bruno ruffilli
Nella leggenda del Golem alcune lettere scritte sulla fronte danno vita al gigante d’argilla, nei laboratori della Silicon Valley un algoritmo farà di un computer una macchina intelligente. I cervelli elettronici sono fatti di miliardi di transistor e permettono calcoli complessi a velocità inimmaginabili solo qualche anno fa, ma il sogno degli scienziati è insegnare loro a pensare. Come gli esseri umani, o meglio.
Non sappiamo ancora come nasce un pensiero, così studiare l’intelligenza artificiale è un po’ studiare l’intelligenza umana, comprenderne il funzionamento per replicarne i meccanismi. L’obiettivo di ricercatori e scienziati oggi non è tanto costruire un sistema che abbia l’intelligenza di un uomo adulto, quanto quella di un bambino, con la capacità di imparare e accrescere da solo le sue conoscenze. È il machine learning, una branca dell’informatica che studia come i computer possano imparare senza essere programmati espressamente. Si analizzano i meccanismi del linguaggio e della visione, si parla di reti neurali, proprio a indicare il parallelo con la struttura del cervello umano, dove certi stimoli attivano determinate connessioni tra neuroni.
Le ricerche procedono veloci, e c’è chi, come Ray Kurzweil, prevede che i computer raggiungeranno davvero un’intelligenza di livello umano; anzi, il responsabile delle ricerche sul machine learning di Google indica anche una data: il 2029.
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