Giobbe 19:26 traduzione esatta

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DUEL.
00giovedì 12 gennaio 2012 16:12

Riporto alcune traduzioni il cui significato cambia drasticamente

TNM Giobbe 19:26
E dopo la mia pelle, [che] hanno portato via, questo!
Benché ridotto nella mia carne contemplerò Dio,

Parola del Signore
e, distrutta la mia pelle, distrutto il mio corpo, io stesso vedrò DIO

Nuova Riveduta
E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo,
senza la mia carne, vedrò Dio.

CEI
Dopo che questa mia pelle sarà distrutta,
senza la mia carne, vedrò Dio.

Nuova Diodati
Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, nella mia carne vedrò Dio

TNM apparte le altre lasciano intendere che dopo la morte Giobbe avrebbe visto DIO
Addirittura la Diodati dice che con il corpo Giobbe Vedrà DIO

Qual'è la traduzione corretta?
LeonardoN
00giovedì 12 gennaio 2012 16:48
Re:
DUEL., 12/01/2012 16.12:


Riporto alcune traduzioni il cui significato cambia drasticamente

TNM Giobbe 19:26
E dopo la mia pelle, [che] hanno portato via, questo!
Benché ridotto nella mia carne contemplerò Dio,

Parola del Signore
e, distrutta la mia pelle, distrutto il mio corpo, io stesso vedrò DIO

Nuova Riveduta
E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo,
senza la mia carne, vedrò Dio.

CEI
Dopo che questa mia pelle sarà distrutta,
senza la mia carne, vedrò Dio.

Nuova Diodati
Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, nella mia carne vedrò Dio

TNM apparte le altre lasciano intendere che dopo la morte Giobbe avrebbe visto DIO
Addirittura la Diodati dice che con il corpo Giobbe Vedrà DIO

Qual'è la traduzione corretta?



Un forum ebraico risponde così, leggi il link seguente:

forumbiblico.forumfree.it/?t=1484575#entry19752759

La traduzione letterale per questo ebreo colto dovrebbe essere questa:

dietro la mia pelle tagliarono questa e dalla mia carne vedrò D-o.

Mi pare che confermi quello che in altre parole è la resa della TNM!

Ciao, Leo
barnabino
00giovedì 12 gennaio 2012 19:54
Il testo è piuttosto difficile, la traduzione dell'ebreo Chouraqui è:

"dietro la mia pelle, che essi tagliano; nella mia carne, io contemplo Eloha"

I traduttori discutono se la "visione" di Dio sia da collocare durante la vita terrena di Giobbe o dopo la sua morte e perciò i primo traducono "nella mia carne" ed i secondi "senza la mia carne". Entrambe le traduzioni sono possibili, in teoria, e così spesso i traduttori sono influenzati dalle loro concezioni teologiche ed antropologiche. Per evitare una traduzione anacronistica si dovrebbe tener conto della concezione antropologica all'epoca in cui il testo fu scritto, poiché questa non conosceva l'idea di un'esistenza cosciente dopo la morte la traduzione "nella mia carne" sembrerebbe quella più aderente al testo come concepito dall'autore.

Shalom
speculator
00mercoledì 7 marzo 2012 22:12

Barnabino riferisce: dietro la mia pelle, che essi tagliano; nella mia carne, io contemplo Eloha

Leonardo N riporta: dietro la mia pelle tagliarono questa e dalla mia carne vedrò Dio.

Tutte le traduzioni citate da Duel hanno pelle distrutta e "vedrò" al futuro

da questo chiedo: l'ebraico non aveva differenza scritta per il futuro ed il presente del verbo vedere-contemplare?

Lo stesso dicasi per "tagliarono" e "tagliano"

Azzardo:
dopo che (essi) tagliano la mia pelle (dovendosi togliere le pustole purolenti), questa (carne, il coltello arriva alla carne), nella mia carne io contemplo Dio.

dopo essere stato ferito nella pelle e nella carne nella mia carne vedo dio.
L' Apostolo
00venerdì 9 marzo 2012 10:23
La NUOVISSIMA VERSIONE DELLA BIBBIA Edizioni Paoline ha una nota in calce a questo passo dove spiega chiaramente, parafraso, che: 'Non si deve intendere che Giobbe credesse nell'immortalità dell'anima, era una dottrina da lui non conosciuta, bensì che Giobbe si aspettava la salvezza da Dio in punto di morte'.

Alla fine del Libro di Giobbe, Giobbe parlando con Dio dice "Ora il mio occhio realmente ti vede!". Era ancora vivo, ma scampato dalla morte. Ecco è così che Giobbe si aspettava di vedere Dio Onnipotente. L'agire di Dio in suo favore, in questa vita per salvarlo, e Lo vide.
L' Apostolo
00venerdì 9 marzo 2012 10:26
D' altra parte, secondo il polymetis-pensiero, il libro di Giobbe fa parte di quella tradizione ebraica, pre-esilio babilonese, che non credeva all'immortalità, credenza adottata nel post-esilio e sviluppata nel pensiero neotestamentario cristiano...questo, ovviamente non è vero, ma è il cattolicissimo pensiero di Polymetis.
L' Apostolo
00venerdì 9 marzo 2012 10:34
Interpretare questo versetto nel senso dell'immortalità dell'anima è un classico esempio di come si può errare se non si conosce il pensiero e la cultura dell'epoca e si adattono figure semantiche postume a modi di dire e vedere le cose antecedenti. Così succede con la parola "anima", così succede con "stauros"...e così via....


Giobbe poteva benissimamente dire "Senza la mia carne vedrò Dio" e intendere tutt'altro rispetto a quanto possiamo richiamare alla mente noi oggi. Giobbe si aspettava che nel deperimento fisico che porta alla morte, al punto di essere una larva umana, senza carne, con la pelle attaccata alle ossa, Dio sarebbe intervenuto a salvarlo, e così fu. [SM=g27988]
L' Apostolo
00venerdì 9 marzo 2012 11:14
Così nella Bibbia, Mosè, un angelo e lo stesso Gesù, possono essere chiamati "DIO", senza per questo credere che chi all'epoca leggeva pensasse ad una Trinità. E Geova può essere chiamato Dio degli dèi senza per questo credere che il lettore pensasse ad una sorta di Zeus.
christofer2006
00venerdì 9 marzo 2012 15:33
Re:
L' Apostolo, 09/03/2012 10.23:

La NUOVISSIMA VERSIONE DELLA BIBBIA Edizioni Paoline ha una nota in calce a questo passo dove spiega chiaramente, parafraso, che: 'Non si deve intendere che Giobbe credesse nell'immortalità dell'anima, era una dottrina da lui non conosciuta, bensì che Giobbe si aspettava la salvezza da Dio in punto di morte'.

Alla fine del Libro di Giobbe, Giobbe parlando con Dio dice "Ora il mio occhio realmente ti vede!". Era ancora vivo, ma scampato dalla morte. Ecco è così che Giobbe si aspettava di vedere Dio Onnipotente. L'agire di Dio in suo favore, in questa vita per salvarlo, e Lo vide.




Ottima spiegazione. Sulla stessa linea anche il noto biblista, ora cardinale, Gianfranco Ravasi. Nel suo commento a Giobbe scrive che non: "è possibile accogliere l'idea avanzata da alcuni (G. Holscher) secondo cui Giobbe proclamerebbe la sopravvivenza oltre la morte ("con questa pelle in rovina, senza carne") della sola anima, possibilità inaccettabile per l'antropologia biblica che vede un'assoluta unità psico-fisica nell'uomo".

Anche secondo lui l'esegesi più corretta è che "Giobbe, ridotto allora a pelle e ossa, vicino alla polvere della tomba, sentirà la parola giudicatrice e liberatrice di Dio. Questa speranza anticipa l'incontro finale risolutivo tra Dio e il sofferente" (Gianfranco Ravasi, Il libro di Giobbe, 1997, Rizzoli, pp. 126,127)

P.S.
x Apostolo.

La tua è una citazione fedele o solo una parafrasi? Nel secondo caso puoi riportare le parole esatte e i riferimenti? (mi servirebbe da inserire nel mio archivio, quindi fedeltà assoluta nella citazione e nei riferimenti!) Grazie...
barnabino
00venerdì 9 marzo 2012 17:23
La citazione della Novissima è:


Per quanto mal ridotto, Giobbe vedrà questo suo Vendicatore che è vivo, cioè presente. Egli non annuncia una resurrezione (sa che è assurdo il desiderio di nascondersi temporaneamente nello sheol), e tanto meno una vuta felice dell'anima dopo la morte (una verità che avrebbe distrutto il dramma stesso di Giobbe, cf Sp 3). Egli è certo invece dell'intervento di Dio a suo favore in questa vita, fosse pure nell'ultimo istante



Sarei però curioso di leggere come è tradotto nell'ultima edizione.

Interessante anche la nota della TOB (Traduzione Ecumenica della Bibbia) :


TOB traduce: nella mia carne, e sostiene che le traduzioni: al di fuori della mia carne o senza la mia carne non sono giustificate dall'uso preposizione ebraica min con un verbo di percezione. - Benché in 14,12 l'eventualità di una risurrezione fisica apparisse a Giobe come una speranza che contraddiceva l'esperienza, ora proclama la certezza dell'intervento del suo redentore. Questa certezza trasforma in articolo di fede la prospettiva della sua risurrezione; cf Introd.

I vv. 25-25 sono tradotti così dalla Vg.: Poiché io so che il mio redentore vive e che all'ultimo giorno risorgerò dalla terra e di nuovo mi rivestirò della mia pelle; e nella mia carne vedrò Dio



Dunque mi pare che la traduzione, che non fa dire a Giobbe che una volta morto avrebbe visto Dio fuori dalla carne, sia in linea con l'esegesi più moderna di questo passo, come già detto di difficile comprensione a meno di non parafrasarlo, cosa che la TNM preferisce non fare, cercando di lasciarlo il più letterale possibile e mettendo in nota anche le alternative: “Benché fuori della mia carne”, o, “Benché separato dalla mia carne”. Francamente io trovo le critiche fatte a questo passa del tutto fuori luogo.

Shalom

L' Apostolo
00venerdì 9 marzo 2012 17:53
Re: Re:
christofer2006, 09/03/2012 15.33:




Ottima spiegazione. Sulla stessa linea anche il noto biblista, ora cardinale, Gianfranco Ravasi. Nel suo commento a Giobbe scrive che non: "è possibile accogliere l'idea avanzata da alcuni (G. Holscher) secondo cui Giobbe proclamerebbe la sopravvivenza oltre la morte ("con questa pelle in rovina, senza carne") della sola anima, possibilità inaccettabile per l'antropologia biblica che vede un'assoluta unità psico-fisica nell'uomo".

Anche secondo lui l'esegesi più corretta è che "Giobbe, ridotto allora a pelle e ossa, vicino alla polvere della tomba, sentirà la parola giudicatrice e liberatrice di Dio. Questa speranza anticipa l'incontro finale risolutivo tra Dio e il sofferente" (Gianfranco Ravasi, Il libro di Giobbe, 1997, Rizzoli, pp. 126,127)

P.S.
x Apostolo.

La tua è una citazione fedele o solo una parafrasi? Nel secondo caso puoi riportare le parole esatte e i riferimenti? (mi servirebbe da inserire nel mio archivio, quindi fedeltà assoluta nella citazione e nei riferimenti!) Grazie...




Grazie Cristopher, per il resto ha riportato Barnabino, la mia era una parafrasi, digito dal lavoro e non ho bibbie al seguito [SM=g1944981]
barnabino
00venerdì 9 marzo 2012 22:45
Il fatto è che il senso è disputato, per cui mi chiedo su quali basi si "condanni" la TNM (che per altro traduce in modo molto letterale ma corretto) senza appello tacciandola di pregiudizio teologico e manipolazione proprio laddove la scelta è assolutamente coerente con l'esegesi più moderna.

Shalom [SM=g7556]
Aquila-58
00venerdì 9 marzo 2012 22:54
Re:
barnabino, 09/03/2012 22.45:

Il fatto è che il senso è disputato, per cui mi chiedo su quali basi si "condanni" la TNM (che per altro traduce in modo molto letterale ma corretto) senza appello tacciandola di pregiudizio teologico e manipolazione proprio laddove la scelta è assolutamente coerente con l'esegesi più moderna.

Shalom [SM=g7556]



Tra l' altro, vediamo bene la traduzione CEI:

Giobbe 19:26:

"Dopo che questa pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio".


Quindi, fanno comprendere i ceiani con questa traduzione, Giobbe dopo la morte avrebbe visto Dio tramite un "quid" immortale spirituale che avrebbe proseguito l' esistenza (probabilmente come refain, come ombra, nello sceol....).

Ma leggiamo il versetto successivo, il 27:

"Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro"

Non ci si può quindi riferire alla vita dopo la morte di un "quid" immortale spirituale, altrimenti il "vedere Dio" (secondo come lo intendono lor signori) non potrebbe essere prerogativa del solo Giobbe......




barnabino
00venerdì 9 marzo 2012 23:21
Per altro la nota della Novissima dice che l'idea di una vita felice dell'anima dopo la morte "avrebbe distrutto il dramma stesso di Giobbe".

Shalom
L' Apostolo
00lunedì 12 marzo 2012 10:08
Re: Re:
Aquila-58, 09/03/2012 22.54:



Tra l' altro, vediamo bene la traduzione CEI:

Giobbe 19:26:

"Dopo che questa pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio".


Quindi, fanno comprendere i ceiani con questa traduzione, Giobbe dopo la morte avrebbe visto Dio tramite un "quid" immortale spirituale che avrebbe proseguito l' esistenza (probabilmente come refain, come ombra, nello sceol....).

Ma leggiamo il versetto successivo, il 27:

"Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro"

Non ci si può quindi riferire alla vita dopo la morte di un "quid" immortale spirituale, altrimenti il "vedere Dio" (secondo come lo intendono lor signori) non potrebbe essere prerogativa del solo Giobbe......








Tra l'altro la CEI aggiunge:


Giobbe 42:5-6

5 Io ti conoscevo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono.
6 Perciò mi ricredo
e ne provo pentimento sopra polvere e cenere.




Ecco cosa intendeva lo scrittore di Giobbe, quando parlava di vedere Dio. La Bibbia stessa si spiega.
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