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LE LISTE EPISCOPALI
FRA STORIA E MITO...



Seconda e ultima parte....





Per la compilazione degli elenchi romani, fu “probabilmente operata una selezione, scegliendo i nomi dei vescovi più memorabili, e proiettando ai primi tempi della storia del cristianesimo a Roma una situazione tipica di un’età successiva: il vescovo unico” (cfr Rinaldi, pag. 484).


La Lista dei Vescovi Gerosolomitani:

1) Giacomo il Giusto
2) Simeone I
3) Giusto I
4) Zaccheo
5) Tobia
6) Beniamino I
7) Giovanni I
8) Matteo I
9) Filippo
10) Seneca
11) Giusto II
12) Levi
13) Efram
14) Giuseppe I
15) Giuda



I principale testimoni per l’elenco dei vescovi di Gerusalemme sono:

Eusebio (HE 4,5,3)

ed Epifanio di Salamina (Panarion 66,20). Quest'ultimo offre un elenco di ventisette ‘vescovi dei Gerosolomitani’ di cui i primi quindici corrispondono a quelli di Eusebio.



Stando allo storico di Cesarea, “dopo il martirio di Giacomo e la conquista di Gerusalemme immediatamente seguita, si dice che gli apostoli e i discepoli del Signore che erano ancora in vita si radunarono da tutte le direzioni assieme a coloro che erano legati al Signore da vincoli di carne (poiché la maggioranza d'essi era ancora in vita), per decidere chi fosse degno di succedere a Giacomo. All'unanimità venne scelto Simeone, il figlio di Cleopa, di cui anche il vangelo fa menzione, come degno successore al seggio episcopale di quella sede. Egli era un cugino, come si diceva, del Signore, in quanto Esegippo segnala che Cleopa era un fratello di Giuseppe” (HE 3,11).


Siccome i vescovi della circoncisione ebbero termine dopo la rivolta di Bar kokba, è giusto a questo punto esporre l'elenco dei loro nomi dal principio. Il primo quindi fu Giacomo, il cosiddetto fratello del Signore; il secondo Simeone, il terzo Giusto, il quarto Zaccheo; il quinto Tobia, il sesto Beniamino; il settimo Giovanni; l'ottavo Mattia; il nono Filippo; il decimo Seneca, l'undicesimo Giusto, il dodicesimo Levi, il tredicesimo Efrem, il quattordicesimo Giuseppe, e infine i quindicesimo Giuda. Questi sono i vescovi di Gerusalemme vissuti dal tempo degli apostoli fino a quella data, tutti appartenenti alla circoncisione” (HE 4,5,3-4).

Anche in questo caso ci troviamo praticamente subito, all’inizio della lista, ad affrontare un problema che evidentemente mina alla base ogni pretesa storicità della successione gerosolimitana.

Secondo quanto riporta Eusebio, Simeone morì all’età di centoventi anni, e non di morte naturale.
Egli, sottoposto a tortura per molti giorni, rese la sua testimonianza di fede, facendo stupire, fra tutti gli altri, anche il console di come un uomo, all'età di centovent'anni, potesse avere una simile resistenza”. E siccome le torture non servirono a nulla, “si comandò poi di crocifiggerlo” (HE 3,32,6).

Gli storici sono generalmente concordi sulla natura leggendaria di questo racconto.


L'intento di offrire elenchi completi o di retrodatare la fondazione di una comunità fino a renderla apostolica portò a inserire nomi incerti o inventati, a dilatare i tempi, a introdurre notizie e particolari di fantasia” (cfr Filoramo pag. 374 ss).

Un altro problema è collegato all'epoca assegnata ad ogni vescovo.

Eusebio, il quale indica in Esegippo la sua fonte, scrive: “non ho trovato in nessun modo opere riguardanti i tempi dei vescovi di Gerusalemme” (HE 4,5,1).

La comparsa dei dati cronologici solo dopo Eusebio, rende il tutto quantomeno sospetto.

Poi afferma che fino all'epoca di Adriano (135), si sarebbero avvicendati ben quindici vescovi (HE 4,5,2-4). Quindi, dopo Giacomo ci fu Simeone, che visse fino a centovent'anni, e poi tredici nomi in meno di trent'anni.
E' difficile per gli storici non condividere l'opinione di Harnack, secondo la quale l'elenco di Eusebio non sarebbe affatto una successione di vescovi ma una lista di presbiteri più o meno contemporanei (cfr Nodet e Tylor, pag. 294).



Conclusione


Come abbiamo visto, il basamento storico sul quale pretende di poggiarsi l’ininterrotta successione delle liste episcopali, nella migliore delle ipotesi è da considerarsi fragile.

Simili pretese sono però fragili anche da un punto di vista teologico.

Infatti, secondo le fonti ufficiali, ”l'apostolicità della comunione ecclesiale consiste nella fedeltà all’insegnamento e alla prassi degli Apostoli, attraverso i quali viene assicurato il legame storico e spirituale della Chiesa con Cristo. La successione apostolica del ministero episcopale è la via che garantisce la fedele trasmissione della testimonianza apostolica”.

Ma dato che anche la Chiesa Ortodossa (oltre che quella Cattolica, Copta, Armena, ecc..) vanta un’interrotta successione apostolica, non si capisce come sia possibile che tutte garantiscano la “fedele trasmissione della fede” e poi non siano concordi su questioni teologiche talmente importanti da impedirne la completa comunione (es. il Primato Romano, il Purgatorio, il Filioque, ecc..).


Quanto sopra induce a rivalutare il pensiero di Lutero, il quale affermò che “ciò che legittima la chiesa o i suoi ministri non è la continuità storica con la chiesa apostolica, tramite la successione [quand’anche venisse storicamente accertata], bensì la continuità teologica. E’ più importante predicare lo stesso evangelo annunciato dagli apostoli che appartenere a un’istituzione storicamente derivata da loro” (cfr McGrath, pag. 226).


Riferimenti bibliografici:

Rinaldi, G., Cristianesimi nell’antichità, Roma, 2008.
Vouga, F., Il cristianesimo delle origini, Torino, 2001.
Filoramo-Menozzi (a cura di), Storia del Cristianesimo - L'antichità, Roma, 2001.
Nodet-Taylore, Le origini del cristianesimo, Casale Monf. 2000.
www.vatican.va
McGrath, A., Il pensiero della Riforma, Torino, 1999.



FONTE:

www.instoria.it/home/liste_episcopali.htm