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Iran: impiccata l'amante di un ex calciatore della Nazionale

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2010 02:32
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Storia triste dei motrimoni tenporanei
Iran: impiccata l'amante di un ex calciatore della Nazionale
Shahla Jahed, 35 anni, condannata nel 2004 per l'omicidio della moglie dell'atleta
Al processo si disse innnocente: «Tutti sanno in quali condizioni ho confessato»

Iran: impiccata l'amante di un ex calciatore della Nazionale

Shahla Jahed, 35 anni, condannata nel 2004 per l'omicidio della moglie dell'atleta


Shahla Jahed
Condannata per l’uccisione della rivale in amore, è stata impiccata alle 5, poco prima della preghiera del mattino, l’iraniana Shahla Jahed, 35 anni, la «moglie a tempo» di un famoso ex calciatore iraniano. L’esecuzione è avvenuta nel carcere di Evin a Teheran dov’era rinchiusa da otto anni. Nel 2004 era stata giudicata colpevole dell’omicidio della moglie dell’ex attaccante della nazionale iraniana, Nasser Mohammed-Khani, avvenuta nel 2002: i figli adolescenti trovarono Laleh Saharkhizan accoltellata nel suo appartamento.

SCALPORE - Il caso ha fatto scalpore in Iran. Shahla Jahed e l'uomo avevano contratto un «matrimonio temporaneo», un tipo d'unione prevista dal diritto islamico sciita che dura per un certo periodo di tempo (da poche ore a decenni), spesso usata per evitare l’accusa di adulterio. Per quattro anni Khani conduce una doppia vita a Teheran, tra l’appartamento di Shahla e la casa della moglie. E quando quest’ultima viene uccisa, viene arrestata Shahla. Lui, che si trovava in Germania, è sospettato di complicità e incarcerato per mesi, ma quando lei confessa d’aver agito da sola lo rilasciano. «Nasser, morirò per amor tuo», titolano i giornali in Iran. Al processo, però, nel 2004, Shahla si dice innocente. «Tutti sanno in quali condizioni ho confessato». Alcuni attivisti iraniani e Amnesty International dicono che probabilmente è stata costretta.

PROCESSO - Nel 2005 la regista iraniana Mahnaz Afzali ha girato un documentario, Red Card (visibile su YouTube con sottotitoli in inglese), che mostra il processo di Shahla alternato ai filmini amatoriali girati dalla donna due anni prima. Lei in cucina, lui sul divano accanto a un orsacchiotto. Scene di una storia d’amore, solo che Khani chiede sempre di non essere ripreso. Al processo, la famiglia della vittima chiede la morte. «Ha uccisio mia figlia innocente. Occhio per occhio, dente per dente», dice la madre di Laleh in chador, e scoppia in lacrime. Anche Khani chiede «la pena più dura». A Shahla hanno dato un chador ma le scivola sulle spalle, e si sistema continuamente il piccolo foulard giallo sulla testa. Quando ascolta le accuse il suo volto è contorto, non si capisce se rida o pianga. Poi va al microfono: battagliera, sfida il giudice. Racconta che era una fan di Khani, e chiese lei a un amico di dargli il suo numero. Rivela di aver abortito per lui. Il giudice impugna il diario della ragazza: «Avete scritto d’aver comprato per lui otto sacchi di "riso". Vuol dire "oppio", vero?». Lei spiega che Khani si droga da 14 anni, lei l’ha aiutato solo due volte. Lui ha ricevuto 74 frustate per l’uso di droghe. Lei la pena capitale per l’omicidio.

ESECUZIONE - La famiglia della vittima era presente mercoledì all’esecuzione. Il loro perdono avrebbe potuto salvarle la vita secondo la legge islamica. Ma per Mahmood Amiry-Moghaddam di Iran Human Rights, si tratta di un potere solo apparente: la legge fa sì che «le vittime condividano la colpa con le autorità. È come quando si lapida qualcuno: tutti scagliano le pietre, e la complicità li rende alleati». Se finora Shahla non era stata impiccata era stato anche perché, dopo le pressioni degli attivisti, l’ex capo della magistratura Hashe mi Shahroudi ordinò due volte di riesaminare il caso nel 2006 e nel 2009. Nell'ultimo anno un nuovo capo della magistratura, l’ayatollah Sadegh Larijani, ha portato a un aumento delle esecuzioni secondo gli attivisti: 300 non ufficiali.

SAKINEH - La storia di Shahla somiglia a quella di Sakineh Ashtiani, la cui sentenza è stata sospesa dopo le pressioni internazionali. «Uccidere un’altra donna condannata di omicidio è una dimostrazione di potere», dice Amiry-Moghaddam. «È paradossale che non ci sia una reazione. Se non c’è pressione continua, si manda all’Iran il messaggio sbagliato». Nel processo Shahla disse al giudice: «Vuoi uccidermi? Avanti! Non combatto la morte perché tutto ciò che è umano è mortale. Se sei vivo nella morte, per questo che sarai ammirato».

Viviana Mazza
01 dicembre 2010

www.corriere.it/esteri/10_dicembre_01/iran-donna-uccisa-mazza_168737ea-fd2a-11df-a940-00144f02aa...
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