Continuarono a chiamarsi "ebrei"?

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(SimonLeBon)
00venerdì 8 gennaio 2010 20:42
Solo dopo divennero "cristiani"
Cito da un libro:

"In ogni caso l'opinione oggi prevalente tra gli studiosi ebrei (e il tema è stato affrontato anche in sede giudiziaria) é che Gesu' di Nazareth e i suoi seguaci non abbandonarono la fede giudaica e che coloro che credettero in lui e nella sua missione durante il tempo della sua vita non cessarono di essere giudei.

Una svolta, semmai, si sarebbe verificata soprattutto con la messa a punto dei dogmi sulla Trinità e dell'Incarnazione di Dio in Gesu'. Queste dottrine avrebbero posto il cristianesimo fuori dai confini del giudaismo, anche se - abbiamo visto - nel tempo c'è stata una graduale e piu' chiara comprensione dei termini."

Giorgio Acquaviva - La Chiesa-madre di Gerusalemme - Piemme (p.43).

Mi sembra illuminante questa analisi dell'Acquaviva, che tra l'altro ribadisce la posterità delle dottrine trinitarie rispetto al Cristo.

Che non fosse stata intenzione di Cristo quella di "rompere" col giudaismo? Solo quando la chiesa del Poly comincio' ad affermarsi ci fu la rottura.

Simon
MauriF
00domenica 10 gennaio 2010 09:02
L'hai ripreso da qui?

tdgstoriasoctel.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...

Interessante quanto dice Mera a proposito di quanto predica San Paolo, specie sulla Lettera agli Ebrei....ci si può discutere sopra.

Ciao!
Mauri.
(SimonLeBon)
00domenica 10 gennaio 2010 09:10
Re:
MauriF, 1/10/2010 9:02 AM:

L'hai ripreso da qui?

tdgstoriasoctel.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...

Interessante quanto dice Mera a proposito di quanto predica San Paolo, specie sulla Lettera agli Ebrei....ci si può discutere sopra.

Ciao!
Mauri.



Beh, io sono sempre io...
Si, quel libro fa un'osservazione interessante.
Probabilmente all'inizio i cristiani non ebbero l'appellativo proprio distintivo di "cristiani" e continuarono a far parte del gruppo degli ebrei.

SImon
Giandujotta.50
00domenica 10 gennaio 2010 17:33
mi viene in mente la scrittura di Atti 11:26 (ed Paoline) "...In Antiochia per la prima volta i discepoli presero il nome di Cristiani"
Maimonide
00domenica 10 gennaio 2010 19:11
Bello il libro di Acquaviva!
Breve nota personale.

Libro comprato anni or sono e letto tutto di un fiato in una sola notte. Racconta anche la storia di una piccola comunità nella terra di Israele, all'epoca ancora un'opera oggi eretta a Vicariato con una liturgia in ebraico. In questi ultimi due anni sono stato spesso in contatto epistolare con il vicario, promettendo, quando riprenderò a viaggiare (a Dio piacendo) di essere loro ospite.

Non mi pare però che dalla citazione fatta si possa evincere quanto dici.

La prima. La rottura fra la chiesa e la sinagoga avvenne abbastanza presto. Le lettere paoline lo confermano. E benché all'inizio ci fu una certa convivenza, ben presto le cose andarono diversamente. Anche se è presumibile non allo stesso modo in seno a tutte le comunità della diaspora. A Roma si deduce da alcuni passi paolini che le comunità, tipicamente "domestiche", erano divise in giudeo-cristiane ed etnico-cristiane; desumendo questo dall'origine dei nomi dei suoi componenti ai quali Paolo rivolge i propri saluti.

Eppoi, di quale giudaismo stiamo parlando? Sappiamo che già all'epoca del secondo Tempio esistevano più correnti. E anche oggi essere Ebrei consiste nel riconoscere l'origine divina della Torah (neanche di tutti i testi veterotestamentari ai quali si riconosce un diverso grado di ispirazione) facendo dell'ebraismo, in sostanza, una questione di ortoprassi e non tanto di dottrine.

Dall'archeologia sappiamo che in Galilea esistevano numerose comunità giudeo-cristiane che lasciarono la testimonianza di chiese giudeo-cristiane (la casa di Pietro, ad esempio). Eppure non sono mai state trovate (o non risultano) lettere canoniche indirizzate a queste comunità. Che fosse considerate spurie? Non lo sappiamo.

La seconda. Non mi pare che Acquaviva sostenga la posterità delle dottrina triniatria e della divinità di Cristo, quanto piuttosto dire che la separazione evidente avvenne con la loro messa a punto. Che significa tutt'altro, a me pare.

Per quanto mi riguarda, non trovo niente di scandaloso o eretico pensare alla dottrina cristiana come qualcosa di magmatico, almeno all'inizio. Il cristianesimo consisteva in una notizia sul Messia e in comportamenti sociali. Era una strada di vita o sulla vita. Alcuni, ci dice Luca negli Atti, potevano addirittura aver ricevuto il messaggio di Gesù, il suo battesimo, e nel contempo non aver mai sentito parlare di un Spirito Santo.

Io, come il Kelly nel suo "Il pensiero cristiano delle origini), penso che all'inizio del cristianesimo non ci furono tanto delle soluzioni eretiche quanto delle soluzioni unilaterali: ad esempio l'adozionismo degli Ebioniti (Cristo solo uomo) o il docetismo (Cristo solo Dio). La messa a punto del dogma fu secondo me questo. La definizione di una linea di demarcazione. Ma la rottura incominciò, come per gli ebrei odierni, nel non aver riconosciuto Gesù quale Ha Mashiah, il Messia quale che sia la sua natura.

Comunque sia, è innegabile che, restando almeno nella liturgia latina, i "reperti" del giudeo-cristianesimo sono decisamente diversi.

Ancora grazie, Simon, per avermi ricordato che è giunto il tempo di rispolverare questo grazioso libretto che nella pagina subito prima di quella che hai ricordato, riporta un etto di Bahnya Ibn Paquda:

Un santo passava un giorno davanti alla carogna di un cane. I discepoli dissero "Che orribile fetore emana da questa carogna". Egli rispose "Ammirate quanto sono bianchi i suoi denti"


(SimonLeBon)
00domenica 10 gennaio 2010 20:37
Re: Bello il libro di Acquaviva!
Maimonide, 1/10/2010 7:11 PM:

Breve nota personale.

Libro comprato anni or sono e letto tutto di un fiato in una sola notte. Racconta anche la storia di una piccola comunità nella terra di Israele, all'epoca ancora un'opera oggi eretta a Vicariato con una liturgia in ebraico. In questi ultimi due anni sono stato spesso in contatto epistolare con il vicario, promettendo, quando riprenderò a viaggiare (a Dio piacendo) di essere loro ospite.



Io non l'ho ancora finito, pero' lo trovo interessante e... cattolicheggiante.

Devo "tagliare" a motivo del mio (poco) tempo:

Maimonide:

Non mi pare però che dalla citazione fatta si possa evincere quanto dici.

...

La seconda. Non mi pare che Acquaviva sostenga la posterità delle dottrina triniatria e della divinità di Cristo, quanto piuttosto dire che la separazione evidente avvenne con la loro messa a punto. Che significa tutt'altro, a me pare.



Mi sembrava implicito nella sua dichiarazione.
Se Gesu' era "il Messiah" ci poteva ancora stare.
Se invece Gesu' diventa "Dio il Figlio", allora è evidente che non c'è piu' possibilità di dialogo.

Se Dio è uno, non c'è problema.
Se Dio è uno e trino, penso che ci sia poco (o troppo) da discutere.

Forse per "mettere a punto" intendi "scrivere quello che non era stato scritto".
A mio (e nostro) avviso, significa andarsi a cercare rogne. Noi siamo dei nostalgici e tifiamo ancora per la "sola Scriptura".

Maimonide:

Ancora grazie, Simon, per avermi ricordato che è giunto il tempo di rispolverare questo grazioso libretto che nella pagina subito prima di quella che hai ricordato, riporta un etto di Bahnya Ibn Paquda:

Un santo passava un giorno davanti alla carogna di un cane. I discepoli dissero "Che orribile fetore emana da questa carogna". Egli rispose "Ammirate quanto sono bianchi i suoi denti"





Grazie a te.
Molto interessante anche l'identificazione proposta per questo inguaribile ottimista de "il santo".
Secondo alcuni.

Simon
Maimonide
00domenica 10 gennaio 2010 22:06
Bello il libro di Acquaviva!
(SimonLeBon), 10/01/2010 20.37:

Forse per "mettere a punto" intendi "scrivere quello che non era stato scritto".
A mio (e nostro) avviso, significa andarsi a cercare rogne. Noi siamo dei nostalgici e tifiamo ancora per la "sola Scriptura".

No, per mettere a punto intendo, come noto, spiegare con categorie greche di persona e sostanza. Termini che ad un semita, ancora oggi, dicono poco o niente. Ma su questo sono stati spesi chilometri di post che non intendo riproporre.

Tra l'altro, anche senza toccare i due temi da te citati, basterebbe la sola nascita verginale e la conseguente esegesi (o traduzione) di Isaia ad infuocare una discussione con un ebreo e la conseguente accettazione della messianicità di Gesù di Nazareth.




(SimonLeBon)
00sabato 18 febbraio 2017 14:38
Gli ebrei-palestinesi
Riprendo questo libro in mano e anche questo mio post.
Interessante quello che l'Acquaviva scrive a proposito della comunità cattolica a Gerusalemme. Da quelle parti hanno ri-fondato una comunità cattolica di lingua ebraica (moderna) che vorrebbe riallacciarsi al giudeo-cristianesimo primitivo. Ecco cosa scrive:

"Vengono frenate, dunque, le tendenze a loro modo 'integraliste' di quei gruppi arabo-cristiani che vorrebbero, per esempio, 'purgare' la liturgia dai brani dell'Antico Testamento in cui si ricordano e si ribadiscono le promesse irrevocabili di Dio a Israele, ma contemporaneamente si vogliono evitare gli eccessi di 'giudeizzazione' da parte della comunità ebraico-cristiana. E' soprattutto importante che si eviti lo sviluppo di una curiosa e pericolosa riedizione della 'teologia della sostituzione', che non è piu' il 'Nuovo Israele' di cui si è parlato nei primi capitoli e che ha malauguratamente accompagnato la storia del Cristianesimo, ma che oggi si presenta come il tentativo di sostenere che il giudeo Jeshu'a e sua madre Myriam di Nazareth erano 'palestinesi' piuttosto che ebrei e che la continuità nei luoghi santi sia stata garantita da cristiani di lingua araba, ignorando il legame con la Chiesa-Madre e con le comunità che, per quanto minuscole, hanno garantito nei secoli la persistenza del ceppo originario." (p. 172-3)
(SimonLeBon)
00domenica 19 febbraio 2017 08:45
Re: Gli ebrei-palestinesi
"Anche a fronte dei rapporti con il mondo ebraico l'espressione della fede da parte della Chiesa giudeocristiana, mette in evidenza uno dei problemni di fondo per la nostra cultura cristiana occidentale: noi usiamo troppo e con troppa disinvoltura il termine Dio. Ma - ci siamo sentiti dire nel corso di diversi incontri - quel nome non è un nome di 'persona'. Il concetto di Dio in greco (Theos) è stato spersonalizzato attraverso una riflessione di tre secoli, per cui non c'è una persona che sia Dio, ce ne sono tre. E allora quando noi diciamo 'parlo con Dio', in effetti non si sa bene con chi parliamo. 'Dio' di per sè è un nome di 'natura' e noi non parliamo con delle nature, parliamo con delle persone. Quando parliamo con degli uomini non parliamo certo con la natura umana." (p. 175)

Mi sembra una riflessione eccellente e condivisibile.
Infatti nell'eterno "gioco delle tre carte" per cercare di affermare l'indimostrabile, si finisce per alienare l'uomo da Dio Padre e anche dal figlio di Dio.

Simon
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