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'La vita è più preziosa della dignità'
Con queste parole il giudice Fiona Maye, interpretata da Emma Thompson, sentenzia una trasfusione coatta quando è chiamata ad arbitrare in un delicato processo per la salvaguardia della vita di un adolescente, Adam Henry, interpretato da Fionn Whitehead, prossimo alla maturità e che per le sue convinzioni religiose rifiuta un trattamento medico che può salvargli la vita.
Ben presto però la stentoreità di quelle parole pronunciate con convinzione si diluisce negli eventi che da li a poco investiranno il giudice. Ogni figura della vicenda gravita attorno ad un fulcro che verrà destabilizzato da perturbamenti dell'essere.
Per Adam sono le conseguenze destabilizzanti dell'aver infranto, per quanto nolente, principi che sino a quel momento lo avevano guidato nelle proprie convinzioni, convinzioni che ora vacillano di fronte a quella che poteva significare la fine della propria esistenza e sulla quale rifletterà profondamente. Per Fiona è la fine di un matrimonio sacrificato sull'altare di un lavoro totalizzante, per il marito Jack, interpretato da Stanley Tucci, è l'alienazione della relazione con sua moglie che anche di fronte ad una aperta denuncia fedifraga non riuscirà a smuovere nè a perturbare come vorrebbe.
A causa di questi eventi le convinzioni che scaturiscono da una scelta strumentale non appaiono poi così scontate, forse è proprio la dignità che rende la vita veramente vissuta e una vita senza dignità risulta vacua, informe e priva di significato. Le emozioni si sovrappongono ai doveri, i singulti dell'anima fanno vacillare le granitiche convinzioni di Fiona, l'indeterminazione e lo smarrimento che s'infrangono sul ragazzo lo rendono privo di riferimenti mandandolo fuori rotta, oltre l'orbita bassa, alla ricerca disperata di un centro di gravità dove riordinare le proprie idee e le proprie convinzioni. Le cerca disperatamente in Fiona, come dice il marito Jack ha perso il suo Geova e quindi lo ricerca in colei che gli ha donato una 'seconda possibilità' strappandolo alla morte. Ed anche Fiona rimane travolta da ciò che potrebbe significare avere un ruolo di questo tipo: si rincorrono diversi stereotipi di relazione: madre-figlio, allievo-maestro, amanti. Nessuno di questi sboccerà, così come è naturalmente lecito aspettarsi, ma nessuno di questi risulterà vano poiché susciteranno un'impatto notevole sulle esistenze dei loro protagonisti.
Ora Adam è maggiorenne e può decidere da sé. E' passato poco tempo ma la malattia, una leucemia particolarmente aggressiva, si fa di nuovo viva a tentare il giovane. Questa volta Adam sceglie di morire. Fiona corre al suo capezzale e riesce a scambiare poche parole prima che il ragazzo mieta il frutto delle sue decisioni.
Fiona avrebbe voluto che Adam abbracciasse tutto ciò che può avere significato nella vita: amore, gioia, passione, entusiasmo... cose che Adam non potrà più fare, ma che a Lei sono ancora possibili.
Il dibattito etico e morale rimane fuori dal tribunale, poiché il tribunale non decide la morale ma semplicemente ciò che è giusto di fronte alla legge, così sentenzia la giudice Maye. Al nostro intelletto e senso etico viene data in pasto la vicenda che non si connota di marcate espressioni manichee ma lascia al nostro giudizio e meditazione la decisione: E' sbagliato voler morire per ciò che si ritiene degno? E' giusto impedire una decisione presa con cognizione di causa? E' corretto istruire i giovani secondo un credo religioso? E' sbagliato permettere l'autodeterminazione anche quando questa porta a spiacevoli conseguenze?
Gli interrogativi si susseguono e alla fine della visione l'impressione generale è che quando perdiamo il nostro centro di gravità permanente, qualunque esso sia, tutto sembra diluirsi in una dissolvenza tetra. Il significato, prima così limpido e cristallino diventa sempre più opaco e incerto, la direzione non più fissata e tracciata così nettamente e si ha la sensazione di perdersi in questi confini non delineati, in questa terra di nessuno, in questo orizzonte instabile.
Solzenicyn diceva: "La linea di quei pochi che sanno scegliere sacrificando se stessi è la luce che illumina il nostro futuro. Impressiona sempre questa peculiarità psicologica dell'essere umano: nel benessere e nella spensieratezza, ha paura anche delle più piccole contrarietà che toccano la periferia della propria esistenza, fa di tutto per non conoscere le sofferenze altrui e le proprie future, rinnega molte cose, perfino ciò che è importante, spirituale, essenziale pur di conservare il proprio benessere. Giunto invece alle ultime rive della miseria dove l'uomo è nudo e privo di tutto quello che sembra rendere bella la vita, ecco che trova improvvisamente in se stesso la risolutezza per fermarsi all'ultimo passo e sacrificare la vita purché siano salvi i principi. Per la prima peculiarità l'umanità non ha saputo mantenere nessuna vetta conquistata, per la seconda si è sollevata da tutti gli abissi”
Forse aveva ragione...
[Modificato da Dante.V 29/10/2018 21:16]