Biografia

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Amalia 52
00giovedì 20 gennaio 2011 19:06
NARRATO DA FRANCESCO ABBATEMARCO
‘Salterò proprio come fa il cervo’

“Perché Dio permette una cosa del genere e perché proprio a me?” Quante volte me lo sono chiesto! Non sopportavo l’idea di trascorrere la vita su una sedia a rotelle, senza poter usare né braccia né gambe.
SONO nato nel 1962 in un piccolo paese della Basilicata. La mia vita stava per finire il giorno stesso in cui cominciò. Il parto fu difficile e il medico mi iniettò dei farmaci che ebbero gravi effetti collaterali. Tre giorni dopo il mio corpicino fu scosso da convulsioni, in seguito alle quali rimasi con le gambe e le braccia paralizzate e riportai danni alle corde vocali.

Crescendo ero sempre più frustrato per le mie condizioni fisiche. Divenni irritabile e spesso me la prendevo con chi mi stava intorno. Mi sentivo escluso dal mondo intero e mi sembrava che nulla potesse dare un senso alla mia vita. A 25 anni ero emotivamente a pezzi. Non riuscendo a capire perché Dio mi facesse soffrire tanto, arrivai all’unica conclusione che mi sembrava plausibile: Dio non esiste.

Una prospettiva diversa

Una mattina, verso la fine del 1987, stavo davanti alla porta di casa sulla sedia a rotelle quando fui avvicinato da due giovani ben vestiti. Pensai che cercassero mio fratello e con molta difficoltà dissi loro che non era in casa. “Ma noi vogliamo parlare con lei”, risposero. La cosa mi sorprese perché di solito la gente non si fermava a conversare con me.

“Lei crede in Dio?”, mi chiesero. “E come potrei, nelle mie condizioni?”, risposi seccamente. Cominciammo a conversare e capii che erano testimoni di Geova. Mi offrirono il libro Come ha avuto origine la vita? Per evoluzione o per creazione? che accettai senza grande entusiasmo. Mi dissero che sarebbero tornati, ma io speravo che non lo facessero.

Come promesso, i due Testimoni tornarono e riprendemmo la conversazione. Ricordo che mi lessero il passo biblico di Isaia 35:5, 6: “In quel tempo gli occhi dei ciechi saranno aperti, e i medesimi orecchi dei sordi saranno sturati. In quel tempo lo zoppo salterà proprio come fa il cervo, e la lingua del muto griderà di gioia”. Erano parole così belle, ma quanto era diversa la realtà per me! Non potevo nemmeno alzarmi in piedi, figuriamoci saltare come un cervo. Accettai comunque di studiare la Bibbia con loro, anche se non credevo che mi avrebbe aiutato a risolvere i miei problemi. La speranza di vedere sparire un giorno le mie infermità mi sembrava irrealistica.

Dopo un po’ i Testimoni mi invitarono a un’adunanza nella Sala del Regno. Non ricordo l’argomento del discorso biblico, ma ciò che non scorderò mai sono la cordialità e l’amore che i Testimoni mi mostrarono. Invece di compatirmi mi fecero sentire davvero benvenuto. Quella domenica capii che il mio posto era lì nella Sala del Regno, e da allora cominciai a frequentare regolarmente le adunanze.

Una montagna da scalare

Lo studio della Parola di Dio ebbe un effetto profondo sul mio cuore. Era come se la linfa avesse ricominciato a scorrere in un albero secco. Provavo dei sentimenti che credevo ormai morti e sepolti. Che bello sentirmi di nuovo vivo! Desideravo parlare ad altri della meravigliosa speranza che stavo facendo mia. (Matteo 24:14) Ma come avrei fatto a predicare? Pregai intensamente al riguardo, chiedendo a Geova di indicarmi una soluzione.

Nel settembre del 1991 fu mandato nella nostra congregazione un pioniere, o evangelizzatore a tempo pieno. Un giorno, mentre ero a casa sua, gli confidai il mio desiderio di predicare. Dato che non riuscivo a parlare bene, considerammo la possibilità che scrivessi a macchina delle lettere. Ma come fare avendo le braccia paralizzate? Con l’aiuto del pioniere tentai vari metodi. Provai a battere i tasti tenendo una matita fra i denti, oppure usando un casco con attaccato un bastoncino, ma nulla sembrava funzionare.

In seguito, mentre parlavamo del problema, il pioniere mi disse scherzando: “Lo sai che hai un bel naso?” Provai subito a battere i tasti con il naso, e funzionava! Finalmente riuscivo a scrivere. Immaginate però quanto lavoro per correggere con il naso gli errori di battitura! Presto capimmo che sarebbe stato molto più facile usare un computer. Ma dove trovare i soldi per comprarne uno? Aspettai il momento giusto e ne parlai con i miei genitori. Poco dopo avevo un computer per scrivere le lettere.

Realizzato il mio desiderio

Iniziai scrivendo ad amici e parenti, e poi a chi abitava nel mio paese e in quelli vicini. Presto corrispondevo con persone di tutta Italia. È difficile descrivere la gioia che provavo ogni volta che ricevevo una risposta. Nel dicembre del 1991 divenni un proclamatore della buona notizia non battezzato. Mi iscrissi anche alla Scuola di Ministero Teocratico, tenuta ogni settimana nelle congregazioni dei testimoni di Geova. Quando mi veniva assegnato un discorso mi preparavo accuratamente avvalendomi del computer. All’adunanza un fratello leggeva dal podio il materiale che avevo preparato.

Grato dell’amore che Geova mi stava manifestando, capivo che i passi successivi nel mio progresso spirituale sarebbero stati dedicare la mia vita a Dio e battezzarmi. Mi feci coraggio e parlai della mia decisione ai miei genitori. Non ne furono contenti ma il desiderio di battezzarmi era più forte del timore. Col sostegno di Geova e dei Testimoni, nell’agosto del 1992 mi battezzai. Con mia grande gioia al mio battesimo assisterono anche mio fratello e mia cognata!

Cambiamenti nel modo di pensare

Man mano che i princìpi contenuti nella Parola di Dio divenivano più chiari, mi rendevo conto della necessità di cambiare i tratti negativi della mia personalità. Capii che, per via della mia condizione fisica, ero diventato possessivo ed egoista: dovevo impegnarmi per eliminare questi difetti. Avevo bisogno di maggiore umiltà per contrastare i persistenti sentimenti di frustrazione dovuti al fatto di dipendere dagli altri.

Cercai anche di smettere di autocommiserarmi e considerarmi una vittima. Cominciai a ridere di certe situazioni. Un giorno stavo predicando di casa in casa e alla porta venne una bambina. Uno dei fratelli che erano con me le chiese se c’erano i genitori. La bimba disse a gran voce: “Mamma, alla porta ci sono due signori e un malato”. Quando la madre mi vide era così imbarazzata che non sapeva cosa dire. Uno dei fratelli intervenne: “Veramente signora, qui siamo due malati e uno sano”. Sorridemmo tutti e ne seguì una bella conversazione.

Il desiderio di servire più pienamente

Dopo il battesimo per nove mesi svolsi il servizio di pioniere ausiliario, dedicando 60 ore al mese all’opera di predicazione. Ma volevo fare di più. Iniziai il servizio di pioniere regolare, impiegando ancora più tempo nell’opera di predicazione. I primi mesi furono duri. Molti pensavano che fossi alla loro porta per chiedere soldi e questo creava un po’ di imbarazzo a me e ai Testimoni che mi accompagnavano.

Inoltre molti nella congregazione facevano fatica a capirmi quando parlavo e non sapevano come rendersi utili. Ma grazie all’aiuto di Geova e alla premurosa assistenza di fratelli e sorelle spirituali col tempo la situazione è migliorata. Ora la gente non mi considera più un uomo su una sedia a rotelle, ma un testimone di Geova che cerca di far conoscere agli altri il proposito di Dio.

Nel luglio del 1994 ho potuto partecipare al corso speciale di due settimane per i pionieri, durante il quale abbiamo esaminato i princìpi scritturali su cui si basa l’opera di fare discepoli e ricevuto addestramento pratico nel ministero. Per assistervi ho dovuto superare degli ostacoli dato che il corso si teneva a circa 70 chilometri da casa mia. Non potevo passare la notte fuori casa, perciò a turno i Testimoni mi accompagnavano a scuola la mattina e mi riportavano a casa la sera. Nell’intervallo di pranzo uno di loro mi portava in braccio al secondo piano dove consumavamo i pasti tutti insieme.

Una grossa responsabilità

Nel marzo del 2003 sono stato nominato anziano di congregazione. Questo incarico comporta che lavori molto a favore degli altri. Adesso capisco meglio cosa voleva dire Gesù con le parole: “C’è più felicità nel dare che nel ricevere”. (Atti 20:35) Collaboro con un meraviglioso corpo di anziani, che mi hanno aiutato a inserirmi. Tutti i componenti della congregazione, specie i giovani, mi fanno sentire apprezzato e mi includono nelle loro attività. Si rendono conto degli ostacoli che ho superato per servire Geova e molti mi chiedono consigli su come affrontare i problemi che incontrano.
Ho capito che per essere felici la condizione fisica non è determinante. Piuttosto ciò che conta è avere l’approvazione di Geova e fare la sua volontà. Gli sono particolarmente grato per la bellissima speranza di abbandonare presto la sedia a rotelle. Non vedo l’ora di ‘saltare proprio come fa il cervo’ e di servire il vero Dio per tutta l’eternità. — Isaia 35:5, 6

Fonte:g 8/06
Amalia 52
00giovedì 20 gennaio 2011 19:12
Narrato da Vera Brandolini.
Ho vinto l’orgoglio e ho trovato la felicità

NEL 1970 ero una ventitreenne ambiziosa. Lavoravo presso un ente pubblico di Ivrea (Italia) ed ero determinata a diventare qualcuno. Divenni capoufficio. Eppure mi trovavo nella più profonda depressione e nella disperazione più cupa. Perché?
Mio marito trascorreva gran parte del suo tempo al bar a giocare a carte con gli amici, lasciandomi sola ad assolvere le responsabilità familiari. I nostri rapporti cominciarono ad incrinarsi e anche le più piccole questioni diventarono oggetto di animate discussioni. Di conseguenza cominciarono ad affiorare nella mia mente pensieri negativi.

‘Nessuno pensa a te se non per approfittare della tua posizione’, mi dicevo. ‘Dio non può esserci, perché se ci fosse non permetterebbe così tanta sofferenza e malvagità. La vita non è altro che una corsa verso la morte’. Non riuscivo a capire il perché di tutto questo.

Primi segni di un cambiamento

Un giorno del 1977 due testimoni di Geova bussarono alla nostra porta. Giancarlo, mio marito, li invitò ad entrare e si chiuse con loro in salotto a parlare. Era intenzionato a farli diventare evoluzionisti come lui, ma furono loro a cambiare il suo modo di pensare!

Ben presto Giancarlo cominciò anche a fare cambiamenti nella sua vita. Divenne più paziente con me, dedicando più tempo e attenzione a me e a nostra figlia. Cercava di parlarmi delle cose che stava imparando, ma io chiudevo regolarmente l’argomento in modo aspro.

Una volta, quando vennero i Testimoni, mi ritrovai seduta in poltrona ad ascoltarli attentamente. Parlarono della fine di questo sistema di cose, del Regno di Dio, della terra paradisiaca e della risurrezione. Rimasi frastornata e non dormii per tre notti! Volevo saperne di più, ma l’orgoglio mi impediva di fare domande a mio marito. Poi, un giorno, egli mi disse con fermezza: “Oggi devi ascoltarmi. Ho la risposta a tutti i tuoi perché”, e mi parlò delle verità bibliche che aveva appreso.

Giancarlo mi spiegò che Geova è il nome del Creatore, che il principale attributo di Dio è l’amore, che mandò suo Figlio come riscatto affinché ottenessimo la vita eterna, e che dopo la distruzione dei malvagi ad Armaghedon, Gesù Cristo risusciterà i morti durante il suo Regno millenario. Mi disse che i risuscitati raggiungeranno la perfezione fisica e mentale e avranno l’opportunità di vivere per sempre su una terra paradisiaca.

Il giorno dopo, assieme a mio marito, andai per la prima volta alla Sala del Regno. Dopo l’adunanza gli dissi: “Questa gente si vuole bene. Voglio continuare a venire qui perché queste persone sono veramente felici”. Cominciai a frequentare regolarmente le adunanze e iniziai uno studio biblico. Riflettevo molto su quello che imparavo e ben presto mi convinsi di aver trovato il vero popolo di Dio. Nel 1979 io e mio marito simboleggiammo col battesimo la nostra dedicazione a Geova.

Ministero a tempo pieno

In seguito, quello stesso anno, a un’assemblea di circoscrizione, fu pronunciato un discorso speciale che incoraggiava l’opera di predicazione a tempo pieno. Mi sentii spronata a intraprendere questo servizio e pregai Geova al riguardo. Ma poi rimasi incinta e i miei progetti svanirono. Nei successivi quattro anni ebbi tre bambini. Due di loro, in tempi diversi, ebbero gravi problemi fisici che misero in pericolo la loro vita. Grazie a Dio entrambi si ripresero completamente.

Ora sentivo di non poter rimandare ulteriormente i miei progetti di intraprendere il ministero a tempo pieno. Lasciai il lavoro secolare per concentrarmi meglio sulle mie responsabilità di moglie e madre. Con mio marito ci organizzammo in modo da vivere con un solo stipendio. Questo significò rinunciare alle cose superflue. Ma Geova ci ha benedetto largamente e non ci ha mai lasciato nell’indigenza o nel bisogno.

Nel 1984 mia figlia, che allora aveva 15 anni e si era da poco battezzata, iniziò il ministero a tempo pieno come pioniera. Nello stesso tempo mio marito fu nominato anziano. E io? Pensando di non poter fare ancora la pioniera, mi posi la meta di dedicare 30 ore al mese all’opera di predicazione. Ce la feci e dissi fra me: ‘Come sono brava! Sto facendo abbastanza!’
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Ancora una volta però il mio orgoglio divenne un problema. (Proverbi 16:18) Continuavo a pensare di essere a posto e di non aver bisogno di fare ulteriore progresso spirituale. La mia spiritualità cominciò a decrescere, e iniziai addirittura a perdere le buone qualità acquisite. Poi ricevetti la disciplina di cui avevo bisogno.

Nel 1985 ospitammo a casa nostra due sorveglianti viaggianti e le loro mogli durante la loro periodica visita alla congregazione. Osservando l’umiltà e lo spirito di sacrificio di questi cristiani, fui indotta a meditare. Usando le pubblicazioni della Società (Watch Tower), feci una ricerca sull’umiltà. Riflettei sulla grande umiltà che Geova mostra nel trattare con noi peccatori. (Salmo 18:35) Sapevo di dover cambiare il mio modo di pensare.

Supplicai Geova di aiutarmi a coltivare l’umiltà per poterlo servire come lui voleva e di guidarmi nell’usare i doni che avevo per glorificarlo. Compilai la domanda di pioniere regolare e nel marzo 1989 iniziai a servirLo impegnandomi nel ministero a tempo pieno.
Ora posso dire di essere veramente felice, e che vincere l’orgoglio ha contribuito alla mia felicità. Ho trovato un vero scopo nella vita, quello di aiutare gli afflitti a conoscere che Geova, il vero Dio, non è lontano da coloro che lo cercano.

Fonte:w 1/8/92
Amalia 52
00giovedì 20 gennaio 2011 19:19
Narrato da Franck Mannino
Ero un fuorilegge

ERA il 1° maggio 1947. Circa tremila persone, tra cui donne e bambini, si erano radunate presso un valico montano della Sicilia per celebrare l’annuale festa dei lavoratori. Erano ignare del pericolo che si annidava sulle alture circostanti. Forse vi sarà capitato di leggere del materiale o di vedere film ispirati al tragico episodio che seguì: la strage di Portella della Ginestra. Vi persero la vita 11 persone e 56 rimasero ferite.

Io non presi parte a quell’eccidio ma appartenevo alla banda di separatisti che lo organizzò. Il capo della banda era Salvatore Giuliano, che conoscevo sin dall’infanzia essendo entrambi del paesino di Montelepre. Lui aveva solo un anno più di me. Nel 1942, all’età di 19 anni, mentre era in corso la seconda guerra mondiale, fui chiamato alle armi. In precedenza, lo stesso anno, mi ero innamorato di una ragazza, Vita Motisi, e l’avevo sposata. Abbiamo poi avuto tre figli, il primo dei quali nacque nel 1943.

Perché divenni un fuorilegge

Nel 1945, l’anno in cui finì la seconda guerra mondiale, entrai a far parte del IV gruppo dell’Esercito Volontario per l’Indipendenza Siciliana (EVIS). Era l’elemento paramilitare del partito separatista noto come Movimento per l’Indipendenza della Sicilia (MIS). Salvatore Giuliano, già ricercato dalla polizia, era stato incaricato dalle alte sfere dell’EVIS e del MIS di assumere il comando del nostro gruppo.

Ciò che ci univa era l’amore per la nostra terra e per la nostra gente. Ce l’avevamo con quelle che a nostro avviso erano ingiustizie. Abbracciai dunque la causa della banda Giuliano: separare la Sicilia dall’Italia e annetterla, come 49° stato, agli Stati Uniti d’America. C’era motivo di credere che questo fosse possibile? Sì senz’altro, poiché funzionari del MIS ci avevano assicurato di avere strette relazioni con il governo di Washington e che il presidente degli Stati Uniti, Harry S. Truman, era favorevole all’annessione.

Vita da fuorilegge

Il mio gruppo aveva soprattutto il compito di effettuare sequestri di persone importanti, per chiedere poi un riscatto. In questo modo ci procuravamo i fondi per comprare le cose di cui avevamo bisogno. A nessuno dei sequestrati, che chiamavamo nostri “ospiti”, fu mai fatto del male. Quando li rimettevamo in libertà, davamo loro una ricevuta da usare per ottenere il rimborso del denaro del riscatto che ci era stato pagato. Veniva detto loro che avrebbero potuto usarla per riavere il denaro dopo la nostra vittoria.

Partecipai a una ventina di rapimenti, oltre che ad assalti armati alle caserme dei carabinieri. Ma con sollievo posso dire di non aver mai ucciso nessuno. I nostri violenti sforzi separatisti culminarono nella sconsiderata azione di Portella della Ginestra. Fu organizzata da una dozzina di uomini del gruppo di Giuliano ed era diretta contro il partito comunista.

Anche se quella strage di gente comune — vicini di casa e sostenitori compresi — non era stata premeditata, la popolazione che prima si sentiva protetta e ci sosteneva ora si considerò tradita da noi. Da quel momento la caccia ai componenti della banda Giuliano fu spietata. Molti miei compagni furono arrestati in seguito a “soffiate”. Anch’io caddi in una trappola e il 19 marzo 1950 venni catturato. Quell’estate lo stesso Giuliano fu ucciso.

La prigione e la condanna

Mi trovavo nel carcere giudiziario di Palermo in attesa di processo e la separazione dalla mia giovane moglie e dai miei tre figli mi affliggeva. Tuttavia il desiderio di lottare per ciò che consideravo giusto mi impedì di abbattermi del tutto. Iniziai a occupare il tempo leggendo. Un libro suscitò in me il desiderio di leggere la Bibbia. Erano le memorie di Silvio Pellico, vissuto nel XIX secolo e detenuto per motivi politici.

Pellico scriveva che in prigione aveva sempre avuto con sé un dizionario e una Bibbia. Anche se io e la mia famiglia eravamo cattolici, in effetti non avevo mai sentito parlare della Bibbia. Così feci domanda alle autorità per acquistarne una. Mi fu risposto che era proibito, ma mi diedero i quattro Vangeli: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. In seguito riuscii ad avere una Bibbia completa che conservo ancora come un caro ricordo.

Finalmente, nel 1951 ebbe inizio a Viterbo il mio processo. Durò 13 mesi e fui condannato a due ergastoli, nonché a 302 anni di reclusione! Sarei uscito dal carcere solo da morto.

Imparo le verità della Bibbia

Tornato nel carcere di Palermo fui assegnato a una sezione dove era detenuto un altro componente del nostro gruppo, un cugino di Giuliano che era stato arrestato tre anni prima di me. In precedenza egli aveva conosciuto in prigione un testimone di Geova di nazionalità svizzera che gli aveva parlato delle meravigliose promesse della Bibbia. L’uomo era stato arrestato con un altro Testimone di Palermo mentre predicavano la buona notizia del Regno di Dio. (Matteo 24:14) Seppi in seguito che il loro arresto era stato sollecitato da esponenti del clero.

Malgrado le mie attività illegali credevo in Dio e negli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Fui quindi molto colpito apprendendo che la venerazione dei cosiddetti “santi” non era conforme alle Scritture e che uno dei Dieci Comandamenti proibiva l’uso delle immagini nell’adorazione. (Esodo 20:3, 4) Mi abbonai alle riviste Torre di Guardia e Svegliatevi!, la cui lettura mi fu preziosa. Non capivo tutto il contenuto delle riviste, ma più leggevo, più sentivo il bisogno di evadere, non dal carcere, ma dalla prigionia della falsità religiosa e della cecità spirituale.

Compresi che per piacere a Dio dovevo spogliarmi della mia vecchia personalità e rivestirne una nuova, una personalità mansueta e simile a quella di Cristo Gesù. (Efesini 4:20-24) Fu un cambiamento graduale, ma iniziai subito a darmi da fare per aiutare i compagni di prigionia e cercai immediatamente di parlare loro delle magnifiche cose che imparavo. Nel 1953 iniziò quindi un periodo gioioso per me. Ma dovetti affrontare vari ostacoli.

L’opposizione del cappellano

Dopo sei mesi da che mi ero abbonato, la consegna delle riviste Torre di Guardia e Svegliatevi! fu interrotta. Mi recai dall’addetto alla censura, che controllava la corrispondenza dei detenuti, e gli feci presente il fatto. Mi disse che era stato il cappellano del carcere a far sospendere la consegna.

Chiesi subito di essere ricevuto dal cappellano. Ebbi con lui una discussione nel corso della quale gli mostrai dalla Bibbia quel poco che sapevo, ovvero scritture concernenti l’uso delle immagini nell’adorazione come Esodo 20:3, 4 e Isaia 44:14-17. Gli lessi anche Matteo 23:8, 9, dove Gesù dice di ‘non chiamare nessuno padre nostro sulla terra’. Il cappellano, risentito, rispose che non potevo capire la Bibbia perché ero ignorante.

Se non avessi già iniziato a cambiare la mia personalità avrei reagito chissà come. Invece, rimanendo calmo, risposi: “Sì, è vero, sono ignorante. Ma lei che ha studiato non ha fatto nulla per insegnarmi le verità della Bibbia”. Il sacerdote ribatté che per ricevere la letteratura dei testimoni di Geova avrei dovuto presentare istanza di abiura del cattolicesimo al Ministero di Grazia e Giustizia. Lo feci immediatamente, ma la mia richiesta non fu accolta. In seguito, comunque, potei essere registrato come testimone di Geova e ricevere di nuovo le riviste. Ma solo dopo molte insistenze.

Una Sala del Regno nel carcere
Da tempo chiedevo al direttore un lavoro retribuito all’interno del carcere per guadagnare qualcosa da inviare alla mia famiglia. Mi rispondeva sempre che, se l’avesse concesso a me, avrebbe dovuto darlo anche ad altri, e questo non era possibile. Ma la mattina del 5 agosto 1955 il direttore mi comunicò una bella notizia: avrei cominciato a lavorare come scrivano nel carcere.
Svolgendo questa mansione potei guadagnarmi la stima del direttore del carcere, dal quale ottenni il permesso di usare un magazzino per tenervi delle riunioni per lo studio biblico. Così nel 1956, utilizzando il legno di vecchi schedari, preparai delle panche per quella che poteva essere considerata una Sala del Regno, come si chiamano i luoghi di adunanza dei testimoni di Geova. Ogni domenica mi incontravo lì con altri detenuti, e alle nostre trattazioni bibliche c’erano a volte ben 25 presenti.
Il sacerdote venne presto a conoscenza di queste adunanze e andò su tutte le furie. Così, nell’estate del 1957 fui trasferito da Palermo allo stabilimento penale di Porto Azzurro, sull’isola d’Elba, carcere che allora aveva una triste fama.
Battesimo nel carcere
Al mio arrivo fui messo in cella di rigore e vi rimasi per 18 giorni. Non mi fu concesso neppure di tenere la Bibbia. In seguito scrissi nuovamente al Ministero di Grazia e Giustizia per ripresentare l’abiura. Ma stavolta chiesi aiuto alla filiale dei testimoni di Geova a Roma. Dopo dieci lunghi mesi arrivò la tanto attesa risposta. Il Ministero aveva riconosciuto il mio cambiamento di religione! Questo mi permise non solo di riavere Bibbia, riviste e altra letteratura biblica, ma di ricevere anche regolari visite da parte di un ministro dei testimoni di Geova.
Provai un’immensa gioia quando ricevetti la prima visita di Giuseppe Romano, un fratello della filiale italiana dei testimoni di Geova. Furono prese disposizioni perché, con il permesso dei funzionari del penitenziario, potessi finalmente simboleggiare la mia dedicazione a Geova con il battesimo in acqua. Il 4 ottobre 1958, alla presenza del direttore dello stabilimento penale, del comandante di disciplina e di altri funzionari, il fratello Romano battezzò me e un altro detenuto nella vasca usata per innaffiare il giardino del carcere.
In prigione potevo studiare La Torre di Guardia quasi sempre con altri detenuti. Invece l’annuale Commemorazione della morte di Cristo, svolgendosi dopo il tramonto, dovevo celebrarla da solo in cella. Chiudevo gli occhi, pregavo e mi immaginavo di essere con altri Testimoni.

Discepoli in prigione

Nel 1968 fui trasferito nel carcere di Fossombrone, in provincia di Pesaro. Lì ebbi buoni risultati nel parlare ad altri delle verità bibliche. Lavoravo in infermeria, dov’era facile trovare le occasioni per dare testimonianza. Provai particolare gioia nel vedere il progresso di un detenuto, Emanuele Altavilla. Dopo un paio di mesi di studio capì che doveva applicare il consiglio di Atti 19:19 e distruggere il suo libro di arti magiche. In seguito Emanuele divenne testimone di Geova.

L’anno seguente fui trasferito nel carcere dell’isola di Procida, di fronte a Napoli. La buona condotta mi consentì di lavorare nuovamente nell’infermeria. Conobbi così Mario Moreno, un detenuto, cattolico convinto, anch’egli con un incarico di responsabilità presso l’ufficio ragioneria.

Una sera Mario mi chiese qualcosa da leggere e io gli diedi il libro La Verità che conduce alla Vita Eterna. Capì subito l’importanza di ciò che stava leggendo e iniziammo uno studio biblico. Mario smise di fumare i suoi tre pacchetti di sigarette al giorno. Comprese inoltre che doveva comportarsi onestamente anche nel lavoro di ragioneria che svolgeva in carcere. Cominciò a dare testimonianza alla fidanzata e anche lei accettò gli insegnamenti della Bibbia. Poco dopo si sposarono in prigione. La moglie di Mario si battezzò a un’assemblea a Napoli nel 1975. Che gioia provò quando sentì che suo marito si era battezzato lo stesso giorno in carcere!

Mi furono concessi colloqui settimanali con i Testimoni che venivano a visitarmi a Procida. Potevo anche preparare pasti e mangiare con i miei ospiti nella sala colloqui, sino a dieci e più alla volta. Quando mi visitavano i sorveglianti viaggianti dei testimoni di Geova, ottenevo il permesso di assistere ai loro discorsi con diapositive. Una volta, durante la visita di 14 Testimoni, ebbi la gioia di condurre lo studio Torre di Guardia. Evidentemente mi era accordata dalle autorità la massima fiducia possibile. In giorni prestabiliti andavo di cella in cella, verso sera, per compiere l’attività di predicazione.

Nel 1974, dopo avere scontato 24 anni di reclusione in varie prigioni, fui visitato per la prima volta da un giudice che mi incoraggiò a presentare domanda di grazia. Non ritenni opportuno farlo in quanto significava dichiararmi colpevole della strage di Portella della Ginestra, a cui non avevo partecipato.

Occasioni molto gioiose

Nel 1975 entrò in vigore una nuova legge che prevedeva la concessione di permessi d’uscita. Così ebbi l’opportunità di assistere a Napoli alla mia prima assemblea dei testimoni di Geova. Furono cinque giorni indimenticabili durante i quali conobbi molti più fratelli e sorelle di fede di quanti non ne avessi mai visti prima.

Un particolare motivo di gioia fu il fatto di potermi finalmente riunire, dopo tanti anni, con la mia famiglia. Mia moglie Vita mi era rimasta fedele e anche i miei figli, che ormai erano giovanotti di oltre venti e di oltre trent’anni.

L’anno seguente — durante il quale mi furono accordati vari permessi d’uscita dal carcere — mi fu suggerito di presentare istanza per ottenere la libertà. Il magistrato di sorveglianza, nel suo rapporto favorevole all’accettazione della mia domanda, scrisse su di me: “Lo si può affermare senza possibilità di smentita: il Mannino di oggi, rispetto al giovane sanguinario esecutore degli ordini del bandito Giuliano, è un altro uomo: è del tutto irriconoscibile”.

Dopo non molto le autorità carcerarie di Procida chiesero la grazia per me. La grazia fu infine concessa e il 28 dicembre 1978 fui scarcerato. Che gioia essere libero, dopo oltre 28 anni di reclusione!

L’unica speranza di giustizia

Quando effettuavo sequestri per ordine di Salvatore Giuliano combattevo per ciò che credevo avrebbe recato vera libertà alla mia famiglia e alla mia gente. Ma dalla Bibbia ho appreso che per quanto gli sforzi umani siano sinceri, non potranno mai portare la giustizia che da giovane desideravo con tanto ardore. La conoscenza della Bibbia mi ha aiutato a capire che solo il Regno di Dio retto da suo Figlio, Gesù Cristo, può porre fine all’ingiustizia e recare il sollievo di cui c’è un così disperato bisogno. — Isaia 9:6, 7; Daniele 2:44; Matteo 6:9, 10; Rivelazione 21:3, 4.

Molti giornali parlarono del cambiamento avvenuto nella mia personalità grazie alla conoscenza della Bibbia. Per esempio Paese Sera del 20 dicembre 1978 riportò la dichiarazione del direttore del penitenziario di Procida: “Se tutti i detenuti fossero come Frank le carceri potrebbero anche scomparire; la sua condotta è stata irreprensibile, mai una lite, mai un piccolo richiamo”. Un altro giornale, Avvenire del 29 dicembre 1978, sottolineò: “Trattasi di detenuto modello, al di fuori della norma, il cui inserimento supera ogni aspettativa. Rispettoso nei confronti delle istituzioni e della custodia, dotato di una spiritualità fuori del comune”.

Una vita soddisfacente

Dal 1984 servo in una congregazione dei testimoni di Geova in qualità di anziano e pioniere, come vengono chiamati i ministri a tempo pieno. Nel 1990 una guardia carceraria a cui quindici anni prima avevo trasmesso la conoscenza della Bibbia mi telefonò per dirmi che lui e tutta la sua famiglia erano diventati testimoni di Geova.
Ma la gioia più grande l’ho provata nel luglio del 1995, quando ho avuto la grandissima emozione di assistere al battesimo della mia cara moglie Vita, che ha fatto propri — dopo molti anni — gli insegnamenti della Bibbia. Forse un giorno anche i miei tre figli, che per ora non condividono la mia fede, accetteranno ciò che ho imparato dalla Parola di Dio.

Le esperienze avute aiutando altri a conoscere le verità della Bibbia mi hanno procurato una gioia che non ha uguali. Com’è stato piacevole acquistare la conoscenza che conduce alla vita eterna e poterla trasmettere a persone di cuore sincero! (Giovanni 17:3)

Fonte:g 22/6/96
Amalia 52
00giovedì 20 gennaio 2011 19:36
Perché credo nella Bibbia: Un fisico nucleare racconta la sua storia

NARRATO DA ALTON WILLIAMS

NEL 1978 si verificarono nella mia vita due avvenimenti importanti. A settembre conseguii il dottorato in fisica nucleare e a dicembre divenni un ministro ordinato dei testimoni di Geova.

Quando sentono che sono al tempo stesso scienziato e Testimone, molti si chiedono come faccio a conciliare la conoscenza scientifica con la fede nella Bibbia. Devo dire che per anni anch’io mi sono chiesto se la scienza e la Bibbia fossero compatibili. Col tempo, però, mi sono pienamente convinto che la Bibbia è in armonia con la realtà scientifica. Come sono arrivato a questa conclusione? Lasciate che prima vi racconti come sono diventato uno scienziato.

Un’impresa quasi ventennale

Sono nato nel 1953 a Jackson, nel Mississippi (USA), terzo di 11 figli. La nostra era una famiglia povera. Cambiavamo casa di frequente perché i miei genitori non riuscivano a pagare l’affitto. Buona parte del vitto ci veniva fornito attraverso un programma di assistenza statale e indossavamo vestiti usati che ci venivano dati da persone per le quali mia madre puliva la casa o l’ufficio.

I nostri genitori ci ricordavano spesso che l’unico modo per sfuggire alla povertà era farsi una buona istruzione. Perciò, fin da piccolo decisi che mi sarei laureato. Cominciai la scuola a sei anni e proseguii gli studi senza interruzione per i successivi 19 anni. Mi piacevano le materie scientifiche e la matematica, così quando mi iscrissi all’università mi prefissi di diventare scienziato.

All’università conobbi una ragazza di nome Del. Un professore le aveva detto di rivolgersi a me perché l’aiutassi in un corso di scienze che stava frequentando. Ben presto, però, le nostre conversazioni spaziavano ben oltre gli argomenti scientifici e ci innamorammo. Ci sposammo il 10 gennaio 1974, durante un intervallo di due ore tra una lezione e l’altra! Quattro anni più tardi, nel 1978, conseguii infine il dottorato.

Avevo ottenuto quella che pensavo fosse la chiave del successo. Ero diventato uno scienziato, un fisico nucleare! Grazie al dottorato in fisica nucleare teorica potevo cominciare a raccogliere i frutti dei lunghi anni di studio. Ero ansioso di farmi un nome nel campo scientifico. Per giunta potevo scegliere un’occupazione redditizia tra le molte offerte sia da società private che da istituzioni governative.

Tuttavia, pochi mesi dopo, il 20 dicembre 1978, feci il passo che presto avrebbe influito sulla mia vita e sul mio futuro ancora più del dottorato. Quel giorno simboleggiai la mia dedicazione a Geova Dio con il battesimo in acqua e diventai così testimone di Geova. Come era maturata quella decisione?

Il libro che accese il mio interesse

Nella seconda metà del 1977, mentre studiavo all’Università del Massachusetts ad Amherst, due testimoni di Geova bussarono alla porta del mio appartamento. Ero fuori, ma a casa c’erano mia moglie e i nostri figli, uno di tre anni e una bambina appena nata. Del invitò le due Testimoni ad entrare. Dopo una piacevole conversazione, accettò che le Testimoni le facessero visita una volta alla settimana per tenere uno studio biblico con lei.

Quando mia moglie mi informò della cosa, subito mi opposi. Non mi importava che facesse parte di una religione, ma i testimoni di Geova no! In realtà non sapevo molto dei Testimoni, ma avevo il preconcetto che fossero un gruppo strano che si serviva della Bibbia per ingannare la gente. Perciò, nel tentativo di liberare mia moglie da quella che consideravo la morsa dei Testimoni, pensai di usare la conoscenza scientifica per screditare i loro insegnamenti.

Un giorno mi assentai dal mio lavoro di ricercatore all’università e andai a casa per essere presente durante lo studio biblico di mia moglie. Ma arrivai più tardi del previsto e la donna che teneva lo studio stava per andarsene. Mi diede un libro intitolato L’uomo è venuto per mezzo dell’evoluzione o per mezzo della creazione? Inoltre disse a mia moglie che la settimana seguente avrebbero esaminato una profezia biblica indicante che il 1914 fu un anno importante. Era proprio l’occasione che cercavo! Dissi alla Testimone che sarei stato a casa per la successiva trattazione biblica. Volevo verificare l’esattezza matematica dell’argomento che avrebbe presentato in merito al 1914.

Quella sera stessa cominciai a leggere il libro che mi aveva dato la Testimone. Francamente, il contenuto mi colpì. Era scritto con logica e riportava molti riferimenti scientifici sul tema dell’evoluzione. Con mia sorpresa, scoprii che le informazioni relative alla creazione contenute nella Bibbia sono molto più esatte di quanto pensassi. Finii di esaminare il libro in pochi giorni e fui costretto ad ammettere che quello che la Bibbia dice sulla creazione non è in contrasto con le realtà scientifiche riguardanti la vita sulla terra.

Deciso a trovare le incoerenze

Comunque ero ancora scettico sugli insegnamenti dei Testimoni e attendevo con ansia di controllare l’accuratezza matematica della profezia biblica relativa al 1914. Pensavo che questo approccio avrebbe sicuramente intimidito la Testimone e, auspicabilmente, avrebbe aiutato mia moglie a comprendere l’erroneità delle dottrine che le venivano insegnate.

La settimana dopo la Testimone tornò accompagnata da uno degli anziani della locale congregazione dei testimoni di Geova. L’anziano tenne lo studio biblico. Trattò le profezie dei capitoli 4 e 9 del libro biblico di Daniele concernenti la venuta di Gesù come Messia e Re. Ero deciso a trovare delle incoerenze dal punto di vista matematico nella presentazione, ma non ne trovai. Anzi, rimasi nuovamente colpito dalla logica delle informazioni contenute nella Bibbia.

Fino ad allora avevo sempre pensato che la fede in Dio si basasse sui sentimenti più che sulla ragione. Come mi sbagliavo! Ringraziai i Testimoni per l’interessante trattazione e dissi che mi sarebbe piaciuto continuare a partecipare allo studio ogni settimana. Perciò, da allora proseguii i miei studi universitari e, insieme a mia moglie, continuai a studiare la Bibbia con i Testimoni. Inoltre mia moglie iniziò ad assistere alle adunanze dei Testimoni tenute nella Sala del Regno.

In pochi mesi imparai molte nuove verità bibliche e ben presto fui idoneo per unirmi ai Testimoni nel ministero di porta in porta. Fu ciò che feci, nonostante stessi per conseguire il dottorato e gran parte del mio tempo fosse assorbito dallo studio. Nell’estate del 1978 presentai la tesi e mi trasferii nell’Alabama, dove cominciai a insegnare fisica all’Università di Huntsville. Contattammo subito i Testimoni locali e un anziano e sua moglie continuarono a studiare la Bibbia con noi. Pochi mesi dopo, io e mia moglie ci battezzammo lo stesso giorno.

Attivo come scienziato e come ministro

Per me essere uno scienziato si è dimostrato conciliabile con l’essere testimone di Geova. Nel 1983 cominciai a lavorare come astrofisico, sempre a Huntsville, presso il centro spaziale George C. Marshall della NASA. Ho lavorato alla fase sperimentale e teorica della realizzazione di un telescopio per raggi X. (Nel 1999 quel telescopio, l’Osservatorio Chandra per raggi X, è stato messo in orbita dallo shuttle Columbia). Collaborai con piacere a quel progetto che prevedeva l’analisi dei raggi X emessi da varie stelle e galassie con l’obiettivo di conoscere meglio l’universo.

Il mio lavoro era doppiamente piacevole perché non solo ero impegnato in un appassionante progetto scientifico, ma potevo comprendere meglio la potenza e la sapienza del Creatore. Difatti le parole di Geova riportate dall’antico profeta Isaia assunsero per me un significato speciale. Il Creatore dice: “Alzate gli occhi in alto e vedete. Chi ha creato queste cose? Colui che ne fa uscire l’esercito perfino a numero, che tutte chiama perfino per nome. A motivo dell’abbondanza di energia dinamica, essendo egli anche vigoroso in potenza, non ne manca nessuna”. (Isaia 40:26) Più ‘alzavo gli occhi in alto’ per scrutare l’immensità, la complessità e la bellezza dell’universo, più ammiravo l’opera del Progettista intelligente che lo creò e stabilì le leggi che ne regolano il funzionamento armonioso.
In quel periodo pubblicai su riviste scientifiche diversi articoli basati sulle mie ricerche di astrofisica dei raggi X. Tuttavia ero anche attivo nella congregazione cristiana. Prestavo servizio come anziano e dedicavo una ventina di ore al mese alla predicazione. Nello stesso tempo mia moglie si impegnava a tempo pieno nell’opera di istruzione biblica.

Lavoravo alla NASA da circa quattro anni, ma provavo il crescente desiderio di dedicare più tempo ad aiutare altri a imparare le meravigliose verità che si trovano nella Bibbia. Come potevo farlo? Dopo averne parlato con mia moglie e avere pregato Geova, mi resi conto che dovevo prendere una decisione.

Decisioni di grande importanza

Parlai con il mio diretto superiore alla NASA e gli dissi che volevo ridurre la mia settimana lavorativa da cinque a quattro giorni. Naturalmente avrei accettato uno stipendio più basso. Gli spiegai che volevo dedicare gli altri tre giorni della settimana al mio ministero. Egli accettò, benché un accordo del genere non avesse precedenti fra gli scienziati della NASA. Mi disse, comunque, che dovevo parlarne al suo superiore. Lo feci e rimasi piacevolmente sorpreso che anche questo dirigente accettasse la mia richiesta. Così nel 1987 cominciai la mia carriera di ministro a tempo pieno, dedicando circa 90 ore al mese alla predicazione di porta in porta e ad altre fasi del ministero.

In seguito ricevetti una telefonata da un direttore dell’Università dell’Alabama a Huntsville, che mi offriva una cattedra presso la facoltà di fisica. Risposi che avrei accettato il posto solo a patto di poter usare la maggior parte del tempo per il ministero. Gli assicurai, però, che le mie attività non avrebbero pregiudicato la qualità dell’insegnamento. Egli accettò. Oggi insegno ancora all’università e presto servizio come ministro a tempo pieno. Ho avuto anche il tempo di imparare lo spagnolo. Attualmente io e mia moglie serviamo a Huntsville in una congregazione di lingua spagnola dei testimoni di Geova.

Scienza e fede

Negli anni in cui lavoravo come ricercatore non ho mai trovato contraddizioni tra un fatto scientifico dimostrato e un insegnamento biblico. Il più delle volte, le presunte contraddizioni sono dovute al fatto che non si conosce bene un argomento scientifico o ciò che la Bibbia dice veramente. Per esempio alcune persone, anche scienziati, pensano erroneamente che secondo la Bibbia le piante, gli animali e gli uomini siano stati creati sulla terra in sei giorni letterali di 24 ore. Questo sarebbe in contrasto con noti fatti scientifici. Ma la Bibbia non lo insegna. Invece rivela che i “giorni” creativi abbracciano migliaia di anni.

Inoltre la confusione sorge dall’idea errata che la fede in Dio sia principalmente un’esperienza emotiva. Al contrario la fede in Dio e nella Bibbia si basa su fatti che si possono verificare. Come viene definita dalla Bibbia, “la fede è la sicura aspettazione di cose sperate, l’evidente dimostrazione [o, “convincente prova”, nota in calce] di realtà benché non vedute”. (Ebrei 11:1) Sì, la fede si basa sulle prove. Centinaia di profezie si sono adempiute nel passato e nei nostri giorni. Perciò, anche applicando ad esse il metodo seguito dagli scienziati per dimostrare una teoria scientifica, possiamo avere completa fiducia nell’adempimento delle profezie bibliche riguardanti avvenimenti futuri.

Una di queste profezie è la promessa che nel prossimo futuro potremo vivere in condizioni paradisiache sulla terra. Gli effetti devastanti di vecchiaia, malattie, morte, guerre e ingiustizie non esisteranno più. (Rivelazione [Apocalisse] 21:3, 4) Allora avremo il tempo per esplorare e studiare a fondo le meravigliose creazioni di Geova Dio e le molte leggi che ha stabilito per governare il prodigioso universo fisico.

Sono grato che Geova Dio mi abbia aiutato a trovare la chiave della vera felicità, cioè le meravigliose verità contenute nella sua Parola, la Bibbia. Prego che molti altri ancora, scienziati compresi, possano trovare questa preziosa chiave.

Fonte:g 22/1/04
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00giovedì 20 gennaio 2011 20:05
NARRATO DA LARRY GRAHAM SVEGLIATEVI 22,2 89
Ho trovato qualcosa di molto raro
IL FESTIVAL Musicale di Woodstock (New York) del 1969 fu l’evento più emozionante della mia carriera musicale. Un mare di persone si stendeva fin dove poteva arrivare l’occhio. Uno spettacolo grandioso!
Suonavo la chitarra basso e cantavo con uno dei complessi musicali più famosi a quel tempo, chiamato Sly and the Family Stone. Dalla bocca di mezzo milione di persone uscì un frenetico urlo di approvazione mentre ci chiedevano il bis.
Fu un momento davvero emozionante, ma ora è lontano dall’avvenimento più memorabile della mia vita. Ho trovato qualcosa di molto raro, un vero tesoro. Comunque, prima di descriverlo, lasciate che vi spieghi quali cose hanno plasmato la mia vita.
DIVENTO MUSICISTA
Sono nato nel 1946 in una famiglia di musicisti di Beaumont (Texas, USA), ed ero figlio unico. Mia madre suonava il piano col coro della chiesa e mio padre era un chitarrista jazz. Ben presto la mia famiglia si trasferì a Oakland (California, USA), dove a cinque anni cominciai a ballare il tip tap. Due anni dopo imparai a suonare il piano sotto la guida di mia nonna, che si prese cura di me in quei primi anni.
Quando avevo undici anni mio padre mi regalò la sua chitarra e il suo amplificatore e io mi accinsi con diligenza a imparare a suonare questo nuovo strumento. Successivamente imparai a suonare la batteria, il clarinetto e il sassofono. A tredici anni avevo già un mio complesso di professionisti che suonava rock and roll, The Five Riffs. A quindici anni cominciai a suonare nei locali notturni; avevamo formato il Dell Graham Trio, con mia madre al piano, io alla chitarra solista e un batterista.
In seguito mia madre ed io formammo un duo. Per sopperire alla mancanza del batterista, battevo e pizzicavo le corde più basse della mia chitarra per accentuare il ritmo. In questo modo creai un mio stile personale. Una donna che veniva ad ascoltarci regolarmente rimase così colpita che telefonò a un disc jockey, Sly Stone, e lo pregò di ascoltarmi. Il risultato fu che nel 1966 mi fu offerto il ruolo di chitarra basso in un complesso con sette elementi che divenne noto col nome di Sly and the Family Stone.
Il nostro disco “Dance to the Music” ebbe un successo internazionale e divenimmo il gruppo nero più popolare del momento. Seguirono rapidamente altri successi, tra cui “Hot Fun in the Summertime”, “Everyday People” e “Thank You for Letting Me Be Myself Again”. Poi ci fu il Festival Musicale di Woodstock, dove suonammo a fianco di altri musicisti di fama internazionale. In seguito suonammo davanti a 300.000 spettatori sull’Isola di Wight in Gran Bretagna e davanti ad oltre 350.000 a un festival musicale nella Germania Occidentale.
Nel 1971 ricevetti delle minacce. Fui informato che durante un concerto in uno stadio di Los Angeles, mi avrebbero sparato mentre la musica e l’urlo della folla avrebbero raggiunto il culmine. Ero atterrito. Tuttavia le apparecchiature elettroniche funzionavano male e così l’organizzatore del concerto lo annullò. Mi sentii come se Dio fosse intervenuto in qualche modo per salvarmi la vita. Corsi via dallo stadio in preda al panico e tornato nella mia stanza d’albergo feci i bagagli in fretta e furia e lasciai la città.
Questa esperienza terrificante mi preoccupava, anche quando formai un mio complesso musicale chiamato Graham Central Station. Sulla copertina del secondo album che feci con questo gruppo erano stampate le parole “Produced by God” (Prodotto da Dio). Non intendevo essere blasfemo, ma quelle parole rispecchiavano la mia convinzione d’essere stato salvato da Dio.
UNA SVOLTA DECISIVA NELLA MIA VITA
Nel 1973 conobbi Tina, che faceva la hostess per una linea aerea internazionale. Mentre lei mi intrecciava i capelli per prepararmi ai concerti, le parlavo spesso della mia fede in Dio. Verso quell’epoca la madre di Tina cominciò a studiare la Bibbia con i testimoni di Geova.
Un giorno Tina trovò la madre in lacrime. Piangeva perché nessuno dei suoi figli sarebbe stato presente al suo battesimo all’assemblea di distretto dei testimoni di Geova che si sarebbe tenuta in uno stadio di Oakland. Tina promise che, se era così importante per lei avere presenti i familiari, il venerdì avrebbe assistito al battesimo.
Tina rimase talmente colpita da ciò che vide e udì quel giorno di luglio del 1974 che mi telefonò e tentò di convincermi ad assistere alla sessione del sabato. Ma quel giorno ero troppo stanco perché la sera prima avevo fatto un’incisione. La domenica Tina mi telefonò di nuovo, esortandomi ad andarci. Ero curioso di vedere cos’aveva tanto colpito Tina, così ci andai.
Un poliziotto disse che siccome non avevo il permesso rilasciato dall’assemblea non potevo entrare nel parcheggio. E aggiunse: “Tanto non vorrà mica ascoltare quella roba!” Lì per lì mi scoraggiò e me ne andai. Ma poi ci ripensai, feci dietro front e mi diressi nuovamente verso lo stadio. Quando infine entrai, mancavano solo pochi minuti alla fine del discorso conclusivo.
Poiché mi sono esibito per la maggior parte della mia vita, sento la folla. Ero stato molte volte in quello stadio di Oakland per altre manifestazioni, ma qui c’era qualcosa di molto diverso da qualsiasi cosa avessi mai visto: 60.000 persone di razza ed estrazione sociale diverse che se ne stavano insieme pacificamente. Mi bastò “sentire” la folla per convincermi che questa era una cosa veramente importante, qualcosa di molto raro!
Mentre uscivo dallo stadio, un’adolescente, che dal mio aspetto non fece fatica a capire che non ero un Testimone, si avvicinò e mi mise in mano una copia del libro È questa vita tutto quello che c’è? Era proprio quello di cui avevo bisogno! Salito in macchina l’aprii a pagina 24 e vidi una figura dove c’erano un cigno, una tartaruga, un albero e delle persone. Facendo notare che un cigno può vivere 80 anni, una tartaruga 150 anni e un albero migliaia d’anni, il libro chiedeva: “Ha senso la breve durata della vita dell’uomo?” Il messaggio contenuto in questa illustrazione produsse su di me un effetto immediato.
Più tardi feci molte domande a Tina, ma riguardo alla Bibbia lei ne sapeva quanto me. Così decidemmo di andare dalla donna che aveva studiato con la madre di Tina. Mentre uscivamo dalla sua casa, mi girai verso Tina e dissi: “Quella donna finge! Nessuno può essere tanto gentile! Vedrai, la prossima settimana sarà diversa!” Ma passarono le settimane e lei rimase esattamente la stessa, rispondendo con calma a tutte le nostre domande con la Bibbia.
Tina ed io cominciammo un regolare studio biblico sul libro La Verità che conduce alla Vita Eterna. Poco dopo, però, dovetti andare in tournée col mio gruppo. Fui esortato a telefonare alle congregazioni locali di ciascuna delle molte città degli Stati Uniti dove mi sarei fermato e a chiedere che qualcuno studiasse con me i successivi capitoli del libro Verità.
Mi recai in varie congregazioni dalla costa occidentale a quella orientale e dal nord e dal Middle West fino al Texas e agli stati meridionali. Quelli che mi fecero lo studio biblico erano di diverse razze e provenivano da svariati ambienti socioeconomici. Ma ovunque andassi il messaggio era sempre lo stesso. Fui molto colpito dal fatto di avere trovato non un semplice fenomeno locale nella zona intorno alla baia di Oakland ma un’organizzazione nazionale che era veramente in armonia sul piano spirituale.
Un totale cambiamento di vita
Terminata la tournée negli Stati Uniti ne feci una in Europa, continuando a studiare con i Testimoni lì. Da Parigi telefonai a Tina, chiedendole di sposarmi. Alcune settimane più tardi, nel febbraio del 1975, ci sposammo nel Nevada (USA). Appena cinque giorni dopo le nozze intrapresi un’altra tournée negli Stati Uniti, ma questa volta Tina mi seguì.
A Brooklyn visitammo la sede mondiale dei testimoni di Geova. Eravamo vestiti in modo stravagante. Indossavamo un completo nero con degli scintillanti draghi color rosso e argento sulle gambe dei pantaloni e sulla schiena, e ripensandoci ci sentiamo in imbarazzo ancora adesso. Ma fummo trattati gentilmente, e nessuno fece commenti sul nostro abbigliamento.
Tina ed io fummo battezzati all’assemblea di distretto tenuta a Oakland nel luglio 1975, esattamente un anno dopo che avevamo assistito alla nostra prima assemblea in quello stesso posto. A rendere l’occasione ancor più gioiosa fu il fatto che Denise e Shelia, due sorelle di Tina, nonché mia madre, che avevano cominciato a studiare subito dopo di noi, furono battezzate in quella stessa occasione. Alcuni anni dopo fu battezzata anche mia nonna, alla bella età di 82 anni.
Le cose che imparavo si vedono dalle copertine di alcuni album prodotti dal mio gruppo. L’album del 1976 intitolato Mirror aveva sulla copertina delle foto in cui comparivo insieme agli altri componenti del complesso. Da un lato apparivamo con capelli lunghi, occhiali da sole e abbigliamento stravagante, mentre dall’altra c’era un’immagine speculare che ci raffigurava come persone ordinate, con capelli più corti e abiti modesti.
Tra le canzoni ce n’era una intitolata “Forever”. Parlava della mia speranza di rivedere mio padre nella risurrezione, quando avremo davanti la vita eterna. Le parole di una canzone rispecchiavano i miei sentimenti di Testimone battezzato da poco.
AIUTO ALTRI
Abbiamo avuto molte occasioni di far conoscere la nostra fede. Un tastierista e un batterista hanno ascoltato e hanno dedicato la loro vita a Geova. Quel batterista è ora un anziano e pioniere regolare di una congregazione di Hollywood.
Nel 1975, durante una tournée, accompagnai il nostro tastierista nell’opera di testimonianza — era la prima volta che usciva in servizio — e visitammo le famiglie di un quartiere signorile di Atlanta (Georgia, USA) abitato interamente da bianchi. Mentre andavamo di casa in casa, alcune macchine della polizia si fermarono all’improvviso con uno stridore di gomme e ne scesero di corsa dei poliziotti per chiederci cosa stessimo facendo lì. Allo stesso tempo apparve un elicottero della polizia che volteggiò a pochi metri sopra di noi. Evidentemente la polizia era stata informata che c’erano dei “tipi sospetti” nel quartiere, ma quando spiegammo la nostra opera quali testimoni di Geova ci lasciarono in pace. Il nostro tastierista iniziò proprio bene l’opera di testimonianza!
Durante quella tournée dopo il nostro battesimo organizzammo una colossale rappresentazione audiovisiva con schermi di quasi cinque metri. Era il numero principale dello spettacolo. Venivano impiegati due grandi autoarticolati e due pullman. La rappresentazione audiovisiva descriveva gli orrori delle condizioni del mondo e poi indicava la soluzione attraverso il Regno di Dio. Tra le diapositive ce n’erano alcune dell’assemblea nello stadio di Oakland e del nostro battesimo. Avevamo preparato un accompagnamento musicale e tra una canzone e l’altra facevo un commento.
Durante una tournée uscii in servizio di campo a Hollywood (Florida, USA) e il responsabile del gruppo ci organizzò per andare di porta in porta. All’improvviso sentii che in una casa vicina stavano ascoltando un mio disco. Bussai alla porta e i tre giovani all’interno — erano sotto l’effetto della droga — rimasero senza parole vedendo improvvisamente alla loro porta il cantante della canzone che stavano sentendo! Ho appreso poi che due di loro sono diventati Testimoni.
Nel 1979 ci trasferimmo a Los Angeles in una grande casa con piscina e giardino che dominava la città. Proprio accanto ad essa installai una mia sala di incisione con 24 piste. Il primo disco che incisi lì era intitolato “One in a Million You”, di cui vendetti oltre un milione di copie. Poco dopo ebbi il privilegio di servire come servitore di ministero e nel 1982, esattamente una settimana prima che nascesse nostra figlia Latia, fui nominato anziano.
Una domenica stavo tenendo lo studio Torre di Guardia quando un giovane hawaiano entrò nella Sala del Regno e mi guardò sbalordito. Mi aveva visto nelle Hawaii nel 1975 quando ero un musicista pop capellone, così rimase esterrefatto vedendomi vestito con modestia e impegnato a condurre lo studio Torre di Guardia. Sebbene si fosse trasferito a Los Angeles con l’intenzione di sfondare nel mondo della musica, accettò di studiare con me. Ora presta servizio nella nostra congregazione come pioniere regolare.
UNO STILE DI VITA PIU' SEMPLICE
Tina ed io possiamo veramente dire che non siamo mai stati così felici come da quando abbiamo intrapreso il ministero a tempo pieno come pionieri nel 1982. Un ulteriore passo avanti nel nostro progresso spirituale è stato quello di semplificare il nostro modo di vivere. Il 90 per cento del tempo che eravamo a casa lo trascorrevamo in sole due stanze di una grande casa il cui mantenimento richiedeva il lavoro di giardinieri e domestiche. Non potevamo usare tutte le nostre automobili — la Lincoln Town Car, la Thunderbird del 1955, la Cord, la Mercedes — nonché la casa mobile di 7 metri e mezzo, un furgone e varie moto. Così dopo l’assemblea di distretto del 1985 abbiamo venduto la casa e la maggior parte dei veicoli.
Ora abitiamo in città, in una casa modesta, che per Tina è più facile da accudire mentre fa la pioniera. Sebbene io lavori ancora limitatamente come musicista, la mia vera felicità deriva ora dal servire come pioniere e dal veder progredire spiritualmente la nostra figlioletta. Anche se è ancora piccola ha delle mete precise e parla continuamente del tempo in cui potrà simboleggiare la sua dedicazione a Geova.
Un’altra benedizione che spero vivamente di ricevere è quella di rivedere mia madre nella risurrezione e parlarle degli avvenimenti che si sono verificati dopo la sua morte, avvenuta nell’aprile 1987 mentre svolgeva fedelmente servizio come pioniera regolare. Sì, invece di cercare le emozioni derivanti dall’intrattenere con la mia musica centinaia di migliaia di fan, ora provo vera soddisfazione facendo del mio meglio per ubbidire alle parole del salmista: “Lodate Iah! Cantate a Geova un nuovo canto, la sua lode nella congregazione dei leali”. (Salmo 149:1)
Amalia 52
00venerdì 21 gennaio 2011 16:52
NARRATO DA SOLEDAD CASTILLO
La fede mi ha aiutato ad affrontare le disgrazie

Più volte nella mia vita ho rischiato di essere sopraffatta dalla solitudine, ma ne sono venuta fuori. Quando avevo 34 anni persi il mio caro marito. Sei anni più tardi morì mio padre. Otto mesi dopo la morte di papà, appresi che il mio unico figlio era affetto da una malattia incurabile.

MI CHIAMO Soledad, che significa “solitudine”. Anche se può sembrare strano, non mi sono mai sentita completamente sola. Quando ho affrontato delle disgrazie, avevo la certezza che Geova era con me, mi prendeva per mano e mi aiutava a non avere timore. (Isaia 41:13) Lasciate che vi spieghi come ho fatto a continuare a vivere nonostante le mie terribili disgrazie e come queste mi hanno avvicinato ancora di più a Geova.

Una vita felice senza grandi problemi

Sono nata a Barcellona, in Spagna, il 3 maggio 1961, e sono figlia unica. Quando avevo nove anni mia madre, che si chiama anche lei Soledad, conobbe la verità della Parola di Dio. Si era posta molte domande di natura religiosa, ma nella sua chiesa non aveva trovato risposte soddisfacenti. Un giorno due testimoni di Geova le fecero visita e risposero a tutte le sue domande per mezzo delle Scritture. Accettò con entusiasmo uno studio biblico.

Nel giro di breve tempo mia madre divenne una testimone di Geova battezzata, e pochi anni dopo mio padre José fece altrettanto. Ben presto Eliana, la Testimone che studiava la Bibbia con mia madre, notò il vivo interesse che avevo per la Parola di Dio. Anche se ero solo una ragazzina, consigliò che studiassi personalmente la Bibbia. Grazie al suo aiuto e all’incoraggiamento di mia madre, a 13 anni mi battezzai.

Quando ero adolescente mi rivolgevo spesso a Geova in preghiera, specialmente se dovevo prendere decisioni. Sinceramente non ho avuto grandi problemi durante l’adolescenza. Nella congregazione avevo tanti amici ed ero molto legata ai miei genitori. Nel 1982 sposai Felipe, un Testimone che aveva mete spirituali simili alle mie.

Cresciamo nostro figlio insegnandogli ad amare Geova

Cinque anni dopo nacque un bel bambino che chiamammo Saúl. Eravamo felicissimi! Speravamo tanto che Saúl crescesse sano ed equilibrato e che imparasse ad amare Dio. Io e Felipe passavamo molto tempo con lui, gli parlavamo sempre di Geova, mangiavamo insieme, andavamo insieme al parco e giocavamo con lui. A Saúl piaceva tantissimo andare con il papà a parlare ad altri delle verità della Bibbia; Felipe lo fece partecipare al ministero fin dalla tenera età insegnandogli a suonare i campanelli e a offrire volantini alle persone.

L’amore e l’educazione che davamo a Saúl produssero un buon effetto su di lui. All’età di sei anni predicava regolarmente insieme a noi. Amava ascoltare i racconti biblici e gli piaceva molto lo studio della Bibbia che facevamo come famiglia. Appena iniziò la scuola cominciò a prendere le sue piccole decisioni basate sulla conoscenza che aveva della Bibbia.

Tuttavia, quando Saúl aveva sette anni, la nostra vita familiare cambiò drasticamente. Felipe contrasse un’infezione virale ai polmoni. Per 11 mesi lottò contro la malattia, che gli impediva di lavorare e spesso lo costringeva a letto. Morì all’età di 36 anni.

Quando ripenso a quell’anno difficile mi vengono ancora le lacrime. Vedevo mio marito perdere gradualmente la battaglia contro la malattia, e non potevo farci nulla. Malgrado tutto, cercavo di incoraggiare Felipe anche se, dentro di me, sentivo che ogni mia speranza e ogni progetto stavano andando in frantumi. Gli leggevo articoli scritturali e questi ci rafforzavano nei periodi in cui non riuscivamo a frequentare le adunanze cristiane. Quando morì provai un indicibile senso di vuoto.

Ma Geova mi sostenne. Gli chiedevo continuamente di darmi il suo spirito. Lo ringraziavo per gli anni felici che io e Felipe avevamo passato insieme e per la speranza di rivederlo quando sarà risuscitato. Chiedevo a Dio di aiutarmi a essere felice delle cose che io e mio marito avevamo fatto insieme e di darmi la sapienza per crescere nostro figlio come un vero cristiano. Pur soffrendo molto, mi sentivo confortata.

I miei genitori e i componenti della congregazione mi sostennero moltissimo. Ma ora toccava a me prendere l’iniziativa di studiare la Bibbia con Saúl per insegnargli a servire Geova. Un mio ex datore di lavoro mi offrì un posto come impiegata, ma io preferivo fare le pulizie in modo da avere più tempo da dedicare a Saúl e stare con lui quando tornava da scuola.

C’era un versetto in particolare che mi ricordava l’importanza di educare Saúl nelle vie di Dio: “Addestra il ragazzo secondo la via per lui; anche quando sarà invecchiato non se ne allontanerà”. (Proverbi 22:6) Questo versetto mi dava la speranza che se avessi fatto il possibile per insegnare valori spirituali a mio figlio, Geova avrebbe benedetto i miei sforzi. Per riuscirci dovetti fare dei sacrifici in senso economico, ma ritenevo necessario passare del tempo con mio figlio, e questo per me valeva di più di qualsiasi vantaggio materiale.

Quando Saúl aveva 14 anni, morì mio padre. Saúl ne fu letteralmente sconvolto perché la morte del nonno gli fece rivivere l’enorme dolore che aveva provato con la perdita del padre. Anche mio padre era stato un vero esempio di amore per Geova. Dopo la morte del nonno, Saúl decise che si sarebbe preso cura lui di me e della nonna, visto che era rimasto l’unico “uomo” di casa.

La lotta contro la leucemia

Otto mesi dopo la morte di mio padre, il nostro medico di famiglia mi disse di portare Saúl in ospedale dato che era sempre esausto. Dopo vari accertamenti, i medici mi comunicarono che Saúl aveva la leucemia.

Nei due anni e mezzo che seguirono, Saúl entrò e uscì dall’ospedale combattendo sia con la malattia che con la chemioterapia somministratagli dai medici nel tentativo di contrastare il male. Il primo ciclo di terapia, che durò sei mesi, portò a una remissione della malattia. Ma dopo 18 mesi ci fu una recidiva e Saúl fu sottoposto a un altro ciclo più breve di chemioterapia che lo indebolì gravemente. La malattia regredì solo per un breve periodo, ma Saúl non era in grado di affrontare un terzo ciclo chemioterapico. Aveva dedicato la sua vita a Dio ed espresso il desiderio di battezzarsi come testimone di Geova, ma morì poco dopo aver compiuto 17 anni.

Spesso i medici raccomandano la terapia trasfusionale per mitigare gli effetti collaterali della chemioterapia. Ovviamente le trasfusioni non guariscono la malattia. Quando i medici diagnosticarono la leucemia, io e Saúl mettemmo subito in chiaro che non avremmo accettato le trasfusioni perché volevamo ubbidire alla legge di Dio di “astenersi . . . dal sangue”. (Atti 15:19, 20) Più di una volta, in mia assenza, Saúl dovette convincere i medici che si trattava di una sua decisione.

Alla fine i medici giunsero alla conclusione che Saúl era un minore maturo, perfettamente consapevole della natura della sua malattia. Acconsentirono a rispettare la nostra posizione e a sottoporre Saúl a terapie che non prevedono l’uso del sangue, anche se non smisero di fare pressioni su di noi per farci cambiare idea. Quando sentivo Saúl spiegare ai medici la sua posizione mi sentivo orgogliosa di lui. Era chiaro che aveva stretto un’intima relazione con Geova.

L’estate in cui apprendemmo che Saúl aveva la leucemia, all’assemblea di distretto che si tenne a Barcellona fu presentato il libro Accostiamoci a Geova. Quel libro straordinario si dimostrò un’ancora che ci permise di rimanere saldi di fronte al burrascoso e incerto futuro che ci attendeva. Lo leggevamo insieme nelle lunghe ore che passavamo in ospedale. Spesso, durante i molti momenti difficili che affrontammo in seguito, ne ricordavamo il contenuto. La scrittura di Isaia 41:13, riportata nella prefazione del libro, assunse per noi un significato particolare. Il versetto dice: “Io, Geova tuo Dio, afferro la tua destra, Colui che ti dice: ‘Non aver timore. Io stesso di sicuro ti aiuterò’”.

La fede di Saúl ha lasciato il segno

La maturità e l’ottimismo di Saúl commossero medici e infermieri dell’ospedale Vall d’Hebrón. L’intera équipe sanitaria si affezionò a lui. Da allora, il primario di ematologia ha avuto in cura altri bambini leucemici figli di Testimoni e li ha trattati con grande rispetto e dignità. Conserva il ricordo della ferma decisione di Saúl di attenersi alle sue convinzioni, del suo coraggio di fronte alla morte e del suo ottimismo. Gli infermieri dissero a Saúl che era il miglior paziente che avevano mai avuto nel reparto. Non si era mai lamentato, raccontarono, e non aveva mai perso il senso dell’umorismo, nemmeno quando stava per morire.

Una psicologa mi disse che molti giovani che affrontano lo stadio terminale di una malattia a quell’età tendono a ribellarsi ai medici e ai genitori a causa del disagio e della frustrazione. Aveva notato con stupore che questo non era successo a Saúl, che era rimasto calmo e positivo. Questo permise a me e a Saúl di parlarle della nostra fede.
Ricordo anche che Saúl aiutò indirettamente un Testimone della nostra congregazione. Questi soffriva di depressione da circa sei anni e i farmaci non avevano migliorato la sua condizione. In diverse occasioni passò la notte in ospedale per assistere Saúl. Mi disse che l’atteggiamento con cui Saúl affrontava la leucemia lo aveva colpito profondamente. Aveva notato che, malgrado il suo stato di prostrazione, cercava di incoraggiare tutti quelli che andavano a trovarlo. “L’esempio di Saúl mi ha dato il coraggio di combattere la depressione”, disse.

Sono passati tre anni dalla morte di Saúl. Il dolore ovviamente non è sparito. Io non sono forte, ma Dio mi ha infuso “la potenza oltre ciò che è normale”. (2 Corinti 4:7) Ho imparato che anche le esperienze più difficili e dolorose possono avere qualche lato positivo.

Affrontare la morte di mio marito, di mio padre e di mio figlio mi ha aiutato a diventare più altruista e più comprensiva verso chi soffre. Soprattutto mi ha avvicinato ancora di più a Geova. Posso affrontare il futuro senza timore perché il mio Padre celeste mi aiuta e mi tiene ancora per mano.

Fonte:w 1/10/08
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