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Come fu inventato il popolo ebraico

Ultimo Aggiornamento: 23/06/2011 22:57
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22/06/2011 16:45
 
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Prima parte
Quanto segue è l’ autorevole smantellamento di un mito;
All’ annosa questio se gli ebrei formano una nazione risponde uno storico israeliano, poichè contrariamente all’opinione comune, la diaspora non nasce con l’espulsione degli ebrei della Palestina, ma da successive conversioni in Africa del Nord, in Europa del Sud ed nel Medio-Oriente. Ecco qualcosa che farà vacillare una delle basi del pensiero sionista, secondo la quale gli ebrei sono i discendenti del regno di Davide, ma non gli eredi dei guerrieri berberi o dei cavalieri kazari.
La spiegazione di Shlomo Sand, storico e professore all’ università di Tel-Aviv:


Qualsiasi Israeliano sa, senza l’ombra di dubbio, che il popolo ebreo esiste da quando ha ricevuto la Torah(1) nel Sinai e che egli è il discendente diretto ed esclusivo del popolo eletto.

Tutti noi siamo convinti che questo popolo, fuggito dall’Egitto, si stabilì “sulla terra promessa”, dove fu eretto il regno glorioso di Davide e di Salomone, diviso in seguito nei regni di Giuda e di Israele. Inoltre nessuno ignora che questo popolo ha conosciuto l’esilio due volte: dopo la distruzione del primo tempio, nel VI° secolo prima di Cristo, quindi in seguito a quella del secondo tempio, nell’anno 70 dopo Cristo.

In seguito per il popolo ebreo vi furono peregrinazioni di circa due mille anni: le sue tribolazioni lo condussero nello Yemen, in Marocco, in Spagna, in Germania, in Polonia e fino in Russia, ma riuscì sempre a preservare i legami di sangue tra le sue Comunità così lontane fra loro. In questo modo la sua unicità non fu alterata.

Alla fine del xx° secolo, le condizioni divennero propizie per il suo ritorno nell’antica patria. Senza il genocidio nazista, milioni di ebrei avrebbero ripopolato naturalmente Eretz Israel (la terra di Israele) poiché era il loro sogno da venti secoli.

Vergine, la Palestina attendeva che il suo popolo originale venisse a farla rifiorire. Dato che apparteneva a lui solo, non a questa minoranza araba, sprovvista di storia, arrivata là per caso. Giuste erano dunque le guerre condotte dal popolo errante per riprendere possesso della sua terra; e criminale l’opposizione violenta della popolazione locale.

Da dove viene quest’interpretazione della storia ebraica?

È l’opera, dalla seconda metà del xix° secolo, di rimanipolatori, di talento, del passato, la cui fertile immaginazione ha ideato, sulla base di pezzi di memoria religiosa, ebraica e cristiana, una sequenza genealogica continua per il popolo ebreo. La storiografia abbondante del giudaismo comporta, certamente, una pluralità di approcci. Ma le polemiche nel suo ambito non hanno mai rimesso in discussione l’essenzialità delle concezioni elaborate soprattutto alla fine del XIX° secolo ed all’inizio del XX°.

Quando apparivano scoperte suscettibili di contraddire l’immagine di questo lineare passato, esse quasi non beneficiavano di alcun eco. L’imperativo nazionale, tale una mandibola fermamente chiusa, bloccava ogni tipo di contraddizione e deviazione rispetto alla versione dominante. Le specifiche istanze di produzione della conoscenza del passato ebreo – i dipartimenti esclusivamente dedicati “alla storia del popolo ebreo”, separati dai dipartimenti di storia (chiamati in Israele “storia generale”) – hanno in gran parte contribuito a questa curiosa “emiplegia”. Anche il dibattito, di carattere giuridico, su “chi è ebreo?”non ha preoccupato questi storici: per loro, è ebreo qualsiasi discendente del popolo costretto all’esilio due mille anni fa.

Questi ricercatori “autorizzati” del passato non parteciparono neppure alla discussione “dei nuovi storici”, iniziata alla fine degli anni 1980. La maggior parte degli attori di questo dibattito pubblico, in numero limitato, veniva da altre discipline o da orizzonti extra-universitari: sociologi, orientalisti, linguisti, geografi, specialisti in scienza politica, ricercatori in letteratura, archeologi; essi formularono nuove questioni sul passato ebreo e sionista. Si contavano anche nelle loro file laureati venuti dall’estero. Dai “dipartimenti di storia ebrea” giunsero, in compenso, soltanto degli echi apprensivi e conservatori, rivestiti di una retorica apologistica a base di idee ricevute.

Il giudaismo, religione proselitista
In breve, in sessanta anni, la storia nazionale è maturata pochissimo, e l’evoluzione improbabile nel prossimo futuro. Eppure, i fatti messi a giorno dalle ricerche pongono ad ogni storico onesto domande sorprendenti a primo acchito, ma tuttavia fondamentali.

La bibbia può essere considerata come un libro di storia?

I primi storici ebrei moderni, come Isaak Markus Jost o Léopold Zunz, nella prima metà del XIX °secolo, non la pensavano così: ai loro occhi, l’Antico Testamento è un libro di teologia che ha costituito le comunità religiose ebree dopo la distruzione del primo tempio. È stato necessario attendere la seconda metà dello stesso secolo per trovare storici, in primo luogo Heinrich Graetz, titolare di una visione “nazionale” della bibbia: hanno trasformato la partenza di Abramo per Canaan, l’uscita dell’Egitto o anche il regno unificato di Davide e Salomone in resoconti di un passato nazionale autentico. Da allora gli storici sionisti non hanno cessato di ribadire queste “bibliche verità”, diventate prodotti di consumo quotidiani dell’istruzione nazionale.

Ma ecco che nel corso degli anni 1980 questi miti fondatori vacillano. Le scoperte “della nuova archeologia” contraddicono la possibilità di un grande esodo nel XIII° secolo prima della nostra era. Inoltre Mosè non ha potuto fare uscire gli ebrei dell’Egitto e condurli verso “la terra promessa” per la semplice ragione che all’epoca questa… era nelle mani degli Egiziani. Non si trova del resto alcuna traccia di una sommossa di schiavi nell’impero dei faraoni, né una conquista rapida del paese di Canaan perpetrata da elementi stranieri.

Non esiste neppure un segno dei sontuosi regni di Davide e di Salomone. Le scoperte del decennio passato mostrano l’esistenza, all’epoca, di due piccoli regni: Israele, più potente, e Juda, la futura Giudea. Gli abitanti di quest’ultimo regno non subirono nessun esilio nel VI° secolo prima della nostra era: solo l’élite politica ed intellettuale dovettero installarsi a Babilonia. Da questo decisivo incontro con i culti persiani sorgerà il monoteismo ebreo.

continua...
22/06/2011 16:45
 
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Seconda parte

L’esilio dell’anno 70 della nostra era, ha effettivamente avuto luogo?

Paradossalmente, questo “evento fondatore” nella storia degli ebrei, da cui la diaspora trae la sua origine, non ha dato luogo al minima ricerca. Per una semplice ragione: i Romani non hanno mai esiliato nessun popolo su tutto il lato orientale del Mediterraneo. Ad eccezione dei prigionieri ridotti in schiavitù, gli abitanti della giudea continuarono a vivere sulle loro terre, anche dopo la distruzione del secondo tempio.

Una parte di loro si convertì al cristianesimo nel IV° secolo, mentre la grande maggioranza si congiunse all’Islam in occasione della conquista araba al VII° secolo. La maggior parte degli ideatori sionisti lo sapevano: come Yitzhak Ben Zvi e David Ben Gourion, rispettivamente il futuro presidente e il fondatore dello Stato di Israele; lo hanno scritto fin nel 1929, anno della grande sommossa palestinese. Tutti e due citano più volte il fatto che i contadini della Palestina sono i discendenti degli abitanti dell’antica Giudea(2).

Poiché non c’è mai stato un esilio dalla Palestina romanizzata, da dove vengono i numerosi ebrei che popolano il bacino del Mediterraneo fin dall’antichità?

Dietro la cortina della storiografia nazionale si nasconde una stupefacente realtà storica. Dalla sommossa dei Maccabei, nel II° secolo prima della nostra era, alla sommossa di Bar-Kokhba, al II° secolo dopo G.C., il giudaismo fu la prima religione proselitista. Gli Asmonei avevano già convertito di forza gli Idumenei del sud della Giudea ed gli Itureeni di Galilea,e annessi al “ popolo di Israele”. Sulla base di questo regno giudeo-ellenico, il giudaismo si espanse in tutto il Medio-Oriente e il Mediterraneo. Nel primo secolo della nostra era apparve, nell’attuale Kurdistan, il regno ebreo di Adiabène, e non sarà l’ultimo regno a “giudea-dizzarsi”: altri lo faranno successivamente.

Gli scritti di Flavio Giuseppe non costituiscono la sola testimonianza dell’ardore proselitista degli ebrei. Da Orazio a Seneca, da Giovenale a Tacito, molti autori latini ne esprimono il timore. Il Mishna e il Talmud(3) autorizzano questa pratica della conversione – anche se, di fronte alla pressione ascendente del cristianesimo, i saggi della tradizione talmudica esprimeranno riserve al suo riguardo.

La vittoria della religione di Gesù, all’inizio del IV° secolo, non mette fine all’espansione del giudaismo, ma rilega il proselitismo ebreo ai margini del mondo culturale cristiano. Nel V° secolo appare così, nei territori dell’attuale Yemen, un regno ebreo vigoroso dal nome di Himyar, i cui i discendenti conserveranno la loro fede dopo la vittoria dell’islam e fino ai tempi moderni. Inoltre i cronisti arabi ci danno la notizia dell’esistenza, nel VII° secolo, di tribù berbere giudaizzate: di fronte alla spinta araba, che raggiunse l’Africa del Nord alla fine di questo stesso secolo, appare la figura leggendaria della regina ebrea Dihya el-Kahina,che tentò di fermarla. Alcuni Berberi giudaizzati prenderanno parte alla conquista della penisola iberica, che pose le basi della particolare simbiosi tra ebrei e musulmani, caratteristica della cultura ispano-araba.

La conversione di massa più significativa si verifica tra il Mar Nero ed il Mar Caspio: riguarda l’immenso regno kazaro, nel VIII° secolo. L’espansione del giudaismo, dal Caucaso all’Ucraina attuale, genera comunità multiple, che le invasioni mongole del XIII°secolo respingono in gran numero verso l’est dell’Europa. Là, con gli ebrei venuti dalle regioni slave del Sud e degli attuali territori tedeschi, porranno le basi della grande cultura yiddish(4).

Questi resoconti delle origini plurali degli ebrei appaiono, in modo più o meno titubante, nella storiografia sionista verso gli anni 1960; sono in seguito gradualmente rese marginali prima di scomparire dalla memoria pubblica in Israele. I conquistatori della città di Davide, nel 1967, avrebbero dovuto essere i discendenti diretti del suo regno mitico e non gli eredi di guerrieri berberi o di cavalieri kazari. Gli ebrei fanno allora figura di “etnie” specifiche che, dopo due mila anni d’esilio e d’erranza, ha finito per ritornare a Gerusalemme, la sua capitale.

Ma i fautori del resoconto lineare ed indivisibile non mobilitano soltanto l’insegnamento della storia: fanno appello anche alla biologia. Dagli anni ‘70, in Israele, una successione di ricerche “scientifiche” cerca di dimostrare, con tutti i mezzi, la prossimità genetica degli ebrei del mondo intero. “La ricerca sulle origini delle popolazioni” rappresenta ormai un campo legittimato e popolare della biologia molecolare, mentre il cromosoma Y maschile ha conquistato un posto d’onore al fianco di una Clio ebrea(5) nella ricerca sfrenata dell’unicità dell’origine “del popolo eletto”.

Questa concezione storica costituisce la base della politica identitaria dello Stato di Israele, ma è là che il dente duole! Essa dà infatti luogo ad una definizione esistenzialista ed etnocentrica del giudaismo, che alimenta una segregazione che mantiene divisi gli ebrei dai non ebrei -sia gli Arabi, che gli immigranti russi o i lavoratori immigrati-.

Israele, sessanta anni dopo la sua fondazione, rifiuta di concepirsi come una repubblica che esiste per i suoi cittadini. Circa un quarto di loro non sono considerati come ebrei e, secondo lo spirito delle sue leggi, questo Stato non è loro. In compenso, Israele si presenta sempre come lo Stato degli ebrei del mondo intero, anche se non si tratta più di profughi perseguitati, ma di cittadini che di diritto vivono in piena uguaglianza nei paesi in cui risiedono. In altre parole, una etnocrazia senza frontiere giustifica la discriminazione rigorosa che pratica nei confronti di una parte dei suoi cittadini invocando il mito della nazione eterna, ricostituita per raccogliersi “sulla terra dei suoi antenati”.

Scrivere una storia ebrea nuova, oltre il prisma sioniste, non è dunque cosa facile.la luce che vi viene divisa si trasforma in forti colori etnocentrici. Ora,gli ebrei hanno sempre formato comunità religiose costituite, generalmente da conversioni, in diverse regioni del mondo: non rappresentano dunque “un etnos” fautore di una stessa origine unica e che si sarebbe spostato al seguito di un’erranza di venti secoli.

Lo sviluppo di qualsiasi storiografia come, più generalmente, il processo della modernità passa in un dato momento, si sa, per l”invenzione della nazione. Questa fu il sogno di milioni di esseri umani nel XIX° secolo e durante una parte del XX°. La fine di quest’ultimo secolo ha visto questi sogni iniziare a rompersi. I ricercatori, in numero sempre crescente, analizzano, dissecano e smantellano i grandi resoconti nazionali, ed in particolare i miti dell’origine comune care alle cronache del passato. Gli incubi d’identità di ieri faranno posto, domani, ad altri sogni d’identità. Sul modello di ogni personalità fatta di identità fluide e variate, la storia è anch’essa un’identità in movimento.

(1)Testo fondatore del giudaismo, la Torah — la radice ebraica yara significa insegnare — è composta dai primi cinque libri della Bibbia, o Pentateuco : Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio.
(2) Cf. David Ben Gourion e Yitzhak Ben Zvi, « Eretz Israël » nel passato e nel presente (1918, in yiddish), Gerusalemme, 1980 (in ebraico) e Ben Zvi, La Nostra popolazione nel paese (in ebraico), Varsavia, Comitato esecutivo dell’Unione della giovinezza e Fondo Nazionale ebreo, 1929.
(3) La Mishna, considerata come la prima opera della letteratura rabbinica, è stata completata nel secondo secolo DC. Il Talmud riassume tutte le diserzioni rabbiniche sulla legge, i costumi e la storia degli ebrei. Esistono due Talmud: quello della Palestina scritto tra il terzo e il quinto secolo, e quello babilonese, terminato alla fine del quinto secolo AC.
(4) Parlato dagli ebreo dell’Europa Orientale, lo yiddish è una lingua slavo-tedesca che comprende alcune parole derivanti dall’ebreo.
(5)Nella mitologia greca, Clio era la musa della storia.

Titolo originale:Comment fut inventé le peuple juif di Shlomo Sand.


Da: www.monde-diplomatique.fr/2008/08/SAND/162

Traduzione di Giuditta.

Tratto da:

tuttouno.blogspot.com/


23/06/2011 18:23
 
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Il popolo ebraico non sarebbe esistito se non per intervento diretto di Dio che sanò la sterilità di due vecchi, Abraamo e Sara. Quel popolo "carnale" era in realtà nato per miracolo dallo spirito e Dio chiarì subito la sua opinione rispetto alla carne quando preferì Giacobbe a Esaù leggittimo erede.

Gli ebrei sarebbero potuti essere quel popolo sacerdotale che dal Cielo avrebbe officiato il sacrificio di Cristo durante il Millennio all'intera umanità. Ma la loro apostasia li fece abbandonare da Geova, che dovette ricordare loro che è Lui che decide chi o che cosa è ISRAELE o EBREO/GIUDEO.

Così quel popolo carnale ha perso la sua speciale posizione presso Dio per cedere il passo al vero popolo ebraico che è spirituale, così come Esaù cedette il passo a Giacobbe, così come Ismaele cedette il passo a Isacco.

Oggi i figli della promessa, i figli di Abraamo, pur venendo da ogni nazione formano ancora una volta Israele, quel popolo che solo Dio può formare.
23/06/2011 19:07
 
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Re: Seconda parte
Claudio Cava, 22/06/2011 16.45:


L’esilio dell’anno 70 della nostra era, ha effettivamente avuto luogo?

Paradossalmente, questo “evento fondatore” nella storia degli ebrei, da cui la diaspora trae la sua origine, non ha dato luogo al minima ricerca. Per una semplice ragione: i Romani non hanno mai esiliato nessun popolo su tutto il lato orientale del Mediterraneo. Ad eccezione dei prigionieri ridotti in schiavitù, gli abitanti della giudea continuarono a vivere sulle loro terre, anche dopo la distruzione del secondo tempio.

Una parte di loro si convertì al cristianesimo nel IV° secolo, mentre la grande maggioranza si congiunse all’Islam in occasione della conquista araba al VII° secolo. La maggior parte degli ideatori sionisti lo sapevano: come Yitzhak Ben Zvi e David Ben Gourion, rispettivamente il futuro presidente e il fondatore dello Stato di Israele; lo hanno scritto fin nel 1929, anno della grande sommossa palestinese. Tutti e due citano più volte il fatto che i contadini della Palestina sono i discendenti degli abitanti dell’antica Giudea(2).

Poiché non c’è mai stato un esilio dalla Palestina romanizzata, da dove vengono i numerosi ebrei che popolano il bacino del Mediterraneo fin dall’antichità?

Dietro la cortina della storiografia nazionale si nasconde una stupefacente realtà storica. Dalla sommossa dei Maccabei, nel II° secolo prima della nostra era, alla sommossa di Bar-Kokhba, al II° secolo dopo G.C., il giudaismo fu la prima religione proselitista. Gli Asmonei avevano già convertito di forza gli Idumenei del sud della Giudea ed gli Itureeni di Galilea,e annessi al “ popolo di Israele”. Sulla base di questo regno giudeo-ellenico, il giudaismo si espanse in tutto il Medio-Oriente e il Mediterraneo. Nel primo secolo della nostra era apparve, nell’attuale Kurdistan, il regno ebreo di Adiabène, e non sarà l’ultimo regno a “giudea-dizzarsi”: altri lo faranno successivamente.

Gli scritti di Flavio Giuseppe non costituiscono la sola testimonianza dell’ardore proselitista degli ebrei. Da Orazio a Seneca, da Giovenale a Tacito, molti autori latini ne esprimono il timore. Il Mishna e il Talmud(3) autorizzano questa pratica della conversione – anche se, di fronte alla pressione ascendente del cristianesimo, i saggi della tradizione talmudica esprimeranno riserve al suo riguardo.

La vittoria della religione di Gesù, all’inizio del IV° secolo, non mette fine all’espansione del giudaismo, ma rilega il proselitismo ebreo ai margini del mondo culturale cristiano. Nel V° secolo appare così, nei territori dell’attuale Yemen, un regno ebreo vigoroso dal nome di Himyar, i cui i discendenti conserveranno la loro fede dopo la vittoria dell’islam e fino ai tempi moderni. Inoltre i cronisti arabi ci danno la notizia dell’esistenza, nel VII° secolo, di tribù berbere giudaizzate: di fronte alla spinta araba, che raggiunse l’Africa del Nord alla fine di questo stesso secolo, appare la figura leggendaria della regina ebrea Dihya el-Kahina,che tentò di fermarla. Alcuni Berberi giudaizzati prenderanno parte alla conquista della penisola iberica, che pose le basi della particolare simbiosi tra ebrei e musulmani, caratteristica della cultura ispano-araba.

La conversione di massa più significativa si verifica tra il Mar Nero ed il Mar Caspio: riguarda l’immenso regno kazaro, nel VIII° secolo. L’espansione del giudaismo, dal Caucaso all’Ucraina attuale, genera comunità multiple, che le invasioni mongole del XIII°secolo respingono in gran numero verso l’est dell’Europa. Là, con gli ebrei venuti dalle regioni slave del Sud e degli attuali territori tedeschi, porranno le basi della grande cultura yiddish(4).

Questi resoconti delle origini plurali degli ebrei appaiono, in modo più o meno titubante, nella storiografia sionista verso gli anni 1960; sono in seguito gradualmente rese marginali prima di scomparire dalla memoria pubblica in Israele. I conquistatori della città di Davide, nel 1967, avrebbero dovuto essere i discendenti diretti del suo regno mitico e non gli eredi di guerrieri berberi o di cavalieri kazari. Gli ebrei fanno allora figura di “etnie” specifiche che, dopo due mila anni d’esilio e d’erranza, ha finito per ritornare a Gerusalemme, la sua capitale.

Ma i fautori del resoconto lineare ed indivisibile non mobilitano soltanto l’insegnamento della storia: fanno appello anche alla biologia. Dagli anni ‘70, in Israele, una successione di ricerche “scientifiche” cerca di dimostrare, con tutti i mezzi, la prossimità genetica degli ebrei del mondo intero. “La ricerca sulle origini delle popolazioni” rappresenta ormai un campo legittimato e popolare della biologia molecolare, mentre il cromosoma Y maschile ha conquistato un posto d’onore al fianco di una Clio ebrea(5) nella ricerca sfrenata dell’unicità dell’origine “del popolo eletto”.

Questa concezione storica costituisce la base della politica identitaria dello Stato di Israele, ma è là che il dente duole! Essa dà infatti luogo ad una definizione esistenzialista ed etnocentrica del giudaismo, che alimenta una segregazione che mantiene divisi gli ebrei dai non ebrei -sia gli Arabi, che gli immigranti russi o i lavoratori immigrati-.

Israele, sessanta anni dopo la sua fondazione, rifiuta di concepirsi come una repubblica che esiste per i suoi cittadini. Circa un quarto di loro non sono considerati come ebrei e, secondo lo spirito delle sue leggi, questo Stato non è loro. In compenso, Israele si presenta sempre come lo Stato degli ebrei del mondo intero, anche se non si tratta più di profughi perseguitati, ma di cittadini che di diritto vivono in piena uguaglianza nei paesi in cui risiedono. In altre parole, una etnocrazia senza frontiere giustifica la discriminazione rigorosa che pratica nei confronti di una parte dei suoi cittadini invocando il mito della nazione eterna, ricostituita per raccogliersi “sulla terra dei suoi antenati”.

Scrivere una storia ebrea nuova, oltre il prisma sioniste, non è dunque cosa facile.la luce che vi viene divisa si trasforma in forti colori etnocentrici. Ora,gli ebrei hanno sempre formato comunità religiose costituite, generalmente da conversioni, in diverse regioni del mondo: non rappresentano dunque “un etnos” fautore di una stessa origine unica e che si sarebbe spostato al seguito di un’erranza di venti secoli.

Lo sviluppo di qualsiasi storiografia come, più generalmente, il processo della modernità passa in un dato momento, si sa, per l”invenzione della nazione. Questa fu il sogno di milioni di esseri umani nel XIX° secolo e durante una parte del XX°. La fine di quest’ultimo secolo ha visto questi sogni iniziare a rompersi. I ricercatori, in numero sempre crescente, analizzano, dissecano e smantellano i grandi resoconti nazionali, ed in particolare i miti dell’origine comune care alle cronache del passato. Gli incubi d’identità di ieri faranno posto, domani, ad altri sogni d’identità. Sul modello di ogni personalità fatta di identità fluide e variate, la storia è anch’essa un’identità in movimento.

(
Titolo originale:Comment fut inventé le peuple juif di Shlomo Sand.


Da: www.monde-diplomatique.fr/2008/08/SAND/162

Traduzione di Giuditta.

Tratto da:

tuttouno.blogspot.com/





di questi romanzi ne escono uno ogni tanto. e diverso l'uno dall'altro

Esilarante quello ultimo di un archeologo ebreo, che per coprire le guerre in palestina, del massacro dei poveri cananei; ha alterato tanto il suo resoconto storico sempre sugli stessi reperti archeologici, che addirittura diventa una storia quinternata, pichè da un punto di vista obbiettivamente critico non si regge all'impiedi per l'astrusità contraddittoria di quanto sostiene e quanto egli stesso rivela mediante gli stessi reperti che sconfessano ampiamente la sua logica, se così si può definire un tale occulto tentativo di mascherare la storia di Israele per aggiornarsi secondo il buonismo ipocrita degli attuali sistemi .

Oppure ad esempio; delle critiche da parte di alcuni che sostengono le contraddizioni ( nella loro testa) dei giorni del diluvio, 40, che e poi sono 150; come se io dicessi che è piovuto per tre giorni e le acque raccolte a se ne sono andate via dopo un mese, e con ciò rivelerei la mia presunta contraddizione; e così via di simile [SM=g1871115]

E questo sarebbe capacità di ragionare? o è la capacita di conformarsi a un determinato superficiale pensiero di moda da parte di un certo non disinteressato orientamento?

Riguardo l'esilio degli ebrei se ricordo vi è pure una scultura romana che lo rappresenta
Nel 70 i cristiani si erano rifuggiati a Pella nel momento che gerusalemme veniva distrutta.

INoltre vi erano pure delle comunità di ebrei a Roma prima ancora della nascita di Cristo; e che venivano osteggiati a motivo del loro dio Giove...in realtà Geova confuso con Giove ( Geovi.. i tre della genesi).

saluti






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