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Terremoti storici

I terremoti umbro-abruzzesi del 1702-1703

Il terremoto di Aquila del 2 febbraio 1703 fu uno degli eventi principali di una serie di sequenze sismiche che si manifestarono nell'Appennino umbro-reatino-abruzzese tra il 1702 e il 1703. Nel corso del II millennio, quella del 1702-1703 fu una delle più gravi crisi sismiche dell'Italia centrale per numero di vittime, numero dei centri abitati distrutti o gravemente danneggiati, estensione dell'area di risentimento delle scosse. I danni più gravi si registrarono in un'ampia regione che si estende da Norcia (bassa Umbria) ad Aquila (alto Abruzzo) mentre danni minori o semplice percezione delle scosse furono registrati dalla Romagna fino a Napoli con danni importanti in diverse città come ad esempio Roma e Spoleto. Sul dettaglio dei danni di ciascun centro abitato così come per le conseguenze socio-economiche di questi accadimenti è stato scritto molto e pertanto si rimanda ad apposita bibliografia. Per Aquila si possono ricordare, a titolo di curiosità, l'adozione dei colori civici nero e verde e lo slittamento dell'inizio del Carnevale al 3 febbraio ossia il giorno successivo alla ricorrenza del grave terremoto.

Il 14 gennaio 1703 un forte terremoto stimato in Mw 6.8 distrusse Norcia e il suo circondario così come molti centri della valle del Velino, in particolare Cittareale; parzialmente distrutti o gravemente danneggiati anche i centri delle aree di Campotosto e Montereale. Gli effetti massimi vengono stimati intorno al grado XI della scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg) [nota 1]; la distribuzione geografica dei danni fa supporre una direttrice di propagazione del terremoto verso sud. Danni importanti si registrarono anche ad Aquila con lesioni e crolli parziali ed isolati sia di edifici privati sia di alcuni campanili. Danneggiata anche Spoleto mentre danni rilevanti ma meno gravi si registrarono a Roma [nota 2]. Il 16 gennaio seguì una replica, con epicentro non localizzato ma con effetti massimi stimati al grado VIII MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg) [nota 3], che provocò altri crolli nell'area di Norcia e ulteriori danneggiamenti nei centri al confine umbro-abruzzese [nota 4]. Ancora oggi, camminando per le vie di Norcia, come di altri centri dell’area interessata, è possibile vedere i segni indiretti di questi e di altri terremoti: tra gli elementi che risaltano maggiormente, oltre alle testate delle catene sui muri degli edifici, si notano costruzioni basse frequentemente con muri 'a scarpa' dallo spessore e dalle pendenze molto pronunciate, come ad esempio i muri perimetrali della concattedrale di Santa Maria Argentea a Norcia; altro indice della ricostruzione sono gli interni settecenteschi con copertura lignea delle chiese ‘innestati’ negli involucri più antichi risparmiati dai crolli, soluzioni che richiamano molto da vicino, anche nel linguaggio, quelle adottate nella ricostruzione successiva al 1703 di molti edifici di culto della nostra città.

In questo quadro di precarietà materiale, politica e socio-economica si verificò la scossa di terremoto che il 2 febbraio 1703, intorno alle ore 12,00 (CPTI04), andò a colpire una città resa più vulnerabile dalle precedenti scosse del 14 e del 16 gennaio precedenti, sorprendendo centinaia di persone radunate nelle chiese per le celebrazioni della 'Candelora' (secondo alcune fonti si contarono circa 600 vittime nella sola chiesa di San Domenico). L'epicentro ipotetico del terremoto è stato localizzato nell'alta Valle dell'Aterno, nell'area tra Montereale e Pizzoli, con probabile propagazione verso sud-est, potenza stimata in Mw 6.7 ed effetti massimi intorno al grado X della scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg) [nota 8]. In base alla magnitudo momento si può parlare di un terremoto quattro volte più potente sia di quello del 1461 sia di quello recente del 2009. L'impatto sul territorio fu molto pesante e si andò a sommare a quello del terremoto di Norcia di 19 giorni prima: i centri tra Amatrice, Cittareale, Posta, Borbona e Montereale, già semidistrutti dalle scosse di gennaio, vennero rasi al suolo così come Pizzoli, Barete ed altri castelli dei dintorni vicini all'epicentro. Nella città di Aquila, semidistrutta dall'evento, oltre al crollo di gran parte delle chiese, sono stati stimati crolli totali per il 35% degli edifici privati,con danni particolarmente concentrati nei Quarti di San Giovanni (o San Marciano) e San Pietro. Importanti danni si registrarono nella città di Roma come raccontano le cronache dell'epoca, nel reatino, ancora in Umbria, e nell'Abruzzo costiero [nota 9].


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anto_netti