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“Il marchio dell’inquisitore”, quando il libro proibito “uccide” nella Roma del ’600

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2016 22:06
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04/12/2016 22:05
 
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Dagli ambienti più sordidi ai velluti vescovili, l’indagine sulla morte di un frate consultore dell’Indice firmata dal maestro del noir storico, Marcello Simoni


sergio pent

Sono trascorsi cinque anni dal 2011 in cui Marcello Simoni esordiva con il thriller storico Il mercante di libri maledetti, romanzo ormai quasi di culto per i fans del genere, che sapeva unire - in un contesto all’apparenza fin troppo sfruttato – cultura e storia, sapienza narrativa e ricerca, mistero e tensione, al punto da restare in classifica per un anno intero. Da allora si sono succeduti altri sette titoli, che hanno portato l’autore – quarantunenne di Comacchio – ai vertici del noir italiano di matrice storica. Il passaggio a un nuovo editore segna anche l’inizio di una nuova saga, relativa all’inquisitore Girolamo Svampa, frate domenicano dedito alla soluzione di intrighi e delitti in una Roma seicentesca che forse non ha ancora il problema dei rifiuti e delle buche ma non è seconda a nessuno in quanto a sotterfugi politici e religiosi e ammazzamenti non solo da strada e da bettola.

Il nuovo personaggio di Simoni si muove in ambienti variegati, da quelli più sordidi ai velluti vescovili, e il suo compito – almeno all’inizio – è quello di indagare sulla morte di un frate consultore dell’Indice dei libri proibiti. Un mondo quasi segreto, più perverso che salvifico, in cui lo Svampa entra dubbioso, fin dal primo colloquio con padre Francesco Capiferro, segretario dell’Indice, annichilito dalla morte atroce di padre Rebiba, letteralmente pressato in un torchio da stampa. La danza macabra incisa su un opuscolo dal contenuto libertino sembra essere la causa scatenante del delitto, la cui soluzione preme alla Chiesa, in quanto sta per avere inizio il tredicesimo giubileo, nella Roma barocca di papa Urbano VIII.
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Al delitto del frate censore ne segue quasi subito un secondo, altrettanto inspiegabile ma legato comunque alla stampa di libelli licenziosi. Girolamo Svampa, nominato commissarius dalla curia capitolina, indaga sui casi con l’ausilio del truce ma scaltro e fedele bravo Cagnolo Alfieri, e anche la conoscenza con Capiferro diventa presto un’alleanza dedita a sviscerare misteri che sembrano annidarsi in un contesto filosofico-religioso in cui addentrarsi significa rischiare la vita.

La Roma descritta da Simoni è minuziosamente ricalcata su una memoria storica dettagliata, con i suoi vicoli e le sue chiese, i nomi dei tipografi e quelli di tutte le cariche pubbliche ed ecclesiastiche, in una precisione che rivela passione e sete di cultura, non solo ricerca di un dignitoso intrattenimento. Forse è proprio questa ansia di perfezione, unita a un linguaggio sempre attento e credibile, esente da modernismi stonati e fuori luogo e alla capacità di creare una tensione in crescendo nella quale si incastrano i tasselli di puzzle sempre contorti e complessi, ad aver decretato il successo – non solo nazionale – del giovane Simoni.



E’ quindi un piacere seguire le tracce di questa inchiesta romana, in cui trovano spazio anche un misterioso personaggio mascherato da Capitan Spaventa, l’evocazione del filosofo «maledetto» Tommaso Campanella, e una serie di intrighi che catapultano i protagonisti nei meandri di un potere occulto in cui la chiesa cerca di mantenere intatti i suoi valori secolari. L’indagine di fra’ Girolamo lo costringe a fare i conti con il proprio passato - il padre tipografo condannato per eresia - e con una serie di contatti più settari che religiosi, in cui la cultura viene manipolata per mantenere intatti gli equilibri del potere.

I personaggi sono tanti, ambigui e variegati, le trappole svelano complotti che esplodono come scatole cinesi, e il compito di Simoni diventa quasi quello di interpretare da un punto di vista poliziesco le trame sotterranee della Storia. In ogni caso, tanto di cappello alla messa in scena, alla documentazione, alla credibilità con cui i suoi romanzi rispolverano il passato facendo luce sulle perversioni e sui compromessi che hanno reso grande l’Italia (del complottismo diffuso e del malaffare).

Marcello Simoni, «Il marchio dell’inquisitore», Einaudi Stile Libero, pp. 330, € 16,50
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