Filippesi 2:6

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Daniel.A.
00giovedì 5 luglio 2012 19:55
come analizzate il versetto di Filippesi 2:6


6 ὃς ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων οὐχ ἁρπαγμὸν ἡγήσατο τὸ εἶναι ἴσα θεῷ
admintdg2
00giovedì 5 luglio 2012 20:02
"il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio."

Che tipo d'analisi vuoi che venga fatta?

Amalia 52
00giovedì 5 luglio 2012 20:06
Filippesi 2:6 "il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio.

Egli aveva lasciato una gloriosa esistenza come creatura spirituale nei cieli, dove era vissuto come intimo compagno e collaboratore del Sovrano universale e Re d’eternità. Eppure, mosso da un amore altruistico, Gesù fece ciò che l’apostolo Paolo descrive con queste parole: “Benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio. No, ma vuotò se stesso e prese la forma di uno schiavo, divenendo simile agli uomini. Per di più, quando si trovò in figura d’uomo, umiliò se stesso e divenne ubbidiente fino alla morte, sì, la morte su un palo di tortura”. — Filippesi 2:6-8.

La versione cattolica a cura del Pontificio Istituto Biblico traduce: “Ora egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò un bene da non dover mai rinunziare lo stare alla pari con Dio”. Traduzioni come queste sono usate per sostenere l’idea che Gesù era uguale a Dio. Ma notate come altre traduzioni rendono questo versetto:

1869: “il quale, essendo nella forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio come una cosa da afferrare”. The New Testament, di G. R. Noyes.

1965: “Egli — vera natura divina! — non si fece mai uguale a Dio confidando in se stesso”. Das Neue Testament, ed. riveduta, di Friedrich Pfäfflin.

1968: “il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio”. La Bibbia Concordata.

1976: “Egli ebbe sempre la natura di Dio, ma non pensò di dover cercare con la forza di divenire uguale a Dio”. Today’s English Version.

1985: “Il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio qualcosa da afferrare”. The New Jerusalem Bible.

1987: “il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio”. Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture.

Secondo alcuni, però, anche queste traduzioni più accurate implicano che (1) Gesù aveva già tale uguaglianza ma non intendeva aggrapparsi ad essa, o che (2) non aveva bisogno di afferrare tale uguaglianza perché già l’aveva.

A proposito dell’originale greco di questo passo, Ralph Martin, in un commento alla lettera ai Filippesi, scrive: “È discutibile, però, se il senso del verbo possa slittare dal suo vero significato, ‘afferrare’, ‘ghermire’, a quello di ‘tenere stretto’”. (The Epistle of Paul to the Philippians, Londra 1959, p. 97) Un’altra opera afferma: “Non troviamo nessun passo in cui ἁρπάζω [harpàzo] o alcuno dei suoi derivati abbia il senso di ‘tenere in possesso’, ‘ritenere’. Sembra invariabilmente significare ‘afferrare’, ‘prendere con violenza’. Non è quindi consentito slittare dal vero significato di ‘afferrare’ a uno totalmente diverso come ‘tenere stretto’”. — The Expositor’s Greek Testament, Grand Rapids 1967, pp. 436, 437.

Da quanto precede è evidente che alcuni traduttori forzano il senso delle parole per sostenere le loro tesi trinitarie. Lungi dal dire che Gesù riteneva appropriato essere uguale a Dio, il testo greco di Filippesi 2:6, se letto obiettivamente, indica proprio il contrario, cioè che Gesù non lo riteneva appropriato.

Il contesto (vv. 3-5, 7, 8, PIB) inoltre aiuta a capire il versetto 6. Ai filippesi fu data questa esortazione: “Ciascuno con umiltà stimi gli altri come superiori a sè”. Paolo menziona quindi Cristo come il massimo esempio di questo atteggiamento mentale: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti, che furono in Cristo Gesù”. Quali “sentimenti”? Il ‘non reputare rapina l’essere uguale a Dio’? No, questo sarebbe stato l’esatto contrario di ciò che Paolo voleva illustrare! Gesù, invece, ‘considerando il Padre superiore a se stesso’, non cercò mai di ‘afferrare l’uguaglianza con Dio’, bensì “si abbassò, facendosi ubbidiente fino alla morte”.

Certo la persona dell’Iddio Onnipotente non poteva fare una cosa simile. Il passo parla di Gesù Cristo, esempio perfetto di quello che Paolo intendeva illustrare, cioè l’importanza dell’umiltà e dell’ubbidienza al proprio Superiore e Creatore, Geova Dio.

Fonte.ti ( Che dire dei passi trinitari?)
L' Apostolo
00giovedì 5 luglio 2012 20:09
Questo verso dice chiaramente che Gesù in Cielo pur essendo divino non era Dio, tanto che avrebbe potuto pensare a rapinare la divinità a Dio, così come fecero Adamo ed Eva e Satana che volevano essere simili a Dio.

Ancora una volta l'essere un divino o avere la divinità, non ci rende quell'unico Dio Onnipotente. D'altronde la divinità è manifesta anche nella creazione, dice Paolo.
jwfelix
00giovedì 5 luglio 2012 20:10
non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio

La Bibbia Concordata
Daniel.A.
00giovedì 5 luglio 2012 20:46
allora...

1. la parola greca tradotta come essendo (huparcho) è al presente e quindi rende l'idea di una continua esistenza come Dio.
2. la parola greca tradotta come forma (morphe) è unica ed è presente solo 2 volte nel NT rivolta sempre a Gesù. il libro Vine’s Complete Expository Dictionary of Old And New Testament Words ci da questa osservazione in merito a questa parola:


“morphe…è usato con un particolare significato nel NT, solo per Crito, in Fil. 2:6,7, nelle frasi ‘essendo in forma di Dio,’ e ‘prendendo la forma di Servo.’ Un'eccellente definizione della parola è quella di Gifford: ‘morphe è quindi propriamente la natura o l'essenza, non in astratto, ma come qualcosa propria dell'intimo della persona, e rappresenta come realmente esisteva tale persona….Così nel passaggio davanti a noi morphe Theou è la natura divina effettivamente sussistente e inscindibilmente nella Persona di Cristo….riguardo l' interpretazione di “la forma di Dio” è sufficiente dire che include l'intima natura ed essenza della Deità, e è inseparabile da questi, dal momento che non poteva avere alcuna effettiva esistenza senza di essa; e che non comprende in sé qualcosa di "accidentale" o separabile, come ad esempio particolari modalità di manifestazione, o le condizioni di gloria e di maestà,che possono essere per un tempo collegate alla "forma", in un altro separate da essa….Il vero significato del morphe nell'espressione "forma di Dio" è confermata dalla sua ricorrenza nella frase corrispondente, "forma di servo". E universalmente riconosciuto che le due frasi sono direttamente antitetiche, e che "forma" deve quindi avere lo stesso senso in entrambe. (da Gifford, ‘The Incarnation,’ pp. 16,19,39.) —Vine’s Complete Expository Dictionary of Old and New Testament Words, 1985, p. 251



Allo stesso modo che Cristo possiede la "natura" di un uomo e, di conseguenza, è considerato un essere umano completo (non una creatura che è per metà uomo e metà divino), Gesù possiede la "natura" di Dio e si ritiene pertanto di essere pienamente divina come il Dio infinito.

Mentre è vero che nella incarnazione, Cristo non ha cercato di afferrare (arpazw-harpazo) la sua uguaglianza con Dio, ciò non contraddice in alcun modo il fatto che Cristo, nella sua natura divina, è uguale a Dio Padre. Un esame del contesto di Filippesi 2:6 rivela che Paolo esorta i cristiani a dare umilmente la loro vita in sacrificio per i fratelli. E 'in questo contesto di umiltà che Paolo usa l'esempio di Cristo che, anche se eternamente esistente in natura di Dio, mise da parte l'uguaglianza che egli possiede con il Padre, al fine di dare la sua vita per noi. Se Cristo non possedeva questa uguaglianza con il Padre prima della incarnazione, l'esempio tutto sarebbe privo di significato. non è certo un vivido esempio di umiltà il non cercare di esaltare se stesso o di diventare uguale a Dio.
agape76
00giovedì 5 luglio 2012 21:10
Caro Daniel quando Paolo scrive ai Corinti in 1Corinti 11:3 Gesu e' gia nei cieli,eppure dice di avere un Capo,Dio!!
L' Apostolo
00venerdì 6 luglio 2012 10:19
Re:
Daniel.A., 05/07/2012 20.46:

allora...

1. la parola greca tradotta come essendo (huparcho) è al presente e quindi rende l'idea di una continua esistenza come Dio.
2. la parola greca tradotta come forma (morphe) è unica ed è presente solo 2 volte nel NT rivolta sempre a Gesù. il libro Vine’s Complete Expository Dictionary of Old And New Testament Words ci da questa osservazione in merito a questa parola:


“morphe…è usato con un particolare significato nel NT, solo per Crito, in Fil. 2:6,7, nelle frasi ‘essendo in forma di Dio,’ e ‘prendendo la forma di Servo.’ Un'eccellente definizione della parola è quella di Gifford: ‘morphe è quindi propriamente la natura o l'essenza, non in astratto, ma come qualcosa propria dell'intimo della persona, e rappresenta come realmente esisteva tale persona….Così nel passaggio davanti a noi morphe Theou è la natura divina effettivamente sussistente e inscindibilmente nella Persona di Cristo….riguardo l' interpretazione di “la forma di Dio” è sufficiente dire che include l'intima natura ed essenza della Deità, e è inseparabile da questi, dal momento che non poteva avere alcuna effettiva esistenza senza di essa; e che non comprende in sé qualcosa di "accidentale" o separabile, come ad esempio particolari modalità di manifestazione, o le condizioni di gloria e di maestà,che possono essere per un tempo collegate alla "forma", in un altro separate da essa….Il vero significato del morphe nell'espressione "forma di Dio" è confermata dalla sua ricorrenza nella frase corrispondente, "forma di servo". E universalmente riconosciuto che le due frasi sono direttamente antitetiche, e che "forma" deve quindi avere lo stesso senso in entrambe. (da Gifford, ‘The Incarnation,’ pp. 16,19,39.) —Vine’s Complete Expository Dictionary of Old and New Testament Words, 1985, p. 251



Allo stesso modo che Cristo possiede la "natura" di un uomo e, di conseguenza, è considerato un essere umano completo (non una creatura che è per metà uomo e metà divino), Gesù possiede la "natura" di Dio e si ritiene pertanto di essere pienamente divina come il Dio infinito.

Mentre è vero che nella incarnazione, Cristo non ha cercato di afferrare (arpazw-harpazo) la sua uguaglianza con Dio, ciò non contraddice in alcun modo il fatto che Cristo, nella sua natura divina, è uguale a Dio Padre. Un esame del contesto di Filippesi 2:6 rivela che Paolo esorta i cristiani a dare umilmente la loro vita in sacrificio per i fratelli. E 'in questo contesto di umiltà che Paolo usa l'esempio di Cristo che, anche se eternamente esistente in natura di Dio, mise da parte l'uguaglianza che egli possiede con il Padre, al fine di dare la sua vita per noi. Se Cristo non possedeva questa uguaglianza con il Padre prima della incarnazione, l'esempio tutto sarebbe privo di significato. non è certo un vivido esempio di umiltà il non cercare di esaltare se stesso o di diventare uguale a Dio.




Essendo Figlio di Dio era pienamente un dio o essere divino, così come lo sono gli angeli. Quando si è figlio dell'uomo si è pienamente esseri umani, ma non è che tutti gli esseri umani siano un solo Uomo, tanto che si parla di umanità.

Tutti i figli spirituali di Dio sono appartenenti alla specie divina per così dire.

Ti ripetiamo, la natura divina ha molti significati nella Bibbia.

Pietro ad esempio scrive:

2Pietro 1:4

Attraverso queste ci sono state elargite le sue preziose e grandissime promesse perché per mezzo di esse voi diventaste partecipi della natura divina dopo essere sfuggiti alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza.

I cristiani unti, pur essendo ancora nella carne imperfetta erano considerati aventi "natura divina", cosa significa per te?
barnabino
00venerdì 6 luglio 2012 11:03
Caro Daniel,


1. la parola greca tradotta come essendo (huparcho) è al presente e quindi rende l'idea di una continua esistenza come Dio



Il presente greco non è molto differente da quello italiano, non è che contiene l'idea di eternità, semplicemente Paolo dice che Gesù è in forma di Dio tutt'oggi, per dirne una.


2. la parola greca tradotta come forma (morphe) è unica ed è presente solo 2 volte nel NT rivolta sempre a Gesù. il libro Vine’s Complete Expository Dictionary of Old And New Testament Words ci da questa osservazione in merito a questa parola



Francamente la definizione di Gifford citata dal Vine mi pare contraria a tutta l'esegesi moderna. Morphè di per sé, nel suo significato più semplice, non significa altro che forma e mi pare che qui si adatti bene al senso della frase. Se poi andiamo a cercare le eccezioni, ad esempio l'uso che veniva fatto in certe scuole filosofiche, è un altro discorso, ma non abbiamo qui alcuna ragione di pensare che dovremmo renderlo con "natura". Le spiegazioni date da Gifford mi sembrano molto deboli, tanto è vero che la maggior parte di traduttori non rende più "morphé" con "natura".

Insomma, mi pare che qui il Vine non sia molto corretto, da un punto di vista sintattico solo difficilmente morphé indica natura.


Allo stesso modo che Cristo possiede la "natura" di un uomo e, di conseguenza, è considerato un essere umano completo (non una creatura che è per metà uomo e metà divino), Gesù possiede la "natura" di Dio e si ritiene pertanto di essere pienamente divina come il Dio infinito



Si, ma a parte che è tutto da dimostrare che adesso magicamente morphè significhi natura piuttosto chye forma, ma forse detta così, per questo contesto, questa che dai è una versione eretica della trinità… come dire: i traduttori cattolici non per nulla qui non traducono morphè con "natura".

Tieni conto che il concetto di "doppia natura" è stato definito ancora più tardi di quello di sostanza, e proprio per evitare quel "metà uomo e metà divino" di cui parli ha bisogno di mettere in campo concetti metafisici e filosofici molto sofisticati, che francamente non possiamo attribuire all'autore molto precoce di questo inno, che se noti non è un inno propriamente a gloria di Cristo ma a Geova attraverso Cristo…

Shalom

barnabino
00venerdì 6 luglio 2012 11:07
Sull'argomento esiste la tesi di laurea del biblista francese Didier Fontaine che ha analizzato a fondo l'argomento

www.areopage.net/Philippiens_2_6.html

Molto interessante, qualcuno l'ha letto? In fondo dice:

- Joseph H. Hellerman, "Μορφη Θεου As A Signifier Of Social Status In Philippians 2:6" (JETS 52.4, 12/2009, pp. 777-797)

- D. Fabricatore, Form of God, Form of a Servant: An Examination of the Greek Noun Morphe in Philippians 2:6-7 (University Press of America, 2010), basé sur sa thèse : A Lexical, Exegetical, and Theological Examination of the Greek Noun μορφή in Philippians 2:6-7 (Baptist Bible Seminary).

- Sur les synonymes de μορφή [morphè] (voir p.74), cf. Pillon, Synonymes Grecs, Paris, 1847, pp. 475-476, §378, 379. Il y discute notamment σχῆμα, εἶδος, ἰδέα, μορφή, τύπος (comme nous !), et définit comme une "forme corporelle et sujette au changement, par opposition à εἶδος" et de citer : "καὶ τὸν Δία αὐτὸν μεταβαλεῖν τὴν μορφὴν εἰς περιστεράν" (Ætian. Var. H. I, 13). Puis il discute de μορφή en relation avec σῶμα, δέμας, ρέθεα, σκῆνος, σκήνωμα.



Shalom
Theokratik
00venerdì 6 luglio 2012 17:24
Re:
barnabino, 06/07/2012 11.07:

Sull'argomento esiste la tesi di laurea del biblista francese Didier Fontaine che ha analizzato a fondo l'argomento

www.areopage.net/Philippiens_2_6.html

Molto interessante, qualcuno l'ha letto? In fondo dice:

- Joseph H. Hellerman, "Μορφη Θεου As A Signifier Of Social Status In Philippians 2:6" (JETS 52.4, 12/2009, pp. 777-797)

- D. Fabricatore, Form of God, Form of a Servant: An Examination of the Greek Noun Morphe in Philippians 2:6-7 (University Press of America, 2010), basé sur sa thèse : A Lexical, Exegetical, and Theological Examination of the Greek Noun μορφή in Philippians 2:6-7 (Baptist Bible Seminary).

- Sur les synonymes de μορφή [morphè] (voir p.74), cf. Pillon, Synonymes Grecs, Paris, 1847, pp. 475-476, §378, 379. Il y discute notamment σχῆμα, εἶδος, ἰδέα, μορφή, τύπος (comme nous !), et définit comme une "forme corporelle et sujette au changement, par opposition à εἶδος" et de citer : "καὶ τὸν Δία αὐτὸν μεταβαλεῖν τὴν μορφὴν εἰς περιστεράν" (Ætian. Var. H. I, 13). Puis il discute de μορφή en relation avec σῶμα, δέμας, ρέθεα, σκῆνος, σκήνωμα.



Shalom



Chiedere ad Azzurra 7 di tradurlo e renderlo in lingua italiana, no? [SM=g27987]

Comunque dove si trova nella pagina le citazioni che hai fatto?

dom@
00venerdì 6 luglio 2012 18:14
Re:
Daniel.A., 7/5/2012 7:55 PM:

come analizzate il versetto di Filippesi 2:6


6 ὃς ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων οὐχ ἁρπαγμὸν ἡγήσατο τὸ εἶναι ἴσα θεῷ



Se Gesu' e' Dio. come Gesu' non sa il giono e' lora che viene la fine [SM=g1871115]

Matteo 24:36

"Esortazione alla vigilanza
«Ma quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo

Lo sa non vuole dircelo [SM=g7350]


Theokratik
00venerdì 6 luglio 2012 18:42
Re: Re:
Theokratik, 06/07/2012 17.24:



Comunque dove si trova nella pagina le citazioni che hai fatto?




Ah ok, visto, scusa....

Riguardo Filippesi, ma se forma di Dio, vuol dire che era essenza di Dio, allora quando prese forma di uno schiavo, era essenza di uno schiavo?

Direi che perlomeno è molto strana,come interpretazione...


la_verita
00venerdì 6 luglio 2012 21:11
Re: Re: Re:
Theokratik, 06/07/2012 18.42:



Ah ok, visto, scusa....

Riguardo Filippesi, ma se forma di Dio, vuol dire che era essenza di Dio, allora quando prese forma di uno schiavo, era essenza di uno schiavo?

Direi che perlomeno è molto strana,come interpretazione...






Per "schiavo" si sott'intende "uomo" ovviamente, il figlio che ha la natura di Dio si svuota di questa unica condizione per assumere anche la natura umana, da vero Dio diventa anche vero uomo, ed in questo stato sceglie di non avvalersi del suo essere anche Dio, é una rinuncia temporanea che si concluderà alla fine della sua missione, quando come uomo si sottometterà a suo padre e "Dio sarà tutto in tutti " ecco perché per rispondere a Doma, non conosceva determinate cose e agiva in tutto e per tutto da figlio, egli non era sulla terra come Dio onniscente, ma come vero uomo.
Dio si fa uomo per permettere agli uomini di partecipare alla natura divina e solo lui lo può fare perché solo lui é vero Dio e vero uomo, egli é l'unico anello di congiunzione tra il Creatore e la creatura proprio perché è creatore in quanto Dio e creatura in quanto uomo.
Aquila-58
00venerdì 6 luglio 2012 21:12
Re: Re: Re: Re:
la_verita, 06/07/2012 21.11:




Per "schiavo" si sott'intende "uomo" ovviamente, il figlio che ha la natura di Dio si svuota




Morfei theou non significa manco lontanamente "natura di Dio", ma, banalmente, nella forma di Dio, stai vaneggiando.......


la_verita
00venerdì 6 luglio 2012 21:20
Re: Re: Re: Re: Re:
Aquila-58, 06/07/2012 21.12:




Morfei theou non significa manco lontanamente "natura di Dio", ma, banalmente, nella forma di Dio, stai vaneggiando.......






Interessante e che forma avrà mai Dio? Dicci aquila cosí lo misuriamo...
Aquila-58
00venerdì 6 luglio 2012 21:26
Re: Re: Re: Re: Re: Re:
la_verita, 06/07/2012 21.20:




Interessante e che forma avrà mai Dio? Dicci aquila cosí lo misuriamo...



che cosa errata!
le tre ricorrenze neotestamentarie di Morphè (Marco 16:12; Filipp. 2:6,7) indicano che il sostantivo ha a che fare con l' aspetto, la forma, non la sostanza divina metafisica, e indica null' altro la forma dell' esistenza preumana di Cristo, ergo, Egli era spirito purissimo, come il Padre.....


la_verita
00venerdì 6 luglio 2012 23:01
Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:

Aquila-58, 06/07/2012 21.26:



che cosa errata!
le tre ricorrenze neotestamentarie di Morphè (Marco 16:12; Filipp. 2:6,7) indicano che il sostantivo ha a che fare con l' aspetto, la forma, non la sostanza divina metafisica, e indica null' altro la forma dell' esistenza preumana di Cristo, ergo, Egli era spirito purissimo, come il Padre.....






E che forma o aspetto potrà mai avere uno spirito?
Che forma potrà mai avere Dio?
È ovvio che nel caso della deità la morphe é la natura, del resto il logos si fa carne prende natura umana ed é usata la stessa parola, ma se per l'uomo acquisisce natura umana é ovvio che nel primo caso morphe indicava la natura di Dio.
Dire che Dio abbia una "forma esteriore" o un "aspetto" é risible...
Ti consiglio di leggere il grande Bultmann:






Aquila-58
00venerdì 6 luglio 2012 23:06
Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
la_verita, 06/07/2012 23.01:





E che forma o aspetto potrà mai avere uno spirito?
Che forma potrà mai avere Dio?
È ovvio che nel caso della deità la morphe é la natura, del resto il logos si fa carne prende natura umana ed é usata la stessa parola, ma se per l'uomo acquisisce natura umana é ovvio che nel primo caso morphe indicava la natura di Dio.
Dire che Dio abbia una "forma esteriore" o un "aspetto" é risible...
Ti consiglio di leggere il grande Bultmann:









E io ti consiglio di leggere la Bibbia, non gli esegeti trinitari!
Morphè ha a che fare con l' aspetto, non con la natura o sostanza divina in senso ontologico trinitario....altrimenti Paolo avrebbe usato i sostantivi physis e ousìa che aveva a completa disposizione, ma non lo usò.....per cui, lessicalmente e sulla base delle ricorrenze neotestamentarie, non si può dare a morphè null' altro che il significato che ha.
Possiamo chiamarla anche natura, se vogliamo, ma in senso biblico, e la Bibbia non va oltre la distinzione tra un essere spirituale e un essere carnale, per cui, per la Bibbia (ma non per il trinitario Bultmann, evidentemente...) avere la forma di Dio significa null' altro che essere spirito purissimo, esistere nella condizione di spirito purissimo, proprio come il Padre.

Adesso buona notte per davvero...

[SM=g1944981]


Theokratik
00sabato 7 luglio 2012 08:50
Re: Re: Re: Re:
la_verita, 06/07/2012 21.11:



Per "schiavo" si sott'intende "uomo" ovviamente



Chi lo sott'intende?

Per me sono evidenti contraddizioni come la seguente:



Anche qui: «morfh di servo»: non soltanto l'apparenza esterna d'un servo; ma «entrando nella condizione d'un servo vero e proprio». E questo douloV non vuol dire che Gesù diventasse «uno schiavo». Il «servo» accentua qui l'idea del servizio, della sottomissione, della subordinazione di Gesù a Dio, in contrasto con l'idea della sua uguaglianza con Lui. Il contrasto è dunque fra Gesù «vero Dio» ed «uguale a Dio» e Gesù «vero servo di Dio» «subordinato a Dio».


(Commentario di Parola .net)

Non leggo nella Bibbia dove Gesù è identificato con "vero Dio".

la_verita, 06/07/2012 21.11:


il figlio che ha la natura di Dio si svuota di questa unica condizione per assumere anche la natura umana, da vero Dio diventa anche vero uomo,



Ma cha abbia la natura divina io posso anche accettarlo,(anche se non lo si evince da questa scrittura, ma al massimo da Giovanni 1:1) il punto è quello che si intende per natura.
Il fatto che io sia della stessa natura umana di mio papà, non presuppone l'uguaglianza con lui. Sono uguale a lui solo nella forma (e umanamente nei diritti), ma mio padre per esempio è nato prima di me, quindi temporalmente c'è stato periodo in cui lui esisteva, io no.
Uguale uguale è nel caso di Gesù col Padre.

Che poi c'è da definir meglio i termini.
Si parla dell'uguaglianza con Dio, non col Padre. Se Dio è l'essenza di tre persone, quindi non una sola persona, come credete, c'è qualcosa che non va con i termini del versetto.
Il versetto parla di Dio come di una sola persona, distinta da colui che aveva la sua stessa forma.

Inutile dire che Dio identifica SOLO il Padre.


la_verita
00sabato 7 luglio 2012 09:31
Re: Re: Re: Re: Re:
Theokratik, 07/07/2012 08.50:



Ma cha abbia la natura divina io posso anche accettarlo,(anche se non lo si evince da questa scrittura, ma al massimo da Giovanni 1:1) il punto è quello che si intende per natura.
Il fatto che io sia della stessa natura umana di mio papà, non presuppone l'uguaglianza con lui. Sono uguale a lui solo nella forma (e umanamente nei diritti), ma mio padre per esempio è nato prima di me, quindi temporalmente c'è stato periodo in cui lui esisteva, io no.
Uguale uguale è nel caso di Gesù col Padre.

Che poi c'è da definir meglio i termini.
Si parla dell'uguaglianza con Dio, non col Padre. Se Dio è l'essenza di tre persone, quindi non una sola persona, come credete, c'è qualcosa che non va con i termini del versetto.
Il versetto parla di Dio come di una sola persona, distinta da colui che aveva la sua stessa forma.

Inutile dire che Dio identifica SOLO il Padre.






Ti pregherei di rileggerti il grande professore del NT Bultmann ma fallo molto attentamente...
In Filippesi ci sono due persone una chiamata Dio (il padre) e un'altra il figlio Il quale benché avesse la stessa morphê o natura di quel Dio padre, non prende in considerazione di tenersi stretta l'uguaglianza con quel Dio, ma sceglie di assumere anche la natura umana divenendo uomo, quindi da Dio diviene schiavo di Dio.
Per quanto riguarda il paragone che hai fatto tra te e tuo padre, che cosa avete in comune essendo umani? Cosa invece vi differenzia?
Cosa insomma puoi attribuire alla natura e cosa no?
La stessa cosa avviene nel caso del padre e del figlio divini, cosa possiamo attribuire alla natura in comune e come si differenziano come persone?
Il padre agisce sempre da padre e il figlio si comporta sempre da figlio, tutto procede dal padre, solo che la processione e la generazione a differenza delle creature, sono ab eterno.
barnabino
00sabato 7 luglio 2012 10:13
Caro Verità,


Ti pregherei di rileggerti il grande professore del NT Bultmann ma fallo molto attentamente...



Mi pare che non basti Bultmann per dire che qui morphè è sinonimo di eidos anche perché il Pillon dice esattamente il contrario e mi pare che anche il DENT sia piuttosto scettico con l'attribuire a morphè un senso filosofico.

Bultmann ad esempio dice che nella LXX morphè (dove compare 9 volte) verrebbe usato come sinonimo di eidos (idea) ma non fornisca alcun esempio di questo, anzi, a me sembra che non venga usato per Dio e sempre nel senso di forma di esistenza. In base a che cosa ritieni allora che Bultmann abbia ragione? Voglio dire a me i passi che lui prende con "metamorphoo" per dimostrare che morphè in Paolo sarebbe usato per indicare l'essenza in senso ontologico (se è quello che tu intendi) mi sembrano molto deboli.


In Filippesi ci sono due persone una chiamata Dio (il padre) e un'altra il figlio Il quale benché avesse la stessa morphê o natura di quel Dio padre, non prende in considerazione di tenersi stretta l'uguaglianza con quel Dio, ma sceglie di assumere anche la natura umana divenendo uomo, quindi da Dio diviene schiavo di Dio



Se mi permetti Geova non è solo "chiamato" Dio ma è Dio. Questo è il problema, per Paolo vi è un solo Dio e Padre di tutti e sopra tutti, per cui già questo esclude recisamente la possibilità che per Paolo esista un altra persona di Geova che non il solo Geova della shemà, capisci?

Anche su quel "tenersi stretta" l'uguaglianza c'è molto da dire, perché la parola usata non significa tenere stretto qualcosa che si possiede ma rubare qualcosa che non si possiede, infatti è usato harpagmos e la parola è la stessa da cui derivano le "arpie" note per derubare. Se stiamo al significato base Gesù non volle appropriarsi dell'uguaglianza con Dio, come invece cercò di fare Adamo o Satana.


Per quanto riguarda il paragone che hai fatto tra te e tuo padre, che cosa avete in comune essendo umani? Cosa invece vi differenzia?



Si, ma capisci che qui usciamo dalla Scrittura e andiamo alle speculazioni filosofiche… il problema non è che risposte diede la chiesa con i suoi dottori 4 secoli dopo, ma la risposta che ti avrebbe dato un pescatore palestinese nel I secolo, capisci? Non possiamo anacronisticamente ragionare partendo dal I secolo e ripercorrendo in due frasi le complesse tappe del dogma, ma domanda è: cosa si poteva capire, come erano lette da quelle frasi, prima del dogma e dell'intervento della metafisica? Ti è chiara la questione?

Perché è inutile che mi spieghi la trinità, la conosco, ma la domanda che tu fai "cosa abbiamo in comune come esseri umani" è valido in un certo contesto culturale, antropologico e religioso, che è quello ellenistico diverso da quello biblico, se per te ha un senso parlare di contesto biblico dato che mi citi Bultmann…


La stessa cosa avviene nel caso del padre e del figlio divini, cosa possiamo attribuire alla natura in comune e come si differenziano come persone?



Capisci che questa domanda è assurda per un ebreo. Dio non ha "figli" in senso metafisico nelle Scritture, i "figli" di Dio sono le sue creature, sono i saggi che sono vicini a lui. Non ci sono "figli di dio" in senso ontologico e pagano per cui i figli degli dei erano a loro volta dei per nascita, capisci? La logica biblica è un'altra.

Così vale per il concetto di Dio, Geova non è il Dio dei filosofi, definito dalla sua natura ma è un Dio personale, ben diverso dalla concezione greca. Dio ha un nome, Geova, ed è questo che lo rende unico e diverso, non c'è bisogno di definirne la "natura" perché la sua persona è unica, la Shemà dice che c'è "un solo Geova" e questo basta ed escludere ogni altro essere, senza speculazioni filosofiche sul suo essere, che invece si ponevano i filosofi greci.

Non a caso nel I secolo non c'è alcuna questione trinitaria, nessuno si chiede se Gesù è Geova perché è ovvio che Geova è il solo Geova e Gesù è il suo messia. Solo con le speculazioni filosofiche del II-III secolo si pone il problema della "natura" di Cristo e di Dio, e non si risolverà fino al VI secolo, e a dire il vero non è ancora del tutto risolto, perché utilizzando la filosofia ovviamente tutto è speculativo, Aristotele non pensa della natura di Dio e dell'uomo quello che pensa Platone o Plotino o gli Stoici, la dottrina del Logos interverrà ulteriormente a complicare le cose… insomma, attento a non leggere anacronisticamente il Vangelo, come de Paolo o Giovanni uscissero da Nicea piuttosto che da Gerusalemme!

Shalom
la_verita
00sabato 7 luglio 2012 10:32
Re:
barnabino, 07/07/2012 10.13:

Caro Verità,


Ti pregherei di rileggerti il grande professore del NT Bultmann ma fallo molto attentamente...



Mi pare che non basti Bultmann per dire che qui morphè è sinonimo di eidos anche perché il Pillon dice esattamente il contrario e mi pare che anche il DENT sia piuttosto scettico con l'attribuire a morphè un senso filosofico.

Bultmann ad esempio dice che nella LXX morphè (dove compare 9 volte) verrebbe usato come sinonimo di eidos (idea) ma non fornisca alcun esempio di questo, anzi, a me sembra che non venga usato per Dio e sempre nel senso di forma di esistenza. In base a che cosa ritieni allora che Bultmann abbia ragione? Voglio dire a me i passi che lui prende con "metamorphoo" per dimostrare che morphè in Paolo sarebbe usato per indicare l'essenza in senso ontologico (se è quello che tu intendi) mi sembrano molto deboli.


In Filippesi ci sono due persone una chiamata Dio (il padre) e un'altra il figlio Il quale benché avesse la stessa morphê o natura di quel Dio padre, non prende in considerazione di tenersi stretta l'uguaglianza con quel Dio, ma sceglie di assumere anche la natura umana divenendo uomo, quindi da Dio diviene schiavo di Dio



Se mi permetti Geova non è solo "chiamato" Dio ma è Dio. Questo è il problema, per Paolo vi è un solo Dio e Padre di tutti e sopra tutti, per cui già questo esclude recisamente la possibilità che per Paolo esista un altra persona di Geova che non il solo Geova della shemà, capisci?

Anche su quel "tenersi stretta" l'uguaglianza c'è molto da dire, perché la parola usata non significa tenere stretto qualcosa che si possiede ma rubare qualcosa che non si possiede, infatti è usato harpagmos e la parola è la stessa da cui derivano le "arpie" note per derubare. Se stiamo al significato base Gesù non volle appropriarsi dell'uguaglianza con Dio, come invece cercò di fare Adamo o Satana.


Per quanto riguarda il paragone che hai fatto tra te e tuo padre, che cosa avete in comune essendo umani? Cosa invece vi differenzia?



Si, ma capisci che qui usciamo dalla Scrittura e andiamo alle speculazioni filosofiche… il problema non è che risposte diede la chiesa con i suoi dottori 4 secoli dopo, ma la risposta che ti avrebbe dato un pescatore palestinese nel I secolo, capisci? Non possiamo anacronisticamente ragionare partendo dal I secolo e ripercorrendo in due frasi le complesse tappe del dogma, ma domanda è: cosa si poteva capire, come erano lette da quelle frasi, prima del dogma e dell'intervento della metafisica? Ti è chiara la questione?

Perché è inutile che mi spieghi la trinità, la conosco, ma la domanda che tu fai "cosa abbiamo in comune come esseri umani" è valido in un certo contesto culturale, antropologico e religioso, che è quello ellenistico diverso da quello biblico, se per te ha un senso parlare di contesto biblico dato che mi citi Bultmann…

Shalom




"tenersi stretto" é una traduzione possibilissima tanto quanto "rubare" di harpagmos, dire il contrario é disonesto Barnabino.
L'uguaglianza con Dio é implicita quando si dichiara che il figlio ha la morphê di Dio.
Anche se accettassi il significato di arpagmos con "rubare" cosa si intenderebbe con la frase "essendo di natura di Dio non considerò di rubare l'uguaglianza con Dio"? Se la natura è la stessa, l'unica cosa diversa sarebbe il ruolo proprio del padre: benché fosse Dio proprio come suo padre, l'unigenito Dio non penso mai di usurpare il ruolo proprio del padre, ma anzi si umiliò ancora di più divenendo anche carne.
Del resto come potrebbe mai una mera creatura poter solo pensare di poter rubare l'uguaglianza a Dio?
barnabino
00sabato 7 luglio 2012 10:51
Caro Verità,


"tenersi stretto" é una traduzione possibilissima tanto quanto "rubare" di harpagmos, dire il contrario é disonesto Barnabino



Permettimi di dissentire, direi che è disonesto non usare il significato più ovvio e sceglierne un altro dubbio. Nel NT tutte le parola dalla cui radice deriva harpagmos hanno invariabilmente il senso di derubare o prendere qualcosa, non capisco perché qui dobbiamo fare un'eccezione.

Vedi, per qualche ragione tutti i passi trinitari o pseudo tali (qui non si parla di spirito santo) sono sempre ambigui e richiedono una lettura contraria al paradigma giudico ma l'intervento di significati filosofici… sarà solo un caso?


L'uguaglianza con Dio é implicita quando si dichiara che il figlio ha la morphê di Dio



Si, ma che morhè qui sia usato per indicare l'essenza in senso ontologico è tutto da dimostrare, anche morphè nel suo senso più comune indica solo la condizione o forma di esistenza. Se stiamo ai significati più comuni e non cerchiamo interpretazioni filosofiche di morphè anche il senso più comune di harpagmos (furto, rapina) concorda.


Del resto come potrebbe mai una mera creatura poter solo pensare di poter rubare l'uguaglianza a Dio?



Esattamente come fece Adamo che volle diventare come Dio. E' chiaro che nelle Scritture non ha senso, come detto, l'idea di "natura divina" perché Geova non è caratterizzato come nella filosofia greca da una natura particolare, semplicemente c'è un solo Geova. Dunque una creatura può diventare Dio o Geova non in senso ontologico ma funzionale, per esempio decidendo da sé il bene ed il male, ovvero arrogandosi indebitamente delle prerogative divine. Se non capisci questo ti è difficile leggere le Scritture nel loro contesto giudaico.

Shalom

la_verita
00sabato 7 luglio 2012 11:00
Re:
barnabino, 07/07/2012 10.51:

Caro Verità,


"tenersi stretto" é una traduzione possibilissima tanto quanto "rubare" di harpagmos, dire il contrario é disonesto Barnabino



Permettimi di dissentire, direi che è disonesto non usare il significato più ovvio e sceglierne un altro dubbio. Nel NT tutte le parola dalla cui radice deriva harpagmos hanno invariabilmente il senso di derubare o prendere qualcosa, non capisco perché qui dobbiamo fare un'eccezione.

Vedi, per qualche ragione tutti i passi trinitari o pseudo tali (qui non si parla di spirito santo) sono sempre ambigui e richiedono una lettura contraria al paradigma giudico ma l'intervento di significati filosofici… sarà solo un caso?


L'uguaglianza con Dio é implicita quando si dichiara che il figlio ha la morphê di Dio



Si, ma che morhè qui sia usato per indicare l'essenza in senso ontologico è tutto da dimostrare, anche morphè nel suo senso più comune indica solo la condizione o forma di esistenza. Se stiamo ai significati più comuni e non cerchiamo interpretazioni filosofiche di morphè anche il senso più comune di harpagmos (furto, rapina) concorda.


Del resto come potrebbe mai una mera creatura poter solo pensare di poter rubare l'uguaglianza a Dio?



Esattamente come fece Adamo che volle diventare come Dio. E' chiaro che nelle Scritture non ha senso, come detto, l'idea di "natura divina" perché Geova non è caratterizzato come nella filosofia greca da una natura particolare, semplicemente c'è un solo Geova. Dunque una creatura può diventare Dio o Geova non in senso ontologico ma funzionale, per esempio decidendo da sé il bene ed il male, ovvero arrogandosi indebitamente delle prerogative divine. Se non capisci questo ti è difficile leggere le Scritture nel loro contesto giudaico.

Shalom





A parte il fatto che non capisco perché mai dovrei adattarmi alla concezione giudica di Dio quando il kerigma é stato annunciato a tutti, se dovessi tener conto di quello in cui credevano i giudei a quest'ora sarei ebreo e non cristiano...
Adamo voleva diventare SIMILE a Dio nel conoscere da se il bene e il male, non poteva ambire di certo ad altro, non aveva alcuna morphê divina lui....ma uno che era già Dio cosa poteva mai rubargli se non il ruolo proprio del padre?
Comunque sia in questo contesto "tenersi stretto" é più logico.
barnabino
00sabato 7 luglio 2012 11:32
Caro Verità,


A parte il fatto che non capisco perché mai dovrei adattarmi alla concezione giudica di Dio quando il kerigma é stato annunciato a tutti



Per la banale ragione che quella era la concezione che avevano di Dio Gesù, Paolo ed i suoi apostoli. Se non ci sono indicazioni contrarie, e non ne incontriamo, la concezione di Dio e quella più in generale antropologia, rimane quella della Legge ed i Profeti, non mi risulta che Gesù citasse i classici greci e Paolo l'accademia per spiegare che era Geova ai pagani, egli cita sempre e solo le Scritture, poiché agli ebrei Dio confidò i suoi sacri oracoli.


Adamo voleva diventare SIMILE a Dio nel conoscere da se il bene e il male, non poteva ambire di certo ad altro, non aveva alcuna morphê divina lui....



Dipende dal senso che dai a morphè… come detto il senso di "essenza" è molto dubbio e la maggior parte di dizionari lo ritiene poco probabile. Sei tu che dovresti dimostrare che Paolo lo usa nel senso filosofico (e poi quello di Platone o quello di Aristotele?). Insomma se vuoi assumere un significato speciale e tecnico dovresti anche dimostrarne la plausibilità.

Come detto è ovvio che nelle Scritture quando si dice che Gesù era accusato di "farsi dio" o "uguale a dio" non significa che lo si accusasse di farsi ontologicamente Dio in persona ma di arrogarsi delle prerogative divine. Se letto in quel contesto il passo di Paolo è ben chiaro ai giudei: Gesù benché esistente nella condizione divina glorificata accanto a Geova non volle arrogarsi delle prerogative divine, diventando indipendente da Dio, ma piuttosto fu disposto ad ubbidire a Dio umiliandosi fino alla condizione umana, agendo come uno schiavo e morendo per noi.


ma uno che era già Dio cosa poteva mai rubargli se non il ruolo proprio del padre? Comunque sia in questo contesto "tenersi stretto" é più logico



Però presuppone di leggere tutti i termini nel loro senso meno comune… la spiegazione che ti ho dato oltre ad usare i termini nel loro senso più comune si inserisce perfettamente nel paradigma del I secolo senza richiedere alcuna spiegazione metafisica ulteriore (la doppia natura del V secolo) per non cadere nell'eresia… capisci la differenza?

Shalom
la_verita
00sabato 7 luglio 2012 11:55
Re:
barnabino, 07/07/2012 11.32:

Caro Verità,


A parte il fatto che non capisco perché mai dovrei adattarmi alla concezione giudica di Dio quando il kerigma é stato annunciato a tutti



Per la banale ragione che quella era la concezione che avevano di Dio Gesù, Paolo ed i suoi apostoli. Se non ci sono indicazioni contrarie, e non ne incontriamo, la concezione di Dio e quella più in generale antropologia, rimane quella della Legge ed i Profeti, non mi risulta che Gesù citasse i classici greci e Paolo l'accademia per spiegare che era Geova ai pagani, egli cita sempre e solo le Scritture, poiché agli ebrei Dio confidò i suoi sacri oracoli.


Adamo voleva diventare SIMILE a Dio nel conoscere da se il bene e il male, non poteva ambire di certo ad altro, non aveva alcuna morphê divina lui....



Dipende dal senso che dai a morphè… come detto il senso di "essenza" è molto dubbio e la maggior parte di dizionari lo ritiene poco probabile. Sei tu che dovresti dimostrare che Paolo lo usa nel senso filosofico (e poi quello di Platone o quello di Aristotele?). Insomma se vuoi assumere un significato speciale e tecnico dovresti anche dimostrarne la plausibilità.

Come detto è ovvio che nelle Scritture quando si dice che Gesù era accusato di "farsi dio" o "uguale a dio" non significa che lo si accusasse di farsi ontologicamente Dio in persona ma di arrogarsi delle prerogative divine. Se letto in quel contesto il passo di Paolo è ben chiaro ai giudei: Gesù benché esistente nella condizione divina glorificata accanto a Geova non volle arrogarsi delle prerogative divine, diventando indipendente da Dio, ma piuttosto fu disposto ad ubbidire a Dio umiliandosi fino alla condizione umana, agendo come uno schiavo e morendo per noi.


ma uno che era già Dio cosa poteva mai rubargli se non il ruolo proprio del padre? Comunque sia in questo contesto "tenersi stretto" é più logico



Però presuppone di leggere tutti i termini nel loro senso meno comune… la spiegazione che ti ho dato oltre ad usare i termini nel loro senso più comune si inserisce perfettamente nel paradigma del I secolo senza richiedere alcuna spiegazione metafisica ulteriore (la doppia natura del V secolo) per non cadere nell'eresia… capisci la differenza?

Shalom




Se per "paradigma del primo secolo" intendi gli ebrei vagli a leggere filippesi e vedi se non ti linciano per bestemmia.
Devi prendere atto che specialmente con Giovanni ed in parte Paolo ci si è ampiamente allontanati da quel benedetto paradigma giudaico e le ripetute accuse di bestemmia ne sono la prova evidente.
Leggi gli stessi versi ad un ebreo moderno e guarda la sua reazione.
Dove la Bibbia smentisce o contraddice la trinità barnabino?
Dimostrami che sbaglio alla luce delle scritture, vedrai che non ci potrai mai riuscire.
Aquila-58
00sabato 7 luglio 2012 12:09
Re: Re:
la_verita, 07/07/2012 11.55:




Se per "paradigma del primo secolo" intendi gli ebrei vagli a leggere filippesi e vedi se non ti linciano per bestemmia.
Devi prendere atto che specialmente con Giovanni ed in parte Paolo ci si è ampiamente allontanati da quel benedetto paradigma giudaico e le ripetute accuse di bestemmia ne sono la prova evidente.
Leggi gli stessi versi ad un ebreo moderno e guarda la sua reazione.
Dove la Bibbia smentisce o contraddice la trinità barnabino?
Dimostrami che sbaglio alla luce delle scritture, vedrai che non ci potrai mai riuscire.




ma è molto semplice, sai. Leggi il post che ho scritto a Diego, e vedi che mancano le basi bibliche minime per formulare una trinità consostanziale, non vado a ripetermi.
La discussione è: CHI E' GESU?
Vai a leggere....


barnabino
00sabato 7 luglio 2012 13:09
Caro Verità,


Se per "paradigma del primo secolo" intendi gli ebrei vagli a leggere filippesi e vedi se non ti linciano per bestemmia



Proprio quello che il punto, che nel I secolo né Paolo né gli altri cristiani vengono linciati per bestemmia per aver detto quelle parole, che pure a quanto pare erano parte della liturgia. Non leggiamo di controversie tra ebrei cristiani o cristiani ed ebrei sulla bestemmia contro la Shemà, capisci che proprio per questo la tua lettura che finisce per equiparare addirittura nell'essenza, e dunque personalmente, Gesù con Geova poco credibile, perché né gli Atti né le Lettere ne portano traccia.


Devi prendere atto che specialmente con Giovanni ed in parte Paolo ci si è ampiamente allontanati da quel benedetto paradigma giudaico e le ripetute accuse di bestemmia ne sono la prova evidente



Ma la bestemmi non è certo di andare contro la shemà… dimmi dove Paolo viene accusato di una cosa del genere, a me non risulta.


Dove la Bibbia smentisce o contraddice la trinità barnabino?



Capisci che è una richiesta assurda, perché mai le Scritture dovrebbero smentire una spiegazione data tre secoli dopo servendosi della metafisica greca e altri concetti sconosciuti agli scrittori biblici? Quello che tu dovresti dimostrare non è che la trinità è compatibile con certi passi biblici, ma che gli scrittori del I secolo avessero in mente la metafisica quando usarono certe espressioni, capisci? Ovvio che a posteriori puoi dare una lettura anacronistica di certi passi, ma il vero problema è, se prescindiamo dalla metafisica greca, da Atanasio, ecc... che cosa credeva di Gesù e su Gesù un ebreo del I secolo?

Semmai sei tu che dovresti dimostrare che io mi sbaglio, perché tu leggi un testo del I secolo con la tesa del IV secolo, dunque è proprio il tuo metodo inconsistente, mentre noi usiamo concetti del I secolo, conosciuti agli scrittori e lettori...

Shalom
la_verita
00sabato 7 luglio 2012 14:27
Re:
barnabino, 07/07/2012 13.09:

Caro Verità,


Se per "paradigma del primo secolo" intendi gli ebrei vagli a leggere filippesi e vedi se non ti linciano per bestemmia



Proprio quello che il punto, che nel I secolo né Paolo né gli altri cristiani vengono linciati per bestemmia per aver detto quelle parole, che pure a quanto pare erano parte della liturgia. Non leggiamo di controversie tra ebrei cristiani o cristiani ed ebrei sulla bestemmia contro la Shemà, capisci che proprio per questo la tua lettura che finisce per equiparare addirittura nell'essenza, e dunque personalmente, Gesù con Geova poco credibile, perché né gli Atti né le Lettere ne portano traccia.


Devi prendere atto che specialmente con Giovanni ed in parte Paolo ci si è ampiamente allontanati da quel benedetto paradigma giudaico e le ripetute accuse di bestemmia ne sono la prova evidente



Ma la bestemmi non è certo di andare contro la shemà… dimmi dove Paolo viene accusato di una cosa del genere, a me non risulta.


Dove la Bibbia smentisce o contraddice la trinità barnabino?



Capisci che è una richiesta assurda, perché mai le Scritture dovrebbero smentire una spiegazione data tre secoli dopo servendosi della metafisica greca e altri concetti sconosciuti agli scrittori biblici? Quello che tu dovresti dimostrare non è che la trinità è compatibile con certi passi biblici, ma che gli scrittori del I secolo avessero in mente la metafisica quando usarono certe espressioni, capisci? Ovvio che a posteriori puoi dare una lettura anacronistica di certi passi, ma il vero problema è, se prescindiamo dalla metafisica greca, da Atanasio, ecc... che cosa credeva di Gesù e su Gesù un ebreo del I secolo?

Semmai sei tu che dovresti dimostrare che io mi sbaglio, perché tu leggi un testo del I secolo con la tesa del IV secolo, dunque è proprio il tuo metodo inconsistente, mentre noi usiamo concetti del I secolo, conosciuti agli scrittori e lettori...

Shalom




Negli atti gli ebrei volevano addirittura uccidere i cristiani, non ci sono i particolari ma sicuramente il predicare che Gesù di Nazareth era il "solo Signore" o colui che aveva "la morphê di Dio e che non considerò una rapina il suo essere uguale a Dio" o il chiamarlo "il Signore che al principio fondò i cieli e la terra" o addirittura il logos esistente dal principio: Dio come il Padre, avrà contribuito di certo a tale sanguinosa persecuzione.
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