima fino alla risurrezione sarà dissolta cozza contro un po’ di testi.


“Questo è quello che si evincerebbe dalla lettura senza pregiudizi di "ortodossia" di Giustino, che non parla mai di migrazione dell'anima dal corpo al cielo e viceversa, né dice mai che l'anima dopo il giudizio torna da dove è uscita. Insomma, non è chiaro il processo.”



Ti devo contraddire, almeno nella prima parte del processo. Infatti Giustino dice che l’anima lascia il corpo: “ Ma come non è proprio dell'uomo vivere per sempre, e come il corpo non rimane sempre unito all'anima ma, quando viene il momento di sciogliere questa armonia, l'anima lascia il corpo (καταλέιπει ἡ ψυχὴ τὸ σῶμα), e non c'è più l'uomo, allo stesso modo, quando l'anima non deve più esistere, si separa da lei lo spirito vivificante e non c'è più l'anima, che invero ritorna dove era stata tratta." (Dial VI, 2)
Dunque Giustino descrive l’anima che lascia il corpo, e tuttavia continua ad esistere. Se la descrive nel momento di lasciare il corpo, non c’è nessun impedimento concettuale a pensare ad un ricongiungimento. Certamente sarebbe meno artificiale della tua mai attestata dissoluzione temporanea prima della morte, che renderebbe del tutto inutile tra l’altro il fatto che abbia tenuto in vita le anime sino ad allora, e tra l’altro non salverebbe dall’accusa di incompetenza il teologo anglicano o la WTS, giacché quell’anima in cielo c’è andata eccome, semplicemente sarebbe stata dissolta un istante prima della resurrezione. In sintesi la tua strategia argomentativa è sbagliata, perché quello che dici è falso, e se anche fosse vero, sarebbe inutile ai tuoi scopi (perché comunque lo stato intermedio ci sarebbe stato prima della dissoluzione).

Finis partis primae
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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