Celso, Luciano e lo stauros...

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barnabino
00venerdì 18 dicembre 2009 21:32
Lo sapevate che sia Celso che Luciano (nel II secolo) si riferiscono alla stauros su cui mprì Cristo con termini che identificavano strumenti paliformi come tympanon e skolops? Strano, non è vero, se lo stauros aveva certamente forma di "croce".

Shalom [SM=g27991]
(SimonLeBon)
00venerdì 18 dicembre 2009 21:44
Re:
barnabino, 12/18/2009 9:32 PM:

Lo sapevate che sia Celso che Luciano (nel II secolo) si riferiscono alla stauros su cui mprì Cristo con termini che identificavano strumenti paliformi come tympanon e skolops? Strano, non è vero, se lo stauros aveva certamente forma di "croce".

Shalom [SM=g27991]



Wow, questa me l'ero persa! Ma non si diceva che non c'era ASSOLUTAMENTE NESSUNO (anzi, ancora di meno) che avesse messo in dubbio la croce romana (de Rroma) secondo il mos romanum?

Simon

P.S. Ovviamente oltre a Lipsius e a quei cattivoni dei tdG.
barnabino
00venerdì 18 dicembre 2009 22:02
Conosciamo già la risposta... per metonimia un oggetto paliforme indica una croce: stauros, xylon, tympanon e skolops sono tutti "pali" ma nessuno indica "palo" appena si riferiscono a quello di Gesù.

Shalom
(Gladio)
00sabato 19 dicembre 2009 01:14
Re:
barnabino, 18/12/2009 22.02:

Conosciamo già la risposta... per metonimia un oggetto paliforme indica una croce: stauros, xylon, tympanon e skolops sono tutti "pali" ma nessuno indica "palo" appena si riferiscono a quello di Gesù.

Shalom




Si ma ste cose dille piano...non svegliamo Poly altrimenti viene qui e ci rimprovera che cerchiamo di dimostrare il contrario del consensum...

Barny fai il bravo o ti metto un bavaglio alla bocca. [SM=x1408430]
Seabiscuit
00sabato 19 dicembre 2009 12:34
Re:
barnabino, 18/12/2009 21.32:

Lo sapevate che sia Celso che Luciano (nel II secolo) si riferiscono alla stauros su cui mprì Cristo con termini che identificavano strumenti paliformi come tympanon e skolops? Strano, non è vero, se lo stauros aveva certamente forma di "croce".

Shalom [SM=g27991]



sono documentazioni più che ottocentesche....non valgono nel mondo accademico
[SM=x1408399]


barnabino
00sabato 19 dicembre 2009 14:25
La riflessione è come mai questi scrittori, del tutto estranei alla teologia dei Padri, utilizzassero tranquillamente termini che evocavano chiaramente dei pali verticali se era così pacifico e diffusa l'idea che lo stauros su cui morì Cristo era una "croce"?

Interessante che è Luciano a dire che lo stauros assomigliava ad una T ma è lo stesso Luciano che quando parla specificamente della crocifissione di Cristo si riferisce al suopatibolo chiamandolo uno skolops e non uno stauros...

Shalom
(SimonLeBon)
00sabato 19 dicembre 2009 22:12
Re:
barnabino, 12/19/2009 2:25 PM:



...

Interessante che è Luciano a dire che lo stauros assomigliava ad una T ma è lo stesso Luciano che quando parla specificamente della crocifissione di Cristo si riferisce al suopatibolo chiamandolo uno skolops e non uno stauros...

Shalom



Secondo me voleva avviare una vile congiura anti-cattolica! [SM=x1408427]

Simon
(SimonLeBon)
00domenica 20 dicembre 2009 11:30
Celso - Alethes Logos
Riporto due citazioni dal "Discorso della verità" di Celso, trovate stamattina direttamente a letto. Il testo risale a ca. 160 dC ed è ricostruito dall'opera di Origene "Contra Celsum" (ca. 250 dC).

II.36 "... kai anaskolopizomenou tou somatos"

si noti la traduzione a fronte:

"quandi il suo corpo fu crocefisso".

II.60 "... epi tou skolopos autou fonen"


di nuovo il testo a fronte:

"... le sue parole dalla croce".

Mi sembra un modo eccellente di tradurre! [SM=g7355]

Simon
jwfelix
00domenica 20 dicembre 2009 13:09
Re: Celso - Alethes Logos
(SimonLeBon), 20/12/2009 11.30:

Riporto due citazioni dal "Discorso della verità" di Celso, trovate stamattina direttamente a letto. Il testo risale a ca. 160 dC ed è ricostruito dall'opera di Origene "Contra Celsum" (ca. 250 dC).

II.36 "... kai anaskolopizomenou tou somatos"

si noti la traduzione a fronte:

"quandi il suo corpo fu crocefisso".

II.60 "... epi tou skolopos autou fonen"


di nuovo il testo a fronte:

"... le sue parole dalla croce".

Mi sembra un modo eccellente di tradurre! [SM=g7355]

Simon



LA traduzione è giusta, fu Origene che sbagliò a scrivere [SM=x1408403]

Ad mariuana [SM=x1408399]
Polymetis
00domenica 20 dicembre 2009 14:34
Per Simon e Barnabino


Wow, questa me l'ero persa! Ma non si diceva che non c'era ASSOLUTAMENTE NESSUNO (anzi, ancora di meno) che avesse messo in dubbio la croce romana (de Roma) secondo il mos romanum?

Simon

P.S. Ovviamente oltre a Lipsius e a quei cattivoni dei tdG.



Te l’eri persa perché non hai letto nulla della discussione intercorsa tra me e Barnaba sulla questione del Liddell-Scott… Odio dovermi ripetere…. Voi non sapete muovervi nella letteratura greca e soprattutto non sapete il greco, sono stanco di dovervelo ricordare. Ed è questa vostra ignoranza, che vi permette di compiacervi e di trovare sensate le castronerie che dite. Luciano non dice affatto che Cristo è morto su un palo, ma se anche l’avesse detto, sarebbe valsa la risposta che diedi a Barnaba nella discussione sul LSJ, che mette ben in luce il metodo dei TdG. Aveva scritto

“lo skolops (parola con cui, fra l'altro, Luciano designa la croce di Cristo). Certo, può essere che skolops indichi la croce tradizionale per metonimia, o per sineddoche, ma è indicativo.”



La mia risposta era stata:


Scusa, fammi capire, il fatto che Luciano, autore pagano che nel II secolo dimostra di non sapere nulla dei cristiani e li sbeffeggia sarebbe “indicativo” mentre i Padri della Chiesa, come il coevo Giustino, che dicono chiaramente che fosse una croce, non sarebbero indicativi?



I tdG in questo caso mostrano di non saper minimamente organizzare le fonti. Pur di portare avanti la loro assurda teoria, sarebbero stati disposti a dare più credito a polemisti anticristiani che dimostrano di non saper nulla di Cristo ma solo affermazioni distorte, piuttosto che a gente che faceva parte della Chiesa e dunque del flusso delle informazioni su Cristo. Ovviamente avrei replicato loro che, esattamente come non considerano attendibili i Padri della Chiesa del II secolo in quanto non testimoni oculari della crocifissione (il che è un modo di ragionare storicamente dilettantesco e assurdo), allo stesso modo io avrei respinto la testimonianza di questi polemisti pagani altrettanto gratuitamente rispondendo ai TdG che essi non erano testimoni oculari della crocifissione, e, visto che su Cristo non ne azzeccano una, non si vede perché il palo dovrebbe far eccezione.
Comunque, tornando in tema… Luciano non dice che Cristo sia morto su uno σκόλοψ (e anche se lo avesse fatto sarebbe stato irrilevante perché abbiamo delle fonti dove è usato in maniera sineddotica per dire croce), bensì per dire che Cristo è stato crocifisso usa un verbo, ἀνασκολοπίζω, che è un composto di σκόλοψ. La fonte incriminata è la Morte di Peregrino, un ciarlatano descritto da Luciano, che s’era fatto cristiano ed era riuscito a diventare una specie di dio tra gli ignoranti cristiani, giacché essendo un uomo colto manipolava questa gente rozza come voleva (questo il giudizio di Luciano). Il brano:


“Allora Proteo venne a conoscenza della portentosa dottrina dei cristiani, frequentando in Palestina i loro sacerdoti e scribi. E che dunque? In un batter d’occhio li fece apparire tutti bambini, poiché egli tutto da solo era profeta, maestro del culto e guida delle loro adunanze, interpretava e spiegava i loro libri, e ne compose egli stesso molti, ed essi lo veneravano come un dio, se ne servivano come legislatore e lo avevano elevato a loro protettore a somiglianza di colui che essi venerano tuttora, l’uomo che fu crocifisso (ἀνασκολοπιθέντα) in Palestina per aver dato vita a questa nuova religione.
[…] Si sono persuasi infatti quei poveretti di essere certo immortali e di vivere per l’eternità, per cui disprezzano la morte e i più si consegnano di buon grado. Inoltre il primo legislatore li ha convinti di essere tutti fratelli gli uni degli altri, dopodiché abbandonarono gli Dei greci, avendo trasgredito tutto in una volta, ed adorano quel medesimo sofista che era stato crocifisso (ἀνεσκολοπισμένον) e vivono secondo le sue leggi. Disprezzano dunque ogni bene indiscriminatamente e lo considerano comune, seguendo tali usanze senza alcuna precisa prova. Se dunque viene presso di loro qualche uomo ciarlatano e imbroglione, capace di sfruttare le circostanze, può subito diventare assai ricco, facendosi beffe di quegli uomini sciocchi.” (De morte Peregrini XI-XIII)



Che dire dunque, questo brano mostra forse che per Luciano Cristo fu messo al palo? Ma neanche per idea… nella letteratura greca di questo periodo ἀνασταυρόω ed ἀνασκολοπίζω sono usati come sinonimi, in modo intercambiabile, e troviamo ἀνασκολοπίζω applicato per croci a due braccia. Il LSJ rileva infatti, dopo il significato base di “fix on a pole or stake”, che “it is used convertibly with ἀνασταυρόω”. Luciano stesso, visto che è questo l’autore che stiamo trattando, ci dà degli esempi. Nel suo Prometeo egli descrive il titano che subisce la punizione di Zeus, crocifisso con chiodi e catene su un monte del Causaso a braccia divaricate, mentre un’aquila gli divora il fegato. In questo brano il nostro autore mette in scena Hermes e Efesto che progettano in che modo crocifiggere Prometeo, notate i verbi:


Mercurio: Ecco, o Vulcano, il Caucaso, dove dobbiamo inchiodare questo sventurato Titano. Andiamo guardando se v'è qualche rupe acconcia, qualche balza nuda di neve, per fermarvi salde le catene, e sospenderlo alla vista di tutti.
Vulcano: Andiamo guardando, o Mercurio: non conviene crocifiggerlo(ἐσταυρῶσθαι) in luogo basso e vicino alla terra, ché gli uomini da lui formati verrebbero ad aiutarlo: né troppo in cima, ché non saria veduto da quei di giù. Se ti pare, qui è una giusta altezza, su questo precipizio potrà esser crocifisso(ἀνεσταθρώσθω): stenderà una mano a questa rupe, ed un'altra a questa dirimpetto.
Mercurio: Ben dici: queste rocce son brulle, inaccessibili da ogni parte, ed alquanto pendenti; e nella rupe c'è appena questo poco di sporto, dove poggiare le punte de' piedi: per croce(σταυρός) non troveremmo di meglio. Non indugiamo, o Prometeo: monta, ed acconciati ad essere affisso al monte».” (Prometheus, I, trad. di Settembrini)



Come si vede qui è descritto Prometeo inchiodato nella posizione di una croce (σταυρός), tramite sia il sostantivo sia i verbo σταυρόω ed ἀνασταυρόω. Altro esempio dell’uso del verbo ἀνασταυρόω :


Prometeo: “Pare, o Mercurio, che anche tu, come dice il poeta, incolpi un incolpabile: che mi accusi di tali cose per le quali, se vi fosse una giustizia, io sarei giudicato degno d'essere nutrito dal pubblico nel Pritaneo. Se tu avessi tempo, io vorrei chiarirti come son false queste accuse, e dimostrarti come Giove è ingiusto verso di me. E tu che sei sì bel parlatore e difensore di cause, difenderai poi anche questa, sì, dirai che ha fatto un giudizio giusto, a mettermi in croce (ἀνεσταυρῶσθαί) presso queste porte Caspie, sul Caucaso, e farmi miserando spettacolo a tutti gli Sciti.” (Prometheus, IV)




Più avanti nel testo Luciano dimostra di considerare il verbo ἀνασκολοπίζω come del tutto sinonimico, visto che lo usa per descrivere la medesima crocifissione di Prometeo, che come abbiamo visto era sul modello di una croce latina con le braccia divaricate: “stenderà una mano a questa rupe, ed un'altra a questa dirimpetto. (supra).


Prometeo: Inezie sono tutte, come presto vedremo. E giacché dici che queste accuse bastano, io tenterò, come posso, di purgarmi di queste colpe: e prima comincerò da quella delle carni. Giuro al cielo, che a parlar di questo, ho vergogna io per Giove; il quale è d'animo così gretto, è così ghiotto, che per un ossicino trovato nella sua porzione, manda alla croce (ἀνασκολοπισθησόμενον) un dio antico come me, senza ricordare che ho combattuto per lui, e senza pensare qual era infine la cagione di tanto sdegno. (Ididem, VII)



Gli esempi in quest’ opera ed in altre si potrebbero moltiplicare. Ne faccio un altro particolarmente significativo, tratto dal Giudizio delle Vocali. In quest’opera deliziosa la lettera sigma si lamenta ad un tribunale di lettere perché la tau l’ha cacciata arrogantemente da alcune parole. Ai grecisti sarà inutile ricordare che nel diletto attico nella fase più antica è frequente lo scambio tra doppio sigma e doppio tau, così che mare non si dice “θάλασσα” ma “θάλαττα”. Vediamo dunque il lamento della povera sigma, la quale conclude che la punizione del tau non può che essere, per la pena del contrappasso, l’essere crocifissa a se stessa, cioè ad una croce. Con l’avvertenza che qui essa descrive chiaramente una croce a due braccia, e si usa insieme il verbo ἀνασκολοπίζω, in barba ai teoremi di Barnabino:


“Gli uomini gemono, si affliggono e maledicono spesso lo stesso Cadmo per aver introdotto la lettera tau nella famiglia delle lettere. Essi dicono che è alla sua immagine, che è a imitazione della sua figura che i tiranni hanno fatto intagliare i legni sui quali li mettono in croce (ἀνασκολοπίζειν). È da lei, infatti, che hanno preso il nome sinistro di questa paurosa invenzione*. Ora, per tutti questi fatti, di quale pena la giudicate degna? Quanto a me, io non conosco che un supplizio che possa eguagliare i suoi crimini, che essa sia attaccata alla sua stessa figura, perché è da di lei che gli uomini hanno preso modello per fabbricare la croce, ed è a causa sua che gli uomini l’hanno chiamata così*.” (Il giudizio delle vocali, XII, tr. mia)



* ”E da lei, infatti, che hanno preso il nome sinistro di questa paurosa invenzione”. Questa è un’ulteriore prova di quello che stiamo dicendo. A quanto pare la crocifissione su una croce a due braccia era così diffusa ed ovvia che i greci, decisamente a digiuno di indoeuropeistica comparata, pensavano che la parola sTAUros derivasse la sua etimo dalla lettera tau (T)…

Veniamo ad altri particolari per completare la spiegazione… Appurato che in Luciano ἀνασκολοπίζω non ha nulla a che fare con l’appendere a dei pali, e che dunque l’idea di Βarnabino è priva di ogni fondamento, perché questa parola che nell’etimo ha la il sostantivo σκόλοψ viene usata anche per indicare il verbo “crocifiggere”? Di solito vengono date due spiegazioni. La prima è che questa parola è nata quando, non essendoci ancora i romani, si appendeva effettivamente ai pali, e dunque, quando i romani hanno conquistato il mediterraneo importando il loro supplizio capitale, i greci si siano semplicemente limitati, come nel caso del riuso di σταυρός, ad indicare questo supplizio con un verbo che già usavano, visto che la differenza era poca.
L’altra spiegazione, assai più suggestiva, è che il verbo non indichi tanto il venire appesi ai pali, ma il venir issati su un palo… Nel senso che quel ”ἀνα-” all’inizio del verbo indicherebbe un moto ascensionale tipico della crocifissione. Si veniva infatti inchiodati al patibulum, poi questo veniva issato sullo stipes con un sistema di corde, di cui le fonti fanno menzione (Plinio, Storia Naturale, XXVIII, 4; Auson., Id., VI, 60; Lucan, VI, 543, 547), indicato anche bene nei verbi latini che rimandano all’ascendere sulla croce ferre o tollere in crucem.
In questo senso, si veniva issati su un palo anche se a venire issato su un palo era il patibulum cui il condannato era appeso, e dunque il risultato finale era la croce. Infatti il Montanari, giustamente dice che ἀνασκολοπίζω si usa per il venir issati sui pali, e per le crocifissioni:




“che avesse messo in dubbio la croce romana (de Roma) secondo il mos romanum?

Simon P.S. Ovviamente oltre a Lipsius”



E cosa c’entra il povero Lipsius, che mai s’è sognato di mettere in dubbio come fu crocifisso Cristo? Sulle pubblicazioni dei tdG, artatamente tagliate, forse l’ha messo in dubbio.


"Mi sembra un modo eccellente di tradurre"



Ma come ti permetti tu che non sai nulla di questa lingua di dire ad un grecista come deve tradurre e se può tradurre com'ha fatto? Che arroganza, che presunzione... La tua ironia, dettata dall'ignoranza della materia, è sintomatica del modus opurandi dei TdG dilettanti che affolano la rete parlando di greco. Mettersi a sentenziare di una lingua di cui non si sa nulla. Chi è più arrogante? Chi come il sottoscritto fa notare a chi non sa nulla della disciplina che per parlare di qualcosa bisogna conoscerlo o non è invece più arrogante chi pretende di parlare di una disciplina di cui non sa nulla e si permette di giudicare dei grecisti per come traducono, dicendo castronerie? Ti sarebbe bastato aprire un dizionario, cosa che comunque richiede una certa scienza perché è uno strumento scientifico, per evitarti di sparare corbellerie.

Ad maiora
barnabino
00domenica 20 dicembre 2009 15:03
Caro Polymetis,

Guarda che io non ho mai detto che il fatto che Luciano usi skolops dimostri che Gesù è morto su un palo, dimmi dove lo avrei detto!


nella letteratura greca di questo periodo ἀνασταυρόω ed ἀνασκολοπίζω sono usati come sinonimi, in modo intercambiabile, e troviamo ἀνασκολοπίζω applicato per croci a due braccia



Appunto, sono termini intercambiabili: uno skolops poteva avere due braccia così come uno stauros poteva essere un palo. Questa libertà linguistica mi pare indicativa rispetto alla libertà con cui poteva essere eseguita una crocifissione e alla forma che poteva assumere lo stauros/skolops. Se perfino essere incatenati ad una roccia era una crocifissione mi chiedo perché escludere un più semplice palo, significato primario di skolops...


Che dire dunque, questo brano mostra forse che per Celso Cristo fu messo al palo?



Celso a dire il vero parla di tympanon e lo usa come sinonimo di stauros, è Luciano che parla di skolops.


Ma come ti permetti tu che non sai nulla di questa lingua di dire ad un grecista come deve tradurre e se può tradurre com'ha fatto?



Ovviamente nessuno critica gli altri, sorge solo il dubbio: se qui non si fosse parlato di Cristo, come sarebbe stato tradotto skolops?

Shalom




Polymetis
00domenica 20 dicembre 2009 15:50

Celso a dire il vero parla di tympanon e lo usa come sinonimo di stauros, è Luciano che parla di skolops.



"Celso" ovviamente è un refuso, un errore di distrazione, visto che aveva appena citato un brano dalla Morte di Peregrino di Luciano e ho scritto: "Che dire dunque, questo brano mostra forse che per Celso Cristo fu messo al palo?". Al posto di Celso va Luciano, stavo parlando di lui. L'ho appena corretto, grazie della segnalazione.


"Guarda che io non ho mai detto che il fatto che Luciano usi skolops dimostri che Gesù è morto su un palo, dimmi dove lo avrei detto! "



Ma non lo usa neppure (è usato un verbo composto, non il sostantivo), e se lo usasse, non dimostrerebbe nulla. La tua frase è stata: "Lo sapevate che sia Celso che Luciano (nel II secolo) si riferiscono alla stauros su cui morì Cristo con termini che identificavano strumenti paliformi come tympanon e skolops? Strano, non è vero, se lo stauros aveva certamente forma di "croce"."

Il tuo teorema è chiaro, tant'è vero che scrivi, sbagliando clamorosamente, che questi autori utilizzerebbero "termini che evocavano chiaramente dei pali verticali"... E tutti t'hanno capito benissimo, Felix e Simon si sono messi a riderci sopra e a dire che evidentemente Luciano faceva parte di una congiura anticattolica visto che, basandosi sulle tue erronee informazioni, erano convinto che identificasse la croce di Cristo con un palo...
Luciano e Celso indentificherebbero lo strumento della morte di Cristo con un palo, e dunque sarebbero una voce fuori dal consensus universale che parla di croci. In realtà non è così. Oltre al fatto che costoro di cristianesimo non sapevano nulla, e se ne avessero saputo qualora viene da chiedersi perché, se anche ex hypothesi parlassero di pali, tu prenda per buona quest'informazione e non invece quella dove Celso ad esempio scrive che "(Gesù) spinto dalla miseria andò in Egitto a lavorare, ed avendo quindi appreso alcune di quelle discipline occulte per cui gli Egizi son celebri, tornò dai suoi tutto fiero per le arti apprese, e si proclamò da solo Dio a motivo di esse” (Contra Celsum, I, 28).
Oddio, abbiamo la prova che Cristo si proclamò Dio quand'era in vita.... E qui abbiamo pure, oltre alla conferma del dogma cattolico, la verifica della tesi sul Gesù mago di Smith Morton.... [SM=x1408403] Suonate le trombe, Celso è diventata una fonte più affidabile dei padri della Chiesa coevi per discutere la vita di Cristo, l'ha decretato un TdG dilettante nel suo folle tentativo di difendere l'indifendibile teorema dei suoi capi newyorkesi dilettanti come lui...


Questa libertà linguistica mi pare indicativa rispetto alla libertà con cui poteva essere eseguita una crocifissione e alla forma che poteva assumere lo stauros/skolops



Non è indicativo di un bel niente, se non del fatto, come ripeto, che il supplizio della messa al palo, e dunque il conio di questa parola, è più antico dell'epoca in cui i romani introdusser la crocifissione, e dunque i greci riutilizzarono le loro vecchie parole, usate per significare l'appendere al palo, per indicare il supplizio della crocifissione, che i romani eseguivano con un rituale usuale, e che non ha mai attestato da nessuna parte l'inesistente trasporto di uno stipes.


Se perfino essere incatenati ad una roccia era una crocifissione



Se leggi il testo dice che non usano solo catene ma lo inchiodano anche, e poi si dà una croce unicamente perché è disposto a forma di croce tra le rocce, tutto qui.


“Ovviamente nessuno critica gli altri”



Ma davvero? E scrivere ironicamente, dall’alto dell’ironia della propria ignoranza “Mi sembra un modo eccellente di tradurre!”, che cosa sarebbe se non criticare?


” sorge solo il dubbio: se qui non si fosse parlato di Cristo, come sarebbe stato tradotto skolops?”



La lessicologia contestuale proprio non vi entra...
Andrebbe tradotto con croce o palo a seconda dell’epoca a cui afferisca il termine. Siccome si parla di un personaggio vissuto in epoca romana, se fosse stato un altro personaggio come Gesù vissuto sempre in epoca romana, sarebbe stato da tradurre con croce.

Ad maiora

(Gladio)
00domenica 20 dicembre 2009 18:13
Evvai è tornato il POLYYYYYYYYYYYY [SM=g1876480]
admintdg2
00domenica 20 dicembre 2009 18:37
Re:
Polymetis, 20/12/2009 15.50:


Suonate le trombe, Celso è diventata una fonte più affidabile dei padri della Chiesa



Non ci vuole mica molto per diventare una fonte più affidabile dei tuoi Padri della Chiesa, sai.
Con tutto quello che vi hanno insegnato a credere...................
[SM=g1871110]
barnabino
00domenica 20 dicembre 2009 18:38
Caro Polymetis,


Il tuo teorema è chiaro, tant'è vero che scrivi, sbagliando clamorosamente, che questi autori utilizzerebbero "termini che evocavano chiaramente dei pali verticali"...



Io non ho esposto nessun teorema, ho solo scritto che l'uso di questi verbi evocano degli strumenti paliformi e la cosa è piuttosto strana se lo stauros evocava con tanta certezza uno strumento cruciforme...


Luciano e Celso indentificherebbero lo strumento della morte di Cristo con un palo...



Non ho detto questo è non ti pemetto di attribuirmi ipotesi che non ho mai fatto. Ho solo osservato che scrittori più liberi da influenze patristiche, che potrebbero aver cominciato ad usare stauros con un valore teologico, sono molto liberi nel riferirsi alla crocifissione, libertà che evidentemente riflette anche l'estrema libertà rispetto al metodo utilizzato. I padri sono molto più attenti ad usare la parola stauros, come se questa avesse ormai assunto un significato "tecnico" in un certo ambito cristiano.


Oltre al fatto che costoro di cristianesimo non sapevano nulla



Appunto, può darci un segnale di quanto fosse "diffusa" l'idea che lo stauros di Cristo fosse necessariamente una oggetto cruciforme.


i greci riutilizzarono le loro vecchie parole, usate per significare l'appendere al palo, per indicare il supplizio della crocifissione



Questo se partiamo dal "dogma" che esistesse un unico e invariabile metodo di crocifissione, ma non abbiamo alcuna certezza di questo. E' questo il problema, tu parti dalla presunzione (che non abbiamo da nessuna fonte) che esistesse un solo modo di crocifiggere ed in base a questa leggi qualunque parola. E comunque, di nuovo, abbiamo un uso di termini che di per sé non permettono di dedurre alcuna forma a "croce".


Se leggi il testo dice che non usano solo catene ma lo inchiodano anche, e poi si dà una croce unicamente perché è disposto a forma di croce tra le rocce, tutto qui



Dunque mi pare che la differenza non la faccia né lo stipes, né il patibulum o la posizione precisa delle braccia, ma l'essere "appeso inchiodato".


Andrebbe tradotto con croce o palo a seconda dell’epoca a cui afferisca il termine



Infatti, mi chiedo se in uno scritto della stessa epoca, dove non si parla di Cristo, si sarebbe tradotto nello stesso modo...

Shalom


Polymetis
00domenica 20 dicembre 2009 19:50
Per Admintdg2

"Non ci vuole mica molto per diventare una fonte più affidabile dei tuoi Padri della Chiesa, sai.
Con tutto quello che vi hanno insegnato a credere................"



Ci hanno insegnato a credere tutto, compreso il loro canone del NT che tu ancora usi e che è frutto del loro dibattito interno...
E poi: Celso più affidabile dei Padri della Chiesa? Quale Padre della Chiesa scriverebbe cose di questo genere sulla nascita verginale di Gesù:

"La madre di Gesù, scacciata dall’artigiano che l’aveva maritata, accusata di adulterio, era stata messa incinta da un certo soldato di nome Panthera” (Contra Celsum, I, 32)

E quanto agli apostoli e alla missione di Gesù:

“Gesù raccolse attorno a sé dieci o undici uomini sciagurati, i peggiori dei pubblicani e dei marinai, e con loro se la svignava qua e là, vergognosamente e sordidamente raccattando provviste” (Contra Celsum, I, 62)

Celso non poteva attingere alla Traditio apostolica, che i cristiani si tramandavano di successore in successore degli apostoli, come Ireneo testimonia, ed infatti di cristianesimo non capisce una mazza. Viene da chiedersi come sia possibile che i Padri della Chiesa, tutti concordi, vengano rifiutati come fonte perché non coevi alla crocifissione, come se avessero potuto in tutto l'impero dimenticarsi com'era morto il loro messia, mentre un pagano del II secolo sarebbe rilevante...

Per Barnaba



“Io non ho esposto nessun teorema, ho solo scritto che l'uso di questi verbi evocano degli strumenti paliformi “


Come già spiegato, non è così. Il verbo nell’autore che stiamo analizzando è usato chiaramente per indicare l’essere crocifissi, questo perché come spiegato di per sé etimologicamente rimanda all’essere fatti ascendere su un palo, un tipo di costrutto che andava benissimo anche nel caso di crocifissioni dove il condannato era fatto ascendere sul palo legato al patibulum. Anzi, se proprio vogliamo fare una ricognizione semantica, in tutti i casi che ho presentato in cui Luciano utilizza questo verbo, come nel caso di Prometeo o della crocifissione della tau, si riferisce ad una crocifissione su una croce a due braccia, ergo la tua argomentazione non significa un emerito nulla.


"Non ho detto questo è non ti pemetto di attribuirmi ipotesi che non ho mai fatto."



Q Questa è la mia frase che a tuo avviso ti attribuirebbe teorie non tue: "Luciano e Celso indentificherebbero lo strumento della morte di Cristo con un palo, e dunque sarebbero una voce fuori dal consensus universale che parla di croci." Questo è quello che hai scritto: "Lo sapevate che sia Celso che Luciano (nel II secolo) si riferiscono alla stauros su cui mprì Cristo con termini che identificavano strumenti paliformi". O ancora: "come mai questi scrittori, del tutto estranei alla teologia dei Padri, utilizzassero tranquillamente termini che evocavano chiaramente dei pali verticali se era così pacifico e diffusa l'idea che lo stauros su cui morì Cristo era una "croce"? "

Scusa, ma pensi che continuando a negare di aver scritto quello che hai scritto la gente ti crederà? O pensi che la gente non sappia l'italiano. Certo hanno capito anche Simon e Felix, che infatti si sono messi a dire che un rispettabile grecista, che avava tradotto anaskolopizo con crocifiggere, stava sbagliando a tradurre... Ergo non t'ho attribuito nulla che tu non avessi detto. A proposito, ho ancora due warning che non mi sono stati tolti, e aspetto ancora le tue scuse per quegli incresciosi episodi dove hai osato assegnarmeli. COsa aspetti a toglierli?


“Ho solo osservato che scrittori più liberi da influenze patristiche, che potrebbero aver cominciato ad usare stauros con un valore teologico”



Bla, bla, bla… Ritorna la teoria della cospirazione mondiale pan-ecumenica dei Padri della Chiesa, che si sarebbero tutti dimenticati che Cristo fu messo ad un palo e per motivi teologici (quali?), si sarebbero messi a dire che è morto su una croce… In realtà nulla nei testi dei Padri permette di dire una cosa simile… Sono essi stessi a dire che è a motivo della forma della croce che ricercano nel mondo naturale simboli basati sul quella forma. La forma a croce è il presupposto del ragionamento, non la fine di un processo di elaborazione simbolica.


“sono molto liberi nel riferirsi alla crocifissione, libertà che evidentemente riflette anche l'estrema libertà rispetto al metodo utilizzato”



Ma liberi in cosa? Ma per favore. Nessuno di questi due autori parla di gente messa al palo, e se anche ne parlassero, viene da chiedersi come tu possa pretendere che questa gente, che di cristianesimo non sapevano NULLA, ne sappia di più su Gesù Cristo delle fonti cristiane.


“I padri sono molto più attenti ad usare la parola stauros, come se questa avesse ormai assunti un significato "tecnico".”



Attenti in che senso? La croce è sin dal tempo del NT il simbolo del cristianesimo, Paolo infatti dice di predicare la croce e di vantarsi di essa. Ma ciò non ha nulla a che fare con quello che dicono tutti gli autori sulla sua forma.


“Questo se partiamo dal "dogma" che esistesse un unico e invariabile metodo di crocifissione, ma non abbiamo alcuna certezza di questo.”



Il dogma è solo vostro e delle vostre riviste. Noi ci limitiamo a dire cosa prevedere il mos romanorum, non abbiamo mai preteso che fosse applicato in modo invariante, il punto è che, se è vero che data una regola ci sono delle eccezioni, non si vede proprio perché in questo caso ci sarebbe dovuta essere stata un’eccezione, visto che nessun motivo ci porta a postularlo. Vale cioè a dire che, dinnanzi al dubbio, si deve tradurre come il mos romanorum prevedeva, fino a motivi o indizi contrari, che la WTS ovviamente non s’è mai sognata di fornirci perché era troppo impegnata a farneticare che l’idea che Cristo sia morto un croce risalirebbe a 300 anni dopo la morte di Cristo e stauros non vorrebbe dire croce. Inoltre, non esiste alcuna attestazione di un trasporto del palo verticali.


“E' questo il problema, tu parti dalla presunzione (che non abbiamo da nessuna fonte) che esistesse un solo modo di crocifiggere”



Il tuo modo di argomentare si chiama “uomo di paglia”, consiste nell’attribuire all’avversario argomentazioni non sue, e più deboli, al fine di poi poterle confutare. Io, siccome non sono Dio, e non so cosa sia avvenuto in tutte le crocifissioni della storia, non ho detto che non possa esistere altro che la croce o che i romani abbiano sempre fatto così, ho detto che dalle fonti superstiti si evince un uso generale, e non si vede in base a cosa in questo caso le cose sarebbero andate diversamente. Visto che sono i tdG a voler portare una novità, a rompere a metà pianete dicendo che “il peso dell’evidenza” mostrerebbe che Cristo sia morto su un palo, vorrei vedere su cosa si basi quest’affermazione. La tua strategia, a differenza di quella della WTS, è puramente difensiva. Invece di affermare che Cristo sia morto su un palo, ti limiti ad affermare che non esista una sicurezza al 100% che sia morto su una croce. Stai trasformando cioè i tuoi avversari in dogmatici, e tu in quello che dice semplicemente che non v’è certezza… Ma il fatto che non vi sia certezza della croce al 100%, rende forse il palo più probabile della croce come sostiene Ragioniamo? Per nulla. Quando si dice che non c’è certezza della croce, vista la massiccia testimonianza antica dei cristiani, sia patristica che iconografica sia paleografica, accompagnata dal concorde mos romanorum, si intende dire per l’appunto che al 99,9% Cristo sia morto su una croce. E tu vuoi continuare a replicarci che non c’è la prova che crocifiggessero sempre? Ma visto che tutti gli strumenti di consultazione, leggendo concordemente le fonti antiche, sono concordi nel dire che generalmente era così, in base a che cosa potremmo arguire che questa volta le cose siano andate in modo diverso? Sono stanco di sentire Barnabino che invece di comportarsi da TdG, invece di fare come Ragioniamo che sostiene che probabilmente Cristo sia morto su un palo, si limita a dire che non c’è certezza che sia morto su una croce. E da dove viene allora l’idea che la messa al palo sia più probabile? Perché se così non è, la traduzione dei tdG è decontestualizzata, nonché pretestuosa, un ennesimo ridicolo pretesto per poter sconvolgere gli ingenui che vi ascoltano, dicendo loro, tramite favole comparativistiche ottocentesche, che la croce è stata copiata dal paganesimo e che Cristo è morto su un palo…


“Dunque mi pare che la differenza non la faccia né lo stipes, né il patibulum o la posizione precisa delle braccia, ma l'essere "appeso inchiodato".”



Ma cosa c’entrano i chiodi? Cos’è una nuova tesi? Vuoi dire alla WTS che stauros non indica più i pali ma l’essere inchiodati, purché ciò avvenga da qualche parte? Ma per favore… Qui non ci sono né pali né croci di legno, Prometeo è detto crocifisso perché è appeso ad un monte a braccia divaricate, e lo stesso uso del verbo anaskolpizo è infatti attestato in relazione alla crocifissione della tau, dove di chiodi non si parla, e si dice esplicitamente, addirittura, che la parola stauros deriverebbe da tau per via della forma… Questo è il concetto di stauros per l’autore…
CI troviamo dinnanzi uno scritto polemico di Luciano contro la religione olimpica, dove vengono messi in scena Hermes ed Efesto che inchiodano Prometeo a due rocce facendogli divaricare le braccia. Il fatto che questo supplizio assomiglia alla forma di un tau, di una croce, gli fa dire che è uno stauros. Il brano infatti può essere letto tranquillamente sostituendo stauros con croce, si capisce benissimo la metafora, e cioè che Prometeo è come crocifisso su una croce in quanto messo in quella posizione.
admintdg2
00domenica 20 dicembre 2009 20:10
Re:
Polymetis, 20/12/2009 19.50:


Per Admintdg2

"Non ci vuole mica molto per diventare una fonte più affidabile dei tuoi Padri della Chiesa, sai.
Con tutto quello che vi hanno insegnato a credere................"



Ci hanno insegnato a credere tutto, compreso il loro canone del NT che tu ancora usi e che è frutto del loro dibattito interno...



E' in quel "tutto" che vi troviamo anche cose che non facevano parte di quel Canone del NT, ma sono solo frutto del loro dibattito interno.
barnabino
00domenica 20 dicembre 2009 20:22
Caro Polymetis,


Il verbo nell’autore che stiamo analizzando è usato chiaramente per indicare l’essere crocifissi, questo perché come spiegato di per sé etimologicamente rimanda all’essere fatti ascendere su un palo, un tipo di costrutto che andava benissimo anche nel caso di crocifissioni



Dunque mi pare di capire che la condizione necessaria e sufficente per fare di un patibolo uno stauros non era l'uso di patibulum accessorio, ma lo stipes. Come poi il condannato vi venisse inchiodato (se direttamente allo stipes, se ad un patibulum si forma variabile o ancora in modo diverso, incatenato) non muta il senso della parola.


dove il condannato era fatto ascendere sul palo legato al patibulum



Questo poteva avvenire, ma è una condizione accessoria, non è questo a caratterizzare lo stauros ma il palo a cui si appendeva il condannato.


Scusa, ma pensi che continuando a negare di aver scritto quello che hai scritto la gente ti crederà?



Non capisco chi meglio di me potrebbe puntualizzare il significato di quello che ho scritto... siamo al delirio! [SM=g27994]


Ritorna la teoria della cospirazione mondiale pan-ecumenica dei Padri della Chiesa



Non si tratta certo di una "cospirazione", e non vedo chi abbia parlato di cospirazione, devi proprio essere a corto di argomenti per attaccarci su questo piano. Io dico solo che a partire dal II secolo il termine "stauros" cominciò, come tanti altri, ad assumere un valore teologico che trascendeva da quello storico.

Non è possibile dire, dunque, quanto la preferenza attribuita ad una certa forma dipenda da riminiscenze storiche o semplicemente dalla rielaborazione in chiave teologica di un simbolo di salvezza, che poteva in qualche modo essere associato a generiche crocifissioni.


Ma liberi in cosa? Ma per favore. Nessuno di questi due autori parla di gente messa al palo,



Non mi pare, tranne in Luciano dove parla dello stauros come T, lo stauros e lo skolops indicano anche un palo, non sappiamo in che senso lo usano gli autori quando non specificano, non possiamo presumere nessuna forma solo perché in un altro testo parlano di quella forma.

Si poteva essere crocifissi ad una roccia, e che le braccia fossero aperte o meno restava una crocifissione. Si era appesi con dei chiodi e lasciati morire.


La croce è sin dal tempo del NT il simbolo del cristianesimo,



Ma senza alcun interesse per la forma, interesse che compare nel II secolo in base a letture di tipo allegorico, simbolico etranee al NT.


Il dogma è solo vostro e delle vostre riviste. Noi ci limitiamo a dire cosa prevedere il mos romanorum,



Noi invece ci basiamo sui dettagli del NT, sull'incertezza rispetto alle tecniche di mettere al palo (perché anche con un patibulum si metteva al "palo") e la necessità e sufficienza del palo a escrivere i termini greci.

Sono due punti di vista, ma entrambi vedo dogmatici, certo voi sembrate non poter fare a meno della forma della croce, per noi, invece, la sua forma è indifferente.

Shalom (mi aspetta polenta e funghi con Montepulciano d'Abruzzo Feredo)


(SimonLeBon)
00domenica 20 dicembre 2009 22:58
Re:
Polymetis, 12/20/2009 2:34 PM:

Per Simon e Barnabino

...


“che avesse messo in dubbio la croce romana (de Roma) secondo il mos romanum?

Simon P.S. Ovviamente oltre a Lipsius”



E cosa c’entra il povero Lipsius, che mai s’è sognato di mettere in dubbio come fu crocifisso Cristo? Sulle pubblicazioni dei tdG, artatamente tagliate, forse l’ha messo in dubbio.


"Mi sembra un modo eccellente di tradurre"



Ma come ti permetti tu che non sai nulla di questa lingua di dire ad un grecista come deve tradurre e se può tradurre com'ha fatto? Che arroganza, che presunzione... La tua ironia, dettata dall'ignoranza della materia, è sintomatica del modus opurandi dei TdG dilettanti che affolano la rete parlando di greco. Mettersi a sentenziare di una lingua di cui non si sa nulla. Chi è più arrogante? Chi come il sottoscritto fa notare a chi non sa nulla della disciplina che per parlare di qualcosa bisogna conoscerlo o non è invece più arrogante chi pretende di parlare di una disciplina di cui non sa nulla e si permette di giudicare dei grecisti per come traducono, dicendo castronerie? Ti sarebbe bastato aprire un dizionario, cosa che comunque richiede una certa scienza perché è uno strumento scientifico, per evitarti di sparare corbellerie.

Ad maiora



Sentimi un attimo, signor bauscia, re del "cut & paste" io i miei post li scrivo da me stesso, non li vado a copia/incollare dai siti anti-tdG come fai tu.

Se avessi letto quello che ho scritto, cosa di cui dubito fortemente, avresti notato che ho unicamente parlato di Celso, mentre tu hai copia/incollato un km di post preconfezionati su Luciano per i citrulli che ti stanno pure a leggere.

Adesso capisco ancora meglio perchè nessuno ha mai parlato del palo, correggimi se sbaglio.

Se avessero scritto:

1. skolops
2. stauros
3. xylon
4. stecchetto dei denti

piu' tutti i relativi verbi, avrebbero comunque ed in ogni caso voluto dire "croce a due bracci".

Ergo, dimmi ora tu, cosa avrebbero dovuto scrivere se fosse stato un "palo"?

Simon
(SimonLeBon)
00domenica 20 dicembre 2009 23:05
Re:
p.s. (non posso editare il mio post)

SimonLeBon:

“che avesse messo in dubbio la croce romana (de Roma) secondo il mos romanum?

Simon P.S. Ovviamente oltre a Lipsius”



Poly(metiσ:

E cosa c’entra il povero Lipsius, che mai s’è sognato di mettere in dubbio come fu crocifisso Cristo? Sulle pubblicazioni dei tdG, artatamente tagliate, forse l’ha messo in dubbio.



Stasera sei cosi' "fuori" che non ti riescono nemmeno i cut&paste!
Non ho mai scritto quello che tu comunque mi contesti, unicamente per puro spirito di contestazione. [SM=x1408425]
Come diceva un tal Ghedini "ma va là, va là, va là".

Simon
barnabino
00domenica 20 dicembre 2009 23:10
Caro Simon,


Ergo, dimmi ora tu, cosa avrebbero dovuto scrivere se fosse stato un "palo"?



La tesi, mi pare di capire, è che nessuno potrebbe aver scritto "palo", perchè non esisteva più alcuna esecuzione sul palo, in nessuna parte dell'impero romano, poiché il mos romanorum avrebbe richiesto l'esecuzione su una croce rigorosamente a T.

Dunque anche Celso quando parla di tympanon (II,36; VIII,54) o meglio apotympanizei certamente aveva in mente una croce, cioè un palo a cui era attaccato, comunque e sempre, un patibulum, elemento che sembra diventare caratterizzante della corcifissione romana. Senza patibulum non c'è esecuzione, senza asse trasversale non c' quello orizzantale. Questa mi pare la tesi di chi difende ad oltranza la forma di croce.

Shalom

Polymetis
00lunedì 21 dicembre 2009 01:06
Per Barnabino


“Dunque mi pare di capire che la condizione necessaria e sufficente per fare di un patibolo uno stauros non era l'uso di patibulum accessorio, ma lo stipes. Come poi il condannato vi venisse inchiodato (se direttamente allo stipes, se ad un patibulum si forma variabile o ancora in modo diverso, incatenato) non muta il senso della parola.”



La mia spiegazione del verbo anaskolopizo non c’entra nulla con quello che hai scritto, ho solo spiegato perché, anche a livello di etimologia, i greci non si fecero problemi ad usare questo verbo, che pure è un composto di skolps, per parlare di croci, e cioè che il verbo etimologicamente rimanda semplicemente ad un ascendere su un palo, non al venirci inchiodati, ergo si prestava benissimo anche a descrivere crocifissioni fatte facendo ascendere un patibolum cui era legato un condannato. Di quale sia la condizione sufficiente e necessaria per poter parlare di uno stauros non ho minimamente parlato, ergo non dire che t’è parso di capire dalle mie parole una cosa che non ho mai detto, ho solo spiegato il perché il riutilizzo di un verbo è stato possibile. Come vada tradotto di volta in volta, ovviamente prescinde dal significato che poteva avere in fase originaria, dipende dal contesto storico che si sta indagando.


“Questo poteva avvenire, ma è una condizione accessoria, non è questo a caratterizzare lo stauros ma il palo a cui si appendeva il condannato.”



Più parli e più si vede che non sei abituato a tradurre dalle lingue antiche, perché i tuoi ragionamenti non hanno la benché minima utilità o sensatezza nel campo delle traduzioni. Quando si deve stabilire come tradurre un termine ambiguo, non si prendono i significati attestati in tutte le epoche facendo il minimo comune denominatore tra tutti i significati, si traduce col termine più probabile per quel contesto. Sarebbe come se nel quarantesimo secolo un uomo trovasse un testo del 2009 con scritto “Massimo andava con la sua macchina in ufficio”. Cosa deve fare questo traduttore per sapere di che cosa si sta parlando? Se andiamo sui nostri dizionari e sui libri di fisica scopriamo che il termine macchina non si riferisce semplicemente alle automobili, ma a qualunque “complesso di elementi fissi e mobili, vincolati tra loro ci nematicamente, tale che almeno uno degli elementi essenziali sia soggetto a moto, per cui si abbia lavoro, trasformazione di energia, potenza, rendimento.” (Dizionario Zingarelli)
Un carro od una puleggia sono una macchina quanto l’automobile. Ora, questo ricercatore del quarantesimo secolo, che segue le tue orme, se ne infischierebbe del fatto che tutte le fonti sull’argomenti dicono che gli uomini del XXI secolo andavano al lavoro in automobile, perché lui non ne ha la certezza, potrebbe essere uno di quegli amish di cui parlano alcune fonti e dunque qualcuno che andava al lavoro con un carro tirato da cavalli… Dunque, nel dubbio, traduce con “carro”, perché è un significato più antico tra quelli che possono afferire al termine macchina, e poi si mette a scrivere una pubblicazione svelando a tutto il mondo accademico: “Ho scoperto che Mauro andava al lavoro su un carro e non su un’automobile come tutti avevate sempre pensato!”.
Cosa gli risponderebbe il mondo accademico del quarantesimo secolo? Che non c’è alcun bisogno di andare a pescare le eccezioni, perché generalmente gli uomini del XXI secolo andavano al lavoro in auto, e dunque, fino a indizi contro questa tesi, non c’è alcun bisogno di rifarsi a fenomeni statisticamente irrilevanti. Ma soprattutto che non ha nessun senso stabilire come occorre tradurre un termine facendo un minimo comune denominatore coi significati di tutti le epoche qualora si voglia stabilire come sia meglio tradurre il termine macchina in quel contesto nel XXI secolo, perché basta rifarsi a criteri frequenziali sulla pratica di andare al lavoro. E inoltre gli direbbero che, il fatto che non ci sia la prova al 100% che sia andato in automobile, non lo autorizza certo a scrivere che ha scoperto che Massimo è andato su un carro solo perché è un significato più antico del termine. Infatti, che cosa diavolo c’entra qual è il minimo comune denominatore del termine in venti secoli di lingua col fatto di dover stabilire qual è la traduzione più probabile in quel contesto ed in quel periodo? E soprattutto, su che base può dire, solo per il fatto che non c’è certezza che fosse un’automobile, e che il significato base della parola “macchina” non implica un motore, che allora la traduzione di chi rende con “automobile” è sbagliata? Manca un punto nella tua difesa, e l’ho già detto: la WTS non si limita a dire che non si può dimostrare che la traduzione palo è sbagliata, non gioca cioè in difesa, vuole invece affermare che la traduzione palo sia la più probabile, anzi quella giusta, e che croce è errato. Ma su che base si può dire una scempiaggine simile?


“Non capisco chi meglio di me potrebbe puntualizzare il significato di quello che ho scritto... siamo al delirio”


Nessuno, a meno che non sia tu stesso quello si vuole rimangiare quello che ha detto, errando.


“Non si tratta certo di una "cospirazione", e non vedo chi abbia parlato di cospirazione, devi proprio essere a corto di argomenti per attaccarci su questo piano. Io dico solo che a partire dal II secolo il termine "stauros" cominciò, come tanti altri, ad assumere un valore teologico che trascendeva da quello storico.”



Già nel Nuovo Testamento la croce è simbolo di salvezza è trascende la mera fatticità dello strumento su cui morì Cristo.

“Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio.” (1Cor 1,17-18)

“Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.” (Gal 6, 12-14)

“Perché molti, ve l'ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo” (Fil. 3,18)

Qui come si vede la croce non è più il mero pezzo di legno, ma incarna Cristo stesso ed il cristianesimo, il riscatto operato dal messia.


“Non è possibile dire, dunque, quanto la preferenza attribuita ad una certa forma dipenda da riminiscenze storiche o semplicemente dalla rielaborazione in chiave teologica di un simbolo di salvezza, che poteva in qualche modo essere associato a generiche crocifissioni.”



Come già spiegato, dire che questi padri fanno del simbolismo, non risponde a nulla, perché non spiega perché tutti simboleggino a partire da croci e non da pali. Sono loro stessi a dire che si rifanno alla FORMA della croce per cercare nella natura ciò che le assomiglia. Ma il fatto che facciano questo lavoro, non toglie in nulla la partenza, cioè che tutti cercano dei simboli a partire da una croce. Come mai nessuno cerca simboli a partire da un palo? Per la legge dei grandi numeri, se davvero fosse casuale e non legato alla realtà storica della croce il loro simbolismo, allora dovremmo trovare ugualmente distribuiti padri che simboleggiano a partire da forme paliformi e padri che simboleggiano a partire da forme cruciformi, e invece non è così: il palo non esiste… E perché poi? Se i romani avessero con uguale frequenza messo su croci e pali, perché a nessuno è venuto in mente che Cristo potesse essere stato messo su un palo e la parola stauros è sempre legata ad oggetti della natura cruciformi? La spiegazione com’ho già detto, e come ripetono tutte le opere di consultazione, è che il mos romanorum, che quegli uomini hanno riconosciuto nei Vangeli perché essi stessi lo vedevano, non prevedeva mai il trasporto di uno stipes, il piantarlo a terra, ed il venire appesi ad esso, ma il trasporto del patibulum. Indipendentemente dal fatto che i romani possano a volte aver appeso a dei pali, questo non ha nulla a che fare col fatto che non esiste una fonte che attesti che sia mai esistito un trasporto dello stipes. Questo non è cioè un semplice appendere al palo (che, qualora fosse avvenuto, non veniva trascinato), ma per l’appunto il rituale della crocifissione.
Se tutti i Padri simboleggiano a partire della croce è perché loro, che coi romani ci vivevano e a cui non avete nulla da insegnare, sapevano come i romani lavoravano, sapevano leggere un testo scritto nella loro lingua madre, e a nessuno di loro è mai venuto in mente qualcosa di simile alle vostre affabulazioni.


“Ma senza alcun interesse per la forma, interesse che compare nel II secolo in base a letture di tipo allegorico, simbolico etranee al NT.”



Il fatto che siano interessati alla forma non spiega perché siano interessati ad una forma di croce. Erano interessati alla forma a partire dal II secolo? E allora? Non è una forma anche un palo? Fosse stato messo al palo, avremmo avuto indagini mistiche e voli pindarici a partire dalla forma del palo… tutto qui. Perché tutti quelli interessati alla forma si danno ad indagare la presenza di forme crociformi?
E non mi tirare fuori coma la WTS la storiella delle contaminazioni dalle croci pagane… Quelle chiacchiere non sono per gente serie, e, tra parentesi, il palo è un simbolo molto più pagano della croce e che si prestava in egual misura, se non in misura maggiore, ad ogni tipo di simbolismo. Robe di ogni genere, esempio inventato: “Ah, il palo di Cristo, ha quella forma perché Cristo è come la colonna dell’universo, che tutto regge come fanno le colonne portanti di un tempio….”



“Non mi pare, tranne in Luciano dove parla dello stauros come T, lo stauros e lo skolops indicano anche un palo, non sappiamo in che senso lo usano gli autori quando non specificano, non possiamo presumere nessuna forma solo perché in un altro testo parlano di quella forma.”



Pregasi di non fare giochi di prestigio. Come dicevo sopra, esattamente come per la questione dello stauros in generale, batti in ritirata e non argomenti come la WTS, invece di dimostrare che la tua tesi è vera, ti limiti con ipotesi ad hoc a tentare di mostare che gli altri, che hanno maggiori prove dalla loro parte, non possono dimostrare che la tua tesi è falsa! Gran bel risultato… Il fatto che non si possa dimostrare che è falsa non porta alcuna acqua al tuo mulino, giacché il fatto che il tuo interlocutore non possa dimostrare perché sarebbe al 100% falsa, non ci dice nulla sul perché quest’ipotesi sarebbe da preferirsi. “Non impossibile” non vuol dire “probabile”, o “da scegliersi”.
E comunque, come dicevo, in questo caso ho semplicemente mostrato l’erroneità della tua argomentazione. Tu infatti eri partito sostenendo, e tutti i tuoi amici ti sono venuti dietro, affermando che i termini usati in questi due autori sarebbero solamente con significato paliforme, e ne volevi fare una prova a favore della tua teoria. Avevi scritto infatti: “la riflessione è come mai questi scrittori utilizzassero tranquillamente termini che evocavano chiaramente dei pali verticali se era così pacifico e diffusa l'idea che lo stauros su cui morì Cristo era una "croce".”
Al che io mi sono limitato a risponderti che, proprio nel periodo e negli autori in questione, è tutto l’inverso, cioè i termini sono usati per designare crocifissioni. Al che tu adesso cambi strategia, e scrivi:
“Non mi pare, tranne in Luciano dove parla dello stauros come T, lo stauros e lo skolops indicano anche un palo”… che gioco di prestigio…. Dopo che la tua tesi, nella quale affermavi che i due autori chiamavano lo strumento di morte di Cristo con parole che evocavano chiaramente dei pali è stata confutata, adesso sei passato ad altro, e cioè a dirmi che i termini possono significare anche “pali”…
Ma non c’è alcuna ragione di tradurli così, né in Celso né in Luciano, e non solo perché una verifica frequenziale ci mostra che quel termine Luciano lo usa chiaramente in altre due occasioni per delle croci (la tau e Prometeo), ma perché già il solo fatto che siamo in contesto romano ci dice qual è la migliore traduzione di questi termini…


“Si poteva essere crocifissi ad una roccia, e che le braccia fossero aperte o meno restava una crocifissione.”



Il punto è che, in questo caso, abbiamo un supplizio definito crocifissione, e definito tale proprio in relazione alla divaricazione delle braccia: “Su questo precipizio potrà esser crocifisso: stenderà una mano a questa rupe, ed un'altra a questa dirimpetto.” Luciano usa sia anastauroo e stauros sia anaskolopizo per riferirsi a quest’esecuzione, era tutto quello che volevo far notare contro la tua tesi della “chiarezza” di anaskolopizo.


“Noi invece ci basiamo sui dettagli del NT”



Qualsiasi testo va sempre letto nella lingua in cui è stato scritto, e confrontato con la letteratura coeva per sapere di che cosa stia parlando. Questa è una crocifissione, che come abbiamo detto è una pratica usuale. Non è invece attestato da nessuna parte che i romani abbiano fatto trasportare il palo verticale al condannato e poi abbiano perso del tempo a piantarlo in profondità (non erano scemi infatti, ma gli uomini più pragmatici dell’universo).
E poi, dei dettagli nel NT ci sono, e sono pro-croce, non pro palo. Certo, indizi, ma che si vanno ad unire al quadro d’insieme, allo sfondo (mos romanorum e testimonianza cristiana antica), che già di per sé sarebbe stato sufficiente a determinare come tradurre.


“sull'incertezza rispetto alle tecniche di mettere al palo”



Se c’è l’incertezza, si sceglie l’ipotesi più probabile in un contesto, non un fantomatico minimo comune denominatore diacronico, ma soprattutto, se è questa la motivazione, non ci si può certo sognare sulla base di questo di dire che chi traduce con “croce” sbagli come fa la WTS.


“Sono due punti di vista, ma entrambi vedo dogmatici,”



Il nostro è semplicemente ciò che è stato creduto semper ubique et ab omibus, nonché ciò che tutti i ricercatori, cattolici od atei, ritengono. Sono i tdG che rompono a metà pianeta sostenendo di avere il peso dell’evidenza che Cristo sia morto su una croce,e non s’è ancora capito in base a che cosa lo ritengano.
L’onere della prova spetta all’innovatore.


“certo voi sembrate non poter fare a meno della forma della croce, per noi, invece, la sua forma è indifferente.”



Questo è del tutto irrilevante per le considerazioni storiche che stiamo attuando su come fosse giusto tradurre stauros. Qui non è questione di fede, non ci sono i cattolici da una parte ed i TdG dall’altra su questa questione, ma tutto il mondo accademico, atei e credenti, da una parte, e i soli TdG dall’altra. La fede non c’entra. Inoltre, non è vero che per voi la forma è irrilevante, questo storiella senza né capo né coda del palo è un modo per fare breccia nella fede altrui sostenendo davanti a dei poveri sprovveduti che la croce è un simbolo pagano e che la Chiesa ha ingannato i suoi fedeli celando la tremenda verità del palo… Su quali indizi dunque si basa questa verità del palo? Boh…


“La tesi, mi pare di capire, è che nessuno potrebbe aver scritto "palo", perchè non esisteva più alcuna esecuzione sul palo, in nessuna parte dell'impero romano, poiché il mos romanorum avrebbe richiesto l'esecuzione su una croce rigorosamente a T.”



No, non è questa la tesi. La tesi è che i romani generalmente crocifiggevano, e, quando appendevano al palo, non facevano comunque trasportare quel palo per poi piantarlo (non è attestato da nessuna parte)

Per Simon


“Sentimi un attimo, signor bauscia, re del "cut & paste" io i miei post li scrivo da me stesso, non li vado a copia/incollare dai siti anti-tdG come fai tu.”



Non ho copiato assolutamente nulla, se non le citazioni degli autori antichi ovviamente, ma quelle non le posso inventare. Inoltre, la fonte dei miei post è irrilevante. L’unica cosa rilevante è che non si dovrebbe scrivere a proposito di una lingua che non si conosce.


“Se avessi letto quello che ho scritto, cosa di cui dubito fortemente, avresti notato che ho unicamente parlato di Celso, mentre tu hai copia/incollato un km di post preconfezionati su Luciano per i citrulli che ti stanno pure a leggere.”



1)Dove il mio post su Luciano sarebbe un copia&incolla preconfezionato? (Citazioni di Luciano escluse ovviamente, quelle non le posso inventare, sono quelle e basta).
2)La tua argomentazione in base alla quale hai parlato di Celso e non di Luciano oltre che essere falsa è irrilevante. È irrilevante perché, se anche fosse vera, il tuo post su Celso sostiene ironicamente che un traduttore ha reso malamente dei termini che, sulla scia della erronea informazione che ti ha dato Barnabino, tu credevi indicassero chiaramente dei pali. Se dunque ho mostrato con esempi lucianei che quei termini sono usati addirittura in prevalenza per indicare delle croci, il fatto che tu abbia ravvisato quegli stessi termini in Celso non può essere più usato per sostenere la tua tesi. Essendo infatti questi due autori praticamente coevi , il mio aver dimostrato tramite un autore che quei termini non significato quello che Barnabino voleva far loro dire, automaticamente significa dimostrare che anche in Celso essi non indicano univocamente alcun palo, e dunque il tuo riso sbeffeggiante dinnanzi alla traduzione di Celso che hai citato era il riso dell’ignoranza, perché l’anaskolopizo del brano di Celso che hai riportato, come del resto anche il dizionario specifica, si può tradurre tranquillamente con crocifiggere. E anzi, in epoca romana è ovvio renderlo così ed esso diventa il significato primario del termine. La tua argomentazione oltre che irrilevante, come dicevo, è anche falsa, perché non hai parlato solo di Celso. Hai quotato un brano di Barnabino che diceva, ragionando erroneamente come s’è visto: “Interessante che è Luciano a dire che lo stauros assomigliava ad una T ma è lo stesso Luciano che quando parla specificamente della crocifissione di Cristo si riferisce al suo patibolo chiamandolo uno skolops e non uno stauros...”. E così hai commentato: “Secondo me voleva avviare una vile congiura anti-cattolica!” Stavi
Ergo hai creduto e approvato l’affermazione di Barnaba in base al quale i termini usati da Luciano indicassero unicamente un palo, illudendoti cioè che quest’autore avesse designato lo strumento con cui morì Cristo con un termine che escludesse la croce… Non è così come s’è visto. Non solo non esclude la croce, ma in epoca romana è il significato primario del verbo.


“Adesso capisco ancora meglio perchè nessuno ha mai parlato del palo, correggimi se sbaglio.

Se avessero scritto:

1.skolops
2.stauros
3.xylon
4.stecchetto dei denti

piu' tutti i relativi verbi, avrebbero comunque ed in ogni caso voluto dire "croce a due bracci".

Ergo, dimmi ora tu, cosa avrebbero dovuto scrivere se fosse stato un "palo"



Sbagli. Non so se ti rendi conto che per difendere questo secondo corno della tua tesi, cioè che nessun Padre della Chiesa parlerebbe di un palo unicamente perché qualsiasi parola che avessero usato potrebbe essere interpretata come indicante una croce, difendere questa tesi dicevo, ti costringe ad abbandonare l’altra tesi che stai difendendo, cioè che i termini segnalati da Barnaba indichino univocamente un palo, e dunque anche, nel caso che ti interessa, che lo indichino univocamente nell’opera di Celso, dove tu invece hai sbeffeggiato un autore dicendo che traduceva erroneamente anaskolopizo e skolops con croce anziché palo…
Ti voglio rasserenare… Non ho mai trovato alcun Padre della Chiesa che definise la croce di Cristo skolops, ovviamente su influsso del NT la chiamano tutti xylon o stauros. Dunque la tua tesi in base alla quale vi sarebbero dei Padri che parlano di uno stauros paliforme chiamandolo “skolpos”, ma i grecisti cattolici cattivoni lo interpretano sempre come croce se anche fosse stato un palo, e dunque per forza non ci sono Padri della Chiesa che parlano di palo, è morta in partenza… Non ci sono infatti Padri della Chiesa che chiamino la croce skolops, ergo il problema non si pone. Se vi fossero attestazioni nei Padri dello stauros di Cristo dello skolpos e a me ignote, ovviamente non spetterebbe a me trovarle, ma a chi sostiene questa tesi.
Inoltre, quando dico che nessuno parla di palo, non mi riferisco al mero uso del termine, ma alla descrizione della croce e della croce di Cristo. Tutti quelli che ne descrivono discorsivamente la forma, o che la rappresentano iconograficamente, lo fanno paragonandola ad oggetti cruciformi, o descrivendoci i suoi bracci. Ergo non che io dica che non ci sono arrivate testimonianze pro-palo solo perché leggo i singoli termini interpretandoli come voglio io, ma perché nessuno descrive lo stauros come un palo, ma sempre con paragoni cruciformi.
Da ultimo, per rispondere alla tua curiosità, esistono effettivamente dei termini che indicano solo dei pali, cioè χάραξ oppure σανίς, il secondo tra l’altro è attestato proprio per indicare un palo a cui si legavano i criminali.


“Non ho mai scritto quello che tu comunque mi contesti, unicamente per puro spirito di contestazione.”



Ah già, non hai scritto che Lipsis mettesse in dubbio la croce di Cristo, ma solo l’esistenza di un mos romanorum a base di croci. E questa seconda affermazione è forse più vera delle precedenti? No. Elencare un numero di eccezioni non vuol dire che un autore non creda all’esistenza di una regola, esattamente come elencare le eccezioni ortografiche italiane dicendo le parole che hanno la sillaba “cie” non toglie che questa sillaba solitamente in italiano non esista.
(SimonLeBon)
00lunedì 21 dicembre 2009 05:59
Re:

Polymetis, 21.12.2009 01:06


Per Simon

“Sentimi un attimo, signor bauscia, re del "cut & paste" io i miei post li scrivo da me stesso, non li vado a copia/incollare dai siti anti-tdG come fai tu.”


Poly(metiσ:

Non ho copiato assolutamente nulla, se non le citazioni degli autori antichi ovviamente, ma quelle non le posso inventare. Inoltre, la fonte dei miei post è irrilevante. L’unica cosa rilevante è che non si dovrebbe scrivere a proposito di una lingua che non si conosce.




I tuoi copia/incolla hanno l'esatto valore del tempo che perdi a farli.
Ugualmente importante è la tua ignoranza delle persone con cui stai postando.


SimonLeBon:

“Se avessi letto quello che ho scritto, cosa di cui dubito fortemente, avresti notato che ho unicamente parlato di Celso, mentre tu hai copia/incollato un km di post preconfezionati su Luciano per i citrulli che ti stanno pure a leggere.”



Poly(metiσ:

1)Dove il mio post su Luciano sarebbe un copia&incolla preconfezionato? (Citazioni di Luciano escluse ovviamente, quelle non le posso inventare, sono quelle e basta).



Si vede da un chilometro, visto che nella foga non hai neppure letto quello che ho scritto.

Poly(metiσ:

2)La tua argomentazione in base alla quale hai parlato di Celso e non di Luciano oltre che essere falsa è irrilevante.



Dunque, dato per buono che la tua condizione mentale attuale ti consenta di emettere questi giudizi sommari con una certa obiettività, cosa sempre piu' dubbia, mostra al pubblico dove ho parlato di Luciano e dei termini che lui usa.

Poly(metiσ:

È irrilevante perché, se anche fosse vera, il tuo post su Celso sostiene ironicamente che un traduttore ha reso malamente dei termini che, sulla scia della erronea informazione che ti ha dato Barnabino, tu credevi indicassero chiaramente dei pali. Se dunque ho mostrato con esempi lucianei che quei termini sono usati addirittura in prevalenza per indicare delle croci, il fatto che tu abbia ravvisato quegli stessi termini in Celso non può essere più usato per sostenere la tua tesi. Essendo infatti questi due autori praticamente coevi , il mio aver dimostrato tramite un autore che quei termini non significato quello che Barnabino voleva far loro dire, automaticamente significa dimostrare che anche in Celso essi non indicano univocamente alcun palo...



Ma questo non dimostra (ammesso che tu oggi sia in grado di dimostrare qualcosa) un emerito nulla. Se anche in Luciano i due termini fossero sinonimi, questo non obbliga Celso proprio a nulla: questo è greco, non matematica. In aggiunta, se "in Celso essi non indicano univocamente alcun palo" è assolutamente vero l'esatto contrario, cioè che "non indicano univocamente alcuna croce". Ergo, nel dubbio, prendi il significato n. 1 del Rocci (che ovviamente avevo consultato, ma tu sei fuori come un balcone e avevi già escluso a priori l'evenienza): impalare.

Poly(metiσ:

...e dunque il tuo riso sbeffeggiante dinnanzi alla traduzione di Celso che hai citato era il riso dell’ignoranza, perché l’anaskolopizo del brano di Celso che hai riportato, come del resto anche il dizionario specifica, si può tradurre tranquillamente con crocifiggere. E anzi, in epoca romana è ovvio renderlo così ed esso diventa il significato primario del termine.



Ergo vai argomentanto che i romani non hanno mai "impalato" (significato n. 1) nè "messo al palo" (1 bis) nessuno durante il loro ben lungo "periodo"? Quindi questo significato prevalente è da scartare?

Poly(metiσ:

La tua argomentazione oltre che irrilevante, come dicevo, è anche falsa, perché non hai parlato solo di Celso. Hai quotato un brano di Barnabino che diceva, ragionando erroneamente come s’è visto: “Interessante che è Luciano a dire che lo stauros assomigliava ad una T ma è lo stesso Luciano che quando parla specificamente della crocifissione di Cristo si riferisce al suo patibolo chiamandolo uno skolops e non uno stauros...”. E così hai commentato: “Secondo me voleva avviare una vile congiura anti-cattolica!” Stavi
Ergo hai creduto e approvato l’affermazione di Barnaba in base al quale i termini usati da Luciano indicassero unicamente un palo, illudendoti cioè che quest’autore avesse designato lo strumento con cui morì Cristo con un termine che escludesse la croce… Non è così come s’è visto. Non solo non esclude la croce, ma in epoca romana è il significato primario del verbo.



E cosi' tu ti sei messo a rispondere al mio "quote" tralasciando di rispondere al mio "post". Mi sembra ineccepibile, a patto di essere decisamente "fuori di testa".

SimonLeBon:

“Adesso capisco ancora meglio perchè nessuno ha mai parlato del palo, correggimi se sbaglio.

Se avessero scritto:

1.skolops
2.stauros
3.xylon
4.stecchetto dei denti

piu' tutti i relativi verbi, avrebbero comunque ed in ogni caso voluto dire "croce a due bracci".

Ergo, dimmi ora tu, cosa avrebbero dovuto scrivere se fosse stato un "palo"



Poly(metiσ:

Sbagli. Non so se ti rendi conto che per difendere questo secondo corno della tua tesi, cioè che nessun Padre della Chiesa parlerebbe di un palo unicamente perché qualsiasi parola che avessero usato potrebbe essere interpretata come indicante una croce, difendere questa tesi dicevo, ti costringe ad abbandonare l’altra tesi che stai difendendo, cioè che i termini segnalati da Barnaba indichino univocamente un palo, e dunque anche, nel caso che ti interessa, che lo indichino univocamente nell’opera di Celso, dove tu invece hai sbeffeggiato un autore dicendo che traduceva erroneamente anaskolopizo e skolops con croce anziché palo…



Erri completamente. Io non ho mai parlato di alcun "padre della chiesa", che notoriamente sono un tuo pallino, a meno che tu non ritenga Origene l'autore del testo di Celso che lui riporta, tesi interessante.
L'unica tesi in discussione qui è se davvero nessuno abbia mai parlato di "palo" in relazione all'esecuzione del Cristo, nulla piu'.
E che Celso, citato da Origene, non lo abbia fatto, è da dimostrare.
La questione dell'univocità non prova un'emerito nulla, visto che non è valida nemmeno per lo "stauros".

Poly(metiσ:

Ti voglio rasserenare… Non ho mai trovato alcun Padre della Chiesa che definise la croce di Cristo skolops, ovviamente su influsso del NT la chiamano tutti xylon o stauros. Dunque la tua tesi in base alla quale vi sarebbero dei Padri che parlano di uno stauros paliforme chiamandolo “skolpos”, ma i grecisti cattolici cattivoni lo interpretano sempre come croce se anche fosse stato un palo, e dunque per forza non ci sono Padri della Chiesa che parlano di palo, è morta in partenza… Non ci sono infatti Padri della Chiesa che chiamino la croce skolops, ergo il problema non si pone. Se vi fossero attestazioni nei Padri dello stauros di Cristo dello skolpos e a me ignote, ovviamente non spetterebbe a me trovarle, ma a chi sostiene questa tesi.



Ripeto, non era questo il tema del contendere, che tu ti fabbrichi a piacimento. E ribadisco che il testo di Celso ci è noto tramite Origene, se in questa notte dissennata lo avessi dimenticato.

Poly(metiσ:

Inoltre, quando dico che nessuno parla di palo, non mi riferisco al mero uso del termine, ma alla descrizione della croce e della croce di Cristo. Tutti quelli che ne descrivono discorsivamente la forma, o che la rappresentano iconograficamente, lo fanno paragonandola ad oggetti cruciformi, o descrivendoci i suoi bracci. Ergo non che io dica che non ci sono arrivate testimonianze pro-palo solo perché leggo i singoli termini interpretandoli come voglio io, ma perché nessuno descrive lo stauros come un palo, ma sempre con paragoni cruciformi.



Dunque mostrami da cosa lo deduci nell'opera di Celso.

Poly(metiσ:

Da ultimo, per rispondere alla tua curiosità, esistono effettivamente dei termini che indicano solo dei pali, cioè χάραξ oppure σανίς, il secondo tra l’altro è attestato proprio per indicare un palo a cui si legavano i criminali.



Curioso che per te abbiano un significato univoco, soprattutto il secondo, che ho trovato abbinato ad una panca.

SimonLeBon:

“Non ho mai scritto quello che tu comunque mi contesti, unicamente per puro spirito di contestazione.”



Poly(metiσ:

Ah già, non hai scritto che Lipsis mettesse in dubbio la croce di Cristo, ma solo l’esistenza di un mos romanorum a base di croci. E questa seconda affermazione è forse più vera delle precedenti? No. Elencare un numero di eccezioni non vuol dire che un autore non creda all’esistenza di una regola, esattamente come elencare le eccezioni ortografiche italiane dicendo le parole che hanno la sillaba “cie” non toglie che questa sillaba solitamente in italiano non esista.



Tutto quello che ho scritto era la mia firma, ma tu hai fatto il classico, quindi "data una parola a piacere riesci a scriverci sopra un intero tema". Aveva ragione il mio prof di fisica.

Vai a dormire, che oggi non mi sembri in giornata.

Simon
Polymetis
00lunedì 21 dicembre 2009 14:08
Per Simon


“I tuoi copia/incolla hanno l'esatto valore del tempo che perdi a farli.”



Non c’è nessun copia e incolla da siti anti-tdG, è una calunnia, e ti invito a provarla. Da chi avrei copiato? Tutto quello che ho scritto è opera della mia mano.


“Ugualmente importante è la tua ignoranza delle persone con cui stai postando.”



Visti gli strafalcioni che scrivete, e tu che hai abboccato all’erronea tesi di Barnabino che quei termini indicassero chiaramente un palo, la mia deduzione del fatto che siete del tutto a digiuno di greco e che non l’avete mai studiato né al liceo né all’università è una certezza.


“Si vede da un chilometro, visto che nella foga non hai neppure letto quello che ho scritto. “



Ho letto quello che hai scritto. Come già detto se ho risposto su Luciano è perché 1)se leggi a chi è indirizzato il post c’è scritto “Per Simon e Barnabino”, ergo stavo rispondendo ad entrambi. 2)Dimostrare che in un autore dei due citati quei termini non hanno affatto un significato univoco, anzi, vengono sempre usati per il significato contrario, cioè la crocifissione, m’è servito per dimostrare come non si possa dedurre che un autore coevo parlerebbe di messa al palo in contrapposizione a tutti gli altri che dicono croce. Il significato primario di anaskolipizo in età imperiale è infatti crocifiggere. Se ho argomentato sulla base di Luciano è unicamente perché di questo autore c’è rimasto un vasto corpus, ed è dunque più facile trovare paralleli interni.


“mostra al pubblico dove ho parlato di Luciano e dei termini che lui usa.”



Lo spiegavo più sotto, ma purtroppo tu non leggi i miei post prima di rispondere, preferisci leggere riga per riga e rispondere man mano, una pessima abitudine.


“Ma questo non dimostra (ammesso che tu oggi sia in grado di dimostrare qualcosa) un emerito nulla. Se anche in Luciano i due termini fossero sinonimi, questo non obbliga Celso proprio a nulla: questo è greco, non matematica.”



Per l’appunto è greco, e dunque abbiamo i nostri metodi. Non è questo il giorno per spiegarti la vera natura dell’universo ed i misteri della lessicologia. È del tutto abituale per determinare il significato di una parola in un autore fare dei confronti tra gli autori coevi, che appartengono allo stesso periodo, alla stessa temperie culturale (la II sofistica), e che addirittura seconda l’opinione più seguita nel mondo accademico si conoscevano addirittura perché Luciano aveva un amico filosofo chiamato Celso.
Inoltre, io non ho voluto dimostrare sulla base di Luciano che anche in Celso quelli termini vogliano rimandare ad una croce, ho semmai dimostrato che non è vero che si riferiscano unicamente e chiaramente ad un palo, come Barnabino sosteneva, e come tu hai sottoscritto sbeffeggiando un traduttore che li rendeva con croce. Per confutare Barnaba, che diceva che si riferissero in modo non equivoco a pali, non mi occorre dimostrare che si riferiscano sicuramente ad una croce, ma che si riferiscano anche a delle croci.
Stabilito questo occorre chiedersi: se si riferiscono sia a palo sia a croce, qual è la traduzione più probabile? Su questo vedi sotto.


“In aggiunta, se "in Celso essi non indicano univocamente alcun palo" è assolutamente vero l'esatto contrario, cioè che "non indicano univocamente alcuna croce". Ergo, nel dubbio, prendi il significato n. 1 del Rocci (che ovviamente avevo consultato, ma tu sei fuori come un balcone e avevi già escluso a priori l'evenienza): impalare.”



Più parli e più dimostri che non hai alcun metodo. Perché non si traduce, nel dubbio, scegliendo il primo significato sul dizionario… che eresia metodologica… Non sai neanche con che criterio vengano messi i significati su un dizionari. In alcuni a base frequenziale, in alcuni a base diacronica, ecc. È proprio vero, quello che mi diceva un mio professore di storia dell’arte, grecista anche lui, ironicamente: “Per usare il Rocci ci vuole una laurea a Tubinga…”
Per stabilire qual è il significato con cui tradurre, non si prende il primo significato del dizionario, che può riferirsi ad un determinato ambito od essere banalmente il primo significato attestato nella letteratura greca… Si deve scegliere il significato più comune in un periodo storico, negli autori coevi, nella sua corrente letteraria, ecc. Altrimenti, si rischiano delle cose clamorose… Ad esempio, di tradurre che Augusto basileus era un re e non un imperatore, che lo strategos è lo “stratego”(con la –o finale) e non il pretore, che la boule è in Consiglio dei 500 e non il Senato… ecc. Il punto non è cosa significhi una parola in Erodoto od in Tucidide, ma che significato venga ad assumere in epoca romana. Questo si chiama fare lessicologia.


“che ovviamente avevo consultato, ma tu sei fuori come un balcone e avevi già escluso a priori l'evenienza)”



Se è così, perché hai sposato la tesi di Barnaba sull’univocità di anaskolopizo, e perché hai quotato e approvato un post dove lui sosteneva che avesse univocamente questo significato in Luciano, quando proprio il Rocci ti dice come tradurlo in Luciano, cioè con crocifiggere?


“Ergo vai argomentanto che i romani non hanno mai "impalato" (significato n. 1) nè "messo al palo" (1 bis) nessuno durante il loro ben lungo "periodo"? Quindi questo significato prevalente è da scartare?”



Non ho detto che non abbiamo mai messo al palo, e se tu leggessi i miei post sulla crocifissione, anziché fare come tutti e leggere solo quelli che ti riguardano, sapresti cosa penso.
Come ripeto non ho mai asserito che i romani non abbiamo mai messo al palo né mi serve asserirlo per dire che il significato prevalente di askolopizo in epoca romana, e dunque quello sa scegliere, è crocifiggere. Mettere al palo non è un “significato prevalente da scartare” come tu hai detto, è un ”significato più antico da scartare”, in epoca romana, a causa del cambio dei modi di esecuzione causato dal fatto che le autorità erano nuove, anaskolopizo viene usato come sinonimo di anastauroo.


“E cosi' tu ti sei messo a rispondere al mio "quote" tralasciando di rispondere al mio "post". Mi sembra ineccepibile, a patto di essere decisamente "fuori di testa".”



Come dice l’incipit del mio post, esso non era dedicato solo a te ma anche a Barnabino. Ho risposto sulla base di Luciano al fine di dimostrare che quei due termini non è vero che indichino chiaramente un palo unicamente perché Luciano avendo un vasto corpus ci permette di fare dei confronti, ma, una volta mostrato come questo termine non solo non sia univoco per palo, ma anzi, in Luciano è sempre riferito a croci, automaticamente veniva a cadere la tua pretesa che quel traduttore si fosse sbagliato a tradurre Celso. Celso infatti non è un’isola, scrive nella stessa lingua di Luciano, afferisce allo stesso periodo, persino alla stessa dinastia imperiale. La traduzione dell’Alethes Logos non solo è possibile, è anzi quella giusta, perché in epoca romana questo diventa il significato primario del termine.


“Erri completamente. Io non ho mai parlato di alcun "padre della chiesa", che notoriamente sono un tuo pallino, a meno che tu non ritenga Origene l'autore del testo di Celso che lui riporta, tesi interessante.
L'unica tesi in discussione qui è se davvero nessuno abbia mai parlato di "palo" in relazione all'esecuzione del Cristo, nulla piu'.”



Non vedo cosa cambi rispetto alla mia argomentazione. Tu hai argomentato contro di me in questo modo, all’incirca: “per forza, caro Poly, dici che nessuno parla di “palo”, qualsiasi parola può essere interpretata come croce, quindi grazie tante che alla fine nessuno secondo te parli mai di palo: se anche ne parlassero in termini di skolops, verrebbe comunque letto come croce. “
Ma, per difendere questa tesi, e cioè che nessuno ritrovi nelle fonti antiche dei pali perché il termine per dire palo vuol dire anche croce, devi abbandonare il tuo sbeffeggio di quel traduttore che tradusse con croce quelle parti dell’Alethes Logos, e ammettere che quei termini significhino sia palo che croce, e dunque, sebbene alcuni possano aver parlato di palo, non abbiamo modo di avvedercene perché tutti pensano alla croce quando li leggono.
Al che io ho replicato che il problema non si pone, perché quei termini di Celso e Luciano che tu e Barnabino avevate sostenuto significhino univocamente palo, e che in seconda battuta tu invece definisci equivoci, non si trovano mai a descrivere la croce di Cristo. Nessuno scrittore definisce lo stauros di Cristo uno skolops, ergo il tuo ragionamento in base a cui qualcuno magari ne parla, ma noi lo interpretiamo comunque come croce, e dunque non lo vediamo, non ha senso. Tutti definiscono la croce stauros o xylon, sulla scia del NT, e la descrivono come cruciforme. Quando dico che nessuno parla della croce di Cristo come un palo non intendo solo dire che tutti la chiamano stauros, giacché è la natura di questo termine l’oggetto del contendere, ma il fatto che tutti, descrivendo le fattezze di questo stauros, le descrivano grazie a vari paralleli come cruciformi, e nessuno come paliforme.
Qui siamo parlando del verbo anaskolopizo attestato in Luciano, e del medesimo verbo unito al sostantivo skolops in Celso, autori pagani del II secolo che erano stati portati a prova del fatto che almeno queste due fonti parlassero dello stauros come di un palo. Ovviamente la mia replica è stata che non provano nulla, e che occorre astenersi dall’usarle esattamente come io mi astengo dal citare tutti i Padri della Chiesa che parlano di Cristo messo sullo stauros senza descriverlo. Infatti io non ho citato come prova del fatto che stauros fosse una croce la mera parola stauros, perché sarebbe stato autoreferenziale, ma autori che hanno descritto questo stauros come una croce tramite varie descrizioni, paragoni, ecc. Allo stesso modo, essendo il termine skolops e il verbo allegato ambigui quanto stauros, non ha senso che chi discuta a favore della tesi palo li faccia passare come testimonianze pro-palo, perché non è così. Non solo il significato primario di questi due termini in epoca romana rimanda alla croce, ma per di più non sono corredati da alcuna descrizione di questo stauros che ci permetta di dire che fosse paliforme, e dunque non sono il corrispettivo degli scrittori cristiani da me citati, giacché come ripeto non mi sono limitato a riportare scrittori che usassero la parola stauros, come se potessi dare per scontato discutendo coi voi cosa vuol dire, ma ho portato solo autori che lo descrivono questo stauros.


“Dunque mostrami da cosa lo deduci nell'opera di Celso.”



Ma questo è un ribaltamento dell’oggetto del contendere… Io infatti non ho cercato di dimostrare che in questo testo di Celso si parli di croce, perché la tesi cui dovevo rispondere era quella in cui si diceva che questi termini utilizzati indichino chiaramente ed univocamente dei pali. Se dunque Barnaba sosteneva questo, per confutarlo non occorre che dimostri che in questo testo si parla di croce, basti che io dimostri che in questo testo si potrebbe parlare di croce, e cadrebbe la sua tesi che questi autori si riferiscano alla morte di Cristo con termini che designino univocamente dei pali. Questo l’ho fatto mostrando con Luciano che i termini si riferiscono anche a crocifissioni, dunque non è vera la tesi di Barnabino di partenza in base alla quale si riferiscano univocamente a dei pali. Ovviamente, il fatto d’aver dimostrato che questi termini non si riferiscano univocamente a dei pali non significa aver dimostrato che si riferiscano a delle croci nei brani in oggetto. Ma non era questo che volevo dimostrare. Se una persona infatti sostiene che un termine si riferisca sempre a dei pali, per confutare questa sua affermazione non occorre che io dimostri che il termine si riferisca a delle croci nel testo in questione, ma basta che mostri come in altri testi significhi croce, perché ciò da solo basta a far saltare la tesi che si riferiscano “sempre” chiaramente a dei pali. Se infatti può significare sia una cosa che l’altra, come ho dimostrato, allora vuol dire che può significare sia una cosa che l’altra anche in questo testo. Ma la domanda è dunque: potendo significare sia una cosa che l’altra, come scegliere cosa tradurre qui? Ovviamente non bisogna affatto concedere che palo sarebbe un significato primario, perché altrimenti ci si metterebbe nella pessima posizione di dover mostrare perché si sceglie un significato secondario, da che cosa cioè si deduca che in questo contesto i termini non si riferiscano al loro significato basilare. Il tuo ragionamento infatti parte da questo presupposto… parti dall’idea che il significato base sia palo, e mi chiedi in base a che cosa io avrei dedotto che significhi croce, come se la mia ipotesi fosse meno probabile e dunque avesse bisogno di essere argomentata.
Non bisogna accettare questo quadro argomentativo perché è del tutto fasullo, bisogna invece dire il contrario, e cioè che in epoca romana, e dunque in questo contesto, i termini hanno un significato primario di croce, e che dunque non c’è nulla da argomentare, si deve tradurre col significato primario, che non è palo, ma croce, qualora ovviamente si parli di contesto penale romano. Laicamente poi, si deve dire che, se fosse un qualsiasi altro personaggi dell’antichità, andremmo a vedere, in caso di dubbio, se altre fonti antiche coeve ci parlano della sua morte, per determinare l’esatta valenza dei termini. E vediamo che altre fonti coeve (Ireneo e Giustino), ci descrivono la morte dello stesso personaggio su oggetti cruciformi, il che è perfettamente compatibile coi sostantivi e verbi impiegati da Celso. Ergo non solo in base al mos romanorum, a confronti con altri testi che ci parlano della morte dello stesso personaggio, non resta che decretare che la traduzione migliore di questi termini sia croce.


“Curioso che per te abbiano un significato univoco, soprattutto il secondo, che ho trovato abbinato ad una panca.”



Ovviamente sto discutendo dell’univocità rispetto all’ambiguità tra palo e croce, intendevo dire che non ho mai trovato, né mi risulta esista, uno dei due termini che ho elencato abbinato ad una croce.


“Tutto quello che ho scritto era la mia firma”



Questo è quello che hai scritto: “Ma non si diceva che non c'era ASSOLUTAMENTE NESSUNO (anzi, ancora di meno) che avesse messo in dubbio la croce romana (de Rroma) secondo il mos romanum? P.S. Ovviamente oltre a Lipsius e a quei cattivoni dei tdG.”

In che senso Justus Lipsius avrebbe messo in dubbio l’esistenza di un mos romanorum per le crocifissioni?

Ad maiora
Teodoro Studita
00lunedì 21 dicembre 2009 14:21
Re:

Non si tratta certo di una "cospirazione", e non vedo chi abbia parlato di cospirazione, devi proprio essere a corto di argomenti per attaccarci su questo piano. Io dico solo che a partire dal II secolo il termine "stauros" cominciò, come tanti altri, ad assumere un valore teologico che trascendeva da quello storico.



La croce assume valore teologico perché è lo strumento della salvezza dell'uomo, e questo non dal II secolo, ma da subito, se già San Paolo dice:

Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. (Gal 6,14)

Del resto l'AT conosce immagini sia cruciformi (il Tau di Ez) che paliformi (l'asta di rame di Mosè), quindi non si capisce proprio per quale motivo l'unanimità dei cristiani sarebbe riuscita a falsificare la coscienza collettiva per introdurre un'immagine il cui "peso teologico" è del tutto equivalente a quella che voi presumete vera.
L'ipotesi è talmente gratuita che non meriterebbe neanche commenti, ma tant'è.

EDITO: leggo solo ora che poly ha già detto questo, perdonatemi.


barnabino
00lunedì 21 dicembre 2009 17:26
Caro Teodoro,


La croce assume valore teologico perché è lo strumento della salvezza dell'uomo, e questo non dal II secolo, ma da subito, se già San Paolo dice



Certo, la croce come strumento di morte, non come particolare forma. L'impressione è che nel II secolo, però, attorno allo stauros cominciassero a svilupparsi una serie di riflessioni teologiche e simbliche che andavano al di là del significato che gli è attribuito nel NT, al punto che stauros diventa quasi un termine tecnico e non solo un riferimento storico.

Questa riflessione e la speculazione sulla simbologia della crice nel II-III secolo è comunque limitata, la sua presenza sporadica. La croce non era certo il "simbolo" del cristianesimo come avvenne a partore dal IV secolo.


non si capisce proprio per quale motivo l'unanimità dei cristiani sarebbe riuscita a falsificare la coscienza collettiva



Ripeto: non si capisce di quale "falsificazione" delle coscienze tu vada parlando. Mi stupisce sempre il fatto che con te sia imnpossibile qualunque seria riflessione storica, si cade sempre nell'apologetica dell'ortodossia più becera.

Shalom [SM=g27994]


Teodoro Studita
00lunedì 21 dicembre 2009 17:34
Re:


Ripeto: non si capisce di quale "falsificazione" delle coscienze tu vada parlando. Mi stupisce sempre il fatto che con te sia imnpossibile qualunque seria riflessione storica, si cade sempre nell'apologetica dell'ortodossia più becera.



A prescindere dall'uso disinvolto delle concordanze (spero che in intentione tu volessi riferire "becero" ad "apologetica"), veramente nelle tue parole non vedo traccia di "seria riflessione storica", ma solo di una serie di affermazioni gratuite e strampalate. In particolare dici :


L'impressione è che nel II secolo, però, attorno allo stauros cominciassero a svilupparsi una serie di riflessioni teologiche e simbliche che andavano al di là del significato che gli è attribuito nel NT



Affermazione completamente gratuita. Non si capisce:
- Quali sarebbero queste "riflessioni teologiche" estranee allo spirito del NT
- Dove queste sarebbero nelle fonti che abbiamo
- Perché mai tali non meglio precisate riflessioni dovrebbero condurre alla modifica nella coscienza dell'intero cristianesimo primitivo (che si suppone sapesse com'era morto il Signore) da palo a croce.
In mancanza di queste risposte il tuo è solo un flatus vocis.



barnabino
00lunedì 21 dicembre 2009 18:01
Caro Teodoro,


nelle tue parole non vedo traccia di "seria riflessione storica", ma solo di una serie di affermazioni gratuite e strampalate



"Gratuite e strampalate"? Non mi pare esattamente un gergo che si addice ad una seria riflessione storica!


Non si capisce: Quali sarebbero queste "riflessioni teologiche" estranee allo spirito del NT



Come ho detto ne potremmo parlare in un altro clima, se con te ogni riflessione deve risolversi nella più becere apologia dell'ortodossia è perfettamente inutile farlo.


Perché mai tali non meglio precisate riflessioni dovrebbero condurre alla modifica nella coscienza dell'intero cristianesimo primitivo (che si suppone sapesse com'era morto il Signore) da palo a croce



Ripeto, nessuno ha mai parlato di "modifica nella coscienza dell'intero cristianesimo" dato che né la forma del palo o della croce rivestono nel NT alcuna importanza.

Shalom
Teodoro Studita
00lunedì 21 dicembre 2009 19:27
Re:

"Gratuite e strampalate"? Non mi pare esattamente un gergo che si addice ad una seria riflessione storica!



È vero il contrario. "Gratuito" è esattamente ciò che produci. Essendo basato unicamente sulla fantasia e l'invenzione (in cinque anni che parliamo non ho mai visto una sola fonte pro-palo!) l'asserto dei TdG non si può definire altrimenti. Va da sé che quod gratis adfirmatur, gratis negatur. Quanto allo "strampalato", al di là del gioco di parole che evidentemente non hai colto, è come si suole definire una teoria che cozza contro ogni evidenza e che, proprio per questo, non è accolta da nessuno, cristiano o meno che sia.


Come ho detto ne potremmo parlare in un altro clima, se con te ogni riflessione deve risolversi nella più becere apologia dell'ortodossia è perfettamente inutile farlo.



E dove mai starei facendo apologia dell'ortodossia? Il 100% degli studiosi ATEI di cristianesimo del pianeta ritiene che Gesù sia morto su una croce, fanno apologi anche loro?


Ripeto, nessuno ha mai parlato di "modifica nella coscienza dell'intero cristianesimo" dato che né la forma del palo o della croce rivestono nel NT alcuna importanza.



Questa è un'altra affermazione gratuita, ma che tutto sommato ci importa relativamente. La "modifica nella coscienza dell'intero cristianesimo" è una semplice implicazione logica della tua tesi. Infatti secondo te Gesù è morto su un palo, e si suppone che non solo i testimoni oculari, ma tutti i cristiani della prima ora sapessero perfettamente questo. Ora, per un motivo X ad un certo punto tutti cominciano a pensare che invece è morto su una croce. Come la chiami tu questa se non "modifica nella coscienza dell'intero cristianesimo"? Delirio di massa? Isteria collettiva? Amnesia ecumenica? Allora, di grazia, spiegaci l'etiologia di questo fenomeno a partire dalle domande che ti ho fatto sopra:

- Quali sarebbero queste "riflessioni teologiche" estranee allo spirito del NT
- Dove queste sarebbero nelle fonti che abbiamo
- Perché mai tali non meglio precisate riflessioni dovrebbero condurre alla modifica nella coscienza dell'intero cristianesimo primitivo (che si suppone sapesse com'era morto il Signore) da palo a croce.

Visto che è infruttuoso parlare di lessicologia con chi non ha una padronanza neanche elementare delle lingue antiche, se non sei neppure in grado di rispondere a queste domande non vedo proprio di cosa stiamo parlando.




barnabino
00lunedì 21 dicembre 2009 22:56
Caro Teodoro,


Essendo basato unicamente sulla fantasia e l'invenzione (in cinque anni che parliamo non ho mai visto una sola fonte pro-palo!)



Non mi pare, di fatto tutte le fonti che parlano di stauros, skolops e xylon potenzialmente parlano di "palo".


Il 100% degli studiosi ATEI di cristianesimo del pianeta ritiene che Gesù sia morto su una croce



Questo dimostra che ho ragione: sei tanto intento a difendere tesi apologetiche anti-tdg che non ti accorgi che stavo cercando di parlare di tutt'altro.


Infatti secondo te Gesù è morto su un palo, e si suppone che non solo i testimoni oculari, ma tutti i cristiani della prima ora sapessero perfettamente questo



Sai, la critica moderna ha messo in dubbio cose ben più importanti rispeto alla storicità del racconto di testimoni molto più vicini, non si capisce perché tu debba sorprendenti quando qualcuno mette in dubbio le striminzite e spesso ambigue dichiarazioni di qualcuno vissuto un secolo dopo gli avvenimenti su un dettaglio ritenuto di nessuan importanza.


Visto che è infruttuoso parlare di lessicologia con chi non ha una padronanza neanche elementare delle lingue antiche



Ti ricordo sempre la definizione del BDAG, che non esclude in nessun modo, come fate voi, che lo stauros fosse anche un "palo". Non vedo come la "lessicologia" abbia qualcosa a che fare con questa diatriba, semmai il problema è se stauros continuasse, in palestina nel I secolo, a designare ancora un palo oppure se era usto esclusivamente per un oggetto cruciforme.

Come ho detto il palo verticale o un altro oggetto a cui si appendava il prigioniero resta condizione necessaria e sufficiente a fare di un patibolo uno stauros, lo stipes è un "accessorio". Ma io, ora, stavo parlando di tutt'altro.

Shalom
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