Per i fissati dell'ostracismo

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Angelo Serafino53
00martedì 5 luglio 2022 11:45

di Massimo Introvigne


Esistono diversi miti riguardo allo shunning. Presenta delle eccezioni, ad esempio nel caso di familiari conviventi. È doloroso sia per chi lo applica sia per chi vi è sottoposto. Il suo scopo è proteggere i credenti e indurre i peccatori al pentimento.



La disassociazione di Sonia nel video dei Testimoni di Geova dal titolo “Sosteniamo lealmente la giustizia di Geova. Evitiamo i peccatori impenitenti”, che spiega le ragioni dello shunning. Fonte: jw.org.

Che cos’è lo shunning? I media spesso si affidano alle narrazioni degli ex membri. Come ho spiegato altrove, non tutti gli ex membri di una religione diventano “apostati”, e in verità la maggior parte non lo diventa. I ricercatori nel campo della religione impiegano “apostata” come termine tecnico per designare quegli ex membri che diventano oppositori militanti della religione che hanno abbandonato. Poiché questi si sono uniti a gruppi ostili il cui scopo è criticare e, se possibile, distruggere la religione cui appartenevano, le loro storie, seppur non prive di interesse, sono ovviamente affette da pregiudizi. I sociologi le hanno spesso descritte come “racconti di atrocità”, il cui primo obiettivo è essere usate come armi contro la religione cui si apparteneva.

Generalmente gli studiosi dei nuovi movimenti religiosi non credono che tutto quello che un apostata riferisce sia falso per definizione. I racconti degli apostati debbono essere presi in considerazione e analizzati. Ma è certo che non tutto quello che gli apostati affermano corrisponde al vero, e impiegarli quale unica fonte di informazioni riguardo a una data religione darebbe luogo solo a valutazioni affette da pregiudizio, se non caricaturali.



Ciò è vero anche quando si esaminano le narrazioni riguardanti lo shunning. Come ha osservato George Chryssides, uno dei principali studiosi in campo accademico che si occupa dei Testimoni di Geova, a volte alcuni ex membri apostati e degli autoproclamatisi “esperti di sette” che si affidano ai loro racconti narrano storie che spaziano dall’“inverosimile” all’“assurdo”.

Che cosa avviene in realtà? Nel caso degli ex testimoni di Geova che sono stati disassociati o si sono dissociati — ho chiarito il significato di questi concetti nel precedente articolo di questa serie —, all’adunanza infrasettimanale della loro congregazione viene fatto il seguente annuncio: “Tal dei tali non è più testimone di Geova”.

Alcuni dei “racconti di atrocità” narrati dagli apostati e menzionati da Chryssides asseriscono che in questo caso l’ex membro disassociato sarebbe “cacciato di casa con solo qualche bene personale come un vecchio furgone, senza soldi per la benzina, e trovandosi perciò a dormire sotto un ponte”. Questo sarebbe forse un buon copione per un film drammatico, ma non corrisponde a verità.

Nelle FAQ pubblicate sul sito ufficiale dei Testimoni di Geova, jw.org, nel 2020, si legge: “Che dire se un uomo viene disassociato ma la moglie e i figli continuano a essere Testimoni di Geova? Dal punto di vista religioso le cose cambiano, ma i legami di sangue restano inalterati”.

Nel libro “Mantenetevi nell’amore di Dio” (2008), anch’esso pubblicato dai Testimoni, si legge: “Poiché la disassociazione non pone fine ai vincoli familiari, le attività e i rapporti quotidiani tra i membri della famiglia possono continuare. Tuttavia, con il suo comportamento il disassociato ha scelto di troncare il legame spirituale che lo univa alla famiglia. Pertanto i familiari leali a Dio non hanno più con lui rapporti di natura spirituale. Per esempio, anche se fosse presente quando la famiglia si riunisce per lo studio della Bibbia, non vi prenderebbe parte attiva”.

La Torre di Guardia del 15 aprile 1991 affermava: “Se un disassociato vive insieme ai suoi familiari cristiani, continuerà ad avere rapporti normali con loro e a partecipare alle attività quotidiane della famiglia”.

Ciò non rappresenta una novità; era già stato illustrato nella Torre di Guardia del 1° agosto 1974, la cui versione italiana è del 15 gennaio 1975: “Giacché le relazioni di parentela e quelle coniugali non sono annullate da un provvedimento di disassociazione della congregazione, la situazione in seno alla cerchia familiare richiede speciale considerazione. La donna il cui marito è stato disassociato non è esonerata dall’esigenza scritturale di rispettare la sua autorità di marito su di lei; solo la morte o il divorzio scritturale dal marito le reca tale libertà. (Rom. 7:1-3; Mar. 10:11, 12) Similmente il marito non è esonerato dall’amare sua moglie come ‘una sola carne’ con lui anche se ella è disassociata. (Matt. 19:5, 6; Efes. 5:28-31)”.

La Torre di Guardia del 15 aprile 1988 affermava nuovamente che “un disassociato o dissociato può continuare a vivere a casa con la moglie cristiana e i figli fedeli. Il rispetto verso i giudizi di Dio e il provvedimento preso dalla congregazione spingerà la moglie e i figli a riconoscere che con la sua condotta egli ha alterato il legame spirituale che precedentemente li univa. Ma, dato che la sua disassociazione non pone fine al vincolo coniugale o alla parentela, i normali rapporti familiari e affettivi possono continuare”.

Nonostante la chiarezza di tali disposizioni, i racconti sensazionalistici degli apostati talvolta riferiscono di coniugi o di figli adulti disassociati cacciati di casa dai familiari.

Tuttavia, dopo un esame approfondito, è risultato che tali eventi non sono connessi a disaccordi in campo religioso bensì riguardano individui dal comportamento riprovevole le cui abitudini violente, l’abuso di alcool o la condotta scandalosa o deliberatamente provocatoria avevano reso impossibile e persino pericolosa la convivenza con i familiari. Alcune di queste persone, pur essendo state disassociate proprio per il loro comportamento violento, “dimenticano” opportunamente di includere questo dettaglio nei loro racconti. In tali casi, la persona violenta sarebbe stata cacciata di casa dai familiari a prescindere dalla religione di questi ultimi, e i tribunali non avrebbero avuto nulla da obiettare.

Questo non significa che i Testimoni di Geova non prendano sul serio lo shunning. Nel caso di familiari non conviventi esso è rigorosamente applicato. Lo stesso numero della Torre di Guardia del 15 aprile 1988 spiegava che, al contrario di quanto avviene nel caso dei familiari conviventi, “La situazione è diversa se il disassociato o dissociato è un parente che vive fuori di casa o non è dell’immediata cerchia familiare. Potrebbe essere possibile non avere quasi nessun contatto col parente. Anche se eventuali questioni di famiglia richiedessero qualche contatto, è certo che questi contatti dovrebbero essere mantenuti al minimo”.


Lo stesso vale per i rapporti di lavoro con membri disassociati o dissociati. Ai Testimoni di Geova non è richiesto di interromperli, ma è loro consigliato di limitarli alle interazioni e alle conversazioni che hanno come oggetto il lavoro, evitando in particolare di parlare in alcun modo di religione. Mostrare disprezzo per tali indicazioni violandole ostentatamente può essere di per sé causa di azione giudiziaria; i Testimoni di Geova si riferirebbero a ciò che 2 Giovanni 11 dice riguardo agli apostati: “chi [li] saluta partecipa alle [loro] opere perverse”.

Come ha osservato Chryssides, “la disassociazione non è un provvedimento inteso a favorire l’insensibilità”, e menziona un esempio, riportato nella Torre di Guardia, di una donna disassociata che si ritrovi con una gomma a terra. In questo caso, ai membri è stato raccomandato di aiutarla, ed è stato detto loro che rifiutarsi di assisterla “sarebbe inutilmente scortese e disumano” e denoterebbe la “mancanza di una veduta equilibrata” quando alla comprensione del principio che sta dietro allo shunning. Questo è ancora più vero quando si tratta di familiari disassociati che sono malati o anziani e che hanno bisogno di assistenza. I Testimoni di Geova insegnano che lo shunning non fa cessare il dovere dei familiari di prestare assistenza.

Questo fa risaltare una differenza tra lo shunning praticato dai Testimoni di Geova e la “morte sociale” che si è menzionata nel primo articolo di questa serie e che è praticata da alcuni gruppi ultraortodossi in seno all’ebraismo. L’espressione “morte sociale” fu coniata nei primi anni del XX secolo dagli studiosi dell’ebraismo per definire la versione dello herem applicata tra gli ebrei ultraortodossi. Impiegare l’espressione in riferimento ai Testimoni di Geova non ha fondamento; essa è usata dagli apostati e dagli attivisti anti-sette solo per attirare l’attenzione dei media e dei loro lettori.

I Testimoni di Geova riconoscono che lo shunning è doloroso. Ad esempio, nell’edizione per lo studio della Torre di Guardia dell’ottobre 2017 si afferma: “Anche se questo potrebbe farci soffrire, dobbiamo evitare contatti non necessari con un familiare disassociato [non convivente] attraverso telefonate, messaggi, lettere, e-mail o social network”.

A soffrire non sono solo gli ex membri disassociati. Sebbene i racconti degli apostati e degli attivisti anti-sette non menzionino questo aspetto, gli studiosi che hanno intervistato i Testimoni di Geova che rimangono tali (anziché solamente gli apostati) sanno quanto sia doloroso per loro avere un familiare o un intimo amico che è stato disassociato.

Il dolore può essere legato allo shunning, che i Testimoni di Geova considerano un dovere imposto dalla Bibbia, e può essere accresciuto a causa dei motivi per cui è praticato lo shunning, ad esempio nel caso di un marito crudele che è stato disassociato per aver picchiato sfacciatamente la moglie o per averla tradita senza aver poi mostrato alcun pentimento.


Per i Testimoni di Geova lo shunning deriva da chiare indicazioni presenti nella Bibbia, in particolare in 1 Corinti 5:9–13 e 2 Giovanni 9–11. Per provare questo i Testimoni citano storici autorevoli i quali affermano chiaramente che nei primi secoli i cristiani praticavano lo shunning, come ho menzionato nel primo articolo di questa serie. I Testimoni non ritengono che sarebbe giusto modificare o non osservare questi precetti biblici.

Tuttavia ritengono anche che la Bibbia non possa insegnare nulla di nocivo, e che quello divino sia un piano d’amore. Per quanto doloroso, lo shunning ha lo scopo non solo di proteggere i credenti ma anche di far sì che i peccatori tornino in sé e si pentano. Gli anziani, a meno che questo non sia gradito, possono visitare i membri disassociati per dare consiglio nella speranza che essi si pentano e tornino nella congregazione.

Persino gli oppositori riconoscono che un’alta percentuale di ex testimoni di Geova disassociati sono infine riassociati. Ipotizzano che gli ex membri chiedano di essere riassociati non perché siano convinti delle dottrine e delle pratiche dei Testimoni di Geova ma soltanto per evitare di subire lo shunning. Mi chiedo come facciano gli oppositori a saperlo. In ultima analisi, si tratta di una questione filosofica antica quanto l’umanità. I testimoni di Geova disassociati si pentono perché hanno intrapreso un percorso di genuina conversione o lo fanno solo per evitare le conseguenze della disassociazione? Noi rispettiamo le leggi perché siamo bravi cittadini o solo per evitare la punizione? Chi può dirlo con certezza?

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bitterwinter.org/testimoni-di-geova-3-shunning-teoria-e-...
1107
00giovedì 7 luglio 2022 13:39
Angelo Serafino53, 05/07/2022 11:45:


di Massimo Introvigne


Esistono diversi miti riguardo allo shunning. Presenta delle eccezioni, ad esempio nel caso di familiari conviventi. È doloroso sia per chi lo applica sia per chi vi è sottoposto. Il suo scopo è proteggere i credenti e indurre i peccatori al pentimento.



La disassociazione di Sonia nel video dei Testimoni di Geova dal titolo “Sosteniamo lealmente la giustizia di Geova. Evitiamo i peccatori impenitenti”, che spiega le ragioni dello shunning. Fonte: jw.org.

Che cos’è lo shunning? I media spesso si affidano alle narrazioni degli ex membri. Come ho spiegato altrove, non tutti gli ex membri di una religione diventano “apostati”, e in verità la maggior parte non lo diventa. I ricercatori nel campo della religione impiegano “apostata” come termine tecnico per designare quegli ex membri che diventano oppositori militanti della religione che hanno abbandonato. Poiché questi si sono uniti a gruppi ostili il cui scopo è criticare e, se possibile, distruggere la religione cui appartenevano, le loro storie, seppur non prive di interesse, sono ovviamente affette da pregiudizi. I sociologi le hanno spesso descritte come “racconti di atrocità”, il cui primo obiettivo è essere usate come armi contro la religione cui si apparteneva.

Generalmente gli studiosi dei nuovi movimenti religiosi non credono che tutto quello che un apostata riferisce sia falso per definizione. I racconti degli apostati debbono essere presi in considerazione e analizzati. Ma è certo che non tutto quello che gli apostati affermano corrisponde al vero, e impiegarli quale unica fonte di informazioni riguardo a una data religione darebbe luogo solo a valutazioni affette da pregiudizio, se non caricaturali.



Ciò è vero anche quando si esaminano le narrazioni riguardanti lo shunning. Come ha osservato George Chryssides, uno dei principali studiosi in campo accademico che si occupa dei Testimoni di Geova, a volte alcuni ex membri apostati e degli autoproclamatisi “esperti di sette” che si affidano ai loro racconti narrano storie che spaziano dall’“inverosimile” all’“assurdo”.

Che cosa avviene in realtà? Nel caso degli ex testimoni di Geova che sono stati disassociati o si sono dissociati — ho chiarito il significato di questi concetti nel precedente articolo di questa serie —, all’adunanza infrasettimanale della loro congregazione viene fatto il seguente annuncio: “Tal dei tali non è più testimone di Geova”.

Alcuni dei “racconti di atrocità” narrati dagli apostati e menzionati da Chryssides asseriscono che in questo caso l’ex membro disassociato sarebbe “cacciato di casa con solo qualche bene personale come un vecchio furgone, senza soldi per la benzina, e trovandosi perciò a dormire sotto un ponte”. Questo sarebbe forse un buon copione per un film drammatico, ma non corrisponde a verità.

Nelle FAQ pubblicate sul sito ufficiale dei Testimoni di Geova, jw.org, nel 2020, si legge: “Che dire se un uomo viene disassociato ma la moglie e i figli continuano a essere Testimoni di Geova? Dal punto di vista religioso le cose cambiano, ma i legami di sangue restano inalterati”.

Nel libro “Mantenetevi nell’amore di Dio” (2008), anch’esso pubblicato dai Testimoni, si legge: “Poiché la disassociazione non pone fine ai vincoli familiari, le attività e i rapporti quotidiani tra i membri della famiglia possono continuare. Tuttavia, con il suo comportamento il disassociato ha scelto di troncare il legame spirituale che lo univa alla famiglia. Pertanto i familiari leali a Dio non hanno più con lui rapporti di natura spirituale. Per esempio, anche se fosse presente quando la famiglia si riunisce per lo studio della Bibbia, non vi prenderebbe parte attiva”.

La Torre di Guardia del 15 aprile 1991 affermava: “Se un disassociato vive insieme ai suoi familiari cristiani, continuerà ad avere rapporti normali con loro e a partecipare alle attività quotidiane della famiglia”.

Ciò non rappresenta una novità; era già stato illustrato nella Torre di Guardia del 1° agosto 1974, la cui versione italiana è del 15 gennaio 1975: “Giacché le relazioni di parentela e quelle coniugali non sono annullate da un provvedimento di disassociazione della congregazione, la situazione in seno alla cerchia familiare richiede speciale considerazione. La donna il cui marito è stato disassociato non è esonerata dall’esigenza scritturale di rispettare la sua autorità di marito su di lei; solo la morte o il divorzio scritturale dal marito le reca tale libertà. (Rom. 7:1-3; Mar. 10:11, 12) Similmente il marito non è esonerato dall’amare sua moglie come ‘una sola carne’ con lui anche se ella è disassociata. (Matt. 19:5, 6; Efes. 5:28-31)”.

La Torre di Guardia del 15 aprile 1988 affermava nuovamente che “un disassociato o dissociato può continuare a vivere a casa con la moglie cristiana e i figli fedeli. Il rispetto verso i giudizi di Dio e il provvedimento preso dalla congregazione spingerà la moglie e i figli a riconoscere che con la sua condotta egli ha alterato il legame spirituale che precedentemente li univa. Ma, dato che la sua disassociazione non pone fine al vincolo coniugale o alla parentela, i normali rapporti familiari e affettivi possono continuare”.

Nonostante la chiarezza di tali disposizioni, i racconti sensazionalistici degli apostati talvolta riferiscono di coniugi o di figli adulti disassociati cacciati di casa dai familiari.

Tuttavia, dopo un esame approfondito, è risultato che tali eventi non sono connessi a disaccordi in campo religioso bensì riguardano individui dal comportamento riprovevole le cui abitudini violente, l’abuso di alcool o la condotta scandalosa o deliberatamente provocatoria avevano reso impossibile e persino pericolosa la convivenza con i familiari. Alcune di queste persone, pur essendo state disassociate proprio per il loro comportamento violento, “dimenticano” opportunamente di includere questo dettaglio nei loro racconti. In tali casi, la persona violenta sarebbe stata cacciata di casa dai familiari a prescindere dalla religione di questi ultimi, e i tribunali non avrebbero avuto nulla da obiettare.

Questo non significa che i Testimoni di Geova non prendano sul serio lo shunning. Nel caso di familiari non conviventi esso è rigorosamente applicato. Lo stesso numero della Torre di Guardia del 15 aprile 1988 spiegava che, al contrario di quanto avviene nel caso dei familiari conviventi, “La situazione è diversa se il disassociato o dissociato è un parente che vive fuori di casa o non è dell’immediata cerchia familiare. Potrebbe essere possibile non avere quasi nessun contatto col parente. Anche se eventuali questioni di famiglia richiedessero qualche contatto, è certo che questi contatti dovrebbero essere mantenuti al minimo”.


Lo stesso vale per i rapporti di lavoro con membri disassociati o dissociati. Ai Testimoni di Geova non è richiesto di interromperli, ma è loro consigliato di limitarli alle interazioni e alle conversazioni che hanno come oggetto il lavoro, evitando in particolare di parlare in alcun modo di religione. Mostrare disprezzo per tali indicazioni violandole ostentatamente può essere di per sé causa di azione giudiziaria; i Testimoni di Geova si riferirebbero a ciò che 2 Giovanni 11 dice riguardo agli apostati: “chi [li] saluta partecipa alle [loro] opere perverse”.

Come ha osservato Chryssides, “la disassociazione non è un provvedimento inteso a favorire l’insensibilità”, e menziona un esempio, riportato nella Torre di Guardia, di una donna disassociata che si ritrovi con una gomma a terra. In questo caso, ai membri è stato raccomandato di aiutarla, ed è stato detto loro che rifiutarsi di assisterla “sarebbe inutilmente scortese e disumano” e denoterebbe la “mancanza di una veduta equilibrata” quando alla comprensione del principio che sta dietro allo shunning. Questo è ancora più vero quando si tratta di familiari disassociati che sono malati o anziani e che hanno bisogno di assistenza. I Testimoni di Geova insegnano che lo shunning non fa cessare il dovere dei familiari di prestare assistenza.

Questo fa risaltare una differenza tra lo shunning praticato dai Testimoni di Geova e la “morte sociale” che si è menzionata nel primo articolo di questa serie e che è praticata da alcuni gruppi ultraortodossi in seno all’ebraismo. L’espressione “morte sociale” fu coniata nei primi anni del XX secolo dagli studiosi dell’ebraismo per definire la versione dello herem applicata tra gli ebrei ultraortodossi. Impiegare l’espressione in riferimento ai Testimoni di Geova non ha fondamento; essa è usata dagli apostati e dagli attivisti anti-sette solo per attirare l’attenzione dei media e dei loro lettori.

I Testimoni di Geova riconoscono che lo shunning è doloroso. Ad esempio, nell’edizione per lo studio della Torre di Guardia dell’ottobre 2017 si afferma: “Anche se questo potrebbe farci soffrire, dobbiamo evitare contatti non necessari con un familiare disassociato [non convivente] attraverso telefonate, messaggi, lettere, e-mail o social network”.

A soffrire non sono solo gli ex membri disassociati. Sebbene i racconti degli apostati e degli attivisti anti-sette non menzionino questo aspetto, gli studiosi che hanno intervistato i Testimoni di Geova che rimangono tali (anziché solamente gli apostati) sanno quanto sia doloroso per loro avere un familiare o un intimo amico che è stato disassociato.

Il dolore può essere legato allo shunning, che i Testimoni di Geova considerano un dovere imposto dalla Bibbia, e può essere accresciuto a causa dei motivi per cui è praticato lo shunning, ad esempio nel caso di un marito crudele che è stato disassociato per aver picchiato sfacciatamente la moglie o per averla tradita senza aver poi mostrato alcun pentimento.


Per i Testimoni di Geova lo shunning deriva da chiare indicazioni presenti nella Bibbia, in particolare in 1 Corinti 5:9–13 e 2 Giovanni 9–11. Per provare questo i Testimoni citano storici autorevoli i quali affermano chiaramente che nei primi secoli i cristiani praticavano lo shunning, come ho menzionato nel primo articolo di questa serie. I Testimoni non ritengono che sarebbe giusto modificare o non osservare questi precetti biblici.

Tuttavia ritengono anche che la Bibbia non possa insegnare nulla di nocivo, e che quello divino sia un piano d’amore. Per quanto doloroso, lo shunning ha lo scopo non solo di proteggere i credenti ma anche di far sì che i peccatori tornino in sé e si pentano. Gli anziani, a meno che questo non sia gradito, possono visitare i membri disassociati per dare consiglio nella speranza che essi si pentano e tornino nella congregazione.

Persino gli oppositori riconoscono che un’alta percentuale di ex testimoni di Geova disassociati sono infine riassociati. Ipotizzano che gli ex membri chiedano di essere riassociati non perché siano convinti delle dottrine e delle pratiche dei Testimoni di Geova ma soltanto per evitare di subire lo shunning. Mi chiedo come facciano gli oppositori a saperlo. In ultima analisi, si tratta di una questione filosofica antica quanto l’umanità. I testimoni di Geova disassociati si pentono perché hanno intrapreso un percorso di genuina conversione o lo fanno solo per evitare le conseguenze della disassociazione? Noi rispettiamo le leggi perché siamo bravi cittadini o solo per evitare la punizione? Chi può dirlo con certezza?

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Il video di Sonia è stato impostato in modo sbagliato. Se i tdg volevano illustrare l'idea che non esiste l'ostracismo dovevano impostarlo in modo diverso. Perché la madre non risponde al telefono? Se la ragazza avesse avuto un incidente, o si fosse trovata in una brutta situazione? La madre non può certo sapere i motivi per cui la figlia ha telefonato.
Se il video è stato impostato in questo modo un motivo ci sarà.
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