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Religione: oppio dei popoli o eroina che scatena violenza?

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2019 13:19
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04/05/2019 13:19
 
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“La religione è l’oppio dei popoli” diceva il vecchio Karl Marx. In sintesi, Marx attribuiva alla religione la responsabilità di promettere una felicità e libertà illusoria come è illusoria la felicità che si raggiunge con l’oppio. Le masse dunque, pur essendo materialmente insoddisfatte, si rassegnano con la religione a vivere in una condizione artificiale.

Dopo quello che abbiamo visto nel corso dei secoli si può affermare che se c’è una droga paragonabile alla religione, questa potrebbe essere l’eroina più che l’oppio, visto la pericolosità che innesta a livello sociale. Inquisizioni, crociate, intolleranza e roghi di streghe sono alcuni dei misfatti fatti in nome di Dio. Gli eserciti di milioni di giovani mandati al massacro dopo preghiere e benedizioni sono la dimostrazione, che se le religioni da una parte parlano abbondantemente di pace, fratellanza e misericordia, nella pratica sono a volte lo stimolo, l’impulso, l’eccitante per combattere, conquistare e massacrare.

Eppure non c’erano dubbi all’inizio con il cristianesimo: “Rimetti la spada nel fodero” e “Porgi l’altra guancia” e fino a un po’ le cose andarono pure bene per chi aveva l’obbligo di amare il prossimo e perfino i nemici. Clemente di Alessandria nel III secolo definiva ancora i cristiani “l’esercito che non versa sangue”.

Le cose sarebbero tragicamente cambiate da lì a poco. Tralasciando il succedersi di fatti sanguinosi legati alla fede, in un balzo temporale troviamo, solo per fare un esempio, il cardinale belga Desirè Mercier nel natale 1914 affermare che “non c’è dubbio che Cristo donerà la corona della salvezza eterna a chi è morto per la patria e…cancellerà i peccati di un’intera vita per quell’atto d’amore supremo”(Cristiani in Armi).

Negli ultimi decenni la guerra e i massacri nell’ex Jugoslavia che hanno coinvolto etnie e religioni, gli attentati e i massacri fatti sotto l’egida del terrorismo islamico in occidente e nelle chiese dell’Asia, le vendette dei cosiddetti suprematisti bianchi verso i musulmani e l’antisemitismo crescente, sono la dimostrazione che il fanatismo religioso ha ripreso slancio e potenza, seppellendo di nuovo la lezione cristiana e quella illuminista che poneva la ragione al di sopra delle superstizioni religiose.

Ma che dire della situazione italiana? Secondo il rapporto OSCE/ODIHR nel 2017 su un totale di 155 “incidenti”, 46 sono episodi di antisemitismo, 11 contro i cristiani fra i quali diversi testimoni di Geova, 10 contro le minoranze rom e sinti e 7 contro persone di fede islamica.

Qualcuno potrebbe obiettare che coloro che compiono gesti efferati e trucidi verso le vittime civili e innocenti agiscono più che altro in nome di idee folli, estremiste e fanatiche e non per credenze religiose. Sebbene alla maggioranza dei fedeli dei vari culti non passerebbe mai per la mente assassinare un suo simile, è anche vero che la promessa di una lauta ricompensa in cielo per chi “combatte e muore in guerra” come recita il Corano o aver ripetuto per quasi due millenni che non c’è salvezza al di fuori della chiesa (“extra ecclesiam nulla salus”) solo per citare alcuni enunciati teologici, costituiscono le basi dottrinali che esasperate, spingono molti a comportamenti ignobili e atroci. Sembra vero quello che diceva l’ecclesiastico inglese del XIX secolo Charles Caleb Colton: “Gli uomini litigheranno per la religione, scriveranno per essa, combatteranno per essa, moriranno per essa; tutto fuorché vivere per essa”.

“Schiacciate l’infame!” affermava e sperava Voltaire. Purtroppo all’orizzonte non si intravede una facile “vittoria della ragione”, del buon senso, del rispetto reciproco, della convivenza civile fra coloro che sono “diversi” per colore della pelle, etnia o religione. Qualcuno potrebbe perfino rispolverare un concetto e un sistema abbandonato e considerato obsoleto ai nostri giorni, teorizzato e concretizzato in parte un secolo fa da un seguace di Marx, Vladimir Lenin che sentenziava: “Il primo requisito della felicità del popolo è l’abolizione della religione”. Al giorno d’oggi però, a differenza della tesi marxista, ciò non avverrebbe per portare il paradiso in terra, cosa empiricamente impossibile per i governi, che a loro volta “l’inferno” con i sistemi totalitari l’hanno pure creato, ma per limitare i danni che le religioni hanno spesso causato all’uomo.

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