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Nikolaj Zabolockij

Ultimo Aggiornamento: 21/06/2019 22:20
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21/06/2019 22:02
 
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Poesia del 1928, che descrive magistralmente con immagini potenti - e con un tono di satira amara - la società russa dell'epoca. E' tratta dalla mia copia (unica stampa del 1962) di "Colonne di Piombo" (poesie e introduzione critica a Nicolaj Zabolotskij), su Editori Riuniti.


Tra le finestre sgorga un lungo raggio,
la casa poderosa sta nel buio.
Le luce si stende infuocata
e scintilla nel camice di pietra.
La cucina alita un calore splendido.
Come dorati cavalli mastodontici
non a caso qui oggi si gonfiano
grosse pagnotte, donne, tortelli.
La kulebjaka per civetteria
brilla come il cuore dell'essere.
Sopra maledice la sua infanzia
un pollo bluastro per la lavatura.
Ha chiuso gli occhietti puerili,
ha increspato la fronte variopinta
e ha disposto il corpo sonnolento
in una tomba di maiolica da tavola.
Il pop non gli berciava la messa
agitando al vento la sua croce,
il cuculo non gli cantava
la sua ingannevole canzone:
era incatenato nel suono del cavolo,
era rivestito di pomodori,
come una croce sopra gli scendeva
il sedano sull'esile gambetta.
Così era mancato nel fiore degli anni,
nano insignificante tra la gente.

L'orologio tuona. La notte è scesa.
Nella sala il banchetto arde e avvampa.
La caraffa del vino non è in grado
di raddrizzare la nuca infuocata.
Un grosso branco di donne polpute
siede d'intorno brillando di piume
e il calvo nastro d'un ermellino
recinge i seni, impinguandosi
nel sudore di regine centenarie.
Esse mangiano densi dolciumi,
ronfano di passione insaziata
e slacciatasi la veste sulla pancia
si stringono ai piatti e ai fiori.
Uomini diritti e pelati
siedono come spari di fucile,
allungando appena i colli
tra le trincee grasse di carne.
E facendosi strada tra il cristallo
monotono ma in diversi modi,
come il sogno d'una terra prospera
si libra sulle alucce la morale.

O uccello di Dio, dov'è la tua vergogna?
Che cosa può aggiungere al tuo onore
il fidanzato attaccato alla sposa,
dimentico del rombo degli zoccoli?
Il suo volto mobile, vagante
conserva ancora le tracce della corona,
l'anello d'oro sul suo dito
brilla con l'aria di un bravaccio,
e il pop, testimone d'ogni notte,
allargata a ventaglio la sua barba,
siede come una torre davanti al ballo
con una gran chitarra sulle spalle.

Suona chitarra! Più largo il cerchio!
Rugghiano i boccali pesantissimi.
Sussulta il pop, urla e d'un tratto
colpisce le corde dorate.
Al ferreo suono della chitarra
dopo aver alzato l'ultimo boccale
si slanciano frenetiche le coppie
nei nudi precipizi degli specchi.
E dietro ad esse tra gli agguati
mezzo impazzita per tutto quell'urlìo,
l'enorme casa dimenando il deretano
vola nello spazio dell'essere.
Là c'è il sonno terribile del silenzio,
le grigie schiere delle fabbriche
e sopra gli accampamenti dei popoli
la legge del lavoro e della creazione.
[Modificato da Chameleon. 21/06/2019 22:03]
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