Gli ebrei conoscono il Nome, lo considerano sacro e lo apprezzano dovutamente, pur senza pronunciarlo. Non si sognerebbero mai di attribuirlo a qualcun'altro! Il cristianesimo moderno invece finge di assecondare la pratica della non pronuncia per arrivare a evidenti secondi fini. Come riporta l'articolo:
L'attribuzione di questo titolo al Cristo Risorto corrisponde esattamente alla proclamazione della sua divinità. Il titolo, infatti, diventa intercambiabile tra il Dio d'Israele e il Messia della fede cristiana, anche se non è di fatto uno dei titoli utilizzati per il Messia d'Israele
Corsivo e grassetto miei, è evidente che occorre 'truccare' il testo per ottenere l'intercambiabilità del Nome! Se si mantenesse il teso come doveva essere, Gesu' riceverebbe il titolo onorifico di "Signore" mentre Dio manterrebbe sia quello di "Signore" che il suo Nome proprio "YHWH". Da qui evidentemente crollerebbe la storiella dell'identificazione.
Come dice il proverbio, le bugie hanno le gambe corte, e comunque... bisogna saperle raccontare... .
Sicuramente il tentativo di identificare il Padre con il Figlio e di esaltare la divinità di Cristo partendo da un equivoco è una storia vecchia di due millenni.....
La divinità di Cristo va discussa e dimostrata partendo da dati certi e non da equivoci.....
Purtroppo, fin dai tempi di Giustino martire, il confronto con gli ebrei è stato portato avanti sul testo della Settanta, semplicemente perché i cristiani fino a Gerolamo non si degnarono di consultare i testi originali ebraici....in quanto non conoscevano la lingua ebraica.....
L'equivoco portò una enorme quantità di acqua al mulino dei cristiani ma scavò un solco enorme con l'ebraismo....
Oggi più che mai mi pare il caso di dire che il cristianesimo per annunciare il Vangelo del Regno non ha bisogno di equivoci....e il
Kurios del testo greco non è l'unico equivoco
In
Isaia 7,14, ad esempio, il termine ebraico עלמה (almah) cioè “giovane donna” venne reso dalla Settanta con παρθενος (partenos), cioè “vergine”, aprendo la strada alla profezia della nascita verginale di Gesù (Matteo 1,23) ma lasciando piuttosto perplessi gli ebrei più ortodossi.
In
Abacuc 3,2 la Settanta lesse poi “tu ti manifesterai in mezzo a due animali”, mentre il testo ebraico e la Vulgata di Gerolamo leggono: “l’opera tua ravviva nel corso degli anni”. Il brano sembrò confermare la nascita di Cristo tra il bue e l’asinello, già intravista dalla profezia di Isaia: “Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la mangiatoia del suo padrone” (Isaia 1,3) e ribadita dal Vangelo Apocrifo dello Pseudo Matteo “il bue e l’asino l’adorarono” (Pseudo Matteo, XIV).
Nel
Salmo 95,10 alcuni antichi manoscritti della Settanta portano. “Il Signore regna dal legno” invece di: “Il Signore regna”. Alcuni Padri della Chiesa (Giustino, Dialogo con Trifone, LXXIII e Tertulliano, Contro i Giudei, X) videro in questo versetto un’evidente profezia della morte e risurrezione del Cristo e giunsero ad accusare gli ebrei di aver falsificato il testo originale. Oggi tutti gli studiosi più seri sono concordi nell’attribuire ai cristiani l’interpolazione del testo, testo che anche nei manoscritti più attendibili della Settanta, nel Masoretico e nella Vulgata porta: “Il Signore regna” senza far alcun riferimento a legni, pali o croci.
Nel
Salmo 16,10 un’esegesi profetica sulla resurrezione di Cristo fu possibile grazie, soprattutto, alla Settanta che tradusse il termine ebraico שחת (sepolcro) con διαφθοραν (corruzione). La traduzione classica divenne così “tu non abbandonerai l'anima mia in potere della morte, né permetterai che il tuo santo subisca la corruzione”, influenzando profondamente anche il discorso di Pietro nel giorno di Pentecoste (Atti 2,27-31).
Nel
Salmo 40,6 il termine ebraico אזן (orecchio) fu tradotto dalla Settanta con σομα (corpo). La traduzione greca diventò “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato” invece di “Tu non gradisci né sacrificio né offerta; m'hai aperto gli orecchi”, aprendo la strada ad una famosa profezia sull’incarnazione di Cristo, molto affascinante per i primi cristiani ma sicuramente poco convincente per larga parte del popolo ebraico (Ebrei 10,5).
In
Isaia 53,8 il termine ebraico ורר (generazione), venne inteso come “nascita” invece che come “gruppo di persone della stessa età” producendo, grazie alla Settanta, una lettura messianica molto particolare: “la sua generazione chi potrà narrarla?” finì così per stravolgere il senso originale “tra quelli della sua generazione chi rifletté?”, aprendo il passo, già a partire dal Nuovo Testamento (vedasi Atti 8,33), ad innumerevoli e profonde riflessioni sull’originalità della generazione del Verbo di Dio.
Poiché il termine ebraico ילדתיך (generare) contenuto nel
Salmo 110,3 era identico a quello contenuto nel Salmo 2,7, i Settanta resero legittimamente: “tu sei mio figlio, oggi ti ho generato” (Salmo 2,7) e “a te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato” (Salmo 110,3). In seguito però le traduzioni di Aquila, Teodozione e Simmaco (II secolo d.C) e, molto più tardi, la vocalizzazione del testo intrapresa dai masoreti (X-XI secolo) resero impossibile la lettura accreditata dalla Settanta. Il verbo “generare” ילדתיך –una volta vocalizzato- si trasformò nel sostantivo “generazione” o “gioventù”. La traduzione del Salmo 110,3 diventò così: “dal seno dell'alba la tua gioventù viene a te come rugiada”, perdendo larga parte del fascino messianico lasciato intravedere dalla Settanta e dai Padri della Chiesa.
Un altro errore riguardò poi la traduzione dell’ebraico בר nel
Salmo 2,12. Il termine בר (bar) si può infatti rendere con “figlio” solo nell’aramaico più recente, mentre nell’ebraico del tempo di Davide significava semplicemente “puro”. La traduzione corretta fu pertanto quella fornita da Gerolamo nella Vulgata “adorate pure” cioè “adorate con purezza” e non quella proposta dalla Settanta “Apprendete la disciplina” né tanto meno quella messianica oggi molto diffusa “Rendete onore al Figlio”.
Teniamo però conto che anche Paolo, pur conoscendo sicuramente l'ebraico, citò spesso la Settanta, soprattutto quando il testo greco meglio si prestava alle sue argomentazioni missionarie.....