Gentile sig. Kalillo,
le chiedo scusa per non aver visto prima il suo post con il quale chiedeva informazioni sulla scrittura di Geremia 29:10.
Il testo ebraico (pre-TM) di tale verso è:
כי־כה אמר יהוה כי לפי מלאת לבבל
שׁבעים שׁנה אפקד אתכם והקמתי עליכם את־דברי הטוב להשׁיב אתכם אל־המקום הזה
La NWT traduce: “For this is what Jehovah has said, ‘In accord with the fulfilling of seventy years at Babylon I shall turn my attention to YOU people, and I will establish toward YOU my good word in bringing YOU back to this place.’
La TNM traduce: “Poiché Geova ha detto questo: ‘Secondo il compimento di settant’anni a Babilonia vi rivolgerò la mia attenzione, e certamente realizzerò verso di voi la mia buona parola riconducendovi in questo luogo’.
Ora, come può notare l’espressione che a lei interessa approfondire (לבבל) è graficamente una sola parola, ma semanticamente è formata da due termini: ל e בבל.
בבל (BBL) è “Babilonia”, mentre ל (L) è una forma ultrasemplificata di una preposizione.
Fin qui è chiaro, ma ci chiediamo quale significato può avere tale preposizione.
Il fatto stesso che sia formata da una sola lettera questo indica che ל non può assolutamente essere la forma originaria di tale preposizione in questione. Tant’è vero che oggi i grammatici si devono arrabattare attraverso almeno una dozzina di diversi significati di tale preposizione (ad esempio il Lessico Ebraico-Aramaico del Davidson ci illumina che essa può significare:
I. Indicante di moto o di direzione verso un qualsiasi oggetto, a, verso […]
II. All’interno di, in […]
III. Segno del dativo […]
IV. Indicante possesso, a, appartenente a […]
V. Trasformatrice di avverbi in preposizioni […]
VI. Segno dell’accusativo […]
VII. Indicante occasione (Sal 18:45) […]
VIII. Come a, rispetto a […]
IX. A causa di, perché […]
X. Riguardo a, intorno a […]
XI. Secondo [come in ‘secondo la sua specie’] […]
E, dulcis in fundo…
XII. prefissa all’infinitivo, può essere resa in vari modi, a, finché, cosicché, perché, quando, sebbene […].
È quindi chiaro che una tal pletora di significati, spesso molto diversi fra loro indicano chiaramente che non è possibile addivenire ad un univoco significato di tale preposizione perché una preposizione così drasticamente semplificata è segno palese di degradazione della lingua, dato che una singola lettera significante innesca una entità enorme di ambiguità linguistiche.
Non è, per logica, possibile pensare che l’ideatore della lingua primordiale componesse una preposizione con dodici significati lasciando gli uomini a scervellarsi a quale significato applicare tale termine.
Inoltre il pre-TM stesso ci dimostra che tale preposizione dovesse essere stata composta da più di una lettera. Difatti, in almeno quattro versi del libro di Giobbe (27:14, 29:21, 38:40, 40:4) troviamo la stessa preposizione già più corposa (triletterale), quindi, in una forma già più antica rispetto a quella monoletterale: למו.
Il lavoro di comprensione della grammatica globale ebraica è ancora in corso e lo stesso si può dire – se non di più – del tentativo di ricostruire strutture linguistiche ormai degradate e mai restaurate al loro splendore originario.
Ma non dobbiamo disperare, nel senso che i vari concetti contenuti nelle Scritture sono stati preservati mediante vari metodi, oltre a quello del significato proprio di ogni singola parola. Ho già accennato in un altro post come Dio, prevedendo che il suo messaggio doveva passare da un uomo all’altro, oralmente e/o in maniera scritta, e in periodi successivi anche in lingue diverse dall’ebraico, Egli risolse la perdita inevitabile di informazione linguistica fra un passaggio e l’altro con una ridondanza del messaggio così da supplire proprio a tale perdita.
Perciò nella Bibbia, troviamo lo stesso concetto ripetuto con parole diverse, da diversi scrittori, con stili diversi, et cetera. Non è assolutamente da trascurare il fattore essenziale del contesto, che spessissimo fa chiarezza la dove può esserci incertezza nel significato del singolo termine.
Ora, nel caso di Geremia 29:10, tutte le informazioni contestuali attorno all’argomento dei “70 anni” convergono nel farci concludere che tale periodo di tempo è in riferimento non alla città di Babilonia (nemmeno alla durata presunta dell’impero [neo-]babilonese) ma è in riferimento a Gerusalemme (come città rappresentante l’intera nazione di Giuda).
Spero che le faccia piacere che le riporto alcuni stralci dalle nostre riviste Torre di Guardia e Svegliatevi!, che può, in tutti i casi, leggere direttamente dal nostro sito jw.org:
“Invece di parlare di 70 anni “a Babilonia”, molte traduzioni dicono “per Babilonia”. (Nuova Riveduta [NVR]) Alcuni storici sostengono quindi che questo periodo di 70 anni si applichi all’impero babilonese. Secondo la cronologia extrabiblica, i babilonesi dominarono Giuda e Gerusalemme per una settantina d’anni, dal 609 circa al 539, quando Babilonia venne conquistata.
La Bibbia mostra però che i 70 anni sarebbero stati un periodo di severa punizione che Dio avrebbe inflitto in particolar modo agli abitanti di Giuda e Gerusalemme, legati a lui da un patto di ubbidienza. (Esodo 19:3-6) Quando essi si rifiutarono di abbandonare la loro cattiva condotta, Dio disse: “Chiamerò il mio servo Nabucodonosor re di Babilonia . . . a combattere contro questa terra e i suoi abitanti e contro le regioni vicine”. (Geremia 25:4, 5, 8, 9, Parola del Signore [PS]) Anche se pure le nazioni vicine avrebbero subìto l’ira di Babilonia, Geremia definì la distruzione di Gerusalemme e i successivi 70 anni di esilio “il castigo . . . del mio popolo”, poiché Gerusalemme aveva “gravemente peccato”. — Lamentazioni 1:8; 3:42; 4:6, NVR.
Quindi, stando alla Bibbia, i 70 anni furono un periodo di duro castigo per Giuda, e Dio si servì dei babilonesi per infliggere questa severa punizione. Dio comunque disse agli ebrei: “Quando saranno compiuti a Babilonia settant’anni . . . realizzerò la mia buona promessa di ricondurvi in questo luogo”, nel paese di Giuda e Gerusalemme. — Geremia 29:10, CEI.” (Torre di Guardia - 1° ottobre 2011, p. 27, articolo: Quando fu distrutta l’antica Gerusalemme? - Parte I).
Un’altra interessante considerazione la può trovare in un numero della Svegliatevi!:
“Ephraim Stern, uno dei maggiori archeologi israeliani, a proposito dei territori dell’antico popolo di Israele ha osservato: “Dal 604 al 538 a.E.V. c’è un vuoto archeologico, non si trova più nessuna prova indicante che la zona fosse abitata. In tutto quel periodo, delle città rase al suolo dai babilonesi non ne fu ripopolata nemmeno una”. Questo intervallo di tempo durante il quale nessuno tornò ad abitare nei territori conquistati si colloca proprio nel periodo dell’esilio degli ebrei a Babilonia durato dal 607 al 537 a.E.V. (2 Cronache 36:20, 21).”
(Svegliatevi! - giugno 2012, p. 14, articolo: La Bibbia: un libro di profezie accurate, parte 2).
Lieto di esserle stato utile.
Saluti.