eccoti qua antonio, un articolo divertente!!
vocedelpassato.blogspot.com/2010_06_01_archive.html
Massimo Mazzucco, fotografo e regista molto noto nell’ambito della “controinformazione”, è il creatore e il responsabile del sito web “luogocomune.net”, il quale ospita una serie di articoli che prendono in esame alcune teorie legate agli avvenimenti che hanno portato al crollo delle “Torri Gemelle”, all’assasinio di “Robert Kennedy”, alla presenza nei cieli di strane “scie chimiche”, ecc..
Argomenti che, nati e sviluppati sul web, iniziano a fare la loro comparsa anche in alcune trasmissioni televisive.
Direttamente dalla home-page è possibile accedere alla sezione “STORIA & CULTURA” dove, di tanto in tanto, compaiono alcuni articoli a firma Massimo Mazzucco relativi a vari argomenti biblici. Quello più letto di tutta la sezione, con più di 100000 visualizzazioni, è intitolato “Due o tre cose della Bibbia che non sappiamo”.
Per evitare che il lettore cada in facili equivoci, ritengo che in quell’articolo vi siano “due o tre cose” che andrebbero meglio precisate (il buon Mazzucco non me ne voglia).
La tesi che viene offerta sin dalle prime righe è che la Bibbia attualmente disponibile sia un libro potenzialmente inaffidabile in molte sue lezioni; queste sarebbero state tradite in modo errato a causa dell’originale sistema di scrittura.
Stando all’autore dell’articolo, visto che negli autografi (e nelle successive copie) le spaziatura fra le parole erano quasi completamente assenti, è evidente che essi “apparivano al lettore come una sequenza interminabile di lettere […] P r a t i c a m e n t e l a b i b b i a a p p a r i v a s c r i t t a c o s ì”. Se poi consideriamo il fatto che l’ebraico biblico era privo di vocali, allora “P r t c m n t l b b b p p r v s c r t t c s”.
Secondo Mazzucco, moltiplicando questo “rebus per circa 2 milioni e mezzo di lettere consecutive” si può ben comprendere come, “per pura legge statistica”, ci sarebbero “migliaia di casi in cui certe lettere possono essere attribuite sia alla parola precedente che a quella seguente, dando comunque un senso compiuto”.
Francamente, questo tipo di ragionamento lascia un po’ perplessi per una serie di motivi.
1) sembra infatti suggerire l’assurdità che le Sacre Scritture fossero redatte su un unico rotolo senza alcuna separazione fra un autore e l’altro (in verità ci sono molti altri marcatori testuali che delimitano ulteriormente i brani)
2) non considera che a fronte degli oltre 200.000 vocaboli della lingua ebraica moderna, l’ebraico biblico contava solo 8.000 parole circa, e quindi “per pura legge statistica” gli eventuali “errori” di lettura sarebbero stati per lo più incomprensibili e non avrebbero certo generato frasi compiute
3) sembra ignorare completamente il contesto all’interno del quale una parola assume un senso preciso
Alla luce di ciò, gli esempi che riporta Mazzucco paiono al limite del grottesco:
“L'udito, oppure lu dito? (Per un sardo, il problema potrebbe anche porsi) […] Vi sono poi altrettanti casi in cui la variazione delle semplici vocali può dare adito a letture completamente diverse [..] Una cosa è dire ‘ti amo tanto’, ben altra è dire ‘tu mi tenti’ […] Per non parlare poi di ‘temo i tonti’, o di ‘Tom è tinto’”.
A parte il fatto che per “un sardo” il problema eventualmente si porrebbe solo per il “qere” e non per il “ketiv” (giusto per rimanere in ambito linguistico) in quanto in italiano l’articolo “lu” non esiste, ma a parte ciò, immaginarsi un contesto narrativo che possa confondere “temo i tonti” con “tom è tinto” non può che suscitare una certa ilarità. Non credo sia un caso se l’articolo di Mazzucco evita di riportare anche un solo esempio contestualizzato in lingua originale.
Un’altra informazione che viene presentata in maniera assai discutibile è quella relativa al termine “Elohim”. Il lettore viene posto dinanzi ai seguenti interrogativi: “Che dire, ad esempio, di fronte alla scoperta che il mondo non sarebbe stato creato affatto da ‘Dio’ (singolare maschile), ma da una allegra combriccola di ‘Dei’? Il termine Elohim infatti, che nella nostra Genesi è tradotto con ‘Dio’, in ebraico è solo plurale, ed è sia maschile che femminile […] Ma perchè allora, viene da domandarsi, ‘Dio’ nella nostra Bibbia è stato tradotto al singolare?”
Massimo Mazzucco, che conosco ed apprezzo in veste di regista e ricercatore, è evidentemente a completo digiuno in merito alle lingue bibliche. Pare comunque strano il fatto che non abbia pensato di aprire un qualsiasi dizionario biblico per trovare la banale risposta alle sue domande (cfr ad esempio il DBZ).
Il plurale, in ebraico, non è dato solo dal suffisso “im” ma dalla costruzione dell’intera frase. Se volessimo fare un esempio in lingua italiana, potremmo dire: “La verità è una sola” oppure “Le verità sono tante”. Il termine “verità” può assumere sia una valenza singolare che una plurale.
Quando il verbo e l’articolo sono al singolare, allora “verità” è singolare. Quando il verbo e l’articolo sono al plurale, allora “verità” è plurale. Il termine Elohim può essere sia plurale che singolare, dipende dai verbi e dal contesto in cui è inserito. Nel contesto di Genesi 1, essendo i verbi espressi in terza persona singolare, Elohim resta un singolare.
L’articolo prosegue con numerose altre imprecisioni, quali ad esempio l’obbligo che ognuno di noi avrebbe ancora di ubbidire alla legge del levirato. Mazzucco conclude il suo pezzo invitando i suoi lettori a concentrarsi sul valore spirituale della bibbia, che “va ricercato in profondità, in maniera attiva, cosciente e selettiva, e non soltanto ‘letto’ in superficie […]”.
Con il massimo rispetto, è un invito da rispedire al mittente.
mi raccomando: lu-dito, come diciamo in puglia, no l'udito