La Turchia “legalizza” la preghiera del venerdì negli uffici pubblici

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(SimonLeBon)
00mercoledì 6 gennaio 2016 22:25
Il premier Davutoglu pronto a varare una legge. Nel Paese c’è chi teme il rischio islamizzazione
marta ottaviani
istanbul

Per la Turchia è stato un inizio di anno certo poco divertente. Dopo gli aumenti sulle sigarette e gli alcolici, adesso sono arrivate anche le parole del premier Ahmet Davutoglu, pronto a varare una legge che “legalizzerà” il diritto a pregare il venerdì negli uffici pubblici. Una cosa fino a qualche anno fa impensabile nella Turchia moderna fondata da Mustafa Kemal Atatürk, musulmana di credo, ma con codici e stile di vita ispirato all’Occidente.

Attacco alla laicità

La notizia è riportata su molti quotidiani della Mezzaluna, con toni ovviamente differenti. Se quelli vicino al governo esultano, gli altri temono che si tratterà di un ulteriore motivo di divisione in un Paese che ne aveva già abbastanza e parlano senza mezzo termini di attacco alla laicità dello Stato. Davutoglu ha sottolineato che il provvedimento non cambierà l’orario di lavoro, semplicemente darà a chi la desidera la possibilità di andare a pregare. Eppure per molti è proprio qui che sta il problema. Se il quotidiano islamico Yeni Akit parla di «una attesa buona notizia», Hurriyet e Cumhuriyet, le due testate più libere rimaste in circolazione nel Paese, temono possibili episodi di discriminazione e indottrinamento indiretto. Con il provvedimento infatti sarà molto più riconoscibile chi non pratica l’Islam e segue un’altra religione o anche solo semplicemente chi non è un credente praticante.

Rischio islamizzazione

L’Akp, il Partito islamico-moderato fondato dal presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan e alla guida del Paese dal 2002, da anni tenta, in modo formale e sostanziale, di rendere più conservatori e religiosi i costumi del Paese. Anni fa Bulent Arinc, uno dei massimi dirigenti dell’Akp, aveva chiesto che il venerdì fosse considerato giorni festivo nel parlamento, ma ricevette una secca risposta dall’opposizione e un monito dalla magistratura e dai militari. Ora che i due grandi poteri dello Stato kemalista sono indeboliti e infiltrati, Erdogan e i suoi sembrano avere gioco facile. Ma l’obiettivo di cambiare le abitudini della gente si vede anche nella vita quotidiana.

Il richiamo a fare almeno tre figli da parte del presidente e, quattro anni fa, il tentativo di cambiare la legge sull’aborto hanno portato non poche polemiche. L’ultima notizia, solo in ordine di tempo, è l’ennesimo aumento delle tasse sul tabacco e sugli alcolici. Un modo per fare cassa, ma soprattutto per disincentivare abitudini non proprie dei musulmani devoti. La decisione però rischia di incrementare un fenomeno che in Turchia ha preso piede da qualche anno e che colpisce soprattutto i giovani: l’utilizzo di alcolici prodotti clandestinamente, più economici di quelli originali ma che nel 2015 hanno provocato decine di vittime.
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