Pietro fu mai a Roma?

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: [1], 2, 3
Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 22:24
Tratto da "la Torre di Guardia" del 1 aprile 1974, pag 220-223.


SE APPARTENETE alla Chiesa Cattolica Romana o ne conoscete gli insegnamenti, sapete che il suo fondamento dipende dall’esser Pietro stato a Roma. The Catholic Encyclopedia del 1911 dice: “Questo costituisce il fondamento storico della pretesa dei Vescovi di Roma al Primato apostolico di Pietro”.

Il fatto che si attribuisca tale grande importanza all’esser Pietro stato a Roma dà veramente ragione d’attendere che sia sostenuto da prove storiche degne di fede. The Catholic Encyclopedia afferma che questo accada, dicendo: “La residenza e la morte di S. Pietro a Roma sono stabilite al di là di ogni contesa giacché i fatti storici con una serie di distinte testimonianze si estendono dalla fine del primo alla fine del secondo secolo”. In modo simile, la New Catholic Encyclopedia osserva: “È assolutamente certo che Pietro trascorse a Roma i suoi ultimi anni”.

BABILONIA FU ROMA?

La più antica testimonianza addotta è quella di I Pietro 5:13: “Colei che è in Babilonia, eletta come voi, vi manda i suoi saluti”. Una nota in calce nella New American Bible, una moderna traduzione cattolica romana, identifica questa “Babilonia” come segue: “Roma la quale, come l’antica Babilonia, conquistò Gerusalemme e ne distrusse il tempio”. Tuttavia questa stessa traduzione cattolica riconosce che, se Pietro scrisse la lettera, “dovette avere una data anteriore al 64-67 d.C., periodo in cui ebbe luogo sotto Nerone la sua esecuzione”. Ma Gerusalemme non fu distrutta dai Romani fino all’anno 70 E.V. Al tempo in cui Pietro scrisse la sua lettera non esisteva dunque nessuna corrispondenza fra Babilonia e Roma.

Così l’idea che Babilonia significa Roma semplicemente è un’interpretazione, ma non è sostenuta dai fatti. Fu messa in dubbio perfino da eruditi cattolici romani dei secoli passati, compresi Pietro De Marca, Giovanni Battista Mantovano, Michele De Ceza, Marsile di Padova, Giovanni Aventino, Giovanni Leland, Carlo Du Moulin, Luigi Ellies Dupin e il noto Desiderio (Gerardo) Erasmo. Lo storico ecclesiastico Dupin scrisse:
“La Prima Epistola di Pietro ha la data di Babilonia. Molti antichi han compreso che quel nome significhi Roma; ma pare che non possa prevalere nessuna ragione secondo cui S. Pietro cambiasse il nome di Roma in quello di Babilonia. Come avrebbero potuto quelli ai quali scrisse capire che Babilonia era Roma?”

A parte i riferimenti a “Babilonia la Grande” nel libro di Rivelazione, una sola città è chiamata Babilonia nelle Sacre Scritture. Quella città è la Babilonia situata sull’Eufrate. Poté questa essere il luogo da cui Pietro scrisse?

Sì. Sebbene Babilonia declinasse dopo la sua caduta nelle mani dei Medi e dei Persiani, essa continuò a esistere. Ci fu una considerevole popolazione giudaica nella zona di Babilonia ai primi secoli dell’Èra Volgare. The International Standard Bible Encyclopedia dice: “Babilonia restò per secoli un fuoco di giudaismo orientale, e dalle considerazioni delle scuole rabbiniche fu elaborato nel 5° sec[olo] della nostra èra il Tal[mud] di Gerusalemme, e un sec[olo] dopo il Tal[mud] di Babilonia”.

Pietro dovette voler dire esattamente ciò che scrisse. Ciò si comprende chiaramente da una decisione che prese alcuni anni prima di scrivere la sua prima lettera ispirata. In un’adunanza con Paolo e Barnaba, convenne di continuare a dedicare i propri sforzi alla divulgazione del vangelo fra i Giudei. Leggiamo: “Avendo riconosciuto che a me [Paolo] era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi, come a Pietro era stato affidato quello dei circoncisi (poiché colui che era stato all’opera per mezzo di Pietro quale suo apostolo fra i Giudei era stato all’opera in me per i Gentili) e riconoscendo inoltre il favore che mi era stato conferito, quelli che erano le riconosciute colonne, Giacomo, Cefa e Giovanni, diedero a Barnaba e a me la stretta di mano d’associazione, volendo significare che noi dovessimo andare ai Gentili come essi ai Giudei”. (Gal. 2:7-9, New American Bible) Conforme a ciò, Pietro avrebbe ragionevolmente lavorato in un centro di giudaismo, come era Babilonia, anziché a Roma, con la sua prevalente popolazione gentile.

La pretesa che Pietro fosse a Roma non ha così nessuna base nella testimonianza della Bibbia stessa. Ma che dire di altri scritti antichi?

TESTIMONIANZA DI CLEMENTE

Clemente di Roma, del primo secolo E.V., è spesso presentato come uno che confermi la permanenza di Pietro a Roma. Egli scrisse:
“Poniamo dinanzi ai nostri occhi gli illustri apostoli. Pietro, per ingiusta invidia, sopportò non una o due, ma numerose fatiche; e quando ebbe a lungo subìto il martirio, si dipartì verso il luogo della gloria a lui dovuta. A causa dell’invidia, Paolo pure ottenne la ricompensa della paziente perseveranza, dopo essere stato sette volte gettato in cattività, costretto a fuggire e lapidato. Dopo aver predicato sia in oriente che in occidente, ottenne l’illustre reputazione dovuta alla sua fede, avendo insegnato la giustizia al mondo intero, ed essendo venuto all’estremo limite dell’occidente e avendo sofferto il martirio sotto i prefetti”.

Su questi commenti, l’erudito cattolico romano Lardner osservò:
“Da questi brani penso che si possa giustamente concludere che Pietro e Paolo furono martiri a Roma, al tempo della persecuzione di Nerone. Poiché soffrirono fra i Romani, dove Clemente era vescovo, e nel cui nome scriveva ai Corinti”.

Ma è realmente questo che Clemente disse? È vero che Clemente menziona sia Pietro che Paolo. Ma egli non dice in nessun luogo che entrambi subissero a Roma la morte da martiri. Si riferisce solo a Paolo che predicò “sia in oriente che in occidente”, implicando che Pietro non fu mai in occidente (servì, piuttosto, in oriente, a Babilonia). Così la testimonianza di Clemente in effetti contrasta l’idea che Pietro fosse a Roma.

TESTIMONIANZA DI IGNAZIO

Un’altra primitiva fonte citata a sostegno della residenza di Pietro a Roma è Ignazio, della fine del primo secolo e dell’inizio del secondo secolo E.V. Ignazio disse ai cristiani di Roma: “Non vi do, come Pietro e Paolo, comandamenti. Essi furono apostoli; io non sono che un uomo condannato”. Spiegando queste parole, The Catholic Encyclopedia dice: “Il significato di questa osservazione dev’essere che i due Apostoli faticarono personalmente a Roma, e con l’autorità apostolica vi predicarono il Vangelo”.

È corretta la conclusione della Catholic Encyclopedia? Disse Ignazio che Pietro e Paolo fossero a Roma? No, egli semplicemente dichiarò che, come apostoli, Paolo e Pietro avevano emanato comandamenti. Si ricordi che comandamenti possono essere emanati per mezzo di lettere, mediante messaggeri o anche verbalmente quando si è visitati da persone provenienti da altri luoghi. Non occorre che chi comanda sia personalmente presente in una particolare città.

TESTIMONIANZA DI IRENEO

Ma alcuni possono dire: Ah, ma non disse definitamente Ireneo che Pietro fu a Roma? Secondo gli scritti esistenti di Ireneo (secondo secolo E.V.), egli lo disse. Leggiamo: “Anche Matteo emanò un Vangelo scritto fra gli Ebrei nel loro proprio dialetto, mentre Pietro e Paolo predicavano a Roma, ponendo le fondamenta della Chiesa”. C’è anche un riferimento all’“universalmente nota Chiesa fondata e organizzata a Roma dai due più gloriosi apostoli, Pietro e Paolo”. Ciò nondimeno, Ireneo poté non fare queste dichiarazioni. Perché no? Perché gli originali scritti greci di Ireneo si son perduti. Queste parole attribuite a lui sono tradotte da una povera versione latina trovata circa centinaia d’anni dopo. Uno scriba latino poté facilmente aggiungere i punti inerenti a Pietro. Che ci fossero contraffazioni simili è ammesso da Luigi Ellies Dupin, storico ecclesiastico cattolico romano. Egli dice:
“I cattolici inventarono storie false, miracoli falsi e false vite di santi per nutrire e sostenere la pietà dei fedeli”.

La più forte evidenza contro le dichiarazioni che si pretende fossero fatte da Ireneo è il loro disaccordo con la Bibbia. Come appare evidente dalla lettera ai Romani, a Roma c’erano cristiani prima che in questa città vi giungesse l’apostolo Paolo. Ciò è riconosciuto nell’introduzione del libro ai Romani nella New American Bible cattolica:
“Poiché né la primitiva tradizione cristiana né la lettera di Paolo ai Romani menziona un fondatore della comunità cristiana a Roma, si può concludere che la fede cristiana venisse in questa città per mezzo di membri della comunità giudaica di Gerusalemme che erano convertiti cristiani”.

Né Pietro né Paolo, operando in Roma, fondarono lì la chiesa cristiana. Comunque, il giorno di Pentecoste del 33 E.V., Pietro parlò a “residenti temporanei di Roma, sia Giudei che proseliti”, in Gerusalemme. (Atti 2:10) Questa può essere la base delle tradizioni che attribuiscono a Pietro la fondazione della chiesa a Roma. Ma, come i fatti mostrano, non è una solida base su cui edificare la propria fede.

TESTIMONIANZA ARCHEOLOGICA

Così, l’apparente evidenza storica che Pietro stesse a Roma, dopo attento esame, risulta priva di ogni vero fondamento. Questo può anche dirsi della pretesa evidenza archeologica. Gli scavi hanno portato alla luce i resti di ciò che si pensa fosse un piccolo monumento funebre. Quelli che collegano questo monumento con la tomba di Pietro basano la loro conclusione sulla supposizione che egli fosse a Roma. Circa le ossa che furon trovate, la New Catholic Encyclopedia ci narra:
“L’esame anatomico e geologico indica che queste ossa sono del 1° secolo; fra loro sono le ossa di un uomo di grossa costituzione. Ma non c’è nessun modo di provare che fossero le ossa di S. Pietro”.

Pertanto non c’è nessuna solida evidenza, né archeologica né storica, per stabilire che Pietro stesse a Roma. L’evidenza della Bibbia mostra il contrario. La pretesa della Chiesa Cattolica Romana inerente al “Primato apostolico di Pietro” è perciò falsa!
Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 22:40
Tratto da "la Torre di Guardia" del 15 ottobre 1994, pag 27-30.


La tomba di Pietro è in Vaticano?

“LA TOMBA del Principe degli Apostoli è stata ritrovata” fu l’annuncio esultante di Pio XII trasmesso dai microfoni di Radio Vaticana. Era la fine del 1950, e da poco si era conclusa una complessa serie di scavi sotto la basilica di S. Pietro. Secondo alcuni, i risultati delle indagini archeologiche dimostravano che Pietro era veramente sepolto in Vaticano. Ma non tutti erano d’accordo.

Per i cattolici la chiesa di S. Pietro in Vaticano ha un significato particolare. “Il fulcro del pellegrinaggio a Roma è l’incontro con il successore di Pietro e la benedizione ricevuta da lui”, dice una guida cattolica, “perché Pietro è venuto a Roma e vi è stato sepolto”.1 Ma Pietro è veramente sepolto a Roma? La sua tomba si trova in Vaticano? Sono state trovate le sue ossa?

Un “giallo” archeologico

Gli scavi, intrapresi intorno al 1940 e durati una decina d’anni, sono stati al centro di molte polemiche. Cosa trovarono gli archeologi incaricati dal papa? Prima di tutto un cimitero pagano con parecchie tombe. In mezzo ad esse, proprio sotto l’attuale altare papale, identificarono un monumento a edicola (cioè con una nicchia atta a contenere una statua o un’immagine) addossato a un muro con intonaco rosso e chiuso da due muri laterali. Infine, venne alla luce piuttosto misteriosamente qualche resto umano che, si disse, proveniva da uno dei due muri laterali.

A quel punto cominciarono le interpretazioni. Secondo diversi studiosi cattolici, i ritrovamenti confermavano la tradizione secondo cui Pietro era venuto a Roma ed era morto martire sotto Nerone, forse nella persecuzione del 64 E.V. Qualcuno, anzi, arrivò a dire che i resti trovati erano quelli dell’apostolo, identificati anche da un graffito che, secondo una delle interpretazioni, diceva “Pietro è qui”. E, nel 1968, papa Paolo VI sembrò avallare questa ipotesi, dichiarando che erano stati ritrovati i “resti mortali di San Pietro, degni di tutta la nostra devozione e venerazione”.

Con le interpretazioni, tuttavia, sono arrivate anche le polemiche. Un archeologo cattolico, il gesuita Antonio Ferrua, che prese parte agli scavi vaticani ha affermato più volte di ‘non aver potuto pubblicare’ tutte le informazioni in suo possesso, le quali smentirebbero chi sostiene di aver identificato le reliquie di Pietro.2 Inoltre una guida di Roma, curata dal cardinale cattolico Paul Poupard e pubblicata nel 1991, diceva che “le ossa umane ritrovate sotto le fondamenta del Muro rosso non hanno rivelato, all’esame scientifico, alcun rapporto con l’apostolo Pietro”.3 Stranamente, nell’edizione successiva (sempre del 1991) la frase è stata tolta ed è stato invece aggiunto il capitolo: “Una certezza: Pietro a S. Pietro”.

Interpretazione dei reperti

È evidente che i reperti vanno interpretati e che, a seconda del punto di vista da cui li si guarda, possono dire cose diverse. Gli storici cattolici più autorevoli riconoscono infatti che “il problema storico dell’effettivo martirio a Roma di Pietro e quello del luogo della sua sepoltura sono ancora oggetto di dibattito”.4 Cosa rivelano i reperti?

Il monumento a edicola, stando a coloro che cercano conferme della tradizione cattolica, è il “trofeo” di cui parlava un certo Gaio, un religioso vissuto ai primi del III secolo. Secondo Eusebio di Cesarea, storico ecclesiastico del IV secolo, Gaio si diceva in grado di ‘mostrare il trofeo di Pietro sul Vaticano’. I fautori della tradizione sostengono che l’apostolo venne sepolto lì, sotto quello che è stato poi chiamato “trofeo di Gaio”. Altri, però, interpretano diversamente i risultati degli scavi e fanno notare che i primi cristiani prestavano scarsa attenzione alla sepoltura dei loro morti e che, anche supponendo che Pietro fosse stato giustiziato lì, sarebbe stato molto improbabile poterne ricuperare il corpo. (Vedi il riquadro a pagina 29).

Per alcuni, poi, il “trofeo di Gaio” (sempre che quello sia il reperto rinvenuto) non era una tomba, ma un monumento eretto a ricordo di Pietro verso la fine del II secolo e che solo in seguito “finì per essere ritenuto un monumento funebre”.5 Secondo il teologo Oscar Cullmann, perciò, gli “scavi vaticani non permettono affatto di identificare una tomba di Pietro”.6

E le ossa? Va detto, in primo luogo, che la loro effettiva provenienza è tuttora un enigma. Poiché nel I secolo sul colle Vaticano sorgeva una necropoli pagana, i resti umani vi abbondano e ne sono stati infatti ricuperati parecchi. Il graffito incompleto (probabilmente del IV secolo) che secondo alcuni identifica il luogo in cui si trovavano le reliquie può al massimo riferirsi “alla presunta presenza delle ossa di Pietro”.7 Molti epigrafisti, oltretutto, ritengono che la scritta possa addirittura significare ‘Pietro non è qui’.8

Una ‘tradizione poco attendibile’

“Le fonti più antiche e attendibili non menzionano il luogo del martirio [di Pietro], ma quelle più tarde e meno attendibili sono praticamente concordi nell’indicare l’area vaticana”, dice lo storico Daniel W. M. O’Connor. Chi cerca la tomba di Pietro in Vaticano si fonda perciò su tradizioni poco attendibili. “Allorché le reliquie assunsero grande importanza”, dice O’Connor, “i cristiani finirono per credere sinceramente che il [trofeo] . . . di Pietro indicasse precisamente il suo sepolcro”.9

Queste tradizioni si svilupparono di pari passo col culto antiscritturale delle reliquie. Dal III-IV secolo in poi, nella lotta per la supremazia “spirituale” le varie sedi ecclesiastiche usarono reliquie (vere o false) per far valere la propria autorità, con vantaggi anche economici. Così i pellegrini si recavano sul presunto sepolcro di Pietro, convinti del potere miracoloso dei suoi resti. Alla fine del VI secolo, ad esempio, i devoti gettavano sulla “tomba” pezzetti di stoffa di cui determinavano prima il peso. “Fatto straordinario”, dice un resoconto dell’epoca, “se la fede del supplice è forte, la stoffa ripresa da sopra la tomba si impregna talmente di virtù divina che pesa più di prima”.10 Questo dà un’idea del livello di credulità dell’epoca.

Nel corso dei secoli leggende come questa, unite a tradizioni prive di fondamento, contribuirono moltissimo ad accrescere il prestigio della basilica vaticana. Ci furono però anche voci dissenzienti. Nei secoli XII e XIII i valdesi condannavano questi eccessi e, Bibbia alla mano, spiegavano che Pietro non era mai stato a Roma. Lo stesso fecero secoli dopo esponenti della Riforma protestante. E ancora nel XVIII secolo famosi pensatori ritenevano la tradizione infondata storicamente e scritturalmente, un punto di vista tuttora sostenuto da studiosi rispettabili, cattolici e non.

Pietro morì a Roma?

Pietro, umile pescatore della Galilea, non pensava certo a un proprio primato sugli anziani della primitiva comunità cristiana, visto che si definì un “anziano come loro”. (1 Pietro 5:1-6, CEI) L’umile figura di Pietro contrasta con lo sfarzo di cui è stata circondata la sua presunta tomba, come può notare chiunque visiti la basilica che sorge sul colle Vaticano.

Per affermare la propria supremazia sulle altre confessioni cristiane, la Chiesa Cattolica ha cercato di accreditare la tradizione ‘tarda e poco attendibile’ secondo cui Pietro risiedette per qualche tempo a Roma. È curioso, però, che secondo altre tradizioni antiche l’apostolo fu sepolto non sul Vaticano, ma altrove a Roma. Ma perché non attenersi ai fatti indicati dalla Bibbia, l’unica fonte che dà notizie di prima mano su Pietro? Dalla Parola di Dio è chiaro che Pietro, conformemente al mandato ricevuto dal corpo direttivo della congregazione cristiana a Gerusalemme, svolse la sua opera nella parte orientale del mondo antico, inclusa Babilonia. — Galati 2:1-9; 1 Pietro 5:13; confronta Atti 8:14.

L’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma verso il 56 E.V., salutò una trentina di componenti di quella congregazione, senza menzionare neppure una volta Pietro. (Romani 1:1, 7; 16:3-23) Poi, tra il 60 e il 65 E.V., Paolo scrisse da Roma sei lettere, nelle quali non si parla di Pietro, una solida prova indiziaria che Pietro non era lì. (Confronta 2 Timoteo 1:15-17; 4:11). L’attività di Paolo a Roma viene descritta nella conclusione del libro di Atti, ma ancora una volta, non si fa alcun cenno a Pietro. (Atti 28:16, 30, 31) Perciò, a meno che non si voglia difendere a tutti i costi una tesi precostituita, un esame obiettivo delle testimonianze bibliche non può che portare alla conclusione che Pietro non ha predicato a Roma.

Il “primato” del papato, perciò, si fonda su tradizioni non attendibili e sull’applicazione errata di certi passi biblici. Gesù, non Pietro, è il fondamento del cristianesimo. ‘Cristo è il capo della congregazione’, dice Paolo. (Efesini 2:20-22; 5:23) È Gesù Cristo che Geova ha mandato per benedire e salvare chi ha fede. — Giovanni 3:16; Atti 4:12; Romani 15:29; vedi anche 1 Pietro 2:4-8.

A chi si reca su quella che sinceramente ritiene essere la tomba di Pietro per ‘incontrare il suo successore’ si pone perciò il problema se dar credito a ‘tradizioni poco attendibili’ o alla fidata Parola di Dio. Poiché vogliono che la loro adorazione piaccia a Dio, i cristiani ‘guardano attentamente al Perfezionatore della loro fede, Gesù’, e al perfetto esempio che lui ci ha lasciato da seguire. — Ebrei 12:2; 1 Pietro 2:21.

Riferimenti bibliografici

 1. Paul Poupard, Guida a Roma, Piemme, Casale Monferrato, 1991, pp. 5, 10.

 2. Antonio Ferrua, “La tomba di San Pietro”, in La Civiltà Cattolica, 3 marzo 1990, pp. 460-7; “Pietro in Vaticano”, in La Civiltà Cattolica, 17 marzo 1984, pp. 573-81.

 3. Paul Poupard, op. cit., p. 20.

 4. Giuseppe Alberigo, Il cristianesimo in Italia, Laterza, Bari, 1989, p. 10.

 5. Daniel W. M. O’Connor, “Peter in Rome: A Review and Position”, in Christianity, Judaism and Other Greco-Roman Cults, a cura di J. Neusner, Leida, 1975, parte II, p. 160.

 6. G. Kittel, Grande Lessico del Nuovo Testamento, continuato da G. Friedrich, ed. italiana a cura di F. Montagnini, G. Scarpat, O. Soffritti, Paideia, Brescia, 1965-1988, vol. X, coll. 158-60.

 7. Daniel O’Connor, op. cit., p. 159.

 8. Supplément au Dictionnarie de la Bible, a cura di L. Pirot, A. Robert, H. Cazelles & A. Feuillet, Letouzey & Ané, Parigi, 1966, vol. 7, coll. 1397-400; O. Cullmann, Il primato di Pietro, “San Pietro. Discepolo-Apostolo-Martire”, Il Mulino, Bologna, 1965, pp. 200-1; Antonio Ferrua, “La tomba di San Pietro”, cit., p. 465.

 9. Daniel O’Connor, op. cit., p. 160.

10. Gregorio di Tours, De gloria martyrum, cap. XXVIII.

[Note in calce]

Intorno al 60-61 E.V., Paolo scrisse da Roma le lettere agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, a Filemone e agli Ebrei; verso il 65 E.V. scrisse la seconda lettera a Timoteo.

La domanda “Pietro fu mai a Roma?” è stata presa in esame nella Torre di Guardia del 1° aprile 1973, pagine 220-3.

[Riquadro a pagina 29]

“Lo scavo non ha rivelato tracce certe di una tomba sotto l’Edicola; né può veramente esserci alcuna certezza che la comunità cristiana abbia mai ricuperato dalle mani dei carnefici il corpo di S. Pietro per effettuarne la sepoltura. È del tutto possibile che il corpo di uno straniero (peregrinus), che tra l’altro agli occhi della legge era un delinquente comune, venisse gettato nel Tevere. . . . Per di più, in quel primo periodo non doveva esserci lo stesso interesse a conservare reliquie umane che ci fu in seguito, quando la credenza in un’imminente fine del mondo era svanita e il culto dei martiri aveva cominciato a fare la sua comparsa. Perciò la possibilità che in effetti il corpo di S. Pietro non sia stato ricuperato per essere sepolto è concreta”. — Jocelyn Toynbee e John Ward Perkins, The Shrine of St. Peter and the Vatican Excavations, Londra, 1956, pp. 155-6.

Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 22:43
Tratto da "la Torre di Guardia" del 15 ottobre 1991, pag 8-9.


Il papato: Fondato da Cristo?

“DA PIETRO, primo vescovo di Roma, sino al papa attuale, Giovanni Paolo II, si estende una lunga successione di sommi pontefici, addirittura più di 260”. Questo è ciò che afferma il frate cattolico Anthony Foy nel Southern Cross, un settimanale cattolico dell’Africa meridionale. E aggiunge: “È questa ininterrotta successione di papi che possiamo additare con fiducia quando ci viene chiesto di dimostrare che la Chiesa Cattolica fu fondata da Gesù Cristo”.

Si può sostenere con fiducia che questa lunga successione di papi ebbe inizio con l’apostolo Pietro? Stando alla teologia cattolica, quattro papi si sarebbero succeduti dopo Pietro sino all’anno 100 E.V.: Lino, Anacleto, Clemente I ed Evaristo. La Bibbia in effetti menziona un cristiano di nome Lino che viveva a Roma. (2 Timoteo 4:21) Tuttavia, non c’è nulla che faccia pensare che Lino, o chiunque altro, fosse un successore papale di Pietro. L’apostolo Giovanni, che scrisse cinque libri della Bibbia nell’ultimo decennio del I secolo, non menzionò mai nessuno dei cosiddetti successori di Pietro elencati sopra. In effetti, se ci fosse stato un successore di Pietro, la scelta non sarebbe forse caduta logicamente su Giovanni stesso?

Quanto all’affermazione secondo cui Pietro sarebbe stato il primo vescovo di Roma, non esiste nessuna prova che dimostri che egli sia mai stato in questa città. In effetti, Pietro stesso dichiara di aver scritto la sua prima lettera da Babilonia. (1 Pietro 5:13) L’argomento cattolico secondo cui Pietro avrebbe usato il nome “Babilonia” per riferirsi in maniera criptica a Roma non ha alcun fondamento. Al tempo di Pietro la Babilonia letterale esisteva ancora. Inoltre, a Babilonia c’era una comunità giudaica di considerevoli dimensioni. Visto che Gesù incaricò Pietro di concentrare la sua predicazione tra i giudei circoncisi, è del tutto ragionevole credere che Pietro si sia recato a Babilonia a tale scopo. — Galati 2:9.

È da notare, inoltre, che Pietro non si definì mai nulla più di un apostolo di Cristo. (2 Pietro 1:1) In nessun passo della Bibbia egli è chiamato “Santo Padre”, “Sommo Pontefice” o “Papa” (termine affettuoso latino che significa “padre”). Al contrario, Pietro ubbidì umilmente alle parole di Gesù riportate in Matteo 23:9, 10: “Inoltre, non chiamate nessuno padre vostro sulla terra, poiché uno solo è il Padre vostro, il Celeste. Né siate chiamati ‘condottieri’, perché uno solo è il vostro Condottiero, il Cristo”. Pietro non accettò di essere venerato. Quando il centurione romano Cornelio “cadde ai suoi piedi e gli rese omaggio . . . Pietro lo fece levare, dicendo: ‘Alzati; anch’io sono un uomo’”. — Atti 10:25, 26.

Quanto ai 260 presunti papi, il sacerdote Foy ammette: “Diversi non sono stati degni del loro alto ufficio”. Tentando di giustificare questo fatto, la New Catholic Encyclopedia afferma: “Ciò che importava ai fini del governo era la carica, e non la personalità del singolo papa. Personalmente egli poteva essere un santo, un uomo mediocre o persino un furfante”. Ma credete che Cristo avrebbe usato uomini del genere per rappresentarlo?

Ad ogni modo, l’affermazione secondo cui il papato sarebbe stato fondato da Gesù semplicemente non trova sostegno nella Bibbia. Secondo l’Encyclopedia of Religion, persino studiosi cattolici odierni ammettono che “non c’è alcuna prova biblica diretta che Gesù abbia istituito il papato come carica permanente entro la chiesa”.

Jon Konneri
00lunedì 21 luglio 2008 22:57
pARTI MALE SE CERCHI LA VERITà DALLA TORRE DI GUARDIA , abbiamo detto solo prove bibliche.
barnabino
00lunedì 21 luglio 2008 22:58

abbiamo detto solo prove bibliche



Appunto... dove trovi scritto nella Bibbia che Pietro era a Roma? Strano che un dettaglio del genere sia passato sotto silenzio...

Shalom

Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 23:03
Re:
Jon Konneri, 21/07/2008 22.57:

pARTI MALE SE CERCHI LA VERITà DALLA TORRE DI GUARDIA , abbiamo detto solo prove bibliche.


Se posso permettermi di darti un consglio: dovresti essere meno pregiudizievole!

Jon Konneri
00lunedì 21 luglio 2008 23:10
Quando Gesù pronuncia queste parole siamo nel Cenacolo, la sera del giovedì santo. Mancano poche ore all’arresto di Gesù nell’Orto degli Ulivi. Gesù, che conosce molto bene quello che sta per succedere a Lui, mette in guardia i suoi discepoli, avverte che satana ha messo alla prova tutti i suoi discepoli con parole molto chiare "satana vi ha cercato per vagliarvi", e quel "vi" si riferisce proprio ai Dodici.
Gesù aggiunge, rivolgendosi a Simon Pietro: "Ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede".
Riflettiamo un istante: Gesù prega e nessuno può mettere in dubbio che la preghiera di Gesù non venga esaudita.
Gesù prega per un motivo preciso: che la fede di Pietro non venga mai meno. Riflettiamo un momento. Siccome la preghiera di Gesù è certamente esaudita dal Padre questo nessun Cristiano lo può mettere in dubbio ne consegue che Pietro, in materia di fede, non sarebbe sicuramente mai venuto meno, quindi sarebbe stato assolutamente infallibile.
A meno che non vogliamo arrivare a dire che Gesù ha pregato per niente, oppure che non è stato esaudito da suo Padre, che è Dio. Ma questo nessun Cristiano, cattolico o protestante che sia, lo può ammettere.

Allora, dal Vangelo di san Luca si capisce molto bene che in materia di fede Pietro non doveva mai venire meno, perché questo era volere di Gesù che lo ha espresso nella preghiera al padre. Pietro doveva essere infallibile nella fede. Ma nel medesimo brano troviamo di più.

Stiamo attenti: Gesù aggiunge: "E tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli".

Quell’incarico di "confermare" merita tutta la nostra attenzione. Spiega una nota della prestigiosa Bibbia di Gerusalemme che l’ordine di "confermare" i fratelli dato a Pietro implica il compito di dirigere i fratelli nella fede.

Ora, è impensabile che Gesù avesse dato questa altissima missione a Pietro, la missione di confermare i fratelli nella fede, il compito di dirigere i fratelli, vale a dire i pastori della Chiesa, se Pietro avesse potuto sbagliarsi proprio in materia di fede.

Se Pietro potesse sbagliare, non vi sarebbe alcuna conferma e sarebbe impossibile eseguire l’ordine dato da Gesù. Ci troveremo di fronte ad una situazione inaccettabile: Gesù avrebbe dato un ordine assurdo.


Pietro e paolo furono a Roma e ci sono pure le prove storiche , e le loro salme
Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 23:15

Pietro e paolo furono a Roma e ci sono pure le prove storiche , e le loro salme



Dove sono le suddette prove?
Come fai a dimostrare che ci sia la salma di Pietro?
barnabino
00lunedì 21 luglio 2008 23:15
Si, ma dove leggi che Pietro era a Roma?

[SM=g8152]
Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 23:17

Pietro, in materia di fede, non sarebbe sicuramente mai venuto meno, quindi sarebbe stato assolutamente infallibile.



Forse hai dimenticato l'episodio del gallo che cantò tre volte...
Jon Konneri
00lunedì 21 luglio 2008 23:23
TESTIMONIANZE AUTOREVOLI A FAVORE DI ROMA



Clemente Romano (ca. 96 d.C.) per primo parla della morte di Pietro e di Paolo, dicendo: "Per l'invidia e gelosia furono perseguitate le più grandi e più giuste colonne le quali combatterono sino alla morte. Poniamoci dinanzi agli occhi i buoni apostoli. Pietro che per l'ingiusta invidia soffrì non uno, ma numerosi tormenti, e così col martirio raggiunse il posto della gloria. Fu per effetto di gelosia e discordia che Paolo mostrò come si consegua il premio della pazienza …." (Clemente, 1 Corinzi V, 2-5)



Ignazio, vescovo di Antiochia, verso il 110 d.C. durante il suo viaggio verso Roma per subirvi il martirio, pur non ricordando il martirio dell'apostolo, scrive alla chiesa ivi esistente di non voler impartire loro "degli ordini come Pietro e Paolo" poiché essi "erano liberi, mentre io sono schiavo" (Ignazio, Ai Romani 4, 3). Siccome Pietro non scrisse alcuna lettera ai Romani, si deve dedurre che egli avesse loro impartito dei comandi di presenza.



Papia di Gerapoli, verso il 130 d.C. afferma che Pietro scrisse da Roma la sua lettera (Papia in Eusebio, Storia Ecclesiastica II, 15, 2), usando il termine figurato di Babilonia per indicare Roma.



Origene (185-254) è il primo a ricordarci che Pietro fu crocifisso a Roma con il capo all'ingiù. Egli infatti scrive: "Si pensa che Pietro predicasse ai Giudei della dispersione per tutto il Ponto, la Galazia, la Bitinia, la Cappadocia e l'Asia e che infine venisse a Roma dove fu affisso alla croce con il capo all'ingiù, così infatti aveva pregato di essere posto in croce". (Origene in Eusebio, Storia Ecclesiastica III, 1, 2).



Dionigi, vescovo di Corinto, verso il 170 d.C., in una lettera parzialmente conservata da Eusebio, attribuisce a Pietro e Paolo la fondazione della chiesa di Corinto e la loro predicazione simultanea in Italia dove assieme subirono il martirio. "Con la vostra ammonizione voi (Romani) avete congiunto Roma e Corinto in due fondazioni che dobbiamo a Pietro e Paolo. Poiché ambedue, venuti nella nostra Corinto hanno piantato e istruito noi, allo stesso modo poi, andati in Italia, insieme vi insegnarono e resero testimonianza (con la loro morte) al medesimo tempo" (Dionigi in Eusebio, Storia Ecclesiastica II, 25).



Clemente Alessandrino (150-215) ricorda che, "quando Pietro ebbe predicato pubblicamente la Parola a Roma e dichiarato il Vangelo nello Spirito, molti degli ascoltatori chiesero a Marco, che lo aveva seguito da lungo tempo e ricordava i suoi detti, di metterli per iscritto" (Eusebio, Storia Ecclesiastica VI, 14).



Tertulliano (160-240) ripete che Pietro fu crocifisso a Roma durante la persecuzione neroniana, dopo aver ordinato Clemente, il futuro vescovo romano (Scorpiace XV; Sulla prescrizione degli eretici XXXII); lo stesso Tertulliano ricorda anche il martirio comune di Pietro e Paolo a Roma, sottolineando come Pietro avesse sofferto lo stesso martirio di Gesù e come Paolo fosse stato ucciso come Giovanni Battista (Sulla prescrizione degli eretici XXXVI). Degna di nota è anche la testimonianza di Tertulliano, secondo la quale Giovanni battezzò con le acque del Giordano e Pietro con le acque del Tevere (Il Battesimo, IV)



Ireneo, vescovo di Lione (140-202), ricorda che "Matteo... compone il suo Vangelo mentre Pietro e Paolo predicavano e fondavano la chiesa …" e parla "… della chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo …. con questa chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve essere necessariamente d'accordo ogni chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte ….la chiesa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli apostoli …" (Contro le eresie III, 1-3)



Eusebio di Cesarea (260-337) ricorda come, sotto il regno di Claudio, la Provvidenza condusse Pietro a Roma per porre fine al potere di Simon Mago (Eusebio, Storia Ecclesiastica, II, 14). Egli inoltre ricorda come, a Roma, sotto l'impero di Nerone, Paolo venne decapitato e Pietro crocifisso (Eusebio, Storia Ecclesiastica, II, 25; Eusebio, Storia Ecclesiastica, III, 1).



Girolamo (347-420) scrive che "Simon Pietro venne a Roma per debellare Simon Mago …occupò a Roma la cattedra episcopale per 25 anni, fino all'ultimo anno di Nerone …..fu crocifisso con il capo all'ingiù e i piedi rivolti verso l'alto, dichiarandosi indegno di venir crocifisso come il suo Signore" (Gli uomini illustri I).
barnabino
00lunedì 21 luglio 2008 23:34

TESTIMONIANZE AUTOREVOLI A FAVORE DI ROMA



Non leggo nessun passo biblico. Come mai?

Shalom
Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 23:47

Clemente Romano (ca. 96 d.C.) per primo parla della morte di Pietro e di Paolo, dicendo: "Per l'invidia e gelosia furono perseguitate le più grandi e più giuste colonne le quali combatterono sino alla morte. Poniamoci dinanzi agli occhi i buoni apostoli. Pietro che per l'ingiusta invidia soffrì non uno, ma numerosi tormenti, e così col martirio raggiunse il posto della gloria. Fu per effetto di gelosia e discordia che Paolo mostrò come si consegua il premio della pazienza …." (Clemente, 1 Corinzi V, 2-5)


Quì non leggo nulla sulla presenza di Pietro a Roma!
Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 23:48

Siccome Pietro non scrisse alcuna lettera ai Romani, si deve dedurre che egli avesse loro impartito dei comandi di presenza.



Questa è una semplice congettura!
Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 23:50

Papia di Gerapoli, verso il 130 d.C. afferma che Pietro scrisse da Roma la sua lettera (Papia in Eusebio, Storia Ecclesiastica II, 15, 2), usando il termine figurato di Babilonia per indicare Roma.



Questa è un'altra congettura che fra l'altro adultera il significato autentico della lettera di Pietro!
Asgardiano
00lunedì 21 luglio 2008 23:55

Origene (185-254) è il primo a ricordarci che Pietro fu crocifisso a Roma con il capo all'ingiù. Egli infatti scrive: "Si pensa che Pietro predicasse ai Giudei della dispersione per tutto il Ponto, la Galazia, la Bitinia, la Cappadocia e l'Asia e che infine venisse a Roma dove fu affisso alla croce con il capo all'ingiù, così infatti aveva pregato di essere posto in croce". (Origene in Eusebio, Storia Ecclesiastica III, 1, 2).



Dionigi, vescovo di Corinto, verso il 170 d.C., in una lettera parzialmente conservata da Eusebio, attribuisce a Pietro e Paolo la fondazione della chiesa di Corinto e la loro predicazione simultanea in Italia dove assieme subirono il martirio. "Con la vostra ammonizione voi (Romani) avete congiunto Roma e Corinto in due fondazioni che dobbiamo a Pietro e Paolo. Poiché ambedue, venuti nella nostra Corinto hanno piantato e istruito noi, allo stesso modo poi, andati in Italia, insieme vi insegnarono e resero testimonianza (con la loro morte) al medesimo tempo" (Dionigi in Eusebio, Storia Ecclesiastica II, 25).



Clemente Alessandrino (150-215) ricorda che, "quando Pietro ebbe predicato pubblicamente la Parola a Roma e dichiarato il Vangelo nello Spirito, molti degli ascoltatori chiesero a Marco, che lo aveva seguito da lungo tempo e ricordava i suoi detti, di metterli per iscritto" (Eusebio, Storia Ecclesiastica VI, 14).



Tertulliano (160-240) ripete che Pietro fu crocifisso a Roma durante la persecuzione neroniana, dopo aver ordinato Clemente, il futuro vescovo romano (Scorpiace XV; Sulla prescrizione degli eretici XXXII); lo stesso Tertulliano ricorda anche il martirio comune di Pietro e Paolo a Roma, sottolineando come Pietro avesse sofferto lo stesso martirio di Gesù e come Paolo fosse stato ucciso come Giovanni Battista (Sulla prescrizione degli eretici XXXVI). Degna di nota è anche la testimonianza di Tertulliano, secondo la quale Giovanni battezzò con le acque del Giordano e Pietro con le acque del Tevere (Il Battesimo, IV)



Ireneo, vescovo di Lione (140-202), ricorda che "Matteo... compone il suo Vangelo mentre Pietro e Paolo predicavano e fondavano la chiesa …" e parla "… della chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo …. con questa chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve essere necessariamente d'accordo ogni chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte ….la chiesa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli apostoli …" (Contro le eresie III, 1-3)



Eusebio di Cesarea (260-337) ricorda come, sotto il regno di Claudio, la Provvidenza condusse Pietro a Roma per porre fine al potere di Simon Mago (Eusebio, Storia Ecclesiastica, II, 14). Egli inoltre ricorda come, a Roma, sotto l'impero di Nerone, Paolo venne decapitato e Pietro crocifisso (Eusebio, Storia Ecclesiastica, II, 25; Eusebio, Storia Ecclesiastica, III, 1).



Girolamo (347-420) scrive che "Simon Pietro venne a Roma per debellare Simon Mago …occupò a Roma la cattedra episcopale per 25 anni, fino all'ultimo anno di Nerone …..fu crocifisso con il capo all'ingiù e i piedi rivolti verso l'alto, dichiarandosi indegno di venir crocifisso come il suo Signore" (Gli uomini illustri I).



Tutte le suddette testimonianze non possono essere attendibili, in quanto i personaggi menzionati vissero diversi anni dopo la morte di Pietro, quindi non essendo contemporanei non possono essere testimoni oculari dell'accaduto!

Inoltre il tuo post è privo di qualsiasi testimonianza biblica!!!
Jon Konneri
00martedì 22 luglio 2008 00:31
ATTI DEGLI APOSTOLI 28,1
1Una volta in salvo, venimmo a sapere che l'isola si chiamava Malta. 2Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo. 3Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano. 4Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: "Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere". 5Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male. 6Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma, dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straordinario, cambiò parere e diceva che era un dio.

7Nelle vicinanze di quel luogo c'era un terreno appartenente al "primo" dell'isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni. 8Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l'andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì. 9Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati; 10ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessario.

11Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che aveva svernato nell'isola, recante l'insegna dei Diòscuri. 12Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni 13e di qui, costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l'indomani arrivammo a Pozzuoli. 14Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. PARTIMMO QUINDI ALLA VOLTA DI ROMA. 15I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio.

16ARRIVATI A ROMA, fu concesso a Paolo di abitare per suo conto con un soldato di guardia.

17Dopo tre giorni, egli convocò a sé i più in vista tra i Giudei e venuti che furono, disse loro: "Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo e contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato in mano dei Romani. 18Questi, dopo avermi interrogato, volevano rilasciarmi, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. 19Ma continuando i Giudei ad opporsi, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere con questo muovere accuse contro il mio popolo. 20Ecco perché vi ho chiamati, per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d'Israele che io sono legato da questa catena". 21Essi gli risposero: "Noi non abbiamo ricevuto nessuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te. 22Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi; di questa setta infatti sappiamo che trova dovunque opposizione".

23E fissatogli un giorno, vennero in molti da lui nel suo alloggio; egli dal mattino alla sera espose loro accuratamente, rendendo la sua testimonianza, il regno di Dio, cercando di convincerli riguardo a Gesù, in base alla Legge di Mosè e ai Profeti. 24Alcuni aderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere 25e se ne andavano discordi tra loro, mentre Paolo diceva questa sola frase: "Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia, ai nostri padri:

26Va' da questo popolo e di' loro:
Udrete con i vostri orecchi, ma non comprenderete;
guarderete con i vostri occhi, ma non vedrete.
27Perché il cuore di questo popolo si è indurito:
e hanno ascoltato di mala voglia con gli orecchi;
hanno chiuso i loro occhi
per non vedere con gli occhi
non ascoltare con gli orecchi,
non comprendere nel loro cuore e non convertirsi,
perché io li risani.

28Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi l'ascolteranno!". 29

30Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, 31annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.
Asgardiano
00martedì 22 luglio 2008 00:58
Re:
Jon Konneri, 22/07/2008 0.31:

ATTI DEGLI APOSTOLI 28,1
1Una volta in salvo, venimmo a sapere che l'isola si chiamava Malta. 2Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo. 3Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano. 4Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: "Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere". 5Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male. 6Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma, dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straordinario, cambiò parere e diceva che era un dio.

7Nelle vicinanze di quel luogo c'era un terreno appartenente al "primo" dell'isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni. 8Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l'andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì. 9Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati; 10ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessario.

11Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che aveva svernato nell'isola, recante l'insegna dei Diòscuri. 12Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni 13e di qui, costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l'indomani arrivammo a Pozzuoli. 14Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. PARTIMMO QUINDI ALLA VOLTA DI ROMA. 15I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio.

16ARRIVATI A ROMA, fu concesso a Paolo di abitare per suo conto con un soldato di guardia.

17Dopo tre giorni, egli convocò a sé i più in vista tra i Giudei e venuti che furono, disse loro: "Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo e contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato in mano dei Romani. 18Questi, dopo avermi interrogato, volevano rilasciarmi, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. 19Ma continuando i Giudei ad opporsi, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere con questo muovere accuse contro il mio popolo. 20Ecco perché vi ho chiamati, per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d'Israele che io sono legato da questa catena". 21Essi gli risposero: "Noi non abbiamo ricevuto nessuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te. 22Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi; di questa setta infatti sappiamo che trova dovunque opposizione".

23E fissatogli un giorno, vennero in molti da lui nel suo alloggio; egli dal mattino alla sera espose loro accuratamente, rendendo la sua testimonianza, il regno di Dio, cercando di convincerli riguardo a Gesù, in base alla Legge di Mosè e ai Profeti. 24Alcuni aderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere 25e se ne andavano discordi tra loro, mentre Paolo diceva questa sola frase: "Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia, ai nostri padri:

26Va' da questo popolo e di' loro:
Udrete con i vostri orecchi, ma non comprenderete;
guarderete con i vostri occhi, ma non vedrete.
27Perché il cuore di questo popolo si è indurito:
e hanno ascoltato di mala voglia con gli orecchi;
hanno chiuso i loro occhi
per non vedere con gli occhi
non ascoltare con gli orecchi,
non comprendere nel loro cuore e non convertirsi,
perché io li risani.

28Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi l'ascolteranno!". 29

30Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, 31annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.



Scusami Jon Konneri, ma forse non ci siamo capiti!
Nelle scritture degli Atti degli Apostoli da te riportare, si narra del viaggio di Paolo verso Roma, non di Pietro.
Nessuno dubita del fatto che Paolo andò e trascorse del tempo a Roma, ma il problema è la presenza non documentata di Pietro a Roma...
La Bibbia non dice che Pietro andò a Roma, anzi la narrazzione biblica lascia intendere che Pietro non andò mai a Roma, quindi crolla il concetto della successione dei papi a partire da Pietro a Roma.
E' chiaro il punto?


Jon Konneri
00martedì 22 luglio 2008 01:23
Purtroppo non ci sono scritte bibliche che dimostrano che Pietro era a Roma, ci sono solo le testimonianze storiche .
*********************************************************************
LE OSSA DI SAN PIETRO SONO ANCOR OGGI NELLA SUA TOMBA SOTTO L'ALTARE PAPALE DELLA BASILICA VATICANA


Dal punto di vista storico non sono mai esistiti dubbi sulla venuta di San Pietro a Roma, sulla sua crocifissione e sulla sua sepoltura nella necropoli vaticana, a breve distanza dal luogo del martirio.
Egli era giunto a Roma nell'anno 41, al tempo dell'imperatore Claudio e vi rimase, salvo una breve interruzione, fino alla morte che subì nell'anno 64, all'inizio della persecuzione di Nerone.
Questo pazzo imperatore che aveva già fatto avvelenare il fratello, assassinare la madre Agrippina, la moglie Ottavia e aveva ucciso personalmente la seconda moglie Poppea in un raptus di pazzia mise a fuoco la città di Roma.
Quindi, come afferma lo storico Tacito, (per distogliere da sé l'ira del popolo ne fece ricadere la colpa sui cristiani scatenando contro di essi una feroce persecuzione.
Fu durante questa persecuzione che, secondo la testimonianza di Clemente romano (Ad Chorinthios, 1, 56), nell'anno 64 Pietro subì il martirio per crocifissione proprio nel circo di Nerone che sorgeva sul colle Vaticano.
Lo storico Eusebio di Cesarea ci informa che Pietro, non ritenendosi degno di morire come il suo Maestro, chiese ed ottenne di essere crocifisso con il capo all'ingiù.
Il suo corpo fu seppellito nello stesso colle Vaticano, in un cimitero vicino al luogo del martirio e sulla sua tomba, divenuta subito oggetto di venerazione, i cristiani innalzarono, nel II secolo, un "trofeo" (detto di "Gaio", dal nome dello scrittore cristiano del II secolo che ne parla, come ci riferisce lo storico Eusebio) che, in base agli scavi effettuati negli anni '40, è stato ricostruito così:

Agli inizi del IV secolo, Costantino, l'imperatore che decretò la libertà religiosa per il Cristianesimo, fece erigere, sul luogo dell'antico "trofeo" una grande Basilica a cinque navate, il cui altare maggiore era ubicato esattamente sopra la tomba dell'Apostolo.
Ecco la ricostruzione generale del complesso monumentale:



Costantino aveva anche raccolto le ossa di San Pietro dal luogo della sepoltura primitiva (un umido loculo interrato) e le aveva poste in un loculo più asciutto, ricavato in un muro che già sorgeva accanto al luogo della sepoltura primitiva.
Ma di questo diremo diffusamente più sotto, quando parleremo degli scavi ordinati nel 1939 da Pio XII.
Qui vogliamo solo anticipare che nel Rinascimento l'intera Basilica costantiniana fu demolita da Papa Giulio II e ricostruita dalle fondamenta su disegno del Bramante poi modificato da Michelangelo, dal Maderno e dal Bernini: è l'attuale Basilica Vaticana dominata dalla cupola di Michelangelo, sotto il cui altare, disegnato dal Bernini ed eretto da Papa Clemente VIII, sono ancor oggi custodite le sacre ossa dell'Apostolo.
Il lettore si chiederà: come sappiamo che le ossa dell'Apostolo Pietro si trovano ancor oggi là sotto?
Lo sappiamo (oltre che dalla secolare tradizione storica) dai positivi e inconfutabili risultati degli scavi archeologici iniziati nel 1939 e tuttora in fase di sviluppo, come diremo ora.



GLI SCAVI ORDINATI DA PIO XII NEL 1939 CHE PORTARONO AL RINVENIMENTO DELLA TOMBA DELL'APOSTOLO PIETRO.


Per molti secoli, praticamemte fino all'inizio del secolo ventesimo, nessun Papa osò ordinare una ispezione archeologica della tomba di San Pietro. La tomba dell'Apostolo incuteva in tutti un sacro timore reverenziale.

Fu Pio XII che, pochi mesi dopo la sua elezione a Pontefice, volle iniziare gli scavi sotto il pavimento della Basilica Vaticana e specialmente sotto l'altare della Confessione dove, secondo l'ininterrotta tradizione, si sarebbe dovuta trovare la tomba dell'Apostolo.

Questi scavi Ñdiretti da Mons. Ludovico Kaas coadiuvato dagli archeologi professor Enrico Josi, Padre Antonio Ferrua e Padre Engelbert Kirschbaum e dall'architetto Bruno Maria Apollonj GhettiÑ durarono circa un decennio (dal 1941 al 1950) e portarono dapprima alla scoperta, sotto la Basilica Vaticana, di una vasta necropoli di epoca precristiana, orientata da Ovest ad Est. La sua posizione rispetto alla Basilica è visibile (in nero) nella figura sottostante:

Il lettore potrà notare che l'estrema zona Ovest della necropoli viene a trovarsi proprio sotto la "cupola" michelangiolesca, ossia sotto l'Altare papale detto "della Confessione".
Se ora osserviamo una pianta più dettagliata di tale necropoli, potremo constatare che l'estrema zona Ovest comprende un cortile abbastanza vasto chiamato dagli archeologi campo "P".

In questo ulteriore ingrandimento della zona Ovest della necropoli, possiamo notare che il campo "P" è delimitato, sulla sinistra di chi guarda, da un muro che va da Nord a Sud, detto "Muro rosso", dal colore dell'intonaco che lo ricopre.

Al centro di questo "Muro rosso" è visibile una piccola nicchia semicircolare e un poco più in alto un piccolo muro, detto muro "G", ricoperto sul lato Nord da numerosi graffiti.

La figura seguente ritrae in modo molto dettagliato la zona della piccola nicchia e del muro "G".

In essa sono chiaramente visibili il tratto del "Muro Rosso" con la nicchia che fa da sfondo alla Edicola del II secolo e la base delle due colonnine marmoree che sostenevano la lastra di travertino che costituivano l'Edicola o "Trofeo di Gaio" del II secolo.
Tra la nicchia e la base delle due colonnine, ossia proprio al centro del "Trofeo", gli archeologi di Pio XII ritrovarono il luogo della primitiva sepoltura di Pietro (dell'anno 64), ma lo trovarono vuoto. Come spiegare questo mistero?
La risposta verrà dal rinvenimento, a nord della sepoltura primitiva, di un loculo, rivestito di marmo, di epoca costantiniana (inizio del IV secolo) che l'Imperatore aveva fatto scavare all'interno di un muro già esistente (il cosiddetto muro "G"). e dove vi aveva deposto, avvolte in prezioso tessuto di porpora e d'oro, le ossa dell'Apostolo.
La parete nord del Muro "G", era ripiena di graffiti col nome di Cristo, di Maria e di Pietro, ma gli archeologi non vi fecero gran conto.

* * *

Di enorme importanza fu invece il ritrovamento di un graffito di sette lettere greche (ricordiamo che il greco era allora la seconda lingua dell'impero), inciso sul "Muro rosso" nella zona di esso alla quale veniva ad appoggiarsi il lato Nord del muro "G". In tal modo il graffito veniva a trovarsi all'interno del Loculo, come risulta dal suo perfetto adattamento alla lacuna rimasta nell'intonaco del "Muro rosso". Ciò ha portato giustamente la professoressa Guarducci ad arguire che quella scritta fosse stata graffita da una mano insinuatasi nel loculo prima della sua chiusura in età costantiniana.

Tale graffito diceva:

La storia di questo graffito è, a dir poco, rocambolesca. Esso fu trovato su una carriola di detriti dal padre Ferrua, uno dei quattro scavatori ufficiali, il quale (per motivi inspiegabili o, come lui disse, per salvarlo) se l'era portato a casa sua finché, quando nel 1952 la cosa fu risaputa, per ordine di Pio XII dovette restituirlo al Vaticano.

Le sette lettere greche sono così state interpretate esattamente dalla professoressa Margherita Guarducci, epigrafista di fama mondiale:



Facciamo notare che l'esistenza del prezioso graffito essendo venuta a conoscenza purtroppo solo nel 1952 quando la campagna di scavi indetta da Pio XII era da tempo ufficialmente conclusa non poté essere annunciata da Pio XII nel suo solenne annuncio del ritrovamento della Tomba fatto alla chiusura dell'Anno Santo 1950.



* * *

Al termine dei lavori, gli archeologi diretti da Mons. Kaas giunsero anche a stabilire con certezza che i successivi rifacimenti dell'altare della Confessione, che vari Papi avevano operato nei secoli (l'altare maggiore della Basilica costantiniana fu rifatto da Gregorio Magno nel VI secolo e poi da Papa Callisto II nel XII secolo e infine da Clemente VIII nel XVI secolo) giacciono tutti uno sopra l'altro e poggiano tutti sull'antico monumento costantiniano.

Lo spaccato verticale della zona archeologica rappresentato nella fprossima immagine mostra, in basso, il luogo terrigno della primitiva sepoltura del corpo di Pietro' avvenuta subito dopo il martirio, sulla quale, nel II secolo è stata innalzata l' edicola funeraria o ''Trofeo" detto di Gaio. Sulla destra si vede il muro "G'' con il loculo marmoreo dove Costantino trasportò, nel IV secolo, le ossa dell'Apostolo. Il tutto ha come sfondo la parete orientale del ''Muro rosso".

Alla base del disegno si vede il livello del pavimento costantiniano; più in su la base dell'altare di Callisto II (secolo XII) che circondava quello più piccolo eretto nel VI secolo da Gregorio Magno; più in su ancora il piano dell'attuale altare con le colonne a tortiglione del Bernini.
In sostanza, gli scavi fatti effettuare da Pio XII confermarono archeologicamente quanto già storicamente si sapeva con certezza: che la tomba di San Pietro esiste ancor oggi sotto l'altare papale detto della "Confessione" della Basilica Vaticana, tanto che Pio XII poté dichiarare al mondo nel radiomessaggio natalizio a chiusura dell'Anno Santo 1950: «É stata veramente trovala la tomba di San Pietro? A tale domanda la conclusione dei lavori e degli studi risponde con un chiarissimo "Si": la tomba del Principe degli Apostoli è stata ritrovata!».



IL PROSEGUIMENTO DELLE RICERCHE ARCHEOLOGICHE DA PARTE DELLA PROFESSORESSA GUARDUCCI E IL RINVENIMENTO DELLE OSSA DI SAN PIETRO.

Al termine degli scavi suddetti, se si era ritrovata con certezza la tomba di San Pietro, non altrettanto si poteva dire per le ossa del Santo.
Tali scavi infatti misero in luce sia la primitiva tomba interrata sia quella costantiniana ricavata nello spessore del muro "G", ma delle ossa non se ne seppe almeno - ufficialmente - nulla.
Il merito del rinvenimento delle ossa dell'Apostolo va principalmente alla professoressa Margherita Guarducci, il cui nome resterà per sempre legato al ritrovamento e alla identificazione scientifica delle ossa del Santo; e quel che ora diremo non è che il riassunto di quanto la stessa professoressa Guarducci ha scritto nel suo libro: La Tomba di San Pietro edito nel 1989 dalla Editrice Rusconi di Milano. A questo libro appassionante rimandiamo il lettore che volesse approfondire l'argomento.
La storia del ritrovamento ha veramente del romanzesco. Perché infatti le ossa di San Pietro non furono ritrovate nel Loculo del muro ''G" nel quale Costantino le aveva certamente riposte?
Per comprenderlo bisogna rifarsi al 1941. In quell'epoca, mons Kaas, che era il sovrintendente agli scavi, per controllare personalmente il procedere dei lavori era solito fare, verso sera, a Basilica chiusa, un giro di ispezione nella zona degli scavi, accompagnato dal "sampietrino" (i "sampietrini" sono gli operai addetti alla manutenzione della Basilica di San Pietro) Giovanni Segoni.
Una sera, durante l'ispezione, mons. Kaas notò che all'interno del Loculo del muro "G'", in mezzo a vari detriti ivi caduti dalle pareti in seguito alle forti scosse causate dagli scavi, affioravano alcune ossa umane.
La presenza di queste ossa era sfuggita ai quattro archeologi che vi lavoravano durante il giorno, forse perché giudicarono di nessuna rilevanza archeologica i detriti crollati nel
Loculo o forse pensarono di esaminarli in un secondo tempo.
Ma l'occhio più attento di mons. Kaas o forse quello del "sampietrino" Segoni notarono le ossa; e fu un innato senso di pietà verso i trapassati che Mons Kaas decise di separare subito le ossa dai detriti e di farle mettere dal Segoni in una cassetta di legno che lo stesso Segoni e Mons. Kaas depositarono in un magazzino nelle grotte vaticane.
Con ciò, scrive la Guarducci, mons. Kaas aveva salvato, pur non sapendolo, le reliquie di Pietro».


Jon Konneri
00martedì 22 luglio 2008 01:35
conclusioni degli scavi

Intanto le indagini scientifiche venivano estese al campo merceologico e chimico, condotte dalla professoressa Maria Luisa Stein e dal professor Paolo Malatesta dell'Università di Roma e portarono, per quanto riguardava i tessuti, a risultati importanti. Esse dimostrarono che si trattava di un finissima stoffa tinta con autentica porpora di murice e che l'oro era autentico e purissimo: lo stesso tipo di tessuto porporino intrecciato con oro nel quale venivano avvolti i corpi degli Imperatori o dei personaggi degni di altissimo onore!
Anche la terra incrostata alle ossa fu sottoposta ad esame petrografico dai professori Carlo Lauro e Giancarlo Negretti: si trattava di terra (sabbia marnosa) perfettamente analoga alla terra del campo "P", il che confermava la provenienza di quelle ossa dal Loculo interrato che giaceva sotto l'edicola del II secolo.

A conclusione di tali accertamenti e di altri rigorosissimi fatti negli anni seguenti da scienziati di tutto il mondo, Paolo VI, durante l'udienza pubblica nella Basilica Vaticana del 26 giugno 1968, annunciò ai fedeli che le ossa di Pietro erano state ritrovate e identificate.
Il giorno seguente' giovedì 27 giugno 1 l968, le reliquie del corpo di Pietro furono solennemente riportate nel Loculo del muro "G" dove Costantino le aveva deposte sedici secoli prima e da dove, 27 anni prima, mons. Kaas le aveva inconsapevolmente tolte, salvandole però in tal modo da quasi sicura dispersione.
Le ossa dell'Apostolo erano precedentemente state racchiuse in 19 contenitori di plexiglas a tenuta stagna, legati da un filo di rame argentato fermato con il sigillo della Fabbrica di San Pietro.
dom@
00martedì 22 luglio 2008 03:54
Re:
Jon Konneri, 7/22/2008 1:35 AM:

conclusioni degli scavi

Intanto le indagini scientifiche venivano estese al campo merceologico e chimico, condotte dalla professoressa Maria Luisa Stein e dal professor Paolo Malatesta dell'Università di Roma e portarono, per quanto riguardava i tessuti, a risultati importanti. Esse dimostrarono che si trattava di un finissima stoffa tinta con autentica porpora di murice e che l'oro era autentico e purissimo: lo stesso tipo di tessuto porporino intrecciato con oro nel quale venivano avvolti i corpi degli Imperatori o dei personaggi degni di altissimo onore!
Anche la terra incrostata alle ossa fu sottoposta ad esame petrografico dai professori Carlo Lauro e Giancarlo Negretti: si trattava di terra (sabbia marnosa) perfettamente analoga alla terra del campo "P", il che confermava la provenienza di quelle ossa dal Loculo interrato che giaceva sotto l'edicola del II secolo.

A conclusione di tali accertamenti e di altri rigorosissimi fatti negli anni seguenti da scienziati di tutto il mondo, Paolo VI, durante l'udienza pubblica nella Basilica Vaticana del 26 giugno 1968, annunciò ai fedeli che le ossa di Pietro erano state ritrovate e identificate.
Il giorno seguente' giovedì 27 giugno 1 l968, le reliquie del corpo di Pietro furono solennemente riportate nel Loculo del muro "G" dove Costantino le aveva deposte sedici secoli prima e da dove, 27 anni prima, mons. Kaas le aveva inconsapevolmente tolte, salvandole però in tal modo da quasi sicura dispersione.
Le ossa dell'Apostolo erano precedentemente state racchiuse in 19 contenitori di plexiglas a tenuta stagna, legati da un filo di rame argentato fermato con il sigillo della Fabbrica di San Pietro.



Povero Luigi Cascioli,a scritto il libro La Favola di Cristo, se avesse scritto la favola di Pietro, era molto piu' facile [SM=x1408399]


christofer2006
00martedì 22 luglio 2008 14:48
L'apostolo Pietro a Roma?

Una tradizione del III secolo (1) ricorda la permanenza di Pietro a Roma per 25 anni (dal 42 al 67 d.C.). A tale tradizione fa riferimento anche Girolamo (2).In realtà oggi nessuno studioso cattolico può sostenere che Pietro sia rimasto a Roma per 25 anni, poiché ciò contrasterebbe sia con la cacciata dei cristiani da Roma al tempo di Claudio (3), sia con la presenza di Pietro a Gerusalemme durante il convegno apostolico (ca. 50 d.C.). Si noti pure che, secondo Girolamo, Pietro venne a Roma per «smascherarvi il mago Simone», il che suggerisce un legame tra questa tradizione e le leggende prodotte su Simon Mago, per cui l'attendibilità di tale notizia ne risulta assai compromessa. Di più la tradizione e l'ipotesi della sua lunga permanenza a Roma è contraddetta da alcuni dati biblici indiscutibili.

Nel 42 Pietro lascia Gerusalemme per recarsi ad Antiochia dove Paolo lo trova poco dopo (At 12, 1 s; Ga 2, 11).

Nel 40-50 v'è la riunione degli apostoli a Gerusalemme e in essa Pietro non parla affatto di un suo lavoro tra i Gentili, ma s'accontenta di riferire il fatto del battesimo di Cornelio. Sono Barnaba e Paolo che parlano invece della loro missione tra i Gentili (At 15, 7-11; cfr c. 17). Il celebre Valesio dice che non v'è dubbio che Pietro avesse dimorato nella Giudea e nella Siria fino all'ultimo anno di Agrippa.

Nell'anno 51-52 Pietro è al Concilio di Gerusalemme (Atti 15). Non molto dopo, Paolo rimprovera Pietro ad Antiochia (Galati 2). Dopo la riunione di Gerusalemme gli Atti degli apostoli, ispirati dallo Spirito Santo, non parlano più di Pietro, eppure ci danno la storia della chiesa fino al 61.

Nel 57 Paolo scrive ai Romani, ma non dice affatto che la Chiesa era stata evangelizzata da Pietro, come sarebbe stato logico. Paolo scrive la sua lettera ai Romani senza fare neppure una allusione a Pietro, che secondo la tradizione cattolica sarebbe stato il loro Vescovo, il superiore di Paolo. Nel capitolo 16 Paolo saluta 26 persone (per nome) che erano a Roma, fra queste alcune sono da lui chiamate compagni d'opera. E Pietro? Neppure un accenno!

Nel 63-64, scrivendo le sue lettere dalla prigionia, Paolo mai allude alla presenza di Pietro (4). Gli Ebrei desiderano sapere qualcosa di questa nuova «via» che è tanto avversata, come se nulla sapessero, il che sarebbe stato assurdo qualora Pietro fosse stato a Roma (At 28, 21-24).

Nel 64 d.C. v'è la persecuzione di Nerone con la probabile morte di Pietro. Ecco il brano di Tacito (ca. 60-120 d.C):

« Siccome circolavano voci che l'incendio di Roma, il quale aveva danneggiato dieci dei quattordici quartieri romani, fosse stato doloso, Nerone presentò come colpevoli, colpendoli con pene ricercatissime, coloro che, odiati per le loro abominazioni, erano chiamati dal volgo cristiani.
Cristo, da cui deriva il loro nome, era stato condannato a morte dal procuratore Ponzio Pilato durante l'impero di Tiberio. Sottomessa per un momento, questa superstizione detestabile, riappare non solo nella Giudea, ove era sorto il male, ma anche a Roma, ove confluisce da ogni luogo ed è ammirato quanto vi è di orribile e vergognoso. Pertanto, prima si arrestarono quelli che confessavano (d'essere cristiani), poi una moltitudine ingente – in seguito alle segnalazioni di quelli – fu condannata, non tanto per l'accusa dell'incendio, quanto piuttosto per il suo odio del genere umano. Alla pena vi aggiunse lo scherno: alcuni ricoperti con pelli di belve furono lasciati sbranare dai cani, altri furono crocifissi, ad altri fu appiccato il fuoco in modo da servire d'illuminazione notturna, una volta che era terminato il giorno. Nerone aveva offerto i suoi giardini per lo spettacolo e dava giochi nel Circo, ove egli con la divisa di auriga si mescolava alla plebe oppure partecipava alle corse con il suo carro. Allora si manifestò un sentimento di pietà, pur trattandosi di gente meritevole dei più esemplari castighi, perché si vedeva che erano annientati non per un bene pubblico, ma per soddisfare la crudeltà di un individuo » (5).
Si può quindi concludere che Pietro non fu affatto il fondatore della chiesa di Roma, e che se vi venne, vi giunse solo per subirvi il martirio. È anche il pensiero di Porfirio, un filosofo neoplatonico, che di Pietro dice: «Fu crocifisso dopo aver guidato al pascolo il suo gregge per soli pochi mesi» (6).

Note:
1. Corpus Berolinensis VII/I, p. 179.
2. Atti di Pietro, ed Lipsius, pp. 172 ss.
3. Probabilmente l'anno 49 a causa dell'agitazione provocata tra i Giudei, « per istigazione di Chresto (= Cristo)»: «Judaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulsit». Cfr Svetonio, Divus Claudius 25 (At 18, 2). Cfr W. Seston, L'empereur Claude et les Chrétiens , in «Rev. d'Hist. et de Philosoph. Relig.», 1 (1931), pp. 275-304; A. Momigliano, L'opera dell'imperatore Claudio, Firenze 1932.
4. Cfr 2 Ti 4, 11; Fl 4, 22; Cl 4, 7. 9-15.
5. Annales XV, pp. 38-41. Per approfondimenti sulle parole di Tacito si veda questo studio.
6. Frammento 22, tratto dal III libro dell'Apocriticus di Macario Magnete (Texte Untersuchungen XXXVII/4, Lipsia 1911, p. 56. Cfr A. Harnack, Porphirius gegen die Christen.

christofer2006
00martedì 22 luglio 2008 14:49
Alcuni falsi archeologici usati dai sostenitori della presenza e permanenza di Pietro e Roma

1. Ancora oggi le guide mostrano il carcere Mamertino nel quale per una ripida scaletta sarebbe sceso Pietro quando vi fu imprigionato. E con poca obbiettività vi dicono: «Guardate qui nella roccia l’effigie lasciata miracolosamente da Pietro quando vi sbatté la testa contro per uno schiaffo che gli venne dato». È pura leggenda. Mai Pietro poté scendere in quel carcere, riservato ai sovrani o nobili, rei di lesa maestà ossia di ribellione al governo centrale di Roma. Ancora oggi le guide mostrano in quel carcere una piccola vasca e dicono: «Qui Pietro ha battezzato due carcerieri convertitisi alla sua parola». Pura leggenda anche questa, e riconosciuta tale dagli stessi autori cattolici. Ma la gente semplice che vi si reca, spesso accetta tutto a occhi chiusi e crede perciò che Pietro si sia veramente recato a Roma. In realtà, tale tradizione non compare che dopo il V o VI secolo negli «Atti dei Santi Processo e Martiniano», come anche studiosi cattolici ammettono.


2. Se andate nella chiesa di San Sebastiano, presso le catacombe omonime, sulla via Appia, vi si mostrerà una lastra di pietra con l’impronta di due grossi piedi. E vi diranno: «Ecco l’impronta lasciata da Cristo quando apparve a Pietro sulla via Appia. Stava costui abbandonando Roma per sfuggire la persecuzione neroniana, quando Cristo gli venne incontro, e l’apostolo gli chiese “Dove vai?” (Quo vadis). “A subirvi nuovamente la morte di croce”, gli rispose il Maestro. E Pietro confuso e pentito tornò sui suoi passi per subire lui pure il martirio per Gesú. E là, in quel luogo, la pietra conservò miracolosamente l’impronta dei piedi di Gesú». Anche questa, però, è pura leggenda. Gli stessi studiosi cattolici affermano che quella presunta reliquia di Cristo non è altro che il monumento votivo posto in un non ben determinato santuario pagano da parte di un pellegrino, a significare la strada da lui percorsa e il suo desiderio di eternare la propria presenza nel santuario stesso; poiché, a quel tempo, vigeva la consuetudine di lasciare nei templi pagani simili impronte di piedi per testimoniare l’avvenuto pellegrinaggio votivo a quel luogo. Questa pietra fu poi trasportata dal tempio pagano in un tempio cattolico, dove è tuttora esposta alla venerazione quasi fosse una reliquia miracolosa del Cristo apparso a Pietro.

3. Se visitate la Basilica di San Pietro, in Roma, vi si indicherà la cosiddetta Cattedra di San Pietro, ossia una poltrona su cui l’apostolo si sarebbe assiso negli anni della sua residenza romana. Questa sedia non è ora possibile vederla essendo tutta ricoperta di rivestimenti preziosi e artistici. Tuttavia, alcune persone che qualche secolo fa ebbero la possibilità di esaminare tale «reliquia», vi avrebbero trovato una sedia araba con un’iscrizione inneggiante a Maometto.

4. Riguardo alle ossa di Pietro, uno specialista, il prof. Oscar Cullmann, su invito del papa stesso andò a esplorare gli scavi effettuati sotto la basilica vaticana, e ha scritto in merito: «Per dimostrare che le ossa di Pietro hanno veramente riposato nella supposta tomba, sotto la cupola attuale, sarebbero necessari indizi più sicuri di quelli che si possono addurre sulla base degli scavi recenti. Anzi ... le ragioni che giocano contro la probabilità di una sepoltura di Pietro da parte dei cristiani nelle immediate vicinanze degli Horti neroniani (giardini di Nerone) sono quasi decisive. Come potevano i cristiani, nei giorni di terrore della persecuzione neroniana, compiere proprio in questo punto una sepoltura (un funerale)? V’era una qualche possibilità di distinguere il cadavere di Pietro dagli altri? Non si deve pensare invece che le ossa dei suppliziati, nel caso che le loro ceneri non siano state disperse sul Tevere, siano state gettate in una fossa comune?».

Jon Konneri
00martedì 22 luglio 2008 15:32
Re: Re:
dom@, 22/07/2008 3.54:



Povero Luigi Cascioli,a scritto il libro La Favola di Cristo, se avesse scritto la favola di Pietro, era molto piu' facile [SM=x1408399]





pensa per le favole dei tdg. [SM=g7302]
dom@
00martedì 22 luglio 2008 17:08
Re: Re: Re:
Jon Konneri, 7/22/2008 3:32 PM:



pensa per le favole dei tdg. [SM=g7302]



Perlomeno le nostre favole vengono con la bibbia in mano alle porte, non solo al cattolici: ma a tutti! [SM=g7302] [SM=x1408399]

La tradizione orale vale piu' della bibbia [SM=g6113]

scometto che il vestito rosso del Cardinali viene da Cristo?

O quel bella gonna che porta il papa con il filo d'Oro [SM=g6113]


Jon Konneri
00martedì 22 luglio 2008 17:35
Re: Re: Re: Re:
dom@, 22/07/2008 17.08:



Perlomeno le nostre favole vengono con la bibbia in mano alle porte, non solo al cattolici: ma a tutti! [SM=g7302] [SM=x1408399]

La tradizione orale vale piu' della bibbia [SM=g6113]

scometto che il vestito rosso del Cardinali viene da Cristo?

O quel bella gonna che porta il papa con il filo d'Oro [SM=g6113]






Di quale traduzione parli
barnabino
00martedì 22 luglio 2008 18:08
Tradizione, Konneri, tradizione e non traduzione....

[SM=g7566]
Polymetis
00martedì 22 luglio 2008 19:26
Io vi consiglio di chiudere la Torre di Guardia, che notoriamente non è opera di gente che si firma, e di aprire un qualsiasi manuale di storia del cristianesimo primitivo scritto da chiunque abbia una cattedra (di qualunque confessione, purché non sia del III protestantesimo americano ovviamente, con le loro università farsa in mano ai battisti del Sud degli States, gente seria! Se protestante, meglio tedesco), possibilmente ancora vivo e non una mummia nata nell'ottocento, per sapere come è finita questa secolare disputa, che ormai trova d'accordo cattolico e protestanti (quelli con una cattedra, è ovvio, non quelli che scrivono in rete). Potete leggervi la monografia sul Pietro del Cullmann per sapere se è plausibile l'ipercriticismo delle fonti e l'immane congiura che bisogna ipotizzare per negare la presenza di Pietro a Roma. Il resto è solo fumo, o, come dicevo, la Torre di Guardia (roba ad usum populi)...
christofer2006
00martedì 22 luglio 2008 19:29
Eccoti accontentato. Mi sa che sei tu ad essere rimasto indietro...



Presentazione:



[L'apostolo Pietro a Roma: storia o leggenda?

Il silenzio del Nuovo Testamento e la tradizione di Pietro a Roma

La verifica della validità storica delle fonti di tale tradizione

Un contributo per chiarire le basi del dialogo ecumenico

La tradizione della venuta di Pietro a Roma e del suo martirio nella capitale dell'Impero è storicamente fondata o è una leggenda nata per tutelare gli interessi e le esigenze delle chiese cristiane di quella città?

Il presente volume ripropone le importanti riflessioni critiche di Giovanni Miegge - massimo teologo protestante italiano del xx secolo - , riflessioni molto apprezzate anche da Oscar Cullmann, che pure sosteneva la tesi opposta.
Benché negli ultimi decenni la questione sembrasse risolta in senso positivo, un riesame scientifico della validità storica delle fonti più antiche riserva ancora numerose sorprese, come dimostra anche l'ampio contributo storico-critico di Carlo Papini.

Polymetis
00martedì 22 luglio 2008 20:13
"Eccoti accontentato. Mi sa che sei tu ad essere rimasto indietro.."

A dire il vero no, avevo scritto: "possibilmente ancora vivo e non una mummia nata nell'ottocento", Giovanni Miegge è nato nel 1900, mentre il XX secolo inizia nel 1901. [SM=x1408429]
Comunque vedo che brillate sempre nell'aggiornamento.
Da ultimo, l'hai letto? Io no, ma dal resoconto che ne da Cullmann nella sua biografia su Pietro, e per la precisione quello che dice in una nota, Miegge non avrebbe negato in toto la presenza di Pietro a Roma ammettendo, per spiegare lo stratosferico dispiegamento geografico della tradizione, una venuta di Pietro a Roma nella vecchiaia dell'apostolo, senza però poter dire se vi subì effettivamente il martirio? Puoi confermare o Cullmann se l'è sognato?

Ad maiora
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:31.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com