10 20/09/2016 22:35
viceadmintdg1, 16/09/2016 17.01:



Il “sonno della morte”, dicono i tdG, è un periodo di non-esistenza. Quando parlano di risurrezione, la intendono nel senso che Dio “ricorda” i defunti, e da non esistenti li crea di nuovo. Per loro non c’è continuità di esistenza tra un vivo e un risuscitato.




Perché, Dio ha forse bisogno che un entità immortale sopravviva alla morte del corpo, per riportare in vita quella persona?

Ne hanno bisogno i teologi e i filosofi, ma non Dio.
Dio non ha bisogno di nulla!


Inoltre per lui sono tutti viventi (Luca 20:38).
Forse perché una cosiddetta “anima immortale” vive al suo cospetto?

In tal caso non si capirebbe quello che scrive Paolo in 1 Cor. 15:18:

ara kai hoi koimethentes en Christoi apolonto

Alla lettera, significa

quindi anche gli addormentati in Cristo sono periti ( o “perduti”).

Il verbo greco qui presente (apollymi) significa “annientare, perdere, svanire, morire, andar perduto” (Dizionario Esegetico del Nuovo Testamente di Balz e Schneider, vol. I, pag. 359).

Senza la risurrezione (il tema di tutto il contesto di 1 Cor. 15), chi è addormentato nella morte è quel che indica il verbo, “annientato, perduto, svanito”.

La sua unica speranza è la risurrezione.

Qui ci ricolleghiamo a Luca 20:37-38:
Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38 Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui “ (CEI).

La prospettiva post mortem dell’ essere umano è legata alla risurrezione, non alla sopravvivenza di una parte immortale di lui che vive coscientemente altrove. Senza la risurrezione, l’ addormentato nella morte in Cristo (cioè colui che è morto fedele a Cristo) è svanito, perduto, perito, come abbiamo letto in 1 Cor. 15:18!

Dio non ha bisogno che un entità immortale sopravviva, perché la continuità dell’ individuo è garantita dalla fedeltà al Vangelo o buona notizia.

Il defunto si trova nel “sonno”, metafora che la Bibbia usa per descrivere la morte e che sta ad indicare che la morte non ha l’ ultima parola, poiché al sonno della morte seguirà il rialzarsi della risurrezione, e come detto è proprio la fedeltà a Cristo e al Vangelo che garantisce la sua continuità presso Dio:

Marco 8:35 CEI: “chi vuole salvare la propria vita (psychè), la perderà; ma chi perderà la propria vita (psychè) per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Gv. 12:25 - CEI: "chi ama la propria vita (psychè) la perde, e chi odia la propria vita (psychè) in questo mondo, la conserverà per la vita eterna".

Il defunto si addormenta nel sonno della morte e si risveglierà quando Dio lo richiamerà per mezzo di Gesù (Gv. 5:28-29).
C' è un altro passo che chiarisce bene il concetto del perché per Dio sono tutti viventi ed è quello di Rom. 4:17.

Alla lettera il testo greco dice:

"Come è scritto Padre di molte genti ho posto te di fronte al quale credette a Dio il facente vivere i morti e chiamante le cose non essenti come essenti".

La TNM rende così il passo:
"Come è scritto: "Ti ho costituito padre di molte nazioni". Questo avvenne dinanzi a Colui nel quale ebbe fede, Dio, che fa vivere i morti e chiama le cose che non sono come se fossero".

Il parallelo tra le due cose mi sembra illuminante!

Infatti, così come per Geova, le cose che ancora debbono accadere sono già accadute, nello stesso modo i morti che ancora debbono risorgere, per Lui, sono già risorti, sono già viventi.

Colui che è morto riceverà di nuovo il pneuma, lo spirito, ciò che lo sostiene in vita (Giac. 2:26) e si rialzerà dal sonno della morte, Gesù ne ha dato una dimostrazione “plastica” come descritto in Luca 8:52-55!



(segue, a presto.....)
[Modificato da Aquila-58 20/09/2016 22:37]