The Astonishing: due ore e dieci di saga ambientata nel 2285
Recensire un disco dei Dream Theater non è mai semplice. Se poi ci troviamo al cospetto di un concept-album diviso in due atti, con una durata superiore ai centoventi minuti e una pagina web dedicata alla descrizione di personaggi e ambientazioni, l’impresa può rivelarsi ancor più titanica del previsto. Già dal titolo, “The Astonishing”, si intuisce come la band a stelle e strisce abbia davvero voluto sorprenderci con un’opera di livello assoluto, al pari di quanto fecero al tempo i Pink Floyd con “The Wall” o i The Who con “Quadrophenia”, o ancora i Queensrÿche con “Operation: Mindcrime”. La domanda che sorge spontanea è, quindi, se i Dream Theater abbiano raggiunto il proprio obiettivo. Forse non riusciremo a rispondere nelle poche righe a disposizione per questa recensione, ma ci proveremo.
Partiamo innanzitutto dai numeri di questo “The Astonishing”: 34 brani, 2 ore e 11 minuti di musica, una storia ambientata nell’anno 2285 (in un’America governata da un regime assolutista e tecnocratico), 8 personaggi principali, tra i quali spiccano il malvagio Imperatore Nafaryus e il ribelle Gabriel, giovane dotato di un dono raro e, proprio per tale ragione, considerato pericoloso da chi detiene il potere. “The Gift of Music”, traccia che dà inizio alla storia (dopo le strumentali “Descent of the Nomacs” e “Dystopian Overture”), è appunto incentrata sulle capacità di Gabriel di creare musica che abbia ancora un cuore e un’anima, in un mondo in cui gli unici suoni “autorizzati” sono quelli prodotti dai droni Nomacs, macchine volanti che con i loro rumori elettronici scandiscono il trascorrere delle giornate nel nuovo mondo.
Sulle abilità strumentali dei cinque membri del gruppo non c’è molto da aggiungere a quanto già è stato detto e scritto: le evoluzioni tecniche di John Petrucci e compagni non sono mai uno sterile esercizio di stile, ma bensì un intreccio di partiture complesse al servizio di una linea melodica sempre riconoscibile ed esaltata dalla voce di un James LaBrie che migliora e si arricchisce di nuove sfumature con il passare degli anni. Paradossalmente però, i brani di “The Astonishing” che meglio si distinguono all’interno dell’opera sono quelli più lineari, come “When Your Time Has Come” e “Begin Again”, semi-ballate che potrebbero addirittura apparire banali per una band come i Dream Theater, ma che nella loro semplicità ne esaltano tutta la classe e la finezza compositiva. La cosa non sorprende, in quanto è proprio la natura stessa del concept-album a richiedere un’attenzione e una serie ripetuta di ascolti prima di poter ricordare un certo passaggio di chitarra, una strofa o un ritornello, e questa, forse, è l'incognita principale in un lavoro come “The Astonishing”. E qui torniamo alla domanda di cui sopra: i Dream Theater hanno realizzato un disco sorprendente, meraviglioso e unico, il cui limite non risiede nel suo contenuto ma in tutto ciò che lo circonda, ovvero una società frenetica, virtuale, assuefatta allo streaming da classifica, rapido e innocuo. Una società che, sotto certi aspetti, non sembra poi così diversa da quella raccontata in questo piccolo capolavoro
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